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I crediti commerciali e le politiche di bilancio: le manipolazioni dei dati “soggettivi”.

Nel documento La gestione del credito commerciale (pagine 198-200)

PARTE TERZA: PROFILI DI BILANCIO.

8. La valutazione del credito commerciale.

8.5 I crediti commerciali e le politiche di bilancio: le manipolazioni dei dati “soggettivi”.

Il secondo comma dell'art. 2423 del codice civile delinea la cosiddetta “clausola generale” del bilancio, disponendo che esso deve redigersi con chiarezza e “rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio”.

Gli amministratori dovrebbero quindi astenersi dall'operare manipolazioni delle “quantità oggettive” di bilancio ed effettuare stime sulle “quantità soggettive” che conducano all'iscrizione di valori credibili, pena la falsità e l'invalidità assoluta dello stesso229.

In definitiva, si richiede che l'attività di formazione e rappresentazione del bilancio sia ispirata ad una sana, onesta e consapevole amministrazione, in modo che esso possa risultare sostanzialmente intelligibile ed attendibile.

In linea di principio sono pertanto da considerarsi illecite le cosiddette “politiche di bilancio”, intese quali atteggiamenti protesi all'arbitraria alterazione delle valutazioni, tramite riservizzazioni o annacquamenti occulti di capitale230.

Peraltro, per quanto riguarda la determinazione del valore delle “quantità soggettive”, gli amministratori dispongono di un margine operativo non indifferente a causa

229Rilevanti conseguenze civili e penali sono previste a carico degli amministratori, i quali possono essere denunciati per gravi irregolarità ex art. 2409 c.c, e assoggettati ad azione di responsabilità per danno secondo quanto prescritto dagli artt. 2392-2395 c.c. L'art. 2621 contempla poi un'ulteriore ipotesi di reato qualora essi, in base ad un bilancio falso, riscuotano o paghino utili fittizi o che non possono essere distribuiti.

230Riserve occulte vengono generate quando si sopravvalutano le fonti e/o si sottostimano gli impieghi, ma possono scaturire anche dalla creazione di false passività e/o dall'occultamento di attività. Il patrimonio risulta invece annacquato quando si pongono in essere comportamenti di opposto contenuto. Più nel dettaglio, si creano riserve occulte ogniqualvolta il processo di valutazione del capitale di funzionamento porta ad un valore del capitale netto di bilancio sottostimato rispetto al minimo valore ragionevolmente assumibile. Ciò avviene quando si perviene ad un minor utile di esercizio, perché si sono sovrastimati i rischi oltre il valore massimo ragionevole e sottostimate le attività, valutandole ad un valore inferiore del minimo ragionevole. Tali utili restano in imprese come riserve occulte. Sfuggono l'imposizione fiscale e non possono essere destinati alla remunerazione dei soci (si trattiene nell'impresa parte della ricchezza auto-generata). Il fenomeno dell'annacquamento del capitale consiste invece in una sopravvalutazione del capitale netto oltre al limite massimo che si ritiene possa ragionevolmente assumere. Il valore massimo che si può presumere ragionevolmente si ottiene attribuendo il minimo valore tra quelli ragionevoli ai rischi e il maggiore valore tra quelli ragionevoli alle attività. Sovrastimando le attività e sottostimando i rischi si assiste all'annacquamento del capitale (sovrastima dei risultati economici: si celano perdite o risultati non soddisfacenti). In entrambi i casi si parla di sovrastimare/sottostimare il capitale netto, non le singole voci: infatti sovrastimando una voce e sottostimandone un'altra possono avvenire compensazioni prive d'effetto sul capitale netto.

dell'impossibilità di formulare criteri di valutazione obiettivi, di carattere assoluto. Infatti il punto 8) dell'art. 2426, riguardante i criteri di valutazione dei crediti, stabilisce che essi “devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione”.

Come si comprende, tale criterio è altamente discrezionale in quanto gli amministratori, pur rispettandolo in apparenza, possono giungere alla determinazione di risultati anche molto diversi, con conseguente annacquamento o occultamento di capitale.

Benché la normativa civilistica non disponga altro in materia, è bene ricordare che risultano comunque applicabili alcuni principi generali stabiliti dallo stesso codice civile.

In particolare, dagli artt. 2424-bis, terzo comma, e 2423-bis, primo comma, si evince che:

gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti, di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono indeterminati l'ammontare o la data di sopravvenienza (art. 2424-bis, terzo comma);

la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività (art. 2423-bis, primo comma).

Il principio della “prudenza”, dettato a garanzia dell'integrità del patrimonio aziendale, indica chiaramente la preferenza del legislatore per un atteggiamento rivolto alla sottostima del capitale piuttosto che alla sua sopravvalutazione.

Nel nostro caso, quindi, valutare i crediti con prudenza non significa sottostimarli sistematicamente ed irrazionalmente, bensì attribuire loro un valore che sia il più possibile veritiero (meglio se approssimato per difetto che per eccesso) dopo una ponderazione oculata e ragionevole delle circostanze che possono incidere sul loro futuro realizzo.

Il motivo della scelta legislativa è comunque evidente.

Infatti, mentre un annacquamento compromette l'integrità del patrimonio, la creazione di riserve nascoste, al di là delle considerazioni in merito alla liceità o illiceità

dell'operazione, consente addirittura di operare un rafforzamento della combinazione produttiva.

Ciò posto, gli amministratori possono influire anche in altra guisa sulla determinazione del valore dei crediti.

Essi devono stimare, oltre al rischio di insolvenza, la possibilità che, dopo la chiusura dell'esercizio, si manifestino resi, abbuoni e sconti, nonché altre cause di minor realizzo, fra cui anche la presenza di crediti espressi in valuta estera.

Ebbene, in queste circostanze è opportuno operare un congruo stanziamento atto a fronteggiare tale eventualità.

Si tratta di decisioni in qualche misura elastiche, in quanto la previsione, per eccesso o per difetto, dell'incidenza di tali fattori determina arbitrarie modificazioni del risultato economico, quindi la creazione di riserve o annacquamenti occulti di capitale.

Ancora, un ulteriore elemento di elasticità nella valutazione dei crediti da iscrivere in bilancio è costituita dalla considerazione degli interessi “impliciti”231.

Il processo di determinazione dell'effettivo valore dei crediti è dunque fortemente condizionato dalle capacità tecniche e dalle qualità morali degli amministratori, essendo in non piccola misura discrezionale la considerazione dei fattori che incidono sul loro grado di realizzo.

Quando tale funzione viene esercitata in maniera coerente, con un serio sforzo di collegamento delle conoscenze attuali alle esperienze passate ed alle previsioni future, si addiviene normalmente ad una attendibile valutazione dei crediti232.

In tal caso, anche qualora le previsioni si dimostrassero moderatamente fallaci, il comportamento dell'amministratore dovrebbe considerarsi corretto233.

231Sono interessi espliciti, quegli interessi palesemente pattuiti tra le parti: ad esempio l'interesse su un mutuo ricevuto da una banca, l'interesse espressamente concordato tra l'impresa e un fornitore per l'ottenimento di una forma di pagamento particolarmente dilazionata, e così via. Sono, invece, interessi impliciti, gli interessi pagati, di fatto, per l'ottenimento di un finanziamento, ma non espressamente concordati tra le parti. Un esempio tipico di interesse implicito è costituito dal maggior prezzo pagato ad un fornitore per l'acquisto di una merce al fine di ottenere una dilazione di pagamento. Ma sono interessi impliciti anche quelli compresi nel finanziamento ottenuto attraverso il TFR.

232Il valore dei crediti diviene incontrovertibile (salvo quando sussistano solide garanzie) solo in sede di riscossione. Fino ad allora, le valutazioni, anche le più ponderate, non conferiscono certezza ad una grandezza per sua natura aleatoria, dipendente da una serie di fattori esterni all'azienda.

233ALFONSO DI CARLO, I crediti di funzionamento nel bilancio di esercizio delle imprese, Cedam, Padova, 1987, pag. 53.

Nel documento La gestione del credito commerciale (pagine 198-200)