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I limiti alla concessione del credito commerciale.

Nel documento La gestione del credito commerciale (pagine 36-40)

2. In particolare: i crediti commerciali.

2.3 I limiti alla concessione del credito commerciale.

I problemi sollevati dalla concessione del credito commerciale sono palesemente vasti e, inoltre, sono difficilmente determinabili sia nei costi sia nei benefici. Pertanto l'esigenza di capire dove l'azienda deve porre dei limiti e come deve definire tali limiti è una questione che crea parecchio disagio.

Un modo di avviare l'analisi di questa intricata problematica è quello di partire dall'analisi dei limiti all'iniziativa aziendale che sono di due tipi fondamentali: interni, cioè dipendenti dalla situazione economica e finanziaria dell'azienda venditrice ed

esterni, cioè dipendenti dalla capacità di ricevere credito delle aziende compratrici.

I limiti interni e la loro gestione. Il problema del credito da concedere alla clientela va posto e valutato alla luce delle condizioni aziendali, osservabili da differenti punti di vista. Si individuano tre aspetti della gestione che vanno affrontati e valutati prima di decidere quale uso fare della manovra del credito commerciale44.

Il primo di questi elementi è il grado di utilizzo dell'apparato produttivo e

distributivo. La situazione aziendale che esprima un giro d'affari

sostanzialmente capace di saturare le possibilità produttive e distributive certamente non sembra giustificare eventuali incrementi di concessione di credito poiché, a parità di altre condizioni, si finirebbe per provocare l'accrescimento di domanda del proprio prodotti senza avere la possibilità di soddisfarla ed in più si sosterrebbero per nulla i costi del maggior credito. Situazione del tutto opposta è quella in cui l'azienda osserva il sottoutilizzo della propria capacità produttiva e distributiva, il che vuol dire far assorbire i propri costi fissi ad un volume produttivo più basso di quello che sarebbe desiderabile. In questo caso l'esigenza di aumentare la produzione è del tutto ovvia45.

44 ETTORE DE VITA, La gestione del credito commerciale, Etas Libri, Milano, 1983, pag. 46.

45 In tal caso occorrono più accurate valutazioni fra cui in primissimo luogo sia la probabilità di riuscire a collocare sul mercato l'aumentata produzione, sia la capacità della manovra sulle condizioni di pagamento, o sul prezzo, di supportare adeguatamente tale progetto, sia la nuova situazione di margini, cioè di conto economico, in cui l'azienda finirebbe per trovarsi. Dopo di che sarà anche possibile attivare i necessari

Il secondo elemento riguarda la situazione finanziaria ed il terzo la situazione

economica dell'azienda. In sostanza si tratta di capire quanto ci si accinge a

spendere e quanto e in quali tempi ritornerà.

Capacità produttiva e commerciale, vincoli legati alla struttura del capitale circolante, risultati economici attesi, sono tutti fattori da conciliare, da rendere fra di loro compatibili. Il momento opportuno per una siffatta determinazione di obiettivi ed equilibri è quello della pianificazione46. Il concetto di previsioni

sistematiche e organiche a cui si fa riferimento è quello diffuso in molte aziende

che hanno scelto di procedere almeno una volta nel corso dell'anno, salvo qualche aggiornamento infra-annuale, all'elaborazione della pianificazione per l'anno successivo o, meglio, per i successivi due o tre anni. In casi del genere si suole procedere alla redazione di una terna di piani fra di loro profondamente integrati47. Questi piani sono: 1) il piano operativo, spesso denominato budget,

meccanismi aziendali per la realizzazione del progetto. È anche possibile pensare all'espansione delle attività commerciali mediante il ricorso a produttori esterni ma, in tali casi, nascono problemi di “make or buy”. 46 In senso generico per panificazione si intende la formulazione di un piano o programma, specialmente di

carattere economico. Con significato specifico e più corrente, la pianificazione è il complesso di interventi organici dello stato nell'economia, realizzati sulla base di un piano pluriennale, al fine di stimolare e guidare lo sviluppo della produzione, sia attraverso una rigida regolamentazione di ogni settore della vita economica, sia attraverso un sistema più flessibile di erogazioni e investimenti pubblici e incentivazioni fiscali e creditizie. In ogni caso la pianificazione deve essere necessariamente supportata da un piano, da uno schema o un progetto. Nell'ambito della dottrina economico-aziendale è facile imbattersi nei termini pianificazione e programmazione riferiti al più generale Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo. Questo sistema rientra nell'ambito del sistema di amministrazione e controllo che, insieme al sistema della gestione e dell'organizzazione, costituiscono la fondamentale tripartizione dottrinale dell'economia aziendale teorizzata dallo Zappa. Sinteticamente la pianificazione consiste nell'anticipazione di una serie di decisioni tra loro coordinate. L'output della pianificazione è il piano, cioè il documento strategico nel quale sono ordinati in un sistema quantitativo preventivo i dati riguardanti la gestione futura nell'ambito delle previsioni attuate, degli obiettivi prefissati e delle combinazioni scelte per il loro raggiungimento. La programmazione riguarda, invece, il processo di determinazione operativo, sulla base dei dati previsti, degli obiettivi realizzabili in rapporto ai mezzi a disposizione. In pratica, la pianificazione, sulla base della definizione della strategia aziendale, va a mostrare come le stesse possono essere sviluppate nell'arco temporale del medio e lungo periodo. La programmazione, invece, si concentra sulla traduzione delle strategie evidenziate nel piano in programmi operativi. Quindi i due concetti sono direttamente collegati rispettivamente alla visione strategica e a quella operativa. Concludendo per pianificazione si intende l'attività volta ad assolvere il compito di valutare la fattibilità delle idee, convertirle in linee precise, specificando mediante la definizione di obiettivi che le esprimano e individuare alternative per la loro realizzazione. Lo sviluppo temporale è, conseguentemente, quello di medio e lungo periodo (3-5 anni). In altre parole, la pianificazione è l'insieme delle decisioni prese dal management per intraprendere le azioni volte al raggiungimento degli obiettivi. La programmazione, invece, tende a tradurre gli obiettivi formulati nell'ambito della pianificazione in scelte concrete, tenuto conto delle risorse a disposizione.

Il processo di pianificazione è definibile come l'insieme delle attività mediante le quali vengono analizzati e stabiliti la missione aziendale e gli obiettivi di fondo dell'organizzazione il cui conseguimento è garantito dallo svolgimento del processo di controllo. Il processo si basa su due punti fondamentali: 1) l'analisi del passato; 2) previsione delle dinamiche future, interne ed esterne all'organizzazione.

che riguarda i costi e i ricavi di competenza del periodo a cui il piano si riferisce, nonché il risultato economico atteso; 2) il piano degli investimenti, che riguarda il programma di acquisizione dei cespiti patrimoniali in arrivo nel periodo oggetto della pianificazione; 3) il piano finanziario,che riguarda i flussi in entrata e uscita nel periodo oggetto della pianificazione, nonché le coperture programmate per fronteggiare eventuali saldi negativi o gli impieghi programmati per sfruttare eventuali saldi attivi. Si osserva che la previsione del volume al quale potranno pervenire le vendite è certamente vincolato al programma delle condizioni di vendita che si pensa di proporre alla clientela.

I limiti esterni e la loro gestione. Essi sono quelli della capacità della clientela a

possono costituire uno strumento per comunicare le intenzioni strategiche, i valori aziendali e le aspirazioni del management, quindi l'orientamento strategico di fondo, e, contestualmente, la sequenza delle azioni, le risorse da impegnare in termini di personale, fattori produttivi e disponibilità finanziarie. La caratteristica principale del piano è di avere una dimensione temporale di medio-lungo termine, generalmente di tre o cinque anni. I piani aziendali sono molteplici, ciascuno legato ad una specifica funzione o dimensione aziendale. È per questo motivo che generalmente si parla di sistema di piani. Secondo il Giannessi i piani sono destinati ad orientare la vita probabile dell'azienda negli intervalli di tempo corrispondenti al futuro prevedibile, quindi ad indirizzare il comportamento dei soggetti coinvolti a vario titolo nelle vicende aziendali. Avendo un fine comune, ossia quello di portare l'azienda al raggiungimento degli obiettivi strategici di fondo, i piani devono essere tra di loro collegati e coordinati. Ne discende dunque la sistematicità dei piani: ognuno di essi è imprescindibile dall'altro. Esistono numerose classificazioni di piani. Bisogna innanzitutto distinguere tra piani di funzione e piani generali. I piani di funzione esprimono in modo analitico la programmazione di ciascuna funzione aziendale e confluiscono nel cosiddetto piano generale. In essi sono contenute le risorse , i tempi e le altre informazioni necessarie per favorire la concreta attuazione dei piani strategici aziendali. In questo senso i piani funzionali sono un di cui del piano generale. Quest'ultimo è quindi una sorta di rappresentazione riassuntiva di quanto contenuto nei piani di funzione e riguarda l'impresa nel suo complesso. A sua volta il piano generale si articola nei seguenti piani: 1) piano operativo o economico, che raccoglie i costi ed i ricavi delle singole funzioni. Ha l'obiettivo di rappresentare i risultati economici previsti, ossia gli utili e le perdite che si prevede di conseguire in futuro; 2) piano degli investimenti, in esso vengono raccolti tutti gli impieghi durevoli di capitale (nella sostanza l'attivo immobilizzato) che si prevede di dover effettuare per poter raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati; 3) piano dei finanziamenti, evidenzia il fabbisogno e le disponibilità di mezzi finanziari per gli esercizi di piano. Tutti i piani nella loro interezza non sono composti interamente da schemi che contengono esclusivamente informazioni di tipo quantitativo, quindi con dati pressoché solo numerici, ma sono integrati da una sorta di relazione che contiene informazioni di tipo qualitativo. Si tratta appunto della cosiddetta dimensione descrittiva. In generale il piano, nella sua dimensione quantitativa, è introdotto da una breve descrizione degli obiettivi generali dell'azienda, con particolare riferimento ai risultati attesi per il futuro in relazione ad uno specifica idea o progetto. Questa descrizione è fondamentale per rappresentare in modo organico ed efficiente un'idea imprenditoriale o problemi relativi alla sua messa a punto. All'introduzione segue una descrizione del business. In essi vengono esposti quelli che sono i prodotti dell'azienda, i suoi servizi e la valenza di ciascuno di essi nella soddisfazione dei bisogni dei possibili acquirenti e dei loro grado di utilità che possono generare. Oltre ai prodotti ed ai servizi, viene brevemente descritta la storia dell'azienda, i suoi pregi, la sua area di attività, la forma giuridica, l'evoluzione nel tempo della sua posizione nel mercato di riferimento. Da queste piccole premesse si analizza in modo più dettagliato ed approfondito il prodotto e il mercato. Una volta determinato il mercato di riferimento è necessario scomporlo nelle cosiddette aree strategiche d'affari. Le aree strategiche d'affari, o più semplicemente ASA, sono dei segmenti del mercato, ciascuna individuabile per le combinazioni particolari di prodotto/mercato, in cui opera l'azienda. Esse possono appartenere a settori diversi o nell'ambito dello stesso settore a nicchie differenziate.

ricevere credito, credito che può essere concesso sotto varie forme, con varie scadenza e ponendo a differenti livelli l'indebitamento a cui far giungere ciascun cliente. In altri termini: il tramite ultimo della concessione di credito è la scelta della più opportuna condizione di pagamento.

La gestione dei limiti esterni48 alla concessione di credito parte dalla ovvia

considerazione che non solo non tutti i clienti sono meritevoli di credito, ma che fra quelli meritevoli non tutti possono pervenire allo stesso livello di indebitamento. Quindi questo vuol dire che la decisione di concedere credito va attuata nella consapevolezza di operare affinché le perdite e gli altri possibili effetti negativi siano ridotti al minimo. Si giunge così alla selezione della clientela e alla concessione del fido, che sono due delle attività in cui il coordinamento fra le funzioni aziendali responsabili della gestione del credito commerciale deve essere massimo. La selezione della clientela è un'attività continua. La funzione commerciale la svolge già nel momento in cui valuta se avvicinare oppure no un possibile cliente e, poi, continua a svolgerla, a rapporti avviati, osservando la regolarità e la qualità del giro di affari del nuovo cliente, nonché la sua puntualità nel rispetto delle condizioni di pagamento concordate ed espresse in fattura. La concessione del fido, invece, è un'attività discontinua. Ogni consegna o prestazione non saldata per contanti è una concessione di credito e, cioè, un fido.

Nel documento La gestione del credito commerciale (pagine 36-40)