• Non ci sono risultati.

Particolari fattispecie di crediti commerciali.

Nel documento La gestione del credito commerciale (pagine 193-198)

PARTE TERZA: PROFILI DI BILANCIO.

8. La valutazione del credito commerciale.

8.4 Particolari fattispecie di crediti commerciali.

Vi sono particolari tipologie di crediti commerciali che vale la pena di affrontare specificamente.

Ciò in quanto presentano determinati elementi distintivi - quali il soggetto debitore, la forma di regolamento, la peculiarità del rapporto sottostante ed altro ancora - che lo caratterizzano decisamente rispetto a quelli “ordinari”.

Anzitutto, vale la pena di ricordare i crediti commerciali vantati verso la pubblica

amministrazione.

Essi si contraddistinguono intanto per la natura del debitore.

Inoltre, risultano normalmente esigibili con molto ritardo rispetto alla cessione del bene da parte della combinazione produttiva.

Ciò rende necessaria una serie di riflessioni sulle problematiche valutative sia di carattere civilistico che fiscale.

Il principio di base resta quello dell'art. 2426, punto 8 c.c, secondo il quale bisogna riferirsi al presumibile valore di realizzazione.

Il che comporta anche in questo caso un'analisi da parte degli amministratori tesa a stabilire la probabilità di realizzazione del credito e ad operare, se necessario, le opportune svalutazioni.

Ebbene, al riguardo, con riferimento ai crediti verso la pubblica amministrazione occorre prendere le mosse dalla cronica difficoltà finanziaria in cui versano gli enti pubblici223.

223Un ente pubblico, nell'ordinamento giuridico italiano, è un ente creato secondo norme di diritto pubblico, attraverso cui la pubblica amministrazione italiana svolge la sua funzione amministrativa per il perseguimento di un interesse pubblico. Gli enti pubblici si contrappongono quindi agli enti creati secondo norme di diritto privato, che pur essendo per lo più destinati a perseguire interessi di carattere privato, possono tuttavia svolgere anche funzioni amministrative. Gli enti pubblici, in quanto persone giuridiche, perseguono i fini stabiliti dal proprio statuto e tale discorso vale anche per l'ente pubblico principale, lo Stato, in quanto anche lo Stato persegue i fini degli associati che ne fanno parte. I fini sono previsti dai poteri dello Stato in rappresentanza all'intera comunità. Per perseguire i determinati fini, gli enti pubblici sono soggetti ad attribuzioni, fasci di poteri amministrativi che non esauriscono ciò che l'ente possa fare, ma ne delimitano solo i poteri amministrativi. Le attribuzioni vengono poi distribuite all'interno dell'ente fra i suoi vari organi secondo varie competenze. L'ente pubblico, inoltre, ha i poteri che scaturiscono dal diritto privato per il semplice fatto che è comunque una persona giuridica. Competenze ed attribuzioni possono essere divise secondo quattro criteri: materia, destinatari, territorio e dimensioni. In base a questa considerazione gli organi direttivi dell'ente pubblico dovrebbero privilegiare i processi che creano valore per l'utente finale-cittadino (processi primari), rispetto a quelli di supporto e a quelli burocratici. Tuttavia, non sono oggetto di reato

Tuttavia, se ciò comporta quasi sempre un notevole allungamento dei tempi di pagamento, quasi mai si traduce in un effettivo rischio di insolvenza, data la natura pubblica del debitore.

In altri termini, la personalità del debitore in questo caso è “garanzia” di ritardo negli incassi, ma anche di solvibilità.

Per questo motivo, in linea di principio, tali crediti non dovrebbero essere svalutati, in quanto il presumibile valore di realizzo coincide praticamente sempre con il valore nominale.

D'altronde, la lunghezza dei tempi di pagamenti non influisce sull'esigibilità del credito, quindi non rileva ai fini della svalutazione.

Fino all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 231/2002, quest'ultima caratteristica poteva semmai interessare un'eventuale attualizzazione dei medesimi crediti, per i quali, di norma, non vengono previsti interessi di dilazione, neppure nel caso di ritardo dei pagamenti.

Tale problematica ha però perso importanza con il citato decreto, in virtù del quale

azioni come la stipula di mutui, garantiti con il patrimonio dell'ente, per pagare spese di rappresentanza, spese di trasferta e collaborazioni. Nel caso in cui l'ente pubblico goda di autonomia economica, questo non è soggetto a vincoli di bilancio per l'incremento delle voci di costo e delle passività, o a provvedimenti che vietano l'indebitamento, garantito con il patrimonio dell'ente. Tratti peculiari di un ente pubblico sono: la prevalenza nel rapporto con altri soggetti di diritto, per esempio con le persone fisiche, le quali non sono pertanto in dignità paritaria nei confronti dell'ente (autoritatività dei provvedimenti dell'ente); uno stretto controllo da parte degli organi statali sull'operato dell'ente; la soggezione a un particolare regime giuridico di diritto amministrativo, prioritario rispetto alle previsioni del diritto privato, caratterizzato dai seguenti attributi: 1) autarchia. Essa, letteralmente, è la capacità di governarsi da sé; in questo contesto è la capacità degli enti, diversi dallo Stato, di possedere delle potestà pubbliche per il perseguimento dei propri interessi. Tipiche espressioni dell'autarchia degli enti pubblici possono essere la possibilità di agire per il tramite di provvedimenti amministrativi con la stessa efficacia di quelli emessi dallo Stato, o la capacità di fornire certificazione o il potere di determinare la propria organizzazione interna. 2) autotutela. Tale potere è garantito a ogni ente pubblico o a ogni altro organo stabilito dalla legge in ordine alla possibilità di risolvere un conflitto di interessi attuale o potenziale e, in particolare, di sindacare la validità dei propri atti producendo effetti incidenti sugli stessi, nell'ambito di tutela dell'interesse pubblico. Sono esempi di questa capacità il potere di revoca, sospensione, proroga, rimozione degli effetti dell'atto, di annullamento o convalida dell'atto e dei suoi effetti ex tunc, o ancora di riforma, sanatoria, ratifica e rinnovazione dell'atto e dei suoi effetti ex nunc. 3) autonomia. L'autonomia è la capacità degli enti di emanare atti normativi o provvedimenti che hanno valore sul piano dell'ordinamento generale alla stessa stregua di quelli dello Stato, impugnabili rispettivamente davanti al giudice costituzionale o amministrativo a seconda del rispettivo rango nella gerarchia delle fonti. In sintesi è la titolarità di un potere discrezionale legislativo o amministrativo nella formazione dei propri atti. Esistono diversi gradi e tipi di autonomia che sono attribuiti dalle leggi agli enti pubblici: autonomia legislativa (potere normativo primario), autonomia regolamentare (potere normativo secondario), autonomia statutaria (potere normativo in tema di organizzazione e funzionamento dell'ente stesso), autonomia finanziaria, autonomia contabile, autonomia di indirizzo amministrativo, autonomia tributaria. 4) autogoverno. Esso è definito come la facoltà di alcuni degli enti pubblici di amministrarsi per mezzo di organi i cui membri sono eletti da coloro che ne fanno parte.

anche i crediti vantati verso la Pubblica Amministrazione generano automaticamente interessi di mora in caso di ritardi nel regolamento delle fatture rispetto alle scadenze contrattuali.

Anche per quanto concerne il profilo fiscale non vi sono differenze normative rispetto al quadro generale.

Risulta quindi applicabile l'art. 71 TUIR.

Al riguardo ci si limita pertanto a segnalare il fatto che, secondo i corretti principi economico-aziendali, non si dovrebbe procedere ad accantonare alcunché, in quanto si tratta di crediti normalmente pienamente esigibili,anche se con notevole ritardo.

Un'altra fattispecie peculiare è rappresentata dai crediti commerciali incassabili

mediante attività diverse dai fondi liquidi: ad esempio, beni in natura o titoli.

Al riguardo i principi contabili distinguono il caso in cui la facoltà di scelta della modalità di pagamento sia di pertinenza del debitore o del creditore.

In ossequio al fondamentale principio di prudenza, se ciò spetta al debitore, il credito dovrà essere esposto al minore tra il valore incassabile per contanti ed il valore

corrente di tali attività.

Se, invece, l'opzione relativa al pagamento è di competenza del creditore, deve essere attribuito il valore relativo all'opzione che si ritiene di esercitare.

In ogni caso, le eventuali rettifiche operate rispetto al valore originario devono essere imputate al conto economico.

Un ragionamento analogo deve essere effettuato per i crediti commerciali da

incassarsi con attività diverse dai fondi liquidi originariamente previsti.

Si tratta, in questo caso, di un fatto fortuito, quindi indipendente da opzioni dei contraenti.

Sempre per il principio della prudenza, il relativo credito dovrà essere valorizzato in bilancio al minore tra il valore relativo al pagamento in contanti ed il valore corrente

delle attività che verranno ricevute224.

Pare inoltre opportuno richiamare l'attenzione sui crediti commerciali relativi alle

224CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTRI COMMERCIALISTI E CONSIGLIO NAZIONALE DEI RAGIONIERI, Principio Contabile n° 15. I crediti, Giugno, 2014, pag. 19-20.

vendite a rate225.

In questo caso, il creditore è sottoposto al rischio di mancato pagamento di rate che potrebbero non trovare adeguata copertura neppure con la rivendita dei beni.

Di conseguenza, ai fini della valutazione di tali partite creditorie in bilancio si deve tenere conto di tali eventualità, inserendo nel valore di presunta realizzazione, anche la perdita connessa alla dismissione dei beni riavuti in possesso e ceduti in seguito all'inadempimento del contratto, nonché le eventuali spese da sostenere per l'operazione.

Infine, un breve cenno ai crediti originati dalle commesse di lungo termine, note anche come “lavori in corso su ordinazione226”.

225Nella vendita “a rate” o “con riserva di proprietà”, qualora il debitore sia insolvente, il creditore ha il diritto di riottenere il bene e di venderlo per tentare di recuperare le rate non pagate. Tuttavia, lo si intuisce agevolmente, nella maggior parte dei casi sarà destinato a subire una perdita di realizzo.

226I lavori in corso su ordinazione sono contratti a durata normalmente ultrannuale per la realizzazione di un bene, di una combinazione di beni oppure per la fornitura di beni/servizi non di serie e che insieme formino un unico progetto. Se al termine dell'esercizio tali lavori non sono terminati, l'impresa esecutrice del lavoro deve rilevare in bilancio tali contratti secondo quanto previsto dall'OIC 23 la cui nuova versione, da applicarsi ai bilanci chiusi a partire dal 31 dicembre 2014, sostituisce quella entrata in vigore nel 2005. Tali lavori vengono eseguiti su ordinazione (formalizzata nel suddetto contratto) del committente che richiede determinate specifiche tecniche, che trovano analitica descrizione nel contratto stipulato. Generalmente l'affidamento avviene attraverso contratti d'appalto (possono essere stipulati anche altri atti come ad esempio la vendita di cosa futura) riguardanti la realizzazione di opere, edifici, ponti, dighe, navi, impianti o la fornitura di servizi inerenti la realizzazione di un opera. In particolare, sono due i criteri di valutazione applicabili. Il primo, denominato “criterio della commessa completata”, si caratterizza per rilevare i lavori in corso al costo e di iscrivere il ricavo, ed il conseguente margine, solo quando ultimati. Il secondo è invece il

“criterio della percentuale di completamento” che prevede di imputare il ricavo complessivo ad ogni

esercizio in cui vengono eseguiti i lavori in proporzione alla percentuale di completamento dell'opera, rispettando il principio di competenza. Il nuovo principio definisce in modo puntuale i requisiti necessari per l'applicazione del criterio della percentuale di completamento. In particolare, per i lavori ultrannuali, l'applicazione di tale criterio diventa obbligatoria quando: 1) esiste un contratto vincolante per le parti che ne definisca in modo chiaro le obbligazioni (tra cui il diritto al corrispettivo per l'esecutore); 2) il diritto ad ottenere il corrispettivo matura con ragionevole certezza (come quando il contratto garantisce, all'esecutore dell'opera, il risarcimento dei costi sostenuti più un congruo margine qualora il committente recedesse) progressivamente durante l'esecuzione dei lavori; 3) non vi sono condizioni di incertezza con riferimento a condizioni contrattuali o fattori esterni tali da rendere dubbia la capacità dei contraenti a far fronte alle obbligazioni; 4) il risultato può essere attendibilmente misurato. Solo nella circostanza in cui non sia rispettate tali condizioni allora deve essere applicato il criterio della commessa completata. Un'altra novità riguarda le commesse di breve durata (inferiore all'anno) per cui il nuovo OIC 23 consente di applicare o il criterio della commessa completata o quello della percentuale di completamento. Con riferimento agli anticipi ed agli acconti, il principio chiarisce che devono essere iscritti tra le passività sino al termine dei lavori e solo al momento della fatturazione devono essere riclassificati tra i ricavi (storno dal passivo con contopartita la rilevazione di un ricavo nella voce A1). In ogni caso, il ricavo deve essere rilevato solo quando vi è la certezza che il ricavo maturato è riconosciuto in modo definitivo all'esecutore dei lavori. Indipendentemente dal criterio di valutazione adottato, qualora sia probabile che i costi totali stimati eccedano i ricavi totali, la perdita probabile deve essere rilevata a decremento dei lavori in corso su ordinazione iscritti in bilancio. Se la perdita è superiore al valore dei lavori in corso iscritti, allora l'esecutore è tenuto ad iscrivere l'eccedenza in uno specifico fondo per rischi ed oneri. Altra importante novità riguarda i costi pre-operativi. In precedenza, con riferimento al criterio della percentuale di completamento, tali oneri

In realtà, dal punto di vista contabile, esse vengono trattate come “rimanenze”, valutabili, a seconda delle circostanze, al costo (metodo della “commessa completata227”), o in base ai corrispettivi contrattuali maturati (metodo della

“percentuale di avanzamento dei lavori228”).

Ebbene, non trattandosi di crediti in senso proprio, le relative considerazioni valutative sono estranee al presente lavoro.

Tuttavia, poiché nell'anno in cui la commessa verrà portata a termine si avrà la maturazione del relativo credito, con il suo conseguente inserimento in bilancio, è parso opportuno ricordare anche tale fattispecie.

dovevano essere rilevati tra le immobilizzazioni immateriali ed ammortizzati negli esercizi futuri in funzione dell'avanzamento dei lavori, mentre se si fosse applicata la commessa completata tali costi andavano rilevati in modo analogo agli oneri sostenuti per l'esecuzione delle opere. Il nuovo principio non modifica la rilevazione contabile dei costi pre-operativi nel caso si applichi il criterio della commessa completata ma modifica la rilevazione in applicazione della percentuale di completamento. In tale caso, infatti, l'azienda esecutrice del lavoro deve considerare tali oneri come costi di commessa. Pertanto, questi partecipano alla definizione del margine di commessa in proporzione allo stato di avanzamento dei lavori. Infine, l'ultima novità riguarda l'introduzione di nuove indicazioni in merito agli incentivi ed alle richieste di corrispettivi aggiuntivi. Il nuovo OIC 23 prevede che tali valori siano inclusi nel ricavo di commessa quando vi è l'accettazione formale degli incentivi o delle richieste di corrispettivi aggiuntivi da parte del committente (entro la data del bilancio) oppure, pur in assenza di una formale accettazione, è altamente probabile che siano accettati sulla base delle più recenti informazioni e/o dell'esperienza storica.

227Con tale metodo i ricavi e il margine di commessa vengono riconosciuti solo quando il contratto è completato, quando cioè le opere sono ultimate e consegnate. L'opera si considera completata al momento dell'accettazione da parte del committente, ossia quando: la costruzione è stata completata; i collaudi sono stati effettuati con esito positivo ed eventuali costi da sostenere siano di entità risibile.

228Adottando tale metodo i costi, i ricavi ed il margine di commessa sono riconosciuti in funzione dell'avanzamento dell'attività produttiva e, quindi, attribuiti agli esercizi in cui tale attività si esplica. Tale metodo è adottabile se sono rispettate le seguenti condizioni: esistenza di un contratto vincolante tra le parti; possibilità di effettuare stime ragionevoli dei ricavi e dei costi di commessa, non siano presenti situazioni di aleatorietà connesse a condizioni contrattuali o a fattori esterni di tale entità da rendere le stime dubbie ed inattendibili. Secondo l'OIC 23 è decisamente consigliata, ove possibile, l'adozione di tale metodo in quanto è più rispondente al principio di competenza in quanto permette di riconoscere l'utile stimato dal contratto man mano che esso matura con l'avanzamento dell'opera. L'avanzamento dell'attività produttiva può essere determinato con vari metodi: 1) metodo del costo sostenuto; 2) metodo delle ore lavorate; 3) metodo delle unità consegnate; 4) metodo delle misurazioni fisiche. L'OIC 23 ritiene che il metodo del costo sostenuto sia quello preferibile in quanto consente una corretta ripartizione del margine operativo della commessa in funzione dell'attività svolta dall'impresa nei singoli esercizi. In particolare il metodo dei costi sostenuti prevede che la percentuale di avanzamento dei lavori ad una certa data sia determinato quale rapporto tra i costi effettivamente sostenuti e costi totali stimati per la realizzazione della commessa stessa. È, pertanto, importante: la stima a preventivo dei costi da sostenere e la determinazione dei costi effettivamente sostenuti. Sono da computare nella commessa tutti i costi diretti (quali, ad esempio: manodopera diretta, materiali utilizzati per l'opera, eventuali subappalti, ammortamenti macchinari ed impianti diretti); vanno computati anche i costi indiretti, ovviamente per la quota imputabile alla singola commessa. Non vanno considerati i costi che si riferiscono all'attività aziendale nel suo complesso quali, ad esempio, le spese amministrative e generali. Infine, gli oneri finanziari relativi a prestiti contratti al fine di finanziare esclusivamente l'esecuzione dell'opera sono computabili nel costo complessivo della commessa, se: trattasi di commesse di durata superiore ai 12 mesi; vi sia un sistema amministrativo che consenta di seguire i flussi finanziari relativi ad ogni commessa; che gli interessi siano recuperabili mediante ricavi della commessa.

8.5 I crediti commerciali e le politiche di bilancio: le manipolazioni dei dati

Nel documento La gestione del credito commerciale (pagine 193-198)