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Dalla Bestimmung des Menschen al suo compimento nel der ganze Mensch

Capitolo 1 Sulla spiritualizzazione n/della natura umana

1.5 Dalla Bestimmung des Menschen al suo compimento nel der ganze Mensch

non solo razionale, ma anche sensibile, ed in cui sensibile e sovrasensibile s’intrecciano, è a fondamento della filosofia della storia schilleriana. Ivi non si tratta più, solo, kantianamente, d’innalzarsi infinitamente al di sopra degli altri animali, né d’istituire un tribunale della ragione, bensì di cogliere la reale unità ed interdipendenza delle varie disposizioni umane all’interno di una dialettica di compenetrazione reciproca di ragione

e sentimento, in cui educare l’uomo significa imparare a conoscere ed armonizzare le

intenzioni naturali che l’uomo trova architettonicamente già fissate in sé, con quelle morali che, in quanto persona, egli frappone all’anello della necessità.

Nell’uomo intero questa fusione tra sensibile e razionale, tra naturalità e moralità si compie a profondità tale da trasformarne l’istinto naturale; così, diventato egli stesso la personificazione della moralità – l’anima bella, schönen Seele – le singole azioni che compie non hanno più bisogno d’essere verificate di fronte al tribunale della ragione, poiché hanno quale loro origine una perfetta disposizione, inclinazione, al dovere – als

eine Neigung zu der Pflicht – alla virtù; non un imperativo che ordina, quanto piuttosto

un’inclinazione totale della persona, un come, che si rende visibile nel carattere, nella scelta all’azione e nella gioia con cui l’azione viene compiuta. Ciò significa che, poiché le disposizioni morali implicano l’assenso della volontà, il singolo può specchiarsi negli

atti che compie, che ha deciso di compiere come uomo e come persona, vedendovi realizzate le proprie disposizioni. “L’uomo si dipinge nei suoi atti”44. Il corpo stesso, nella sua componente mimica, diventa lo specchio della complessa integrazione tra i diversi dinamismi della natura e della morale, “le azioni dello spirito trovano un proprio corrispondente in quelle del corpo e ogni emozione possiede una sua propria particolare espressione che relaziona in modo diretto la parte intellettuale con quella materiale del nostro essere” 45.

Questo rende chiaro come, per la filosofia della storia schilleriana, la possibilità di conciliare l’eternità dell’animo umano con la realtà contingente e materiale, si giochi tutta sul piano antropologico, nella pensabilità dell’uomo quale totalità – innanzitutto psico-fisica – nella sua trasformabilità e, attraverso questa, nella trasformabilità della società e del mondo. Quando una simile pensabilità non prende forma o ad essa si sostituisce uno sguardo unilaterale – che, assolutizzando uno degli elementi costitutivi umani, diventa incapace di rendere conto dell’unità dell’essere nella sua molteplicità – è definitivamente compromessa la possibilità stessa di comprendere l’uomoa tutti i livelli e le condizioni di esistenza.

1.6 L’uomo come frammento: il circolo vizioso della scissione. Dalla scissione all’integrazione

Nella Lettera V de L’educazione estetica, precisamente a partire da una riflessione sulla configurazione della propria epoca, Schiller descrive le due opposte vie attraverso cui l’uomo può allontanarsi dalla sua destinazione, le due estreme ambliopie della moderna decadenza umana: quando a prevalere è la natura, i sentimenti dominano sui

44 Friedrich Schiller, L’educazione estetica, op. cit., p. 30.

45 Ivano Gorzanelli, Schiller e Nietzsche: l’antropologia del discorso estetico. Critica della cultura, storia e istituzioni, Dissertation thesis, relatore Carlo Gentili, Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Dottorato di ricerca in Filosofia (Estetica), p. 4.

principi e l’uomo diventa un rozzo selvaggio; quando invece a prevalere è la ragione, i principi distruggono i sentimenti ed egli diventa un rammollito barbaro perverso46. È questa seconda unilateralità ad essere significativamente perniciosa perché ad essa soggiace la cultura civilizzatrice del progresso moderno. Ivi non è in questione il progresso tout court né il primato della ragione, ma i suoi eccessi ed i diversi modi in cui la perversione della razionalità qualificano il progresso e l’uomo stesso, alle cui conquiste non corrisponde un analogo sviluppo morale. “L’umanità paga il progresso della tecnica e l’avanzamento delle conoscenze con una tendenza sempre crescente alla separazione delle facoltà spirituali. La razionalizzazione del mondo della vita coincide con la parcellizzazione dell’esistenza e con la riduzione dell’uomo alla sua funzione sociale ed economica”47. Sotto l’ègida di un intelletto che tutto divide, separazione e riduzione conducono l’uomo alla frammentazione di sé e all’alienazione.

Sono stati ora scissi lo Stato e la Chiesa, le leggi e i costumi; il piacere è stato separato dal lavoro, il mezzo dal fine, lo sforzo dalla ricompensa. Eternamente incatenato soltanto a un singolo frammento del tutto, l’uomo stesso si forma come un frammento. Nell’orecchio soltanto il rumore monotono della ruota che egli spinge, egli non sviluppa mai l’armonia del suo essere, e invece di imprimere l’umanità nella sua natura diviene un semplice calco del suo ufficio, della sua scienza48.

Sostenere che per Schiller alla base della separazione delle facoltà spirituali vi sia solo un processo di civilizzazione che, con la crescente divisione del lavoro, limita il campo vitale dell’uomo, è improprio. Essa trova, piuttosto, la propria prima radice all’interno della natura umana stessa, in quella dinamica strutturale tra ragione e sensibilità, il cui conflitto, a sua volta, si nutre di quell’unilateralità della visione che dà,

46 “Si può deviar in due modi speculari, a seconda che a prevalere sia la natura o la ragione: l’uomo è un selvaggio se i suoi sentimenti dominano sui suoi principi, ed è un barbaro se i suoi principi distruggono i suoi sentimenti”. Pinna Giovanna, Introduzione a Schiller, op. cit., p.70.

47 Ivi, p.73.

poi, luogo ad una reale scissione che dall’interno dell’uomo – a partire dalla divisione delle facoltà spirituali – procede sistematicamente verso l’esterno in tutte le sue attività.

Schiller intuisce chiaramente che la strada per la ricomposizione della scissione tra sensibile e razionale passa per la via stretta dell’educazione estetica: la bellezza – nella rappresentazione artistica – e non il mero dovere quale imperativo, ha la capacità di muovere le forze interiori e farle dialogare, attivando la ragione attraverso il sentimento ed agendo così sull’intenzione morale49.

La destinazione sociale kantiana e quella schilleriana divergono proprio nella cura che propongono alla scissione: per il primo l’unità è data dalla ragione, per quest’ultimo è data, attraverso la cultura e l’arte, dall’educazione del sentimento del singolo – intesa quale educazione delle facoltà della ragione e del sentimento –, tramite unico per la trasformazione sociale50: ogni tentativo di trasformazione dello Stato, così come ogni tentativo di concepirsi individualmente e storicamente, è intempestivo e chimerico, se non viene prima sanata la scissione nell’uomo interiore e riconcepito come un tutto organico, unito in vista dell’unità – nonostante l’opposizione delle sue parti.

Un tutto organico la cui educazione ha come scopo quella di formare una volontà libera, perfettamente in equilibrio tra il dovere e l’inclinazione morale, perché fondata sulla libertà data dalla verità, cioè fondata sull’accordo tra le forze dell’intera persona. Senza d’essa l’uomo viene ininterrottamente ridotto in schiavitù da istanze momentanee e frammentarie: “Uomo degno di compassione quello che […] nel regno della libertà più perfetta si porta dentro un animo da schiavo!”51.

49 “Poiché la strada per il cervello deve passare per il cuore”. Ivi, p. 39.

50 “Se l’uomo interiore è in accordo con se stesso anche nella massima universalizzazione del suo comportamento salvaguarderà la propria peculiarità e lo Stato sarà semplicemente l’interprete del suo istinto bello, una formulazione più esplicita della sua interna legislazione”. Ivi, p. 29.