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Capitolo 2 La filosofia come esercizio d’esperienza

1 Pierre Hadot e la filosofia come modo di vivere

1.1 Che cos’è la filosofia antica?

1.1.1 Questioni di metodo

L’intuizione che gli antichi intendessero la filosofia primariamente come un esercizio spirituale nacque da considerazioni iniziali di mero carattere letterario. Durante il proprio lavoro di ricerca, Hadot si accorse che quando s’approcciava alle opere antiche studiandole solo come sistemi chiusi in sé coerenti, destinati a informare circa un determinato contenuto, sovente gli sembravano un coacervo di contraddizioni; analogamente, quando, nel cercare di ricostruire il pensiero di un autore, o nell’enucleare un sistema, trasceglieva un’idea che ne fungesse da generale criterio ordinatore per renderne ragione, era costretto ad estrarre da varie opere proposizioni che, avulse dal loro contesto75, finivano per attribuire all’autore studiato un pensiero a lui estraneo. Queste contraddizioni, che insieme erano anche un fraintendimento, potevano però essere evitate analizzando singolarmente ogni opera in funzione del genere letterario utilizzato e del

contesto in cui s’inserivano. Tale ripensamento implicava che ogni dissertazione,

piuttosto che essere scandagliata per afferrarne il portato concettuale, venisse riorientata e ricollocata prospetticamente sulla base dell’effetto che si proponeva di ottenere. Ciò rese evidente che se le opere antiche venivano, invece, pensate quali esercizi spirituali che l’autore praticava o faceva praticare al lettore, la maggior parte delle contraddizioni svanivano76.

75 Hadot Pierre, La filosofia come modo di vivere, Einaudi, Torino, 2008, p. 124.

76 Queste considerazioni sulla filosofia antica possono ragionevolmente essere fatte valere anche per il pensiero nicciano, certo, poste le dovute differenze.

1.1.1.1 Problemi di definizione

Quest’interpretazione della filosofia antica, insieme a questa prospettiva metodologica, era totalmente nuova rispetto agli studi accademici classici e risentiva dell’influenza di un certo modo di descrivere e vivere l’esistenzialismo tipico dell’epoca di Hadot, con cui egli stesso si pose in continuità, incorporandolo gradualmente in modo personale fino a cercare di conciliare esistenzialismo e tomismo secondo l’esempio di Jacques Maritain e di Étienne Gilson. Della filosofia esistenzialista francese – inizialmente soprattutto di orientamento cattolico – l’attrasse la rappresentazione della filosofia come una decisione di vita. In specie, fu in relazione alla definizione bergsoniana di filosofia che Hadot costruì il proprio metodo: “La filosofia non è la costruzione di sistemi77, ma la risoluzione presa una volta per tutte di guardare ingenuamente in sé ed intorno a sé”78. Negli anni della maturità determinante si rivelò poi la mistica, sia quella cristiana, per esempio di San Giovanni della Croce e Teresa di Lisieux, che quella pagana; fu infatti proprio attraverso lo studio puntuale della mistica neoplatonica di Plotino e del pensiero di Marco Aurelio, che Hadot mise definitivamente in discussione una certa rappresentazione moderna della filosofia iniziando a ripensare quella antica come un fenomeno storico intrinsecamente connotato in senso spirituale e sociologico: non un sapere che informa, definito ed architettonicamente composto in un sistema coerente acquisibile per intero, quanto piuttosto una filosofia che si configura come conoscenza di sé ed insegnamento di un modo di vita, che forma lo spirito dell’uomo all’esperienza della trascendenza e della saggezza; una paideia perenne, mai compiuta, ma sempre in divenire, un’“arte di vivere”, che ha come materia la vita di ciascuno79.

77 Affermare che la filosofia non sia una costruzione di sistemi, non equivale a negare l’esistenza della nozione di sistema nell’antichità. In filosofia “la parola esisteva, ma indicava non un edificio di pensiero, bensì una totalità organizzata le cui parti dipendevano le une dalle altre”, Hadot Pierre, La filosofia come modo di vivere, op. cit., p. 124.

78 Ibidem.

Nonostante Hadot non lo affermi esplicitamente, concepire la filosofia antica come un esercizio spirituale equivale in un certo qual modo a sostenere ch’essa contiene al suo interno una fondante e inalienabile componente mistica; rilevarne la presenza è importante per capire a pieno il senso degli esercizi spirituali greci.

Ma – come ricorda McGinn, la cui prospettiva metodologica s’avvicina molto a quella di Hadot – quando si parla di mistica non vi è tra gli studiosi moderni uniformità nella definizione del concetto, cosa che rende spesso difficile comprenderne sia il significato che la sua applicabilità. Molti hanno operato una distinzione tra mistica e teologia mistica, e tra esperienza mistica e sua interpretazione teologica, contrapponendo i veri mistici a quei filosofi o teologi che riflettono sulle esperienze mistiche. Ma questa distinzione se da un lato non restituisce la complessità delle relazioni tra esperienza e riflessione – giacché spesso la teorizzazione precede e guida l’intera vita del mistico, non è solo qualcosa che vi si aggiunge – dall’altro, inoltre, trascura di porre attenzione al genere letterario, ai destinatari, alla struttura in cui questi testi s’esprimono80. Infine, l’enfasi sull’esperienza mistica ha portato a dare troppa attenzione ai racconti autobiografici in prima persona, peraltro rari nel primo millennio, finendo per escludere dal novero dei mistici autori privi di simili racconti. Questo è uno dei motivi per cui, per esempio, è ancora dibattuto se testi come gli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola possano essere considerati mistici e se lo stesso Ignazio possa esser annoverato tra le file dei mistici. Per McGinn la questione non è se qualcuno possa definirsi un mistico perché afferma di aver conosciuto quel genere d’esperienza che viene definita mistica, bensì verte sul significato – inteso quale peso e valore – dei suoi scritti nella storia della mistica, a prescindere dal fatto che siano o meno mistici in termini autobiografici. In quest’ultimo senso è possibile attribuire la qualifica di mistico ad un numero di scritti ed autori spesso

80 Alcuni d’essi, ad esempio, sono molto vicini alla poesia per il modo in cui condensano ed alterano il linguaggio per raggiungere i loro fini espressivi.

lontani dalla comune definizione di mistica, soprattutto cristiana, financo, come vedremo, Nietzsche. Oltre, prendendo proprio quale esempio Nietzsche, un’ulteriore questione potrebbe vertere sull’impatto che hanno avuto sulla mistica autori non canonicamente intesi come mistici.

Pensare la mistica, secondo le indicazioni di McGinn, non solo come parte della religione, ma anche come modo di vita e come tentativo di esprimere la diretta consapevolezza della presenza di Dio, intesa come percezione consapevole di Dio, o dell’Assoluto – e non tanto e solo come esperienza, espressione che nella mistica tende piuttosto ad enfatizzare speciali stati di alterazione come le visioni e i rapimenti – significa rendere chiaro dal punto di vista esistenziale l’originario portato implicito fondamentale di tutta la filosofia e religione greca: se conoscere se stessi significa conoscere il divino che è già in sé, allora può essere definita mistica quella parte della filosofia greca, e non solo, esemplificata nel precetto delfico, che con gli esercizi spirituali esorta a conoscersi e ri-conoscendosi grazie ad un incontro intimo con la propria parte divina. L’incontro con se stessi che avviene per loro tramite è dunque sempre un incontro mistico, un porsi faccia a faccia.

Storicamente fu la misticaa conservare la pratica degli esercizi spirituali. Così se si volesse intraprendere l’ardua impresa di scrivere una storia completa degli esercizi, un buon punto di partenza potrebbe essere offerto proprio dalle orme della mistica occidentale, nella fattispecie in quelle radici che affondano nel Giudaismo, nella filosofia religiosa greca e nella storia del Cristianesimo primitivo. Esse testimoniano da un lato una comune ed ininterrotta tradizione esegetica, ove cruciale fu leggere ed interpretare le scritture e che trovò nella vita comunitaria la propria forma preferenziale; dall’altro un altrettanto comune legame con particolari pratiche ascetiche, e richiami a riti sacramentali, a forme di preghiera e modelli di vita o figure esemplari.

1.1.2 Il concetto concepito: accenni sulla nascita della definizione di filosofia