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Ignazio, il direttore ideale

Capitolo 4 Ignazio di Loyola e gli Esercizi spirituali

5 Ignazio, il direttore ideale

Nelle numerose descrizioni dei contemporanei più o meno prossimi ad Ignazio, compaiono, se non le medesime, molte di quelle caratteristiche che già l’antichità aveva associato al direttore spirituale. Come il proto-direttore Socrate anche Ignazio venne accusato d’essere200 un seduttore di studenti. In verità lo fu e non solo di studenti: ovunque andasse, intorno a Ignazio si affollavano persone di ogni tipo ed estrazione sociale; studenti sì ma, anche moltissimi maestri, nobili, poveri, tutti attratti dal suo portamento nobile, magro e austero, dalla sua forte, quieta e allegra personalità, dalla semplice chiarezza del suo parlare cortese, dal suo fare soave e paterno. Attraeva anche

perché il suo interesse non si limitava alla formazione e alla crescita spirituale delle persone, egli aveva anche grande cura della loro salute e serenità; sapeva rendersi presente ed essere con chi trattava. Era la personificazione della prudenza e dell’amicizia. “Quando riceveva un visitatore, – annota il Gonçalvez – gli dimostrava una così grande gioia che sembrava volerlo istallare al centro del suo cuore”201. Aveva molta cura nel non

offendere mai nessuno; mai pronunciava una parola ingiuriosa o aspra; pur vedendole non palesava a terzi le altrui mancanze; era così attento a curare la buona fama e la reputazione del prossimo, che soleva punire con severità coloro che parlavano male dei confratelli. Ritorna qui alla mente quel passo de I ricordi di Marco Aurelio in cui definisce l’atteggiamento che occorre tenere per agire sulla coscienza altrui: “…senza umiliare, senza fargli sentire che lo si sopporta, ma con franchezza e bontà… con dolcezza, senza ironia, senza umiliare ma con affetto, con un cuore privo di amarezza, né come lo si farebbe in una scuola, né per farsi ammirare da qualcuno che per caso assista al colloquio, ma veramente da solo a solo anche se altri sono presenti”202.

Sue erano due speciali qualità. La prima. Un particolare carisma di discrezione203 nella ricerca della volontà divina. Ignazio esaminava con oculatezza quanti più aspetti possibile della realtà; per ogni problema, motivava e suggeriva opportune soluzioni; per avere luce, pregava prima di dover prendere una decisione o esprimere un parere, ma anche durante e dopo per averne conferma.

L’altra, conseguenziale e parallela. Sapeva scrutare e cogliere l’anima dei suoi interlocutori in un attimo: ne scrutava il volto, ed un solo incontro gli era sufficiente per

201 FN I, 637.

202 Marco Aurelio, I ricordi, II. 13. 2 e II. 18. 18.

203 È quella capacità, infusa dallo Spirito Santo nella preghiera e nella riflessione, di raccogliere ed analizzare quanti più dati utili per arrivare a prendere una decisione sensata e rispondente al massimo bene possibile per l’individuo, la comunità e a maggior gloria Dei. Dati che aiutano alla comprensione, da un lato della natura delle cose, dall’altro delle capacità e attitudini del soggetto.

vedervi limpidamente attraverso come in uno specchio204. Nel dialogo, sia all’interno che fuori dagli Esercizi, procedeva secondo un metodo suo proprio: si adattava alla psicologia del proprio anfitrione. In principio cercava di farlo sentire a proprio agio chiedendo solo notizie generali ed aspettava, con pazienza, così che l’altro si sentisse più predisposto a confidare le proprie intime preoccupazioni e scrupoli. Era sempre prudente e sapeva tacere al tempo giusto. Sapeva proporzionare i pesi alle capacità di ognuno: trattava i deboli con pacatezza e i forti con decisione, in tutto si regolava alla luce della ragione e di quanto sentiva nel Signore. 205Tale era il suo coinvolgimento da giungere addirittura a

soffrire con chi era afflitto da forti passioni.

Nella sua predicazione egli mirava alla concretezza determinata della realtà singola, all’uomo nella sua condizione esistenziale immediata, poiché è proprio nell’immediata concretezza che la verità ed il bene, se cercati, si svelano. Nel fare e dare gli esercizi, Ignazio aveva chiaro in mente che la verità, incarnatasi nella storia in un momento preciso, s’incarna sempre ancora nuovamente nella concretezza storica della vita di ognuno: “Ecco ora il momento favorevole”206, un momento preciso, ora, adesso. Favorevole alla conoscenza di sé alla luce di una prospettiva di bene; e dunque,

favorevole al bene stesso, a che il bene inghiotta ogni vita – con la sua singolarità – e l’assorba. Il momento favorevole è dire sì, accettare e volere questo bene, accettare e voler sottomettersi ad una volontà diversa dalla propria. Come il fiat di Maria rese possibile, e di fatto realizzò, l’Incarnazione, così il sì di ogni uomo realizza nuovamente l’Incarnazione e vivifica Dio dentro la persona. Il sì, dire sì alla vita, è l’inizio della

kenosis. Ignazio parlava alla storia di ogni uomo, costringendo il singolo alla riflessione,

204 Camara racconta che “le prime volte che conversa con uno, subito lo conosce da capo a piedi”. 205 Pur nel rispetto della singolarità di ciascuno, sia del direttore che dell’esercitante, la direzione dell’esercizio deve comunque assumere alcune connotazioni tipiche della visione antropologica di Ignazio. 206 2 Cor., 6, 2.

spingendolo con prudenza e delicatezza a pronunciare questo sì. Gli Esercizi non servirono ad altro che a codificarne il processo.

Il fatto che Ignazio incarnasse, mediante tale sì, un modello di santità eroica, che in quanto eroicamente praticata, era dagli altri vista e sperimentata, persuadeva attivamente della propria praticabilità. Questa esemplificazione di una eroicità praticabile, quasi semplice per la sua soavità, fa capire bene per quale motivo sia importante descrivere alcuni tratti della personalità di Ignazio e com’essi si riverberino sui suoi Esercizi e sul metodo ed i modi in cui concepisce la direzione spirituale.