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Capitolo 1 Sulla spiritualizzazione n/della natura umana

1.8 Educarsi all’indiviso

Dall’intensa frequentazione con i classici greci e latini, i grandi moralisti, i massimi filosofi di ogni tempo, la sapienza indiana, lo stesso Schopenhauer, protagonista della terza Inattuale, aveva imparato a concepire la filosofia non solo come sapere teorico, ma anche come forma di vita ed esercizio spirituale teso alla realizzazione di quella saggezza pratica capace di limitare la volontà. Se dal 1822 aveva iniziato a trarre da questa frequentazione detti, sentenze, massime, regole di vita, apoftegmi che, regolarmente annotati in un quadernetto preposto, rielaborava all’interno delle proprie opere, è in particolare dalla lettura spagnola dell’Oráculo manual del gesuita Baltasar Gracián, da lui per primo tradotto in tedesco, che Schopenhauer inizia a pensare alla composizione di un vero e proprio prontuario di cinquanta regole di comportamento dal titolo

58 F. W. Nietzsche, Schopenhauer come educatore, op. cit., p. 7. In quest’Inattuale risuona, oltre che allo Schiller, un’eco, probabilmente non saputo e mediato, della concezione psicagogica plotiniana: “Se non vedi ancora la tua propria bellezza, fai come lo scultore di una statua che deve diventare bella: toglie questo, raschia quello, rende liscio un certo posto, ne pulisce un altro, fino a far apparire il bel volto nella statua. Allo stesso modo anche tu togli tutto ciò che è superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purificando tutto ciò che è tenebroso per renderlo brillante, e non cessare di scolpire la tua propria statua finché non brilli in te la chiarezza divina della virtù”. Plotino, Enneadi, I, 6, 9, 7. Cit. in P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino, 2005, p. 57.

Eudemonologia o Eudemonica. Pur non venendo mai compiutamente alla luce60, è stato possibile ricomporne i frammenti passando in rassegna i vari manoscritti. Lo stesso materiale, è inoltre travasato nelle Parenesi e massime degli Aforismi sulla saggezza di

vita.

Nel comporre la terza Inattuale Nietzsche non solo ha ben in mente tutti questi modelli ch’egli stesso ha frequentato – anche grazie alla mediazione schopenhaueriana, come nel caso di Gracián – e su cui ha riflettuto, ma vi si ispira largamente, dando vita, negli anni a seguire, ad una riflessione che trova in essi le proprie fondamenta. Quella vigilanza e presenza di spirito – grazie a cui il filosofo è chiamato ad esercitarsi continuamente così da esser totalmente padrone di sé, in grado di sapere e voler pienamente ciò che fa in ogni istante – formano il punto nevralgico del procedere nicciano, la strada attraverso cui sia la giovane anima ancora in formazione che l’adulto ormai diviso, possono consapevolmente sanare la scissione, educarsi, o ri-educarsi, ad essere in sé uno, individuum, indiviso.

Tale educazione nicciana all’indiviso richiama direttamente quella continuità, di cui sopra, tra natura e spirito – che spinge a ripensare la definizione di uomo qualificandolo quale essere costituito da elementi e dinamismi tra loro comunicanti – e rende evidente per quale motivo Nietzsche sia così importante per comprendere la configurazione attuale del mondo. Non a torto Figal scrive che

ciò che è oggi la filosofia non lo si può comprendere senza di lui. Nietzsche ha drammatizzato la filosofia in modo totalmente nuovo e sconosciuto ai pensatori prima di lui: ha messo in dubbio la sua possibilità, l’ha messa in gioco, e insieme l’ha voluta rinnovare sotto il segno della più alta esigenza; ha formulato come nessun altro le difficoltà davanti alle quali si trova oggi il pensiero filosofico, ha nel

60 Per una precisa storia della stesura del trattatello e della sua ricostruzione si confronti Franco Volpi, Introduzione, in L’arte di essere felici. Esposta in 50 massime, a cura e con un saggio di Franco Volpi, traduzione di Giovanni Gurisatti, Adelphi, Milano, 2001.

contempo aperto prospettive, progettato quelle possibilità di descrivere il mondo e la vita che sono diventate determinanti per l’epoca dopo di lui61.

E però, forse, più importante, è come Nietzsche abbia saputo incarnare esistenzialmente il concetto stesso di filosofia della storia, problematizzare con e nella propria vita la storia del rapporto che l’uomo intrattiene con se stesso e della coscienza della compresenza, in lui, di natura e spirito, rendendo evidente che ogni uomo è il soggetto della storia e che ogni uomo può attuare nel proprio corpo – fusione di ragione e sentimento, apollineo e dionisiaco, spirito e natura – la trasfigurazione che egli tematizza nelle proprie opere. Ancora più importante è vedere com’egli abbia mostrato che destinarsi all’educazione di sé, educare l’uomo ad essere uomo, è, non solo una via percorribile, ma l’obiettivo più importante della vita.

Considerata da questo punto di vista la filosofia della storia acquista un valore educativo, in pari tempo, universale e particolare. Al medesimo meccanismo educativo schilleriano della volontà alla libertà del sentimento si affidano gli esercizi spirituali, sia cristiani che greco-romani, sia religiosi che filosofici. Sotto il protettorato di quest’intendimento, la stessa filosofia e le arti diventano esempi di esercizi spirituali capaci di restituire quell’immutabile verità che resta anche quando viene bandita o nascosta dalla decadenza dell’epoca. Ivi, il senso della filosofia della storia come presente raggiunge la propria pregnanza semantica, si fa carnale, cioè mostra com’essa non sia solo una mera concettualizzazione astratta, una sterile rappresentazione storica di tensioni, forze e mutamenti, ma offra la concreta possibilità di ristabilire il legame tra le varie dimensioni del reale e di raccordare la propria attività con la grande totalità del mondo.