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I bombardamenti aerei indiscriminati: diritti umani nei conflitti armat

Considerando il caso Isayeva, Yusupova e Bazayeva c. Russia, la Corte ha dovuto confrontarsi con le ricostruzioni dei fatti parzialmente difformi offerte delle parti10.

Le ricorrenti sostenevano che il 25 ottobre 1999 il convoglio di civili nel quale si trovavano era stato oggetto di un bombardamento aereo. Il convoglio – composto da numerose autovetture e mezzi civili – avrebbe dovuto lasciare Groznyj attraverso un corridoio umanitario il quale, secondo le informazioni ricevute dalla radio e da al- cune emittenti televisive anche russe, sarebbe stato creato appositamente per consen- tire ai civili di allontanarsi dalla città sotto il costante fuoco delle forze federali. L’a-

9B. Bowring, Russia’s Accession to the Council of Europe and Human Rights: Four Years on, in Helsinki

Monitor, 2000, p. 70.

10 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 24 febbraio 2005, Isayeva, Yusupova e Bazayeva c.

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pertura del corridoio, tuttavia, era stata all’ultimo annullata e il bombardamento aveva avuto luogo mentre le vetture facevano manovra per lasciare il posto di blocco Kavkaz-1 e tornare a Groznyj.

Secondo il Governo, invece, il rappresentante del Comitato ceceno della Croce Rossa – intenzionato ad evacuare i propri uffici e a trasferirsi in Inguscezia – si era presentato, accompagnato da un convoglio di autovetture, al posto di blocco Kavkaz-1, senza essersi tuttavia debitamente coordinato in anticipo con le autorità militari. Poiché il posto di blocco non era al momento attrezzato per consentire il passaggio sicuro di un significativo numero di rifugiati, il convoglio era stato mandato indietro. Sulla strada del ritorno, alle vetture dei civili si era unito anche un mezzo di ribelli ceceni i quali per primi avevano fatto fuoco su due aerei militari federali, intenti a compiere una missione di sorvolo per impedire l’arrivo a Groznyj di materiale e personale per le forze ribelli. I militari avevano dunque attaccato il convoglio solo per rispondere al fuoco proveniente dallo stesso.

Secondo un comunicato stampa del Comitato internazionale della Croce rossa, infine, l’attacco era avvenuto ai danni di un convoglio le cui vetture portavano chiara- mente i segni distintivi di protezione e di cui facevano parte anche alcuni veicoli della croce rossa; l’operazione aveva causato la morte di circa 25 persone (tra cui i due figli della prima ricorrente) e il ferimento di 70 (comprese la prima e la seconda ricorrente).

Anche nel caso Isayeva c. Russia le descrizioni della vicenda al vaglio della Corte offerte dalla ricorrente e dal governo russo erano in parte differenti11.

La ricorrente aveva dichiarato che il villaggio di Katyr-Yurt – che era stato dichia- rato “safe zone” e nel quale pertanto si erano raccolti molti profughi da altre zone del- la Cecenia – era stato oggetto di un pesante bombardamento il 4 febbraio 2000 a se- guito dell’ingresso, del tutto inaspettato dagli abitanti, di un considerevole numero di combattenti ceceni. Nel corso dell’operazione, iniziata senza che alcuna via di fuga sicura fosse garantita ai civili, il figlio e tre nipoti della ricorrente avevano perso la vi- ta. Secondo lo Stato convenuto, invece, ai civili era stata assicurata una via di fuga, ma i ribelli stessi avevano impedito l’allontanamento degli abitanti del villaggio, es- sendo intenzionati a fare di costoro un vero e proprio scudo umano.

In entrambi i casi i ricorrenti avevano lamentato una violazione del proprio diritto alla vita12 e di quello dei loro parenti deceduti sotto il fuoco russo (art. 2 Cedu), sot-

tolineando che le modalità con cui le operazioni di bombardamento erano state pianificate ed eseguite – in particolare per ciò che riguarda la scelta delle armi utiliz- zate, caratterizzate da una portata distruttiva a vasto raggio – non potevano conside- rarsi “assolutamente necessarie” né conformi al principio di “stretta proporzionali- tà”13. Il Governo russo aveva invece sostenuto che le operazioni aeree e le loro tra-

11 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 24 febbraio 2005, Isayeva c. Russia, §§ 10-28. 12 Come si avrà modo di chiarire più avanti, per la Corte può lamentare una violazione dell’art. 2 anche

chi sia sopravvissuto ad un esercizio di forza che per natura ed intensità abbia messo la sua vita in concreto pericolo (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 20 dicembre 2004, Makaratzis c.

Grecia, §§ 49-55).

13 In Isayeva, Yusupova e Bazayeva c. Russia, le ricorrenti precisavano che il bombardamento contro il

LE VIOLAZIONI IN CECENIA AL VAGLIO DELLA CORTE EUROPEA 189 giche conseguenze dovevano considerarsi legittime ai sensi dell’art. 2 par. 2 lettera a) e che in particolare l’uso di forza letale era stato assolutamente necessario e propor- zionato al fine di sopprimere la resistenza attiva di un gruppo armato illegale le cui attività rappresentavano una minaccia reale per vita e la salute dei militari e dei civili e per il generale interesse della società e dello Stato14.

La Corte ha innanzitutto rammentato alcuni principi fondamentali più volte specificati nella sua giurisprudenza con riferimento all’art. 2 Cedu15. La disposizione

suddetta rappresenta una delle previsioni più importanti della Convenzione cui in tempo di pace non è permessa alcuna deroga, neppure in ipotesi di emergenza16; co-

me l’art. 3 Cedu, essa garantisce uno dei valori fondamentali delle società democra- tiche: per queste ragioni, le eccezioni al diritto alla vita devono essere strettamente definite. L’art. 2 Cedu, in effetti, indica alcune ipotesi in cui è necessario – per perse- guire uno scopo legittimo – ricorrere all’uso di una forza “letale”, che possa cioè de- terminare, come effetto non intenzionale, la morte di un individuo17. La lettera della

disposizione sottolinea come il ricorso alla forza debba essersi reso assolutamente ne- cessario per conseguire uno degli scopi previsti e la Corte ha precisato che in questo caso l’“assoluta necessità” è un requisito assai più severo della “necessarietà in una so- cietà democratica”, ovvero di quella formula presente in alcune disposizioni della Convenzione (art. 8, 9, 10, 11 Cedu) e utile a circostanziare le eccezioni legittime ad altri diritti garantiti. In particolare, la forza utilizzata deve essere strettamente pro- porzionata al raggiungimento degli scopi consentiti dall’art. 2 par. 2. Nel valutare ogni ipotesi di presunta legittima eccezione al diritto alla vita, la Corte deve tenere in debita considerazione la pianificazione, l’esecuzione ed il controllo delle operazioni per verificare se le autorità abbiano ridotto al minimo il ricorso alla forza mortale.

Nel caso Isayeva, la Corte ha pure ricordato che la responsabilità dello Stato non sorge soltanto quando la morte di un individuo avvenga direttamente per mano di a- genti statali, ma anche nel caso in cui non siano state prese le adeguate precauzioni nella scelta dei mezzi e dei metodi delle operazioni di contrasto a gruppi di oppo-

diritto internazionale umanitario e, in particolar modo, contrario all’art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra del 1949 (sent. Isayeva, Yusupova e Bazayeva, cit., §§ 155-157).

14 Sentenza Isayeva, cit., § 170; sent. Isayeva, Yusupova e Bazayeva, cit., § 160.

15 Sentenza Isayeva, cit., §§ 172-178; sent. Isayeva, Yusupova e Bazayeva, cit., §§ 168-173.

16 L’art. 15 Cedu dispone infatti che in caso di guerra o di altro pericolo pubblico che minacci la vita

della nazione, ogni Alta Parte Contraente possa adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla Convenzione nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale. Il comma secondo della disposizione citata precisa che nessuna deroga è autorizzata con riferimento ai diritti garantiti dagli articoli 3, 4 (paragrafo 1) e 7 e dall’articolo 2, salvo tuttavia il caso di decesso causato da legittimi atti di guerra.

17 Ai sensi del paragrafo secondo dell’art. 2 Cedu, “la morte non si considera cagionata in violazione del

presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: (a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale; (b) per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; (c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione”.

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sitori, al fine di impedire o minimizzare la perdita di vite umane tra i civili, anche per mano degli stessi avversari18.

Mentre nella sentenza Isayeva la Corte ha ritenuto che la presenza e la resistenza attiva dei numerosi militanti presenti nel villaggio Katyr-Yurt potesse aver determina- to un ricorso alla forza letale giustificato ai sensi dell’art. 2 par. 2 lett. a)19, nel caso

Isayeva, Yusupova e Bazayeva ha ritenuto di non essere in grado – per assenza di

informazioni fondamentali – di determinare la legittimità dell’attacco, non avendo potuto accertare se le forze aeree stessero rispondendo concretamente a fuoco nemico. Tuttavia, pur non potendo affermare con sicurezza che l’eccezione di cui all’art. 2 par. 2 lett. a) fosse legittimamente invocabile, la Corte ha ammesso una simile ipotesi per verificare poi se l’operazione aerea potesse considerarsi “assolutamente necessaria” al fine di “assicurare la difesa di qualsiasi persona dalla violenza illegale” 20. In sostan-

za, in entrambi i casi, la Corte ha inteso verificare le modalità della pianificazione e dell’esecuzione delle operazioni aeree al fine di appurare se esse fossero state condotte in modo da eliminare o ridurre il più possibile i danni ai civili, se cioè la forza letale utilizzata potesse considerarsi strettamente proporzionata al fine perseguito. Un ricor- so legittimo ad una forza letale non è dunque di per sé sufficiente a giustificare un’ec- cezione al diritto garantito dall’art. 2 della Convenzione: la pianificazione, l’esecu- zione ed il controllo dell’esercizio della forza devono essere mirate a contenere, per quanto è possibile, i danni agli individui.

L’analisi delle operazioni militari (particolarmente difficile considerate le numerose lacune dei documenti e delle testimonianze presentate dal Governo russo) avrebbe rilevato, secondo i giudici di Strasburgo, che le stesse non erano state pianificate ed eseguite con la necessaria attenzione per la salvaguardia delle vite dei civili. Nel caso

Isayeva, Yusupova e Bazayeva, la Corte in particolare ha ritenuto che la presenza sulla

strada di numerosi veicoli di civili intenti a lasciare Groznyj attraverso un corridoio umanitario, che avrebbe consentito loro l’ingresso in Inguscezia, non poteva essere ignorata dalle autorità che avevano pianificato le operazioni aeree21; in ogni caso, poi, le

armi utilizzate nell’attacco dovevano considerarsi eccessive rispetto al fine perseguito, ossia impedire che giungessero a Groznyj mezzi pesanti a sostegno dei militanti ceceni.

Nel caso Isayeva, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che le autorità centrali a- vessero pianificato l’attacco al villaggio di Katyr-Yurt da tempo, essendo a conoscenza dell’arrivo dei militanti indipendentisti: poiché l’operazione non era dunque stata determinata da un’esigenza improvvisa, essa avrebbe dovuto essere pianificata in mo- do da salvaguardare il più possibile l’incolumità dei civili, realizzando in particolare un piano di evacuazione dell’abitato22; l’esodo della popolazione era invece risultato

ostacolato dall’istituzione di posti di blocco, per individuare ribelli eventualmente

18 Sentenza Isayeva, cit., § 176 e, ancor prima, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 28 luglio

1998, Ergi c. Turchia, § 79.

19 Sentenza Isayeva, cit., §§ 180-181.

20 Sentenza Isayeva, Yusupova e Bazayeva, cit., §§ 175 e 177. 21 Sentenza Isayeva, Yusupova e Bazayeva, cit., §§ 187-189. 22 Sentenza Isayeva, cit., §§ 188-189.

LE VIOLAZIONI IN CECENIA AL VAGLIO DELLA CORTE EUROPEA 191 nascosti tra i profughi23. Anche in questo caso, poi, la Corte ha sottolineato come le

armi usate dall’esercito russo fossero del tutto sproporzionate al fine perseguito24.

Con entrambe le decisioni, pertanto, la Corte ha ravvisato una violazione dell’art. 2 Cedu per quanto concerne l’obbligo di proteggere la vita25.

Esecuzioni sommarie, atti di tortura, detenzioni illegittime e ineffettività delle