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La creazione di jama’at nazionali nel Nord Caucaso

Il “padre” fondatore di tali jama’at in Kabardino-Balkariya, Inguscezia, nella step- pa del Nogai e in Karachaevo-Cherkessiya fu, naturalmente, Shamil Basaev. Certo, in alcune regioni esse esistevano anche prima di lui, ma lui seppe inserirle in un’unica struttura, dando loro in tal modo nuovo impulso e facendole partecipare direttamen- te agli avvenimenti.

L’idea di trasportare la guerra oltre il territorio della Cecenia era nata fin dall’ini- zio, ma nel primo anno, anno e mezzo, le sparse formazioni militari cecene non ave- vano potuto organizzarsi. I nogai, dopo la ritirata da Groznyj, furono inviati nelle lo- ro regioni d’origine per ricostituire un reparto efficiente, quale era stato il Battaglione Nogai in Cecenia. Molti loro combattenti erano morti a Groznyj o durante la ritirata dalla città, ma l’ossatura del battaglione si era conservata e permise di ricostituire una struttura militare non più come unità sottoposta a Shamil Basaev, bensì come jama’at incaricata di condurre autonomamente la lotta nei territori settentrionali della Ce- cenia, nel Dagestan, in Karachaevo-Cherkessiya e in parte del Territorio di Stavro- pol’. La “jama’at Nogai” divenne una delle più attive formazioni del fronte militare unificato fin dal 2002. Benché per consistenza numerica tale jama’at non fosse forte come le sue vicine di Cecenia e Dagestan, le sue azioni furono molto più dolorose per le autorità russe, perché la popolazione russa è molto sensibile a qualsiasi colpo sferrato contro il Territorio di Stavropol’. Le autorità della Federazione Russa furono perfino costrette a riconoscere ufficialmente che era impossibile combattere contro la “jama’at Nogai”, perché i suoi membri erano coperti e protetti da tutta la popolazio- ne adulta dei villaggi nogai.

Un’altra formazione creata sotto il diretto influsso di Shamil Basaev fu la “jama’at Ingush”, che aveva fatto parte delle stesse milizie di Shamil Basaev. Tale jama’at co-

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stituì la base per la formazione della jama’at nazionale inguscia “Shariat”, in cui en- trarono ingusci, che prima erano residenti a Groznyj e percepivano le azioni della Russia in Cecenia come dirette contro loro stessi. La “jama’at Shariat”, sotto il co- mandante Magas, è diventata una delle formazioni a tutt’oggi più combattive del mo- vimento di resistenza. Magas è riuscito non solo a creare una struttura in Inguscezia, ma, quel che è non meno importante, a riunire i numerosi gruppi militari che a causa delle loro divergenze ideologiche con la jama’at per molto tempo avevano rifiutato di compiere azioni congiunte. La “jama’at Shariat” è responsabile di quasi quotidiani assalti ed esplosioni che mirano a colpire soprattutto le autorità russe. Solo nel 2007 ha causato decine di vittime fra la polizia, l’FSB12, i militari russi. Fra gli uccisi figura-

no anche personaggi di rilievo della Repubblica di Inguscezia.

Il 7 ottobre 2007 Dokka Umarov (presto parleremo di lui e del suo ruolo attuale) proclamò la costituzione dell’Emirato del Caucaso. Da allora non si sono più avute notizie del leader della jama’at Magas, Akhmet Evloev, benché ufficialmente continui a essere una delle figure principali del movimento di resistenza. Evloev, dal luglio 2007, ricopre la carica di amir militare, che ha ricevuto dopo la morte di Shamil Ba- saev. Per ora è prematuro trarre delle conclusioni, ma evidentemente esistono delle divergenze riguardo all’organizzazione della nuova struttura del movimento di resi- stenza del Caucaso settentrionale.

Nel 1999 la Russia aveva annunciato che la “jama’at Shariat” e una serie di altre

jama’at del Dagestan erano state annientate nel corso delle azioni militari nella pro-

vincia di Botlikh e nella gola del Kodor. Le autorità avevano dichiarato che in Da- gestan le jama’at erano finite una volta per sempre, ma già un anno dopo si era capito che quelle conclusioni erano state affrettate. La jama’at del Dagestan era e resta l’u- nità principale di tutto il movimento di resistenza del Nord Caucaso, sia per la sua consistenza numerica, sia per l’importanza della regione. L’attuale leader della

jama’at, Abdul-Medzhid, nominato nel settembre 2007, ha addirittura ampliato il

raggio d’azione della jama’at. I servizi speciali della repubblica sferrano un colpo do- po l’altro contro singoli membri della jama’at, i combattenti di conseguenza adegua- no le proprie tattiche di azione.

L’offensiva delle autorità ha ridotto al minimo anche l’azione di una delle più antiche jama’at, la “jama’at Karachaj”, una delle prime nel Nord Caucaso, sorta an- cora ai tempi dell’URSS. I suoi uomini presero parte ad azioni militari dalla parte dei ceceni sia nella prima, sia nella seconda guerra. Praticamente tutti ricevettero la for- mazione militare presso il campo dell’emiro Khattab nel villaggio di Avtury. Con il passare del tempo, quando maturò la necessità di distribuire le forze nella regione, i membri della jama’at formarono un’intera rete di diramazioni della struttura della re- sistenza nella Repubblica e nelle zone di confine del Territorio di Stavropol’. Nel 2005, su proposta di Shamil Basaev, fu deciso di cambiare il nome da “jama’at Kara- chaj” a “settore Karachaevo-Circasso del Fronte caucasico”. La decisione era giustifi- cata, giacché la jama’at aveva cessato già da tempo di essere mono-nazionale, e accan-

IL FATTORE CECENO NEL NORD CAUCASO 93 to ai carachi vi partecipavano anche combattenti circassi e di altre popolazioni della repubblica. Per abitudine si continua però a chiamarla jama’at Karachaj.

Il pericolo, diventato evidente anche per le autorità russe, indusse Mosca a orga- nizzare urgentemente il trasporto di truppe di rinforzo in questa repubblica. Come in Dagestan, anche qui fu deciso di creare una brigata di fanteria motorizzata da monta- gna, fra i cui compiti rientra la repressione di qualsiasi resistenza contro le autorità. Oggi constatiamo una certa calma nelle file della jama’at, evidentemente il colpo sfer- rato dalle forze del Ministero degli Interni della repubblica e dall’FSB della Federa- zione Russa ne ha distrutto il comando. Con ogni probabilità è stato proprio questo a favorire l’inclusione della struttura militare di Kabardia, Balkariya e Karachaj, nel Fronte del Caucaso guidato da Dokka Umarov.

Alla “jama’at Karachaj” si è unificata la “jama’at Jarmuk”. Questa jama’at era composta da cabardini e balcari che avevano ricevuto la loro prima formazione mili- tare durante la guerra cecena. All’inizio i balcari erano in maggioranza, ma a partire dalla seconda campagna militare in Cecenia furono superati numericamente dai ca- bardini. Dal tempo della prima campagna militare del 1994-1996 singoli suoi rap- presentanti combattevano all’interno dei reparti ceceni. Dopo la guerra, nel 1997, trovarono un’intesa con Shamil Basaev che, in sostanza, divenne uno dei fondatori della jama’at. L’attacco agli organi di potere a Nal’chik nel 2005 fu una sorta di esa- me di maturità per la jama’at. Il risultato di questa operazione fu un mutamento del- l’opinione popolare sia riguardo ai ribelli, sia riguardo alle autorità. La Kabardino- Balkariya, considerata uno dei soggetti più filorussi della Federazione Russa, è diven- tata col tempo uno dei punti caldi della regione, e i membri della jama’at sono già considerati con simpatia dalla gente. In condizioni normali ai membri della jama’at sarebbero occorsi decenni per cambiare radicalmente gli umori della gente a favore della lotta armata. Il leader della nuova jama’at unificata, Anzor Astamirov, ha occu- pato uno dei posti più importanti nella gerarchia del movimento, quello di presidente del Tribunale supremo della shari’a, in sostanza la terza carica di potere della resistenza.

Un fenomeno particolarmente sgradevole per le autorità è stata la comparsa della “jama’at Kataib al Khoul”, una delle più misteriose della regione. Nell’Ossezia del nord, dove secondo le statistiche il numero degli osseti musulmani costituisce solo il 20-25% della popolazione (la maggioranza è di religione ortodossa), l’apparizione dell’ala radicale del salafismo è stata un fatto sensazionale che le autorità hanno tenta- to a lungo di negare, cercando di attribuirlo agli ingusci residenti in Ossezia. Tuttavia gli avvenimenti degli ultimi due, tre anni danno motivo di affermare che questa

jama’at è una realtà etnicamente eterogenea, e che è in grado di colpire il potere nella

regione. Le sue azioni e le sue clamorose dichiarazioni in Internet ne fanno una com- ponente a pieno titolo del movimento di resistenza del Nord Caucaso. Anche nella nuova struttura la jama’at si distingue come soggetto separato del Fronte caucasico.

In Cecenia non si può parlare di un’unica jama’at cecena, dato che ce ne sono diverse, anche dissimili fra loro per ideologia: alcune si riconoscono nel salafismo, altre sono unite sotto la stessa struttura ma non hanno alcun rapporto con il sala- fismo e sono piuttosto orientate verso il sufismo. Neppure le jama’at cecene formate da seguaci del salafismo sono omogenee: alcune condividono la linea del Partito

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islamico della rinascita, altre mirano piuttosto a risolvere i problemi e gli obiettivi na- zionali ceceni, mentre la “jama’at Islam” è molto attiva con le sue dichiarazioni in Internet in sostegno della politica di Akhmed Zakaev13. Il movimento di resistenza

ceceno è costituito inoltre da decine di gruppi sparsi nella repubblica, che hanno in comune il perseguimento di uno stesso obiettivo: l’indipendenza della Cecenia dalla Federazione Russa.

Da tutto quanto è stato detto consegue che in questa regione, invece di una sola area problematica, la Cecenia, la Russia ha acquisito un’intera regione problematica, il Nord Caucaso, dove negli ultimi dieci anni gli umori sono fortemente cambiati in senso antirusso. La politica di violenza ha fatto sì che popoli come i cabardini e i cir- cassi, prima considerati un elettorato filorusso, non vedano più nella Russia il garante della loro prosperità futura. Uccidendo e accusando ingiustamente giovani musul- mani nel Caucaso settentrionale, la Russia si è inimicata una parte importante della popolazione, quella a cui spetterà di definire la politica nei prossimi decenni.

Approvando le Leggi che vietano il salafismo (leggi di questo genere sono state ap- provate nel Dagestan, in Inguscezia, in Cecenia e altrove), in quanto corrente reazio- naria dell’Islam, nessuno ha pensato di dare una definizione di salafismo. Chi ascrive- re a tale corrente, come definire chi è salafita e chi no? chi decide la formazione dei tribunali, gli ulema dell’Islam o il parlamento della repubblica? Tutto ciò è rimasto fuori della Legge, di conseguenza la Legge stessa è nata morta, cioè è stata promulgata a scopi propagandistici, e non per contrastare il carattere reazionario di questo grup- po religioso della popolazione.

Oggi la fisionomia del combattente non è più esclusivamente cecena, ma è diven- tata ormai internazionale, benché presenti naturalmente molti aspetti che rimandano alla sua origine cecena. I tratti ceceni si stempereranno a poco a poco in mezzo a quelli degli altri popoli del Nord Caucaso.

L’attuale leader del movimento ceceno di resistenza, Dokka Umarov, ha abrogato il Decreto, emesso da Aslan Maskhadov nel 1998, che poneva fuori legge i radicali. Umarov ha sottoposto a revisione le scelte dell’allora presidente della Cecenia per ga- rantirsi l’appoggio anche di una parte di estremisti che si erano praticamente allon- tanati dall’arena politica. Riportati in vita, ora costoro intraprenderanno nuove azio- ni, che favoriranno il diffondersi di opinioni radicali nel movimento stesso di resi- stenza.

Tutto ciò non sarebbe così grave, se la proclamazione dell’Emirato del Caucaso (“Imarat Kavkaz”) non negasse quanto è stato fatto finora. In pratica si tratta della ri- nuncia all’ideologia dell’indipendenza, e il passaggio alle parole d’ordine islamiste. La

13 Akhmed Zakaev nel 1994 fu nominato ministro della cultura nel governo di Dudaev e nel 1997

ministro degli esteri nel governo di Maskhadov. Ricercato dai servizi di sicurezza russa, nel 2006 ha ottenuto asilo politico nel Regno Unito, da dove ha continuato l’attività politica del governo in esilio. A ottobre del 2007, dopo che il presidente autonomista ceceno Dokka Umarov ha decretato la creazione di un Emirato del Caucaso, con se stesso nella carica di Emiro, Zakaev ha rassegnato le dimissioni da ministro degli esteri. Nel novembre 2007 è diventato primo ministro della Repubblica cecena di Ichkerija, in opposizione a Dokka Umarov e al suo Emirato. [n.d.c.]

IL FATTORE CECENO NEL NORD CAUCASO 95 proclamazione dell’Emirato indica un mutamento di strategia di tutto il movimento di resistenza. Questo cambiamento del senso della lotta è dettato dalla debolezza del leader attuale, la cui conoscenza dell’Islam non va al di là della preghiera, ma che nutre rispetto per coloro che parlano citando il Corano e gli hadith.

Indubbiamente i problemi esistevano. Per esempio, come spiegare che tutte le

jama’at del Caucaso Settentrionale prestassero giuramento al presidente della Cece-

nia, non essendo composte da cittadini della Cecenia stessa? Come si pensava di risol- vere il problema delle jama’at nazionali nel caso di un inizio delle trattative con Mo- sca? E così via. Non erano questioni di carattere ideologico. Tutti volevano che i russi abbandonassero i confini della regione e che, tanto per cominciare, lasciassero la Ce- cenia.

Sono stati i giovani radicali delle jama’at cabardine e dagestane a chiedere un cambiamento di rotta di tutta la politica del movimento di resistenza. La parola d’or- dine fondamentale: “siamo contro tutti, e per la costruzione di uno stato islamico nel Caucaso”, era la parola d’ordine del Partito islamico, creato già fra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.

È in corso una lotta fra il gruppo centralizzato dei salafiti di tutto il Caucaso set- tentrionale e i fautori di un ordinamento democratico dello stato ceceno. Questa di- visione interna al movimento di opposizione ha toccato i ceceni, così come le jama’at nazionali create sulla base del salafismo. Senza il sostegno politico di quanti si è soliti associare ai democratici, i salafiti non possono trovare ampi consensi, tanto meno in Occidente. Allo stesso modo, senza il sostegno militare di quanti combattono nel Nord Caucaso, i democratici interessano poco a chi simpatizza per la loro lotta con- tro la Russia. I due gruppi, che si completano a vicenda, si presentano oggi come schieramenti ostili. È però indispensabile che arrivino in futuro a un riconoscimento reciproco. Il problema è quanto tempo ci vorrà per questo.

Conclusione

Oggi il movimento di resistenza del Caucaso settentrionale sta attraversando una fase di cambiamento, in cui si assiste a un graduale processo di sostituzione degli ori- ginari valori democratici. La scelta delle parole d’ordine islamiste, nelle intenzioni degli artefici di questo cambiamento, è destinata ad attirare l’attenzione delle forze islamiche e dei paesi della comunità musulmana.

Sia le forze democratiche, sia le forze del salafismo operano all’interno della componente cecena del movimento. Oggi i ceceni sono una sorta di motore della re- sistenza, un elemento fondamentale per tutti gli altri. Un colpo inferto alla Cecenia è un colpo inferto a tutti, mentre un colpo contro una singola regione del Caucaso set- tentrionale è un dolore e una perdita per il movimento di resistenza, ma non risulta fatale per tutti gli altri, e tanto meno per la Cecenia. Finché esiste un movimento di resistenza ceceno, c’è la possibilità di ricreare nell’una o nell’altra parte della regione dei nuovi sostenitori della resistenza.

Un allontanamento dall’arena politica del segmento ceceno del movimento di re- sistenza potrebbe comportare anche la fine dell’attività di tutti gli altri. Ciò è dovuto al fatto che in tutti questi anni in Cecenia sono stati creati i meccanismi di azione

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della resistenza, le cui leve si estendono in tutte le regioni confinanti. Perciò la Cece- nia resta il cuore del movimento, mentre tutte le altre jama’at nazionali sono singole membra di un corpo unico.

Le migliaia di ribelli che hanno deciso con le armi in pugno di cambiare la situa- zione nel Caucaso settentrionale restano il principale problema per lo stato russo. Se il potere rifiuta di riconoscere le loro azioni, non per questo essi cessano di essere una realtà. Perlomeno nell’immediato futuro saranno un problema concreto per la Russia, e dunque ancora per molto tempo saremo testimoni di questo conflitto nella regione.