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La guerra di Putin

La ripresa dei conflitti tra Mosca e la Cecenia si deve a un attacco sul territorio del Dagestan dal confine ceceno durante i primi giorni di agosto del 1999. I resoconti parlano di una truppa da 300 a 2000 soldati. L’esercito era composto da wahhabiti dagestani, ceceni e da altri combattenti musulmani, tra cui alcuni dall’Asia centrale e dal Medio Oriente. Erano capeggiati dai comandanti in campo Shamil Basaev e Habib Abd al-Rahman, noto come Khattab, un combattente di origini saudite spo- sato a una donna dagestana. In seguito alla richiesta di aiuto da parte della leadership del Dagestan, il 4 agosto Mosca inviò le truppe del ministero degli interni nelle regioni di Tsumadin e Botlikh.42 L’esercito del Dagestan contrastò l’invasione, pare

con grande sorpresa di Mosca, e venne presto affiancato dall’esercito regolare russo. Le forze dagestane riuscirono tutto sommato ad opporsi all’incursione cecena e a respingere il fondamentalismo wahhabita che minava le tradizioni locali del governo islamico.43 Eppure, i russi proseguirono le loro azioni militari contro la Cecenia, con

pesanti incursioni aeree agli inizi di settembre, seguite da un’invasione di terra. Ini-

41 Sergei Stepashin, intervista, Nezavisimaya Gazeta, 14 gennaio 2000.

42 “Russian Interior Ministry Troops Deployed on Dagestan-Chechnya Border”, RFE/RL Newsline,

vol. 3, n. 152, parte I, 6 agosto 1999.

43 E. Kisriev e R. B. Ware, “Conflict and Catharsis: A Report on Developments in Dagestan following the

Incursions of August and September 1999”, Nationalities Papers, vol. 28, n. 3, 2000, pp. 479-522; I. Maksakov, “Dagestan ostanetsia edinoi nedelimoi respublikoi v sostave RF” [Il Dagestan resterà una repubblica unita e indivisibile all’interno della Federazione Russa], Nezavisimaya Gazeta, 12 maggio 1998; A. Kasaev, I. Maksakov, “Real’naia ugroza Dagestanu” [Una reale minaccia per il Dagestan], Nezavisimaya

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zialmente pareva che l’esercito russo non volesse oltrepassare il fiume Terek ed inten- desse tentare di creare un esempio positivo di gestione nel distretto ceceno di Nadte- rechnyi, che era tradizionalmente favorevole alla presenza dei russi. In seguito, tut- tavia, l’esercito proseguì per Groznyj.

A differenza della prima guerra cecena, che quasi portò all’incriminazione di Boris Eltsin, questa guerra godette inizialmente del sostegno dell’opinione pubblica.44 Tale

appoggio si spiegava con la natura apparentemente difensiva della guerra e col fatto che la sconfitta degli invasori ceceni coincise con una serie di attacchi terroristici sul territorio russo. Nelle prime due settimane di settembre, infatti, erano stati fatti salta- re in aria quattro edifici residenziali nel Dagestan, a Mosca e a Volgodonsk. I sospetti ricaddero naturalmente sui militanti ceceni, anche se alcuni sostenevano che fossero coinvolti i servizi segreti russi.45 Questi attacchi terroristici ebbero sull’opinione pub-

blica russa un effetto traumatico e galvanizzante, paragonabile a quanto accadde negli Stati Uniti in seguito all’11 settembre del 2001, e portarono all’appoggio incondizio- nato e generalizzato all’espansione della guerra contro la Cecenia.

Entro la metà di settembre del 1999 l’esercito russo aveva sconfitto i combattenti wahhabiti e aveva ricacciato i ceceni al di là del confine del Dagestan. Nel tentativo di liberarli, i bombardamenti aerei e di terra avevano però distrutto numerosi villaggi del Dagestan. Con l’intensificarsi dell’azione militare russa, Putin, da poco nominato primo ministro, mandò un ultimatum al presidente ceceno Maskhadov chiedendogli di arrestare i responsabili dell’invasione del Dagestan per evitare nuovi attacchi russi. Mosca si lasciò sfuggire l’opportunità di rafforzare Maskhadov a discapito di Basaev, Udugov e Khattab. In un’intervista alla BBC, Basaev riconobbe che in Cecenia “mol- te donne lo maledicevano” perché le sue azioni militari nel Dagestan avevano portato a nuovi bombardamenti da parte dei russi.46 Effettivamente, pochi ceceni appoggia-

vano le ripetute incursioni militari di Basaev, dato che queste mettevano a repenta- glio l’indipendenza della Cecenia e la tranquillità duramente conquistate. Pochi era- no disposti a sostenere la guerra santa che Basaev, il suo amico Khattab e la loro

44 I deputati della Duma non riuscirono a mettere in stato d’accusa Eltsin, ma l’accusa secondo cui il

presidente diede inizio alla guerra contro la Cecenia in modo illegale raccolse numerosi consensi, 283 dei 300 voti necessari. “Impeachment Effort Falls Short By 17 Votes”, RFE/RL Newsline, vol. 3, n. 95, parte I, 17 maggio 1999.

45 A. Litvinenko e I. Fel’shtinkskij, FSB vzryvaet Rossii: Federal’naia sluzhba bezopasnosti - organizator

terroristicheskikh aktov, pokhishchenii i ubiistv [L’FSB fa esplodere la Russia: il Servizio di Sicurezza Fede-

rale è l’organizzatore di attentati, rapimenti e omicidi], New York, Liberty, 2002, versione italiana: Rus-

sia. Il complotto del KGB, Milano, Bompiani, 2007. Estratti del capitolo chiave del libro, cap. 4, sono

stati pubblicati su Novaya Gazeta, 27 agosto 2001; reperibili anche all’indirizzo internet: http://2001.NovayaGazeta.Ru/nomer/2001/61n/n61n-s04.shtml

Attribuire a Putin la responsabilità dei bombardamenti è sempre stato uno degli obiettivi principali di Boris Berezovskij (a cui, a quanto si dice, era legato Aleksandr Litvinenko). Si rimanda, e.g., a C. Bonini, “Mosca, le bombe dei Servizi”, e “Quel video di TV6 che accusa il Cremlino”, La Repubblica, 29 gennaio 2002, pp. 14-15.

46 Trascrizione dell’intervista telefonica della BBC Russia a Basaev, inviata da Tom de Waal a JRL, 4

LE GUERRE 79 “banda di folli” promuovevano.47

Seguendo l’esempio di Eltsin − una sorta di apparente disponibilità al compro- messo e di pesanti azioni militari − il 29 settembre del 1999 Putin si impegnò ad av- viare delle trattative con la leadership cecena, ma alle condizioni che: 1) Maskhadov condannasse il terrorismo “in modo fermo e chiaro”, 2) liberasse il territorio ceceno dalle bande armate e 3) si dichiarasse pronto a estradare i “criminali” a Mosca. Putin dichiarò inoltre che la Russia “non avrebbe mai permesso che si ripetesse” la guerra cecena del 1994-1996, perché avrebbe causato “inutili perdite di soldati” (non fece però cenno ai civili russi e ceceni). Il giorno dopo, i carrarmati russi invasero la Cece- nia, mentre un’operazione aerea bombardava dighe, pozzi petroliferi e ponti.48 Il

primo di ottobre del 1999, a soli due giorni dall’ultimatum, il premier russo dichiarò che la Russia non riconosceva più la legittimità del governo di Maskhadov in Ce- cenia. Il ritmo dei bombardamenti crebbe fino a una media di 150 attacchi aerei al giorno, fino alla fine del mese, mentre il numero di profughi nella sola Inguscezia superava le 124000 unità.49

La guerra di Putin contro la Cecenia non fu questione di “due, tre, forse quattro mesi”, come lo stesso aveva preannunciato. Alla fine del gennaio del 2000, dopo cinque mesi di combattimenti nel Dagestan e in Cecenia, i Ministeri degli Interni e della Difesa russi riportavano circa 1200 vittime tra i soldati russi.50 Entro marzo del 2000, il

numero era salito a 1991 morti e 5925 feriti sul fronte russo, cifre simili a quelle relative ai primi sette mesi della guerra precedente.51Nel giugno del 2000, un autore-

vole periodico militare ricordava che l’esercito stava subendo 50 perdite alla settimana, 200 al mese.52 Alla fine del 2001, si contarono quasi 4000 morti tra i soldati russi e

13000 feriti sul campo,53 un bilancio molto vicino a quello che l’Unione Sovietica ave-

47 A. Nivat, Chienne de Guerre: A Woman Reporter Behind the Lines of the War in Chechnya, tradotta da

S. Darnton, New York, Public Affairs, 2001, pp. 15-16, 250.

48 “Putin Spells Out Terms For Talks With Chechnya”, RFE/RL Newsline, vol. 3, n. 191, parte I, 30

settembre 1999; “Moscow Launches Ground Campaign against Chechnya”, RFE/RL Newsline, vol. 3, n. 192, parte I, 1 ottobre 1999.

49 “PM says Russia no longer recognizes Maskhadov’s legitimacy”, Agence France Press, 1 ottobre 1999,

in JRL; “Exodus from Chechnya Continues”, RFE/RL Newsline, vol. 3, n. 196, parte I, 7 ottobre 1999; Jim Nichol, “Chechnya Conflict: Recent Developments”, CRS Report for Congress, 10 novembre 1999, Congressional Research Service, US Library of Congress.

50 “Russian Military Releases Detailed Chechen Casualty Figures”, RFE/RL Newsline, vol. 4, n. 18,

parte I, 26 gennaio 2000.

51 Baturin et al., Epokha El’tsina, cit., p. 786. Le statistiche relative ai primi sette mesi e mezzo della

prima guerra cecena riportano 1867 morti e 6481 feriti.

52 “Obstanovku v Chechne mozhno normalizovat’” [È possibile normalizzare la situazione in Cecenia],

Nezavisimoe voennoe obozrenie [Rivista militare indipendente], n. 21, 16 giugno 2000.

53 A. Politkovskaya, “Remember Chechnya”, Washington Post, 14 novembre 2001. Sergei Iastrzhembskii

comunicò le cifre ufficiali: 3438 morti e 11661 feriti. Citato da Dmitrii Muratov, “Generals Without a Colonel”, Novaya Gazeta, n. 81, novembre 2001. L’agenzia di stampa russa AVN ha riportato cifre inferiori per il periodo dall’8 agosto 1999 al marzo 2002: 2332 soldati del Ministero della Difesa uccisi (più 118 in Dagestan), 5898 feriti, 26 dispersi; 889 militari del Ministero degli Interni uccisi, 3074 feriti. Si rimanda a Stephen Shenfield, Research and Analytical Supplement n. 7 to Johnson’s Russia

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va subito durante la sua decennale guerra in Afghanistan.54 La differenza consisteva nel

fatto che questa volta le vittime civili, più o meno 10000 se si considerano le due guerre cecene, furono nella quasi totalità cittadini russi. La Russia aveva ottenuto il controllo di quasi tutto il territorio, ad eccezione delle montagne impenetrabili della Cecenia, roccaforte e nascondiglio degli irriducibili combattenti. La guerra si trascinò per anni. Anche dopo che gran parte della Cecenia fu ridotta a un cumulo di macerie e migliaia di cittadini vennero uccisi, cacciati, o “fatti scomparire” in campi di interna- mento e in fosse comuni, la regione rimase un luogo altamente instabile, afflitto dai continui attacchi dei combattenti, da agguati mortali e rapimenti.

I tentativi di Mosca di “normalizzare” la situazione in Cecenia incontrarono mol- te difficoltà. I soldati russi si alienarono la popolazione locale con le loro brutalità, dando origine a un’ondata di attacchi terroristici al di fuori della Cecenia. Tra questi si ricorda: l’assedio al teatro Dubrovka, nell’ottobre del 2002; l’assalto a un concerto di musica rock vicino a Mosca, nel luglio 2003; numerose autobombe; un attacco suicida nel metrò di Mosca; il violento sequestro di una scuola a Beslan, nel settem- bre del 2004, con la morte di 330 ostaggi (tra cui molti bambini con i loro genitori e nonni), in seguito alla decisione dei terroristi di far esplodere gli ordigni mentre le forze russe e le guardie locali tentavano di prendere d’assalto l’edificio. Come ricorda una cronaca degli eventi, “a tre anni dall’inizio delle operazioni antiterroristiche”, co- me Putin aveva definito la seconda guerra cecena, “il terrorismo aveva fatto ritorno in Russia”.55 Putin accusò Maskhadov di tutti questi crimini, lo marchiò di terrorismo

internazionale e si rifiutò di negoziare una qualsiasi soluzione alla crisi, ma soltanto le condizioni della sua resa. Nel marzo del 2005, i militari russi riuscirono ad uccidere Maskhadov, eliminando anche l’ultima speranza di negoziare la pace.

Nel frattempo, Putin cercò di reinstallare in Cecenia un’autorità favorevole alla Russia. Le elezioni che si tennero nell’ottobre del 2003 vennero condannate da orga- nismi internazionali e dai rappresentanti locali, in quanto irregolari. Assegnavano la vittoria al candidato sostenuto dal Cremlino, Akhmat Kadyrov; tuttavia, il suo assas- sinio, congetturato e portato a compimento sette mesi più tardi, rese necessarie nuove elezioni. Il successore di Kadyrov fu suo figlio Ramzan che, compiuti 30 anni, di- venne nuovo presidente della Cecenia. Mentre al controllo militare russo subentrava un processo di “cecenizzazione” del potere, la popolazione della regione continuava a soffrire per mano della banda armata del nuovo presidente, composta dai cosiddetti “kadyrovtsy” che saranno argomento di un prossimo capitolo.

List #6191, 18 aprile 2002.

54 La guerra in Afghanistan aveva causato 132 morti e 450 feriti al mese sul fronte sovietico e un

bilancio ben più tragico di vittime tra la popolazione afgana. Baturin et al., Epokha El’tsina, cit., p. 708.