Tabella cronologica
C APITOLO V N OMISMATA
1. L’Onomasticon di Polluce e le Politeiai
Da Polluce risulta che nelle Politeiai attribuite ad Aristotele erano presenti anche notizie di carattere numismatico, come notazioni sulla monetazione di Anassilao, di cui si è già detto1. L’Onomasticon di Giulio Polluce, nativo di Naucrati e maestro di retorica ad Atene sotto l’imperatore Commodo2, è un’opera lessicografica suddivisa in dieci libri,
preceduti tutti da una dedica all’imperatore, e giunta a noi in forma epitomata. Probabilmente quella che leggiamo noi oggi è una versione di X sec. d.C. che doveva appartenere e che doveva essere utilizzata da Areta di Cesarea3. Come gran parte degli
Onomastica redatti prima dell’età augustea, l’opera di Polluce è organizzata non
disponendo i lemmi in ordine alfabetico, ma accostando i termini che si riferiscono allo stesso campo semantico4. Tra le variegate fonti da cui attinge Giulio Polluce, ci sono, appunto, anche le Politeiai aristoteliche. In particolare, esse sono citate diciotto volte, otto delle quali si riferiscono a politeiai di Sicilia o Magna Grecia. Trattandosi di informazioni che riguardano la monetazione, tali citazioni sono confluite soprattutto nel IX libro dell’Onomasticon, in cui una sezione è appunto dedicata ai νοµίσµατα. Alcune delle notizie presenti in questa parte dell’opera di Polluce, però, si ritrovano, anche se in forma più sintetica, già nella sezione περὶ στατικῆς del IV libro.
1.1 Notazioni di valore nelle Politeiai di Agrigento, Imera e Siracusa
Sia nel libro IV che nel libro IX ricorre una notizia che Polluce attribuisce alla Politeia di Agrigento:
“Aristotele, nella Costituzione degli Agrigentini, dopo aver dichiarato che presso di loro si pagava una multa di cinquanta litre, aggiunge: «la litra vale un obolo egineta»”5.
“Invece nella Costituzione degli Agrigentini Aristotele afferma che alcuni pagavano una multa di trenta litre e che la litra equivale a un obolo egineta6”.
1 Vedi supra cap. 3 § 1.2.
2 Sui pochi dati biografici relativi a Polluce, cfr. Philostr., Vita Soph., II 12. 3
TOSI 2007,p. 6.
4 T
OSI 2007,p. 5.
5 Arist., fr. 476 Rose, ap. Poll., Onom., IV 174. Per i passi tratti dall’Onomasticon di Polluce, la traduzione è
di D. Erdas.
I due passi concordano in maniera praticamente esatta e, pertanto, Rose li ha inclusi in uno stesso frammento aristotelico. Della multa di cinquanta litre che gli Agrigentini dovevano pagare non si hanno altre notizie e il passo, con la sua sinteticità, non aiuta a ricostruirne né il contesto né la cronologia. Essendo il passo incentrato sulla litra ed essendo essa stata introdotta probabilmente intorno all’inizio del V sec. a.C.7, l’unica cosa che si può
affermare, è che la multa cui si fa riferimento non può essere datata prima di questo periodo8.
Sempre all’interno della discussione sulla litra, viene citata, poi, la Politeia di Imera:
“Nella Costituzione degli Imeresi (Aristotele) dice che i Siciliani chiamano la moneta da due calchi hexas, quella da uno oncia, quella da tre trias, quella da sei hemilitron, l'obolo litra, e lo statere corinzio dekalitron, perché vale dieci oboli”9.
“Ma del resto presso di lui chiunque può trovare - nella Costituzione degli Imeresi - anche altri nomi di monete siciliane, come l'oncia, che vale un calco, e l'hexas che vale due calchi, e il trias, che ne vale tre, e l'hemilitron, che ne vale sei, e la litra, che corrisponde a un obolo: quindi il dekalitron vale dieci oboli, e cioè è uno statere corinzio”10.
Questi passi, tratti ancora una volta sia del IV che dal IX libro, fanno riferimento ai sottomultipli della litra. È stato osservato che la menzione dei sottomultipli, che dovrebbe essere univoca e tale doveva essere probabilmente nella Politeia aristotelica, non segue lo stesso criterio poiché in alcuni casi essi vengono definiti in base alla frazione corrispondente, in altri secondo il numero di once11.
Ancora ad Aristotele Polluce attribuisce le seguenti notizie:
“Dionisio dunque aveva forzato i Siracusani a utilizzare una valuta di stagno anziché d’argento; e la moneta valeva quattro dracme attiche anziché una”12.
“Inoltre il talento siculo valeva meno, il più antico, come sostiene Aristotele, ventiquattro noummoi, il più recente dodici”13.
7 Sulla litra e sul discusso problema della sua datazione cfr. P
ARISE 1979.
8 ERDAS 2012,p. 296. 9
Arist., fr. 510 Rose, ap. Poll., Onom., IV 174.
10 Arist., fr. 510 Rose, ap. Poll., Onom., IX 80. 11 Sulla questione cfr. PARISE 1979,pp. 295ss. 12
Poll., Onom., IX 79.
Il primo passaggio citato non riferisce la notizia ad Aristotele, ma questa notizia, come si è visto, sembra trovare riscontro in un passo degli Oikonomika pseudo aristotelici incentrato su una misura simile adottata da Dionisio I14.
La Caccamo Caltabiano ritiene che l’emissione del nomisma kattiterou di cui parlano entrambi i passi vada intesa come un’imposizione del tiranno siracusano a coniare esclusivamente monete in bronzo. Il riferimento allo stagno potrebbe rimandare, perciò, ad un’operazione di argentatura superficiale, finalizzata a rendere la moneta più accattivante e, quindi, appetibile15.
La seconda notizia, invece, è attribuita allo Stagirita, ma non si dice da quale Politeia sia stata ricavata. Anche in questo caso è utile il confronto con un altro passo gli
Oikonomika che ha come protagonista sempre il tiranno siracusano16. Se effettivamente la svalutazione del talento siculo corrispondesse alla manovra finanziaria di Dionisio I, allora potremmo supporre che questa notizia facesse parte della Politeia di Siracusa17.
1.2 Notazioni sulla moneta di Taranto nella Politeia
Passando, invece, alla Magna Grecia, dalla Politeia di Taranto si ricava questa notizia:
“Inoltre Aristotele nella politeia dei Tarantini dice che presso di loro la moneta si chiamava noummos, e vi era impresso Taras, il figlio di Poseidon, trasportato da un delfino”18.
Aristotele, dunque, riferisce che presso i Tarantini la moneta veniva chiamata noummos e che il nome dell’uomo sul delfino, effigiato su essa, era Taras, l’eroe eponimo della città.
Per quanto riguarda la notizia relativa al nome della moneta tarantina, alcune fonti testimoniano l’esistenza di una moneta nell’Italia meridionale e in Sicilia che era chiamata
nomos19. Questo nome fu importato nella lingua latina sotto la forma nummus. È da questa forma, ripresa in un’epoca successiva dai Greci, che dovrebbe derivare il noummos citato nel passo di Polluce20. L’attribuzione della forma noummos ad Aristotele potrebbe essere dovuta, perciò, alla riduzione del testo operata da una fonte intermedia21.
14 Ps. Arist., Oec., II 20c. 15
CACCAMO CALTABIANO 2002,p. 38.
16 Ps. Arist., Oec., II, 20h.
17 ERDAS 2012,pp. 297ss. Per entrambe le notizie si rimanda ai paragrafi relativi agli Oikonomika pseudo
aristotelici, vedi supra cap. 3 § 4.3.
18 Arist., fr. 509 Rose, ap. Poll., Onom., IX 80. 19 Epich., fr. 136 Kaibel; Sophr., fr.162 Kaibel. 20
CHANTRAINE 1974,s.v. νόµος 2, p. 755.
21 E
Per quanto riguarda, invece, l’accostamento di Taras al delfino, Pausania riporta una versione differente rispetto a quella di Aristotele e connette al delfino Falanto, l’ecista di Taranto. Il Periegeta, infatti, all’interno della descrizione del donario che fu realizzato da Onata come offerta dei Tarantini a Delfi, cita i personaggi che vi erano rappresentati, l’eroe Taras, Falanto e accanto a lui il delfino. A questo punto Pausania racconta che Falanto, naufragato nel golfo di Crisa, fu tratto in salvo e condotto sulla terraferma da un delfino22.
Tra gli studiosi c’è chi, come Giannelli, propende per l’identificazione del tipo monetale con Falanto23, ed è questa l’ipotesi che ha maggiore seguito, e chi, invece, con l’eroe Taras24. È stata avanzata, inoltre, l’ipotesi secondo la quale l’immagine dell’eroe Taras potrebbe essere stata sostituita all’originaria figura di Falanto, senza apportare modifiche allo schema figurativo25: tale sostituzione potrebbe coincidere con l’avvento della democrazia a Taranto. Il Mele sostiene, infatti, che proprio l’evoluzione in senso democratico di Taranto potrebbe avrebbe portato all’abbandono di Falanto, rappresentante delle origini spartane dei coloni, e invece alla valorizzazione dell’eroe locale Taras26.
22
Paus., X 13, 10.
23 G
IANNELLI 1963,pp. 21-22, aggiunge che la tradizione riportata da Pausania potrebbe risalire ad Antioco.
24 HEAD 1963,p. 54. 25
STAZIO 1971,pp. 152-153.
26 M