Tabella cronologica
C APITOLO VI L A TRYPHÉ
3. La tryphé dei Tarantin
3.1 La tryphé di Taranto nei frammenti di Clearco
Ateneo, sempre nel XII libro dei Deipnosofisti, riporta un lungo frammento di Clearco relativo a Taranto e agli Iapigi76. In seguito ad un articolo di Nenci, in cui lo studioso ha
ipotizzato che anche la sezione successiva del paragrafo potrebbe dipendere da Clearco77, Taiphakos l’ha aggiunta alla sua nuova edizione dei frammenti del Peripatetico78. I due frammenti, dunque, raccontano questo:
“Nel quarto libro delle Vite Clearco dice che i Tarentini, forti della potenza militare e politica che avevano ottenuto, si spinsero a tali eccessi di voluttuosità da depilarsi l’intera superficie del corpo, e di questa depilazione divennero maestri ad altri popoli.
Indossavano tutti – riferisce – un tessuto trasparente bordato di porpora, di quelli che oggi caratterizzano la molle eleganza delle donne. In seguito, trascinati all’insolenza della loro depravata voluttuosità, distrussero una città degli Iapigi, Carbina, ne radunarono ragazzi, fanciulle vergini e donne nel fiore dell’età, e dopo aver edificato presso il tempio dei Carbinati un padiglione, ne mettevano in mostra tutto il giorno i corpi denudati; chiunque poteva a volontà, quasi balzando su uno sventurato gregge, pascere le proprie brame con la florida bellezza dei prigionieri adunati, sotto gli occhi di tutti, e specialmente di quelli che meno s’aspettavano: gli dèi. Ma l’ira divina arse al punto da fulminare tutti i Tarentini che a Carbina di erano resi colpevoli di questo crimine. E ancor oggi, ogni casa ha davanti alle porte tante stele, quanti furono quelli che fecero la spedizione contro la Iapigia; presso a queste, nell’anniversario della loro morte, non si fa il compianto rituale per i defunti, e neppure si fanno per loro le libagioni di rito, mentre si fanno sacrifici in onore di Zeus Kataibates.
A loro volta anche gli Iapigi, che erano Cretesi di stirpe, ed erano giunti in Puglia alla ricerca di Glauco insediandovisi in colonia – ebbene, i loro discendenti, dimentichi del sobrio modo di vivere dei Cretesi, giunsero a un tal punto di voluttuosità, e poi anche di insolenza, che per primi si imbellettarono il volto, usarono toupet posticci, indossarono manti dai colori vivaci, e giudicarono piuttosto umiliante mettersi a lavorare e faticare. La maggioranza dei cittadini
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E SENSI SESTITO 1987a, pp. 88-89. Sull’interesse dei pitagorici per il motivo della tryphé cfr. anche
NENCI 1983,pp. 1028-1030.
76Clearch., fr.48 Wehrli, ap. Athen., XII 23, 522d-f.
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NENCI 1989.
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rendeva le proprie case più belle dei templi, e i capi degli Iapigi, oltraggiando la divinità, sottraevano ai templi le statue degli dèi, invitando “i Potenti a trasferirsi”. E fu così che, colpiti da fuoco e bronzo scagliati dal cielo, trasmisero ai posteri questa vicenda: rimasero infatti visibili fino a epoca tarda, forgiati nel bronzo, segni dei dardi caduti dal cielo. Ancora oggi i loro discendenti vivono tutti con le teste rasate sino alla cute, cingendo vesti di lutto, nella completa penuria dei beni che prima possedevano”.
Il lungo passo è incentrato, dunque, sulla tryphé dei popoli, che è motivo ricorrente anche in altri passi attribuiti da Ateneo a Clearco79. Studi recenti sul Περὶ βίων, in particolare quelli di Bollansée e della Polito, hanno messo in evidenza come nell’opera di Clearco vengano sviluppati i tre tipi di vita teorizzati da Aristotele nelle sue opere sull’etica, ovvero βίος πρακτικός, βίος θεωρητικός e βίος ἀπολαυστικός. I frammenti pervenutici sembrerebbero suggerire che egli, nel libro IV della sua opera, abbia trattato quest’ultima tipologia di vita raccogliendo exempla di tryphé collettiva, trasmessasi da un popolo all’altro per contagio dall’Oriente all’Occidente80. Di fatto si tratta della stessa
impostazione che Ateneo, la nostra fonte principale per i frammenti del Περὶ βίων di Clearco, ha dato ai capitoli 8-37 del libro XII, dedicati, appunto, alla tryphé di popoli e
poleis. Per questo motivo la Polito ipotizza che l’autore dei Deipnosofisti per questa
sezione abbia ripreso l’impostazione usata da Clearco nel suo Περὶ βίων. L’analisi del paragrafo 26 del libro XII, in cui sono riportate quattro citazioni relative alla tryphé milesia81, ha condotto, inoltre, la studiosa a ipotizzare che non risalgano a Clearco solo i passi a lui attribuiti esplicitamente, ma anche altre citazioni riportate vicino ai frammenti del Peripatetico82. La Polito poggia queste considerazioni sull’ipotesi di Tsitsiridis, che
chiaramente resta da dimostrare, secondo la quale Clearco potrebbe aver fatto uso del materiale storico che era stato raccolto dalla scuola di Aristotele83.
Passando nello specifico ai frammenti clearchei sulla tryphé tarantina e iapigia, anche in questi, così come nei frammenti che sono stati analizzati precedentemente sul lusso e la mollezza dei Sibariti, la tryphé è legata ancora una volta alla hybris e al castigo divino che ne consegue. Inoltre sono presenti elementi, in particolare la vena moralistica, che li
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Un elenco di questi passi, sia quelli presenti nella raccolta di Wehrli che quelli aggiunti nella più recente edizione di Taiphakos, è riportato da POLITO 2013,pp. 141-149.
80 BOLLANSÉE 2008,part. pp. 404-407; POLITO 2013, p. 150ss. Cfr. anche POLITO 2014.Sulla trasmissione
della tryphé per contagio si era espresso anche NENCI 1983, p. 1027.
81Athen., XII 26, 523e4-524c1.
82 POLITO 2013,p. 154 n. 139; POLITO 2014,pp. 726-731 e n. 11. 83
TSITSIRIDIS 2013,p. 160, 168-172. I principali studi su Clearco sono richiamati da POLITO 2013,p. 140 n. 100.
accomunano sia al frammento relativo agli anni di Dionisio II a Locri sia a quello sui Lidi84.
Nella prima parte si fa riferimento alla distruzione della città iapigia di Carbina, attuale Carovigno85, di cui non c’è traccia nel resto della tradizione. Anche se non ci sono elementi che permettono di datare il conflitto, si ritiene che esso debba inserirsi negli scontri tra Taranto e le popolazioni iapigie, il cosiddetto barbaros polemos86, che
caratterizzarono la prima metà del V secolo a.C. e il cui momento decisivo fu la sconfitta così clamorosa dell’alleanza Taranto-Reggio da essere ricordata da Erodoto come il φόνος Ἑλληνικὸς µέγιστος87. Secondo Lombardo, l’episodio raccontato da Clearco sembrerebbe offrire «una sintesi eziologica dell’intera vicenda»88.
A questo periodo fa riferimento anche Aristotele. Nella Politica lo Stagirita, all’interno di una sezione relativa ai mutamenti costituzionali, racconta: «Talora questo capita anche per un caso fortuito: a Taranto per esempio, essendo stati vinti e uccisi molti notabili dagli Iapigi dopo le guerre persiane, la politia si trasformò in democrazia»89.
Dunque anche Aristotele conosceva l’episodio della disfatta tarantina a vantaggio degli Iapigi e gli attribuiva anche il passaggio dalla politeia90 alla democrazia.
Per quanto riguarda la seconda parte del passo di Ateneo, cioè quella incentrata più specificamente sugli Iapigi, oltre al tema della tryphé è interessante soffermarsi sulle origini che vengono loro attribuite. Secondo Clearco essi discendevano dai Cretesi e avevano fondato una colonia in Puglia dopo esservi giunti alla ricerca di Glauco, un figlio di Minosse91.
Dell’origine degli Iapigi parla anche Aristotele in un frammento della Costituzione dei
Bottiei riportato nella Vita di Teseo di Plutarco: lo Stagirita racconta che un gruppo di
84 Rispettivamente Clearch., fr. 47 Wehrli, ap. Ath., XII 541c-541e; fr. 43 Wehrli, ap. Ath., XII 515f-516a. 85
GAMBATO 2001,p. 1300.
86 N
ENCI 1976.
87 Hdt., VII 170. Sui rapporti tra Tarantini e Iapigi e sul passo di Erodoto, cfr. NENCI 1976,pp. 719-738;
MELE 1991,pp. 237-300;LOMBARDO 1992,pp. 76-109; SAMMARTANO 1992,pp. 191-245; VANOTTI 2002,p. 49 e p. 54 con richiamo della bibliografia precedente; LURAGHI 2002,p. 69.
88 L
OMBARDO 2002,p. 159.
89 Arist., Pol. V, 3, 1303a. La traduzione è di Renato Laurenti.
90 Per quanto riguarda la forma di governo indicata nel passo dal termine politeia, secondo S
ARTORI 1993, pp.
91-92, non doveva trattarsi necessariamente di un’oligarchia o per lo meno esclusivamente di un’oligarchia, in quanto il termine politeia implicherebbe una maggiore partecipazione al governo della polis; inoltre lo studioso ritiene che difficilmente la caduta di una classe di governo possa avvenire, come sostiene Aristotele, per un caso fortuito e non, come è più probabile, per una rivolta precedentemente organizzata. Sul concetto di politìa nella
Politica di Aristotele, cfr. BERTI 2013,pp. 45-49.
Della democrazia tarantina Aristotele torna a parlare anche nel libro VI della Politica (5, 1320b) riferendosi, con molte probabilità al periodo di Archita. Su questo passo della Politica, cfr. MORETTI 1971,pp. 48-50; MELE
1981, pp. 292ss.; ERDAS 2016,pp. 154-155.
Cretesi e di discendenti dei giovani che Atene aveva inviato a Minosse come tributo partì da Creta alla volta di Delfi, ma dal momento che lì non trovò risorse sufficienti, ripartì e durante il viaggio si fermò in Italía, nel territorio iapigio. Da lì, poi, il gruppo si recò in Tracia, dove i suoi componenti furono chiamati Bottiei92.
Questo racconto, che è riportato da Plutarco anche nelle sue Questioni Greche93, differisce da quanto riferiscono le altre fonti che vedono negli Iapigi i discendenti dei Cretesi. Erodoto, ad esempio, come abbiamo già osservato analizzando il frammento aristotelico sulla fondazione di Minoa, lega le origini degli Iapigi ai viaggi di Minosse e in particolare ai suoi compagni che, giunti in Sicilia per vendicare la sua morte causata da Cocalo, re dei Sicani, furono costretti a desistere dall’assediare Camico per mancanza di viveri e, durante il ritorno in patria, una tempesta li costrinse a fermarsi in Iapigia, dove fondarono città e dove furono chiamati, poi, Iapigi Messapi94. Antioco riporta sostanzialmente la stessa versione di Erodoto ma poi riferisce che, dopo aver messo fine all’assedio di Camico, aver intrapreso il viaggio di ritorno a Creta ed esser stati colti dalla tempesta, alcuni compagni di Minosse di fermarono in Iapigia, mentre altri si recarono nella Bottiea. Lo storico siracusano aggiunge, inoltre, che la Iapigia e i suoi abitanti, che erano stanziati nella penisola salentina fino alla Daunia, trassero il loro nome da Iapige, figlio di Dedalo e di una donna cretese95. In un altro passo della Geografia di Strabone,
all’interno del racconto relativo alla fondazione di Brindisi da parte dei Cretesi, si dice che, mentre alcuni ritenevano che essi fossero arrivati in Iapigia con Iapige dopo essere partiti dalla Sicilia, altri vi erano giunti insieme a Teseo da Cnosso e i compagni di Iapige erano, invece, andati nella Bottiea96.
Clearco, in realtà, non offre molti particolari sulle origini degli Iapigi, ma, in ogni caso, è l’unico ad affermare che essi derivassero dai Cretesi che erano alla ricerca di Glauco. Secondo Bérard, o costui era un figlio di Minosse o si tratterebbe di un errore97; potrebbe trattarsi, infatti, di una svista per Daidalos o Kokalos98 .
Nenci, oltre a riconoscere “innegabili affinità tematiche a linguistiche” tra i due passi riportati da Ateneo che per questo motivo attribuisce entrambi a Clearco, sostiene anche
92 Arist., fr.485 Rose, ap. Plut., Thes. 16. 93 Plut., quaest. Graec., 35.
94 Hdt., VII 170. 95 Strab., VI 3, 2 C 279. 96 Strab., VI 3, 6 C 282. 97 BÉRARD 1963,p. 407. 98 G AMBATO 2001,p. 1300.
che la fonte del Peripatetico potrebbe essere per entrambi i passi Antioco, probabilmente tramite la mediazione di Timeo99.
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