Tabella cronologica
L E TIRANNIDI OCCIDENTAL
1. Anassilao di Reggio
2.1 Le notizie tramesse da Aristotele e dalle Politeiai 1 L’ascesa alla tirannide
2.1.3 La favola del cervo e del cavallo (Arist., Rhet II, 1393b 10-22)
Nella Retorica, in una sezione in cui Aristotele intende fornire un esempio di racconto utilizzato all’interno di un discorso pubblico, è inserita una favola che Stesicoro avrebbe raccontato agli abitanti di Imera, i quali avevano scelto Falaride come στρατεγòς αὐτοκράτωρ ed erano sul punto di dargli anche una guardia del corpo, per metterli in guardia e per evitar loro di essere sottomessi dal tiranno agrigentino: la favola racconta che un cavallo, per vendicarsi di un cervo che aveva rovinato il suo pascolo, si rivolse ad un uomo; egli accettò, ma a condizione che il cavallo accettasse un freno e si lasciasse montare; dopo aver ricevuto l’assenso del cavallo, l’uomo, invece di vendicarlo, lo asservì a sé.
Nel passo della Retorica, dunque, la figura di Falaride si trova contrapposta a quella del poeta e si tratta di un motivo che è presente anche in una breve allusione del discorso contro Pisone di Cicerone57 e in altre tradizioni successive, quali Imerio58 e le epistole pseudofalaridee. Secondo l’interpretazione di Sgobbi, la storia del rapporto conflittuale tra il tiranno agrigentino e Stesicoro potrebbe essere nata o essere stata in seguito riutilizzata durante la tirannide di Terillo a Imera. Egli, in particolare, nel periodo in cui si alleò con Anassilao di Reggio per contrastare Terone e Gelone, avrebbe potuto sfruttare l’aneddoto dell’opposizione tra Stesicoro e Falaride per ottenere il consenso della componente antidorica della città59.
Per quanto riguarda il grado di storicità del racconto, invece, alcuni studiosi hanno ipotizzato che dietro di esso si possa intravedere un tentativo di espansione di Agrigento nel territorio di Imera60. In particolare, i personaggi del cavallo, dell’uomo e del cervo sarebbero simbolo degli Imeresi, di Falaride e dei Sicani. L’identificazione del cervo con i Sicani è stata affermata soprattutto da Manni, il quale fa riferimento ad un’iscrizione samia del VI secolo a.C. che testimonierebbe un’aggressione dei Sicani nei confronti di Imera61. In realtà, Dunbabin ha proposto un’ipotesi alternativa, secondo la quale dietro la figura del
57 Cic., Pis. 73.
58 Him., Or. XXVII, 27-33. 59
Cfr. SGOBBI 2003,pp. 26-36.
60 Ritengono che il racconto si riferisca ad una situazione storica verosimile D
UNBABIN 1948, pp. 318 ss.; DE
MIRO 1956,p. 271 s.; MERANTE 1967a, pp. 105 ss.; ID.1970, pp. 103-109, 129 ss.; BIANCHETTI 1987,pp. 72- 87, 176; BONACASA 1992,p. 135s.; SGOBBI 2003,pp. 26-28; MICCICHÈ 2011,p. 2.
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cervo si potrebbero vedere, invece, i Cartaginesi62. A questa seconda ipotesi, però, attualmente non viene dato molto credito perché pare che nel VI secolo a.C. i rapporti tra i Cartaginesi e Imera non fossero conflittuali63. Recentemente Miccichè ha messo in evidenza come, invece, proprio il territorio dei Sicani fu preso di mira da Falaride per favorire l’espansione della chora di Agrigento. Lo studioso presenta diverse fonti letterarie e dati archeologici che potrebbero attestare l’esistenza di contatti, tutt’altro che pacifici, tra le due popolazioni e, in particolare, cita anche il passo della Retorica, in quanto ritiene che esso possa essere utilizzato come “conferma non solo del conflittuale rapporto tra Falaride ed ambienti imerei apertamente antitirannici, ma anche delle pretese falaridee ad uno sbocco tirrenico ai danni di Himera, in forma originale prefigurate dall’apologo stesicoreo; non certo di una reale presenza acragantina sul Tirreno, difficile da ipotizzare per gli anni della tirannide falaridea. In ogni caso una presenza acragantina ad Imera dovrebbe imprescindibilmente presupporre il controllo, tutt’altro che pacifico, di quell’ampia zona compresa fra l’Himera e l’Halykos, che è la Sicania vera e propria”64.
Non tutti gli studiosi, comunque, concordano sulla veridicità storica del racconto aristotelico, in quanto vi si ritrovano diverse imprecisioni, tra cui, prima di tutto, l’attribuzione anacronistica della carica di στρατεγòς αὐτοκράτωρ a Falaride65.
Per quanto riguarda, infine, la fonte da cui Aristotele può aver tratto l’aneddoto, è probabile che si tratti di Filisto. Il retore Elio Teone, infatti, nei suoi Progymnasmata cita come esempio il racconto del cavallo e del cervo contenuto nel secondo libro dei Σικελικά dello storico siracusano66. Il frammento, dunque, riporta la stessa favola presente nella
Retorica, anche se non vi è alcun riferimento né a Stesicoro né a Falaride. Come ha
osservato Jacoby, però, il contesto in cui è inserito il frammento di Filisto può far presumere che la favola del cavallo e del cervo fosse legata alle figure di Stesicoro e di Falaride67: Elio Teone, infatti, cita insieme allo storico siracusano anche Erodoto e Teopompo; il primo in relazione alla favola del suonatore di flauto e dei pesci che Ciro 62D UNBABIN 1948,pp. 318 ss. 63B IANCHETTI 1987,pp. 76s.; SGOBBI 2003,p. 27 e n. 81. 64 M
ICCICHÈ 2011, p. 2. Per dimostrare come la politica espansionistica di Falaride abbia interessato il
territorio dei Sicani, lo studioso richiama alcune fonti letterarie: il mito di Dedalo e di Minosse, ambientato nella Sicania e utilizzato dal tiranno per legittimare le sue pretese su quella regione; due passi degli
Strategemata di Polieno (V 1, 3 e V 1, 4), il primo dei quali, in particolare, si riferisce allo stratagemma a cui
Falaride ricorse per impadronirsi della città sicana di Ouéssa e può, dunque, essere utilizzato come “interessante documento del rapporto conflittuale instauratosi fra la tirannide acragantina e le genti sicane” (p. 3); una delle due iscrizioni riportate dalla Cronaca Lindia (Chron. Lind., FGrHist 532 F 27 = Xenag.,
FGrHist 240 F 14), che può essere letta come un indizio di un presunto attacco ai danni della sicana Camico.
65 Per una rassegna delle posizioni dei vari studiosi cfr. ERCOLES 2008, pp. 214-215. 66
Philist., FGrHist 556 F 6, ap. Theon., Prog. II 66.
raccontò agli Ioni per far capire loro che avevano fallito nel tentativo di evitare la loro distruzione68, il secondo è legato alla favola della guerra e della hybris narrata da Filippo
agli abitanti di Calcide per dissuaderli dal rompere la loro alleanza con lui69. Come si può notare, l’intento con cui sia Ciro sia Filippo hanno raccontato queste storie è molto simile a quello che, nella Retorica, ha spinto Stesicoro a narrare la favola del cervo e del cavallo.
All’ipotesi della derivazione da Filisto, inoltre, può contribuire anche il già menzionato passo dell’orazione In Pisonem di Cicerone, in cui c’è un’allusione ai contrasti tra Falaride e Stesicoro70. Dal momento che alcuni riferimenti presenti nel De oratore71, composto nello stesso anno dell’orazione in questione, e in una lettera al fratello Quinto72, scritta l’anno successivo, permettono di supporre che Cicerone conoscesse l’opera di Filisto, Hinz ha ipotizzato che dietro l’allusione a Falaride, la quale a sua volta richiama l’episodio della Retorica, possa esserci proprio lo storico siracusano73.