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Calamandrei all'Assemblea costituente: i diritti sociali e la loro difficile enunciazione normativa Il ruolo del preambolo.

Nel documento Il pensiero giuridico di Piero Calamandrei (pagine 149-163)

LA PROPOSTA DI “REPUBBLICA PRESIDENZIALE” DI PIERO CALAMANDREI.

6. DIRITTI DI LIBERTA', DIRITTI SOCIALI, NATURA E FUNZIONE DELLA COSTITUZIONE

6.8 Calamandrei all'Assemblea costituente: i diritti sociali e la loro difficile enunciazione normativa Il ruolo del preambolo.

La battaglia per l'affermazione dei diritti sociali iniziò in sede di adunanza plenaria della Commissione dei Settantacinque, nella seduta del 25 ottobre del 1946, in cui si discuteva delle direttive di massima da seguire nella redazione del progetto di Costituzione. Calamandrei chiese di parlare per motivi di carattere tecnico. La Costituzione, affermava, in quanto legge, doveva avere caratteri determinati, comuni ad ogni norma giuridica; doveva quindi contenere affermazioni non generiche ma norme di condotta precise, specifiche; doveva altresì fissare i mezzi pratici per il raggiungimento di tali scopi e prevedere le sanzioni da applicare a coloro non osservassero tali norme di condotta.

La nuova Costituzione, come nella maggior parte delle Costituzioni, doveva contenere due parti distinte: una che riguardasse gli organi ed i poteri dello Stato, l'altra i diritti individuali.

Calamandrei dichiarava che per quanto riguarda la parte attinente agli organi e poteri dello Stato, tutti dovevano concordare nel sostenere che nella Costituzione si dovessero inserire solo le norme che regolassero i supremi organi dello Stato, norme di carattere basilare che non scendessero però nei particolari tecnici, a cui avrebbero provveduto leggi speciali quali norme di completamento ed in un certo senso d'interpretazione delle norme costituzionali. Ad esempio, secondo Calamandrei, per quanto riguardava il potere giudiziario, la Costituzione doveva contenere un piccolo numero di articoli sulla posizione del potere giudiziario nello Stato: all'ulteriore determinazione della materia avrebbe provveduto la legge sull'ordinamento

giudiziario.

Al tal riguardo si diceva contrario all'orientamento dell'onorevole Bozzi.

Nel corso della seduta infatti, l'onorevole Bozzi informava che gli onorevoli Lombardi, Cevolotto, Fanfani, Perassi, Calamandrei, Dominedò, oltre che lui stesso, avevano elaborato, trovandosi d'accordo sulla sostanza e, salvo qualche rilievo sulla forma, un ordine del giorno che così recitava: “1°) la Costituzione dovrà essere il più possibile semplice, chiara e tale che tutto il popolo la possa comprendere; 2°) il testo della Costituzione dovrà contenere nei suoi articoli disposizioni concrete, di carattere normativo e costituzionale; 3°) la Costituzione dovrà limitarsi a norme essenziali di rilievo costituzionale e di supremazia sopra tutte le altre norme, lasciando lo sviluppo delle dichiarazioni conseguenti a leggi che non richiedano, per la loro eventuale modificazione, il ricorso al processo di revisione costituzionale”29.

Calamandrei, che già aveva manifestato questa sua perplessità al momento di porre la firma sull'ordine del giorno, riteneva, in contrasto con il punto 3° dell'ordine del giorno, che le leggi complementari alle norme costituzionali, non avrebbero dovuto essere modificate se non attraverso quei procedimenti previsti per la modifica della Costituzione.

Il punto controverso riguardava i diritti individuali e la loro enunciazione nella Costituzione: le norme elaborate dalla prima e della terza Sottocommissione30, erano veramente da considerarsi tutte norme giuridiche, tali da poter trovare posto in una legge, o erano affermazioni generiche, «desideri», «programmi politici»? Occorreva domandarsi se la costituzione potesse esprimere desideri e programmi politici e non contenere vere norme giuridiche.

Riteneva che fra i diritti individuali ve n'erano alcuni la cui proclamazione poteva essere, senza problemi, consacrata in vere norme giuridiche, perché quando si

29 Resoconto sommario della seduta del 25 ottobre 1946 della Commissione per la Costituzione, adunanza plenaria, in

http://www.camera.it/_dati/costituente/lavori/Commissione/sed006/sed006.pdf

30 La Commissione dei 75, presieduta dall'on. Ruini, iniziò i suoi lavori articolandosi in tre Sottocommissioni. Ciascuna delle sottocommissioni aveva il compito di elaborare una parte del progetto di Costituzione: la prima sottocommissione, presieduta dal democristiano Umberto Tupini, si occupò del tema "diritti e doveri dei cittadini"; la seconda, presieduta dal comunista Umberto Terracini, dell' "ordinamento costituzionale della Repubblica" (suddividendosi a sua volta in due sezioni: "potere esecutivo" e "potere giudiziario"); la terza, presieduta da Gustavo Ghidini, dei "diritti e doveri economici".

affermava, ad esempio, la libertà di stampa, la libertà di coscienza, con ciò non s'imponeva agli organi dello Stato un comportamento attivo, ma al contrario un comportamento negativo: ossia di non ostacolare lo svolgimento di quelle tali attività garantite.

Ma quando si passava a quei diritti individuali chiamati sociali (per esempio, il diritto al lavoro, il diritto alla casa, il diritto all'assistenza contro l'invalidità e vecchiaia), di fronte a questi, affinché fossero diritti in senso giuridico, bisognava precisare chi fosse obbligato: il diritto infatti è tale, in quanto di fronte ad esso sussiste un dovere. Faceva notare che in tutte le Costituzioni in cui si elencavano i cosiddetti diritti sociali, la determinazione dei mezzi pratici per rendere effettivi questi diritti non era stata fatta. Solamente nella Costituzione russa, là dove si parlava di diritti sociali, ogni articolo enunciava il diritto e poi, nel capoverso, indicava l'organo a cui il cittadino doveva rivolgersi per farlo valere. Ma in Italia, a quel tempo, non si aveva la possibilità d'accompagnare l'affermazione di ognuno dei cosiddetti diritti sociali con l'enunciazione dei mezzi pratici posti a disposizione del cittadino per farli valere. Sottolineava che da ciò derivava che i cosiddetti diritti sociali non erano veri diritti ma solamente programmi, desideri, che dovevano essere formulati con molta cautela per non ingenerare false illusioni e speranze nei cittadini. «Parrebbe quindi che, per il rispetto della più corretta tecnica giuridica, fosse più opportuno che questi desideri, a cui tutti possono partecipare e che hanno un carattere sentimentale, ma non un carattere giuridico, fossero sistemati nel preambolo della Costituzione, e che le vere norme giuridiche fossero limitate a quei diritti che sono diritti nel senso tecnico e perfetto della parola»: così, riassumendo il suo pensiero, concludeva il suo primo intervento.

Dunque Calamandrei proponeva di non inserire i diritti sociali fra le norme giuridiche costituzionali, relegandoli invece nei propositi da contenere in un preambolo.

Alla costituente tuttavia vi erano uomini di differente provenienza politica e giuridica, secondo i quali erano da considerarsi come norme giuridiche vere e proprie anche quelle di contenuto programmatico o che esprimevano esigenze lontane dalla società di quel tempo. Si pensava che esse avrebbero potuto assumere un importante

spessore giuridico, sia come canoni d'interpretazione, sia come limiti alla legislazione, sia come causa legittimante una legislazione più avanzata.

La tesi di Calamandrei sui diritti sociali come meri desideri sentimentali da sistemare in un preambolo, era troppo debole per resistere alle critiche di costituenti del calibro di Togliatti, Fanfani e Dossetti, oltre che di altri31.

A schierarsi con Calamandrei fu l'onorevole Molè, il quale faceva presente che l'ordine del giorno, così come era stato presentato, avrebbe lasciato fuori dalla Costituzione tutta quella parte di dichiarazioni di diritti che ancora, a quel tempo, non aveva natura di diritti ma erano piuttosto enunciazioni di orientamenti. Nel momento in cui fu sottoscritto, l'ordine del giorno conteneva infatti un accenno anche alle enunciazioni programmatiche, che collocava in un preambolo, e così recitava: “Le enunciazioni di direttive programmatiche e tendenziali troveranno più adatto collocamento nel preambolo o dichiarazioni preliminari”32. Era dell'avviso che si dovevano fissare nella Costituzione tali enunciazioni, la quale non poteva solamente prendere atto di ciò che esisteva in quel tempo, ma doveva dare anche un qualche orientamento per il lavoro legislativo futuro. Così affermava: «Se si adotta il criterio che la Costituzione deve contenere soltanto delle vere e proprie norme giuridiche, le si toglie l'anima, lo spirito che deve avere; perché oggi si fa la Costituzione per dare al popolo la precisa impressione che v'è qualche cosa di modificato, non soltanto per la forma repubblicana anziché monarchica dello Stato, ma anche per lo spirito nuovo che anima la nuova legislazione»33.

Dunque riteneva necessario inserire un preambolo nella Costituzione. Nella parte articolata dovevano trovarsi solo disposizioni concrete concernenti veri e propri diritti, con le loro sanzioni; il preambolo avrebbe dovuto dare un orientamento per il futuro.

D'accordo con Calamandrei e Molè nell'affermare che negli articoli della Costituzione le affermazioni programmatiche a lunga scadenza non potevano trovare

31 Barile P., Piero Calamandrei. Ventidue saggi su un grande maestro, a cura di Paolo Barile, Giuffrè editore, Milano, 1990, p. 325

32 Resoconto sommario della seduta del 25 ottobre 1946 della Commissione per la Costituzione, adunanza plenaria, in

http://www.camera.it/_dati/costituente/lavori/Commissione/sed006/sed006.pdf 33 Ibidem

posto era l'onorevole Cevolotto che appunto affermava che non si potevano introdurre simili affermazioni, che rappresentavano dei desideri, delle speranze ma che tuttavia, non avevano alcuna possibilità di attuazione legislativa in quel momento. Tali enunciazioni dovevano essere espresse in un preambolo, come un indirizzo da dare alla legislazione futura. Che senso aveva inserire nella parte articolata della Costituzione l'affermazione del diritto al lavoro se quest'ultimo non aveva ancora, a quel tempo, possibilità d'attuazione in una legge che desse modo di soddisfare concretamente quest'obbligo che lo Stato veniva ad assumere? Affermare un principio che non poteva essere seguito dalla realtà della legislazione equivaleva ad ingannare il popolo.

Togliatti, per primo s'oppose al pensiero di Calamandrei, riproponendo l'esigenza di

affermare, negli articoli della Costituzione, i diritti sociali, per avviare un impegno e per dare «un orientamento alla creazione di un nuovo ordinamento sociale, e quindi anche di una nuova legalità»34.

Togliatti rammentava che mentre Molè aveva dato la sua adesione all'ordine del giorno Bozzi quando conteneva la dichiarazione che determinate affermazioni di principio dovevano trovare posto nella Costituzione, egli sottolineava che vi aveva dato la sua adesione proprio quando quella dichiarazione fu eliminata.

Citava la Costituzione sovietica, già richiamata da Calamandrei, ed affermava che questa codificava in norme lapidarie quanto uscito da una rivoluzione durata venti anni. In Italia non si era in quella situazione, per il semplice motivo che tale rivoluzione non si era verificata.

La Costituzione, se avesse sancito soltanto quello che esisteva in quel momento in Italia, non avrebbe corrisposto a ciò che la grande maggioranza del popolo desiderava dalla Costituzione.

Dunque la Costituzione doveva avere un carattere programmatico almeno nelle parti in cui si affermava la necessità di dare un nuovo contenuto ai diritti dei cittadini, un contenuto sociale, con l'affermazione del diritto al lavoro, del diritto al riposo ed anche con l'affermazione delle garanzie di questi diritti. Se i diritti sociali fossero stati relegati nel preambolo si sarebbero fatte delle affermazioni che avrebbero potuto

dare ad una parte dell'opinione pubblica una soddisfazione di forma, ma nella sostanza poi si sarebbe potuto far poco.

«Queste affermazioni diventano invece qualche cosa di costituzionalmente e quindi giuridicamente importante quando siano poste in determinati articoli, anche se questi articoli possano avere una forma che non corrisponda a quella dei vecchi articoli dei codici civili o di una precedente legge costituzionale»35.

Riteneva che i diritti sociali dovevano essere affermati in articoli della Costituzione, i quali dovevano avere un carattere normativo ma in pari tempo anche un carattere programmatico.

«La Costituzione sarà qualche cosa di nuovo quando i diritti sociali saranno affermati in articoli particolari, con formula impegnativa, e non già in dichiarazioni di principio che non impegnerebbero minimamente il legislatore futuro»36.

In accordo con la posizione di Togliatti si espressero anche Fanfani e Dossetti; in tutti era evidente l'esigenza di vedere i diritti sociali posti nella carta costituzionale come norme giuridiche.

Fanfani affermava che l'ordine del giorno Bozzi conteneva l'impegno di relegare le

enunciazioni di direttive programmatiche nel preambolo. Egli, così come fece Togliatti, chiese la soppressione di quella parte, altrimenti non avrebbe firmato l'ordine del giorno. Si dichiarava d'accordo con l'onorevole Togliatti nell'affermare che la Costituzione doveva essere fissazione di aspirazioni e di volontà della maggioranza del popolo e non si poteva relegare l'espressione di questa volontà in un preambolo che sarebbe divenuto un testo retorico il quale non avrebbe avuto importanza per quanto riguarda lo svolgimento legislativo.

Dossetti distingueva due categorie di diritti: quelli che avevano raggiunto un

consolidamento giuridico pieno, completo e quelli che non erano semplice espressione di desideri e potevano dare luogo a determinati rapporti obbligatori. Questi ultimi tuttavia «non hanno ancora raggiunto quella espansione piena della gamma che li garantisce in ogni loro aspetto»37. Ma nonostante ciò «anche questi sono diritti che possono e debbono trovare un'affermazione nella norma

35 Ibidem 36 Ibidem 37 Ibidem

costituzionale»38. Riteneva che le norme della Costituzione potevano avere un contenuto di volontà, e quindi il contenuto e l'aspetto tipico della norma giuridica, e tuttavia non rispecchiare quella forma assolutamente e definitivamente consolidata che l'onorevole Calamandrei voleva riservare alle norme che, a suo giudizio, avrebbero dovuto essere le sole incluse nella Costituzione.

Occorre menzionare anche la posizione dell'onorevole Giua, il quale era contrario al preambolo e trovava esagerata la proposta di rinviare al preambolo tutte le affermazioni a carattere programmatico. Il preambolo doveva essere breve: doveva cioè, per avere un valore, racchiudere in brevissime formule lo spirito della Costituzione. Se si fosse posto nel preambolo tutto ciò che non rientrava nel quadro giuridico delineato dall'onorevole Calamandrei, il preambolo sarebbe divenuto addirittura una carta costituzionale.

Ma l'accusa più dura che Giua rivolgeva a Calamandrei era quella di volere dare vita ad una Costituzione borghese: dichiarava infatti che «se applichiamo le idee dell'onorevole Calamandrei, facciamo una costituzione borghese, perché fino ad ora tutto quello che è acquisito circa i diritti del cittadino o delle masse rientra nell'ambito della legislazione borghese; ed allora manchiamo completamente dello spirito che ci ha mossi»39.

Di fronte a tale accusa Calamandrei reagiva prontamente dichiarando che, «dei vari articoli della Costituzione, più di ogni altro gli stanno a cuore proprio quelli che enunciano programmi e propositi di rinnovamento sociale (…) Non ha quindi parlato per il desiderio di mettere queste proposte in soffitta; ha parlato soprattutto come componente della seconda Sottocommissione (…) alla quale spetta il compito di trovare i mezzi pratici, attraverso cui i diritti (…) debbono essere tutelati»40.

Proseguiva affermando che si sarebbero creati nell'organizzazione dello Stato speciali rimedi e difese per tutelare i diritti politici dei cittadini eventualmente violati. Si sarebbe avuto, ad esempio, il ricorso alla Suprema Corte Costituzionale, dato al cittadino a tutela del suo diritto individuale. Ma come sarebbe stato possibile porre speciali rimedi e difese per tutelare i diritti sociali quali il diritto al lavoro, al riposo,

38 Ibidem 39 Ibidem 40 Ibidem

alla casa, all'assicurazione ecc.? Se uno di tali diritti a cui non corrispondeva un obbligato, fosse rimasto insoddisfatto, quale poteva essere il rimedio pratico per assicurarne la soddisfazione? Questa, denunciava, era la prima difficoltà tecnica che ci si sarebbe trovati davanti.

Ed ancora: l'eventuale sindacato di costituzionalità di una legge ordinaria contrastante con un diritto sociale insoddisfatto avrebbe dato ai giudici un potere di controllo di carattere politico su tutta la legislazione presente e futura; questa era un'altra preoccupazione sottolineata da Calamandrei41.

La conclusione era che questi diritti sociali non erano veri diritti ed era pericoloso dar loro una collocazione che potesse farli ritenere tali. Pertanto era opportuno tenerli distinti: non aveva grande importanza che la parte in cui questi venivano collocati si chiamasse preambolo o titolo o capitolo; importante era formularli con veste di diritti-speranze; importante era rendersi conto che si creavano diritti che in realtà non erano tali: non erano pertanto una realtà giuridica ma solo un'aspirazione politica.

La discussione si concluse nella seduta di giovedì 28 novembre 1946 dinanzi all'adunanza plenaria della Commissione dei Settantacinque, quando Calamandrei presentò un ordine del giorno in cui aveva modificato parzialmente la sua rigidità iniziale e riconosceva opportuno inserire tra gli articoli della Costituzione, come speciale categoria, anche l'enunciazione di quelle speciali esigenze individuali e collettive nel campo economico e sociale, che pur non raggiungendo, a quel tempo, la maturità di diritti perfetti ed attuabili, si prestavano, in virtù della loro concretezza, a diventare veri diritti sanzionati con leggi. Tuttavia manteneva invariata la sua posizione nel volere relegare ad un preambolo sobrio e sintetico le finalità etico- politiche, di cui riteneva opportuno fare cenno nella Costituzione. L'ordine del giorno, per la precisione, così recitava: «La Commissione per la Costituzione; a conferma ed integrazione dell'ordine del giorno approvato nella seduta del 25 ottobre; mentre si dichiara convinta che nel testo della Costituzione, come suprema legge della Repubblica, debbono trovare posto non proclamazioni di idealità etico- politiche, ma soltanto norme giuridiche aventi efficacia pratica, che siano

fondamento immediato di poteri e di organi, a garanzia di diritti concretamente sanzionati; riconosce opportuno che, come speciale categoria di diritti, trovi posto tra gli articoli della Costituzione la enunciazione di quelle essenziali esigenze individuali e collettive, nel campo economico e sociale che, anche se non raggiungono oggi la maturità di diritti perfetti ed attuabili, si prestano, per la loro concretezza, a diventare veri diritti sanzionati con leggi, impegnando in tal senso il legislatore futuro; ritiene invece che, per ogni altra enunciazione generale di finalità etico-politiche di cui si ritenga opportuno far cenno nella Costituzione, esigenze di chiarezza e di tecnica impongano di non confonderle con le vere norme giuridiche e di riservarle ad un sobrio e sintetico preambolo»42.

Nell'illustrare l'ordine del giorno ai colleghi ammetteva di essere stato colpito dall'osservazione, soprattutto dell'onorevole Togliatti, secondo la quale, siccome la nostra, era da considerarsi, la Costituzione non di una rivoluzione già fatta ma di una rivoluzione pacifica e legale da farsi in venti anni, era opportuno che comprendesse anche norme che, pur non consacrando diritti immediatamente attuabili, costituissero una specie di orientamento per il legislatore futuro.

Si trattava dei cosiddetti diritti sociali che in tante Costituzioni create dopo la prima guerra mondiale erano stati accolti fra le apparenti norme giuridiche, anche se di norme giuridiche non avevano la sostanza.

Proseguiva notando che il suo ordine del giorno voleva, appunto venendo incontro alle osservazioni dei colleghi e specialmente a quelle dell'onorevole Togliatti, consacrare nella Costituzione questi diritti sociali, stabilendo però un'ulteriore distinzione fra quelli che, pur non essendo ancora diritti, avevano la sostanza che li rendeva suscettibili di divenire più avanti dei veri e propri diritti ed altri che erano invece suscettibili di divenire semplicemente dei credi religiosi, filosofici, delle finalità etiche che potevano avere anche nella vita sociale più importanza delle formulazioni giuridiche, ma che non trovavano nella Costituzione, cioè in una legge, la sede migliore, più adatta per la loro formulazione.

E dunque proponeva, anziché formulare queste finalità etico-politiche in articoli di

42 Resoconto sommario della seduta del 28 novembre 1946 della Commissione per la Costituzione, adunanza plenaria, in

legge, d'includerli in una parte introduttiva da redigere in forma tale da fare capire ai lettori che non si trattava di articoli di legge, ma premesse di altro ordine.

Anche questa più ridotta proposta non ebbe però successo43.

Lo schieramento a lui sfavorevole non era mutato: Togliatti, ripetendo quanto già detto nella discussione del 25 ottobre in sede di adunanza plenaria, sottolineava che la Costituzione che s'accingevano a scrivere non registrava conquiste realizzate e consolidate attraverso un'opera costruttiva come avvenne nella Costituzione sovietica. La Costituzione italiana, doveva esprimere, registrare e consolidare la conquista democratica realizzata con l'abbattimento del regime fascista, ma allo stesso tempo doveva attuare una trasformazione profonda di carattere economico, sociale e politico, secondo le aspirazioni della grande maggioranza della popolazione italiana.

Per tale motivo, nella Costituzione non doveva essere consacrato solamente ciò che

Nel documento Il pensiero giuridico di Piero Calamandrei (pagine 149-163)