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Calo dell’occupazione giovanile

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 157-160)

Capitolo 3 - Gli effetti della crisi su individui e famiglie

3.2 Crisi e mercato del lavoro

3.2.7 Calo dell’occupazione giovanile

Nel 2009 il 13,1 per cento della popolazione (7,8 milioni) rientra nella fascia giovanile (18-29 anni),10la cui incidenza è andata progressivamente riducendosi, dal 14,6 per cento del 2004. Si tratta di 2,5 milioni di studenti, di 3,4 milioni di occupati (di cui 287 mila inseriti in un percorso di studio) e di 1,9 milioni di gio-vani né studenti né occupati.

L’impatto della fase ciclica negativa sul composito aggregato della popolazione giovanile ha determinato una significativa flessione degli occupati (300 mila in me-no rispetto all’anme-no precedente, il 79 per cento del calo complessivo dell’occupazio-ne), un allargamento dell’area dei giovani non impegnati né in un lavoro né in un percorso di studi (142 mila) e una crescita degli studenti (83 mila in più, cui se ne aggiungono altri 47 mila che in precedenza erano studenti-lavoratori, presumibil-mente propensi a prolungare gli studi in ragione delle ridotte prospettive occupazio-nali). La diminuzione dell’occupazione giovanile, avviatasi nella seconda parte del 2008, ha prodotto nel 2009 una sequenza di forti e consecutivi arretramenti ten-denziali: dalle 271 mila unità del primo trimestre, alle 348 e 317 mila del secondo e terzo trimestre fino alle 263 mila degli ultimi tre mesi del 2009 (Tavola 3.14).

Dato che la popolazione giovanile si è ridotta di 28 mila unità nel 2009, l’en-tità della contrazione occupazionale appare ancora più preoccupante: il tasso di occupazione è sceso in un solo anno al 44 per cento, dopo le moderate contrazio-ni intervenute nel precedente quadriencontrazio-nio (dal 49,7 al 47,7 per cento). La caduta è di oltre tre volte superiore a quella subita dal tasso di occupazione totale.

Valori Variazioni Assolute % I II III IV I II III IV % in p.p.

SESSO Maschi 2.021 -177 -8,1 -159 -240 -175 -136 -7,3 -10,5 -7,9 -6,4 50,9 -4,3 Femmine 1.435 -122 -7,9 -112 -108 -143 -127 -7,1 -6,9 -9,1 -8,4 37,0 -3,0 RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Nord 1.799 -137 -7,1 -105 -149 -171 -121 -5,4 -7,6 -8,8 -6,4 56,1 -4,5 Centro 688 -43 -5,9 -77 -50 -15 -29 -10,3 -6,7 -2,1 -4,2 47,5 -2,9 Mezzogiorno 969 -120 -11,0 -89 -149 -131 -112 -8,3 -13,1 -11,6 -10,8 30,4 -3,4 TITOLI DI STUDIO

Fino alla licenza media 985 -127 -11,4 -107 -146 -164 -89 -9,6 -12,7 -14,5 -8,5 38,8 -4,5 Diploma 1.978 -146 -6,9 -138 -179 -152 -116 -6,5 -8,2 -7,1 -5,6 45,6 -3,2 Laurea 493 -27 -5,2 -26 -23 -1 -58 -5,0 -4,5 -0,2 -11,0 50,6 -3,6 IN ISTRUZIONE O NON PIÙ

In istruzione 287 -47 -14,2 -63 -58 -12 -57 -17,8 -16,2 -3,7 -18,1 10,5 -2,1 Non più in istruzione 3.169 -252 -7,4 -208 -290 -306 -206 -6,1 -8,3 -8,8 -6,2 62,1 -3,5

TOTALE 3.456 -300 -8,0 -271 -348 -317 -263 -7,2 -9,1 -8,4 -7,2 44,0 -3,7

Tasso di occupazione CARATTERISTICHE Valori Variazioni assolute Variazioni percentuali

Anno Variazioni

Trimestri

Tavola 3.14 - Occupati 18-29 anni per sesso, ripartizione geografica, titolo di studio, in istruzione o non più in istruzione e tasso di occupazione - Anno 2009 (valori assoluti in migliaia, variazioni tendenziali

assolute in migliaia e percentuali)

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

10 Fino ai 18 anni è scarsa in Italia la partecipazione al mercato del lavoro dei giovani in quanto sono in larghissima parte inseriti in percorsi di istruzione. L’età dei 18 anni rappresenta quindi un punto di svolta nel rapporto dei giovani italiani con il sistema di istruzione ed il mercato del lavoro. Infatti, dai 18 anni in poi decresce ad un ritmo piuttosto forte la quota dei giovani in istruzione e parallelamente accelera quella dei giovani che entrano nel mercato del lavoro. D’altro canto, per l’Italia le difficoltà di inserimento lavorativo si protraggono almeno fino alla soglia dei trent’anni, anche per effetto di un tardivo conseguimento della laurea rispetto agli altri paesi europei.

Il tasso di occupazione giovanile continua a calare, scendendo al 44 per cento

Anche nell’Unione europea i giovani rappresentano un gruppo che ha partico-larmente risentito della fase recessiva: nella media dell’Ue il tasso di occupazione giovanile11 manifesta nel corso del 2009 riduzioni tendenziali continue (-1,8 e -2,4 per cento nel primo e secondo trimestre; -2,7 e -2,4 per cento nel terzo e quarto) e sempre superiori a quelle del tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa. Nel 2009 il contributo fornito dalla classe di età 15-29 anni alla di-scesa tendenziale dell’occupazione totale è pari a circa il 45 per cento nell’insieme dei valori della Ue e vicino al 58 per cento in Italia, dove si registra l’incidenza più elevata tra quelle dei principali paesi della Ue.

Con riguardo alle differenze di genere, tra i giovani in Italia il tasso di occupa-zione maschile è di quattordici punti percentuali più elevato di quello femminile (51 e 37 per cento rispettivamente nella media 2009).

Il Nord presenta un tasso di occupazione quasi doppio rispetto al Mezzogiorno (56,1 contro 30,4 per cento) e la caduta dell’occupazione, diffusa in tutto il terri-torio nazionale, è stata relativamente più accentuata nelle regioni meridionali (-11,0 contro -7,1 per cento del Nord e -5,9 per cento del Centro), ancorché in termini assoluti le differenze siano alquanto contenute (-120 mila contro -137 mi-la su base annua).

Inoltre, la crisi accentua la tendenza discendente dell’occupazione giovanile con basso titolo di studio, peggiora la condizione dei giovani in possesso di un diploma di scuola media superiore e comprime la precedente crescita dei giova-ni lavoratori con un livello di istruzione più elevato. In generale, nessun titolo di studio sembra essere stato in grado di proteggere i giovani dall’impatto della cri-si sull’occupazione, comunque manifestatacri-si maggiormente per i giovani in pos-sesso di un titolo di studio non superiore alla licenza media (-11,4 per cento a fronte di variazioni del -6,9 e del -5,2 per cento, rispettivamente, per i titoli di studio medio e alto).

La riduzione delle opportunità occupazionali per i giovani con un basso livello di istruzione è ormai presente da anni e i livelli di partecipazione al mercato del la-voro sono molto bassi: nel 2009 il loro tasso di occupazione si è attestato al 38,8 per cento, 4,5 punti percentuali in meno dell’anno precedente. Per i giovani in possesso di un diploma il tasso di occupazione scende nel 2009 al 45,6 per cento, 3,2 punti percentuali in meno rispetto all’anno precedente. Infine, per i giovani laureati il calo è stato di 3,6 punti percentuali e ha portato il tasso di occupazione al 50,6 per cento in media annua, anche se nel quarto trimestre l’indicatore è sce-so fino al 48,9 per cento (-4,9 punti percentuali su base annua).

L’impatto della crisi a livello settoriale si può riassumere nella flessione occupa-zionale dell’11,9 per cento nell’industria in senso stretto (101 mila giovani in me-no, circa un terzo della flessione occupazionale giovanile), nell’intermediazione monetaria e finanziaria (-18,0 per cento), nei trasporti e comunicazioni (-12,0 per cento), nei servizi alle imprese (-8,6 per cento) e nel commercio (-64 mila unità, pari al -9,0 per cento su base annua).

Le professioni qualificate sono quelle maggiormente coinvolte dal calo: -118 mila unità, di cui 88 mila nel gruppo delle professioni tecniche. A fronte della si-gnificativa crescita del 2008, è anche consistente (97 mila unità) la riduzione ten-denziale delle professioni impiegatizie e del commercio. Le professioni operaie e quelle non qualificate proseguono il precedente andamento cedente, con un calo di 85 mila unità.

Il 37 per cento della flessione occupazionale giovanile riguarda il lavoro atipico (-110 mila unità). La forte presenza di questa tipologia lavorativa nell’occupazione

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

11I dati europei fanno riferimento alla classe 15-29 anni, piuttosto che a quella 18-29 anni utiliz-zata per l’analisi dei dati nazionali.

Il tasso di occupazione giovanile al Nord è quasi il doppio che nel Mezzogiorno

Nessun titolo di studio difende i giovani dalla crisi occupazionale

Il 37 per cento della caduta

dell’occupazione giovanile riguarda il lavoro atipico

giovanile (il 30 per cento della popolazione 18-29enne ha un lavoro atipico, a fron-te dell’otto per cento della restanfron-te parfron-te della popolazione) ha certamenfron-te contri-buito al grave impatto che la crisi ha avuto sui giovani. Anche il lavoro standard ac-centua negli anni più recenti la tendenza già illustrata, con variazioni negative soste-nute (-7,6 per cento in media annua), soprattutto nel secondo semestre del 2009.

In base ai dati longitudinali dell’indagine, per ogni 100 giovani occupati nel primo trimestre 2008 circa 15 transitano nella condizione di non occupato a di-stanza di un anno (erano 10 un anno prima). Mentre gli operai, gli imprenditori e i liberi professionisti registrano tassi di uscita verso la non occupazione non di-scosti dalla media, i giovani collaboratori mostrano movimenti in uscita decisa-mente più elevati (27 transitano nella non occupazione).

L’impatto della fase recessiva sui giovani occupati è diverso per quelli ancora in-seriti nel sistema educativo e quelli non più in istruzione: i primi sono 287 mila e rappresentano il 10 per cento dei giovani in istruzione, anche se il ridotto numero dei giovani che abbinano un’attività lavorativa allo studio determina il modesto contributo fornito alla flessione occupazionale (16 per cento del totale). La disce-sa relativa dell’occupazione tra 2008 e 2009 di questo segmento è rapida (-14,2 per cento, pari a 48 mila unità), quasi doppia rispetto a quella che ha colpito il gruppo dei giovani che sono esclusivamente impegnati in un’attività lavorativa. La riduzione dell’occupazione dei giovani impegnati in attività di studio si è concen-trata in misura pressoché esclusiva nelle forme di lavoro atipiche e part time (88 per cento del calo complessivo).

I giovani occupati e impegnati anche in un percorso di studio hanno lavori me-no stabili: ume-no su due è impiegato con lo stesso datore di lavoro da più di un anme-no (per quelli occupati ma fuori dal sistema di istruzione il rapporto è di tre su quattro). Il lavoro parzialmente standard (part time con durata non predeterminata) investe circa il 24 per cento dei giovani in istruzione, contro il 9 per cento dei giovani pati fuori dagli studi. Inoltre, un giovane studente lavoratore ogni due ha un occu-pazione atipica (uno su quattro per i giovani occupati non più in istruzione).

Le scarse prospettive occupazionali indotte dalla fase recessiva potrebbero ave-re spinto una parte dei giovani a proseguiave-re il percorso di studi o a tornaave-re in istru-zione, tant’è vero che i giovani studenti crescono nel 2009, rispetto a un anno pri-ma, di 83 mila unità (3,1 per cento). Nell’ultimo decennio l’incremento dei gio-vani in istruzione è ininterrotto, in ragione di una progressiva tendenza al prolun-gamento degli studi sulla quale incide la riforma scolastica prima (con l’innalza-mento dell’età dell’obbligo) e quella universitaria poi (con l’introduzione delle lau-ree brevi). L’incidenza degli studenti 18-29enni sulla corrispondente popolazione, pari nel 2004 al 30,4 per cento, raggiunge il 35 per cento nel 2009, con una cre-scita particolarmente significativa nel corso dei primi tre trimestri (Figura 3.17).

In base ai dati longitudinali, aumenta il flusso in entrata nella condizione di dente alimentato dai giovani occupati che perdono il lavoro e si orientano allo stu-dio: nel primo trimestre 2009, per ogni 100 giovani studenti, 7,7 provengono dalla condizione di occupato di un anno prima (erano 4 nel 2008). Questo è vero tanto nel Nord quanto nel Mezzogiorno. Anche gli studenti che restano studenti fanno re-gistrare un lieve aumento. Entrambe le circostanze corroborano l’ipotesi che il siste-ma di istruzione svolga una funzione di ammortizzatore sociale: d’altra parte, la per-manenza nel sistema d’istruzione favorisce la qualificazione professionale e quindi incrementa le opportunità di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro.

Qualora però la crisi dovesse perdurare, i costi della formazione potrebbero spingere all’abbandono e a migrare verso il collettivo dei giovani non impegnati in attività lavorative o di studio. Nel 2009, i giovani 18-29 anni fuori dal circuito istruzione-occupazione sono aumentati rispetto al 2008 di 142 mila unità, con un netto incremento dell’incidenza di questi sul totale dei giovani dopo un biennio, nel quale il valore era rimasto piuttosto stazionario.

Aumentano i giovani che proseguono gli studi in attesa di trovare lavoro

Tassi di uscita dall’occupazione elevati per i giovani collaboratori

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 157-160)