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Italiani e stranieri

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 142-149)

Capitolo 3 - Gli effetti della crisi su individui e famiglie

3.2 Crisi e mercato del lavoro

3.2.5 Italiani e stranieri

Tra il 2005 e il 2008 circa un terzo della crescita dell’occupazione nell’Unione europea è dovuta agli stranieri, il che ha prodotto un aumento dal 59,6 al 63,1 per cento del tasso di occupazione di questi ultimi. In Italia, l’apporto del lavoro stra-niero all’aumento degli occupati è stato pari ai due terzi del totale e il tasso di oc-cupazione è cresciuto dal 65,5 al 67,1 per cento.

Nell’Ue la fase ciclica negativa ha determinato un significativo e rapido peg-gioramento della condizione occupazionale sia della popolazione straniera, sia dei lavoratori nazionali.5 Il tasso di occupazione degli stranieri, già inferiore a quello dei nazionali, ha subito nel corso del 2009 una caduta molto ampia, collocandosi nel quarto trimestre al 59,4 per cento, tre punti percentuali in meno rispetto allo stesso periodo del 2008 (a fronte di una diminuzione di poco più di un punto di quello relativo ai lavoratori nazionali, Tavola 3.9).

Lo stesso si verifica in Italia: gli occupati italiani segnano ritmi di discesa ten-denziale del tasso di occupazione vicini a quelli della componente nazionale del-l’Ue. Il tasso di occupazione degli stranieri residenti in Italia, rimasto superiore a quello degli italiani di quasi otto punti percentuali nel 2009, ha registrato dimi-nuzioni più marcate di quello Ue nel terzo e nel quarto trimestre. Dall’estate 2009 si avvia la diminuzione della quota delle occupate straniere e si accentua quella de-gli uomini stranieri, cosicché la riduzione del tasso di occupazione dede-gli italiani, dal 58,1 per cento del 2008 al 56,9 del 2009, si confronta con quella più ampia degli stranieri, dal 67,1 al 64,5 per cento.

Alla discesa del tasso di occupazione si è accompagnata la crescita della popola-zione in cerca di un impiego nell’Unione europea e in Italia. Nell’Ue, l’incremen-to del tasso di disoccupazione degli stranieri si presenta con ritmi almeno doppi in confronto a quelli dei nazionali (Tavola 3.10). In Italia, l’allargamento dell’area della disoccupazione ha interessato con intensità progressivamente più forte l’in-tero 2009: il tasso di disoccupazione degli italiani è passato, infatti, dal 6,9 per cento nel quarto trimestre del 2008 all’8,2 per cento alla fine del 2009. Nello stes-so tempo, il tasstes-so di distes-soccupazione degli stranieri residenti in Italia è salito dal-l’8,8 al 12,6 per cento.

Mentre nell’Ue l’allargamento dell’area dei senza lavoro ha interessato di più gli uomini nella componente sia nazionale sia straniera, in Italia la dinamica del tasso di disoccupazione maschile è stata particolarmente accentuata per gli stranieri. Nel quarto trimestre del 2009 quasi l’11 per cento della forza lavoro maschile stranie-ra risulta senza lavoro (circa quattro punti percentuali in più rispetto alla disoccu-pazione degli italiani). Il tasso di disoccudisoccu-pazione delle straniere, sebbene sempre più elevato di quello delle italiane, è cresciuto solo nella seconda parte del 2009, raggiungendo nel quarto trimestre il 15 per cento.

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

5Insieme degli occupati residenti in ognuno dei paesi Ue con cittadinanza di quel paese.

Tra il 2005 il 2008 un terzo dell’aumento dell’occupazione nell’Ue è dovuto a stranieri La disoccupazione straniera nell’Ue aumenta il doppio di quella nazionale

Nel nostro Paese, la discesa del tasso di occupazione e l’aumento del tasso di di-soccupazione avvengono nel 2009 in presenza di un differente bilancio demografi-co della popolazione italiana e straniera: infatti, quella italiana demografi-con almeno 15 anni di età è sostanzialmente stabile (22 mila unità in più in confronto al 2008), mentre quella straniera ha registrato una nuova forte crescita (337 mila unità). Gli sviluppi demografici si riflettono in misura diversa nei livelli dell’occupazione e della non occupazione (disoccupazione e inattività) degli italiani e degli stranieri. Per gli ita-liani, alla diminuzione tendenziale del numero degli occupati (-527 mila unità) si è accompagnato l’aumento dei disoccupati (176 mila unità) e degli inattivi (373

mi-Valori Var.

Valori Var. Valori Var. Valori Var. Valori Var.

Italia 56,9 -1,2 56,8 -1,0 57,4 -1,3 56,9 -1,3 56,5 -1,3 Francia 64,9 -0,6 64,8 -0,4 65,3 -0,3 65,3 -0,6 64,5 -0,9 Germania 72,5 0,2 71,9 0,4 72,2 0,4 72,6 -0,3 73,2 0,2 Regno Unito 70,2 -1,6 70,7 -1,2 70,0 -2,0 70,1 -1,7 70,1 -1,5 Spagna 60,3 -3,9 60,9 -3,8 60,4 -4,4 60,3 -4,1 59,7 -3,2 Unione europea 65,0 -1,1 64,9 -0,8 65,1 -1,1 65,2 -1,4 64,7 -1,3 Italia 67,9 -1,5 67,8 -1,2 68,3 -1,9 68,2 -1,6 67,4 -1,5 Francia 68,9 -0,9 68,9 -0,4 69,2 -0,8 69,2 -1,0 68,3 -1,4 Germania 76,6 -0,4 76,2 0,1 76,3 -0,3 76,9 -0,9 77,2 -0,2 Regno Unito 74,8 -2,4 75,6 -1,7 74,6 -2,7 74,6 -2,7 74,5 -2,3 Spagna 67,8 -5,9 68,8 -6,1 68,0 -6,5 67,7 -6,3 66,7 -4,6 Unione europea 70,9 -1,8 71,0 -1,3 71,1 -1,8 71,2 -2,1 70,5 -2,0 Italia 45,9 -0,9 45,9 -0,8 46,4 -0,8 45,7 -1,0 45,6 -1,1 Francia 61,1 -0,3 60,9 -0,2 61,5 0,1 61,6 -0,1 60,8 -0,4 Germania 68,3 0,7 67,6 0,7 68,1 1,1 68,2 0,4 69,3 0,8 Regno Unito 65,7 -0,8 65,9 -0,7 65,4 -1,2 65,7 -0,7 65,7 -0,8 Spagna 52,7 -1,7 52,8 -1,4 52,7 -2,1 52,7 -1,8 52,5 -1,7 Unione europea 59,1 -0,4 58,9 -0,1 59,2 -0,4 59,2 -0,7 59,0 -0,7 Italia 64,5 -2,5 65,2 -0,5 65,2 -0,7 63,8 -4,9 64,0 -3,6 Francia 52,8 -2,9 52,9 -2,5 53,8 -2,8 53,1 -3,3 51,6 -2,7 Germania 57,9 0,1 57,2 0,0 58,6 0,7 57,9 -0,6 57,8 0,2 Regno Unito 66,6 -1,5 67,7 -0,7 65,7 -2,1 67,2 -1,2 66,0 -2,0 Spagna 56,5 -8,7 57,2 -10,2 57,1 -9,0 56,7 -8,4 55,1 -7,4 Unione europea 60,1 -3,0 60,4 -2,6 60,4 -3,0 60,2 -3,5 59,4 -3,0 Italia 77,7 -4,2 78,3 -2,7 78,4 -2,0 77,7 -6,3 76,6 -5,3 Francia 62,1 -3,9 62,0 -3,4 62,3 -3,3 62,8 -5,2 61,6 -3,6 Germania 66,6 -1,0 66,3 -0,7 66,5 -1,0 67,1 -1,6 66,5 -0,8 Regno Unito 75,3 -3,1 77,4 -1,2 74,0 -4,2 76,1 -2,2 73,7 -4,8 Spagna 59,4 -12,9 61,1 -15,1 60,3 -13,6 58,7 -12,6 57,4 -10,8 Unione europea 68,1 -5,0 68,8 -4,5 68,2 -5,1 68,3 -5,4 67,1 -4,9 Italia 52,1 -0,7 52,4 1,9 52,7 0,6 51,0 -3,1 52,1 -1,8 Francia 43,9 -1,8 44,2 -1,5 45,5 -2,2 44,0 -1,5 42,2 -1,7 Germania 49,0 1,2 48,0 0,9 50,3 2,1 48,6 0,5 49,1 1,4 Regno Unito 58,3 0,1 58,6 0,4 57,6 -0,1 58,6 -0,2 58,5 0,6 Spagna 53,6 -4,4 53,3 -5,1 53,8 -4,4 54,7 -4,0 52,8 -4,0 Unione europea 52,2 -1,0 52,1 -0,5 52,6 -0,8 52,1 -1,7 51,8 -1,0 FEMMINE MASCHI FEMMINE STRANIERI MASCHI NAZIONALI PAESI I II III IV Trimestri Anno

Tavola 3.9 - Tasso di occupazione 15-64 anni per cittadinanza in alcuni paesi dell’Unione europea - Anno 2009 (valori percentuali e variazioni tendenziali in punti percentuali)

la unità, di cui 223 in età lavorativa). Per gli stranieri, l’aumento della popolazione si è riflesso nell’incremento di tutti gli aggregati: occupati (+147 mila), disoccupati (+77 mila), inattivi (+113 mila). Peraltro, la crescita della popolazione straniera si è tradotta in un incremento occupazionale in misura più contenuta rispetto al recen-te passato, per effetto sia dell’aumento dei ricongiungimenti familiari sia della cre-scente difficoltà nel trovare un impiego. Per gli stranieri, il contributo alla variazio-ne complessiva della popolaziovariazio-ne in età lavorativa fornito dagli occupati è passato dal 60 per cento del secondo trimestre 2008 al 33 per cento del quarto trimestre 2009; corrispondentemente, il contributo dei disoccupati è cresciuto dal 12 al 33 per cento e quello degli inattivi è passato dal 29 al 34 per cento.

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

Valori Var.

Valori Var. Valori Var. Valori Var. Valori Var.

Italia 7,5 0,9 7,7 0,8 7,0 0,4 7,0 1,0 8,2 1,3 Francia 8,6 1,6 8,3 1,3 8,3 1,7 8,5 1,6 9,2 1,6 Germania 6,9 0,1 7,2 -0,3 7,0 0,0 7,0 0,6 6,6 0,4 Regno Unito 7,4 1,9 7,0 2,1 7,5 2,5 7,9 1,9 7,4 1,3 Spagna 16,0 5,8 15,2 6,5 16,0 6,7 16,1 5,9 16,8 4,3 Unione europea 8,3 1,7 8,1 1,4 8,2 1,8 8,4 2,0 8,7 1,9 Italia 6,5 1,0 6,7 1,0 6,0 0,7 6,1 1,2 7,1 1,1 Francia 8,3 1,8 8,0 1,4 8,0 2,0 8,1 1,7 9,0 2,1 Germania 7,2 0,5 7,6 0,0 7,4 0,5 7,3 1,3 6,8 0,6 Regno Unito 8,5 2,4 7,9 2,5 8,7 3,2 9,1 2,5 8,5 1,7 Spagna 15,2 6,4 14,3 7,3 15,1 7,2 15,3 6,4 16,0 4,7 Unione europea 8,3 2,1 8,0 1,7 8,2 2,2 8,3 2,4 8,7 2,2 Italia 8,9 0,6 9,3 0,7 8,4 0,0 8,3 0,6 9,7 1,4 Francia 8,9 1,3 8,6 1,2 8,7 1,5 9,1 1,7 9,4 1,2 Germania 6,6 -0,3 6,8 -0,6 6,6 -0,6 6,8 0,0 6,2 -0,1 Regno Unito 6,1 1,3 5,8 1,4 6,1 1,6 6,4 1,1 6,2 1,0 Spagna 17,2 5,1 16,5 5,4 17,1 5,8 17,1 5,2 17,8 3,7 Unione europea 8,3 1,2 8,1 0,9 8,1 1,2 8,4 1,4 8,6 1,4 Italia 11,2 2,7 10,5 1,0 10,9 2,1 10,6 3,7 12,6 3,8 Francia 17,8 3,7 18,6 4,2 16,6 2,9 17,1 3,4 18,9 4,2 Germania 14,7 0,6 15,4 0,7 14,8 0,6 15,0 1,1 13,7 0,2 Regno Unito 8,8 1,8 7,7 0,5 9,2 2,3 9,5 2,7 9,0 1,9 Spagna 28,4 10,9 28,4 13,8 28,0 11,5 27,5 10,1 29,7 8,4 Unione europea 16,3 4,2 16,2 4,4 16,1 4,3 16,2 4,5 16,7 3,6 Italia 9,8 3,8 9,1 2,7 9,4 3,4 9,9 5,0 10,8 4,0 Francia 17,9 4,4 18,6 4,6 17,3 3,5 17,0 5,0 18,8 4,4 Germania 15,4 1,6 15,9 1,0 15,7 1,8 15,3 2,2 14,7 1,2 Regno Unito 8,5 2,1 7,3 0,7 9,0 2,3 9,1 3,4 8,5 2,1 Spagna 31,4 14,1 30,7 17,7 30,8 14,9 30,8 12,7 33,1 11,2 Unione europea 16,9 5,5 16,6 5,7 16,9 5,8 16,8 5,8 17,5 4,8 Italia 13,0 1,1 12,4 -1,6 13,0 0,3 11,5 1,8 15,0 3,5 Francia 17,6 2,7 18,6 3,7 15,7 2,2 17,3 1,3 18,9 3,8 Germania 13,7 -0,7 14,8 0,4 13,4 -1,4 14,5 -0,4 12,2 -1,3 Regno Unito 9,3 1,5 8,1 0,2 9,4 2,2 10,1 1,9 9,5 1,5 Spagna 24,7 6,9 25,5 8,8 24,4 7,2 23,5 6,9 25,5 5,0 Unione europea 15,5 2,5 15,8 2,7 15,2 2,3 15,4 2,8 15,8 2,2 PAESI I II III IV Trimestri Anno MASCHI FEMMINE NAZIONALI MASCHI FEMMINE STRANIERI

Tavola 3.10 - Tasso di disoccupazione per cittadinanza in alcuni paesi dell’Unione europea - Anno 2009 (valori

percentuali e variazioni tendenziali in punti percentuali)

Con specifico riguardo agli occupati, la diminuzione della componente italia-na e il concomitante aumento di quella straniera si concentrano in differenti aree territoriali e riguardano figure lavorative distinte. Il calo degli italiani ha interessa-to per il 40 per ceninteressa-to le regioni meridionali (dove lavora il 29 per ceninteressa-to degli au-toctoni), mentre la crescita degli stranieri si è realizzata nell’86 per cento dei casi nelle regioni centro-settentrionali, che assorbono oltre i quattro quinti degli occu-pati stranieri. La gran parte del calo dell’occupazione italiana ha riguardato le pro-fessioni qualificate e tecniche: per la componente maschile, gestori di piccole im-prese, tecnici elettronici; per quella femminile, addette a mansioni amministrati-ve, di gestione e di segreteria. A tale flessione si accompagna quella delle profes-sioni artigiane (idraulico, meccanico, elettricista) e operaie (conduttore di mac-chine, addetto a macchinari industriali, fonditore).

La moderata crescita dell’occupazione straniera intervenuta nel 2009 ha interessa-to in otinteressa-to casi su dieci le professioni non qualificate: dal manovale edile all’addetinteressa-to nelle imprese di pulizie, dal collaboratore domestico al bracciante agricolo, dall’assi-stente familiare al portantino nei servizi sanitari. Se poi alle professioni non qualifica-te si aggiungono quelle svolqualifica-te dagli operai (carpentiere, camionista, addetto a mac-chinari e impianti), l’aumento dell’occupazione straniera viene spiegato completa-mente. Inoltre, la nuova occupazione straniera si è posizionata proprio nei settori do-ve era già maggiormente presente, accentuando il carattere duale del mercato del la-voro, con gli immigrati concentrati nei lavori meno qualificati e a bassa specializza-zione che meno risentono del ciclo economico negativo. Più in particolare, la com-ponente maschile degli stranieri svolge nel 60 per cento dei casi una professione ope-raia e nel 23 per cento un’attività non qualificata. Anche la componente femminile si colloca per il 54 per cento nelle professioni a bassa qualificazione, rappresentando il 37 per cento delle donne, italiane e straniere, impiegate nei lavori non qualificati.

In definitiva, la contrazione della base occupazionale ha risparmiato maggior-mente il lavoro non qualificato, che tuttora coinvolge la maggior parte degli stra-nieri. In questo senso, anche nella crisi l’immigrazione continua a rispondere ai fabbisogni della domanda di lavoro non soddisfatti dalla manodopera locale, an-che se si tratta di un mercato del lavoro particolarmente ristretto sia per gli uo-mini sia, soprattutto, per le donne. Circa la metà delle lavoratrici straniere si con-centra in cinque professioni (collaboratrice domestica, addetta nelle imprese di pulizia, cameriera, inserviente di ospedale, commessa). Per rappresentare la metà dell’occupazione totale maschile sono, invece, necessarie almeno quindici profes-sioni (tra le più diffuse quelle di muratore, manovale, cuoco, camionista, brac-ciante agricolo, magazziniere, venditore ambulante, facchino).

Nell’industria in senso stretto il forte calo tendenziale dell’occupazione italiana (Tavola 3.11) (-209 mila unità, pari al -4,6 per cento) si confronta con la lieve di-scesa di quella straniera (-5 mila unità, pari al -1,3 per cento). In questo settore, il lavoro autonomo cala sia per la componente italiana (-55 mila unità) sia per quella straniera (-9 mila unità), ma mentre l’incidenza del lavoro autonomo italiano si rag-guaglia al 15 per cento del totale, quella degli stranieri è pari a poco più del quattro per cento. Con riguardo alle sole posizioni lavorative alle dipendenze, il calo degli italiani (154 mila unità) interessa in poco meno di un terzo dei casi il Mezzogior-no, dove la presenza degli stranieri regolari è molto contenuta. Per converso, nel Nord-est, dove si registra un calo meno accentuato dell’occupazione nell’industria in senso stretto, si colloca il 42 per cento degli occupati stranieri e il 28 per cento di quelli italiani. D’altro canto, la riduzione delle professioni tecniche e impiegatizie (72 mila italiani e 5 mila stranieri) si è associato ancora una volta alla più forte in-cidenza di tali occupati tra gli italiani (il 31 per cento in confronto a poco più del quattro per cento per gli stranieri). Il gruppo degli operai, dove sono occupati il 55 per cento degli italiani e l’80 per cento degli stranieri, ha segnato il decremento dei primi (64 mila unità) e la sostanziale stabilità dei secondi.

Il calo dell’occupazione italiana riguarda i tecnici e gli artigiani La crescita dell’occupazione straniera interessa le professioni non qualificate

Metà delle lavoratrici straniere si concentra in appena cinque professioni

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

Assolute % Assolute %

PROFESSIONI (a)

Qualificate e tecniche 4.388 34,6 -251 -5,4 68 6,1 - -Impiegati e addetti del commercio e

dei servizi 2.629 20,7 33 1,3 131 11,8 2 1,8

Operai e artigiani 4.592 36,2 -80 -1,7 659 59,3 26 4,2 Non qualificate 826 6,5 -43 -4,9 254 22,8 32 14,5 SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA

Agricoltura 567 4,5 -11 -1,8 60 5,4 11 22,5

Industria 4.684 36,9 -166 -3,4 631 56,8 31 5,2

Industria in senso stretto 3.160 24,9 -112 -3,4 320 28,8 3 1,0

Costruzioni 1.524 12,0 -53 -3,4 310 27,9 28 9,9

Servizi 7.427 58,6 -159 -2,1 421 37,9 19 4,7

Commercio, alberghi e ristoranti 2.448 19,3 -71 -2,8 192 17,3 11 6,2

Servizi famiglie 8 0,1 -1 -11,0 36 3,3 -4 -9,5

Totale 12.678 100,0 -335 -2,6 1.111 100,0 61 5,8

PROFESSIONI (a)

Qualificate e tecniche 3.526 41,7 -152 -4,1 69 8,8 -8 -10,7 Impiegati e addetti del commercio e

dei servizi 3.380 40,0 19 0,6 194 24,7 3 1,6

Operai e artigiani 818 9,7 -79 -8,8 96 12,1 3 2,9

Non qualificate 718 8,5 21 3,0 428 54,4 89 26,2

SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA

Agricoltura 231 2,7 -28 -10,8 16 2,1 7 66,0

Industria 1.317 15,6 -96 -6,8 83 10,6 -10 -10,4

Industria in senso stretto 1.210 14,3 -97 -7,4 81 10,3 -8 -9,5

Costruzioni 107 1,3 1 1,0 2 0,3 -1 -33,9

Servizi 6.901 81,7 -68 -1,0 687 87,3 89 14,9

Commercio, alberghi e ristoranti 1.836 21,7 -46 -2,4 136 17,3 -1 -1,0

Servizi famiglie 131 1,6 4 2,8 296 37,6 54 22,1

Totale 8.449 100,0 -192 -2,2 787 100,0 86 12,3

PROFESSIONI (a)

Qualificate e tecniche 7.914 37,5 -403 -4,9 137 7,2 -8 -5,6 Impiegati e addetti del commercio e

dei servizi 6.009 28,4 52 0,9 325 17,1 5 1,7

Operai e artigiani 5.409 25,6 -159 -2,8 754 39,7 29 4,0 Non qualificate 1.544 7,3 -22 -1,4 682 35,9 121 21,5

SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA

Agricoltura 799 3,8 -38 -4,6 76 4,0 17 29,8

Industria 6.000 28,4 -261 -4,2 714 37,6 22 3,1

Industria in senso stretto 4.369 20,7 -209 -4,6 401 21,1 -5 -1,3

Costruzioni 1.631 7,7 -52 -3,1 313 16,5 27 9,3

Servizi 14.328 67,8 -227 -1,6 1.108 58,4 108 10,8

Commercio, alberghi e ristoranti 4.284 20,3 -117 -2,7 328 17,3 10 3,1

Servizi famiglie 140 0,7 3 1,9 332 17,5 50 17,6 TOTALE 21.127 100,0 -527 -2,4 1.898 100,0 147 8,4 TOTALE Italiani Stranieri Valori % Variazioni MASCHI FEMMINE Valori % Variazioni PROFESSIONI SETTORI

Tavola 3.11 - Occupati italiani e stranieri per sesso, professione e settore di attività economica - Anno 2009 (valori assoluti in migliaia, composizioni percentuali,

variazioni tendenziali assolute in migliaia e percentuali)

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

(a) Le professioni qualificate e tecniche comprendono i gruppi I, II e III della “Classificazione delle professioni 2001”; gli o impiegati e addetti al commercio e ai servizi i gruppi IV e V, gli operati e gli artigiani, i gruppi VI e VII; le pro-fessioni non qualificate, il gruppo VIII. Al netto delle forze armate.

Nelle costruzioni, la riduzione tendenziale dell’occupazione italiana (52 mila unità, pari al -3,1 per cento) ha riguardato esclusivamente le posizioni lavorative alle dipendenze e si è collocata per circa il 73 per cento nel Mezzogiorno, dove tro-va impiego poco più di un terzo degli italiani. Diversamente, la crescita dell’occu-pazione straniera (27 mila unità, pari al 9,3 per cento) ha coinvolto per circa un terzo del totale il lavoro autonomo e in otto casi su dieci il Centro-Nord.

Nel terziario, la caduta su base annua dell’occupazione italiana (-227 mila unità, pari al -1,6 per cento) si confronta con la crescita di quella straniera (108 mila unità, pari al 10,8 per cento). Anche in questo settore la diversa struttura oc-cupazionale contribuisce a spiegare gli opposti andamenti della domanda di lavo-ro: circa il 23 per cento della riduzione del numero degli occupati italiani dei ser-vizi ha riguardato l’istruzione e la pubblica amministrazione, comparti dove la pre-senza degli stranieri è molto scarsa. Commercio, alberghi e ristorazione hanno as-sorbito poi circa la metà del calo dell’occupazione italiana del terziario. La discesa è in gran parte dovuta al lavoro autonomo. Gli stessi comparti danno conto di cir-ca il 10 per cento della crescita dell’occupazione straniera, concentrata in attività alle dipendenze di bassa qualifica (lavapiatti, camerieri, cuochi), meno colpite da-gli effetti ciclici negativi. Nei servizi alle famida-glie, dove si colloca il 30 per cento degli occupati stranieri che operano nel terziario e appena l’uno per cento degli italiani, l’occupazione straniera è cresciuta su base annua di 50 mila unità (circa un terzo dell’aumento complessivo e la metà dell’incremento dei servizi). Si tratta di un comparto a forte caratterizzazione femminile, con la concentrazione delle don-ne don-nel lavoro domestico e di cura (circa il 38 per cento delle occupate straniere e il 43 per cento di quelle che lavorano nei servizi).

D’altra parte, come risultato dell’operare delle reti sociali degli immigrati e dei diversi livelli di competenze e istruzione, il grado di concentrazione in nic-chie occupazionali si articola in modo diverso tra le comunità straniere. Ne con-segue che, ad esempio, la comunità filippina, molto concentrata nei servizi do-mestici, e in maggioranza rappresentata da donne nel ruolo di apripista rispetto alla famiglia di origine, non risenta della crisi, continuando a essere tra le prin-cipali nazionalità straniere quella con il tasso di occupazione più elevato (87,1 per cento nel 2009) e un tasso di disoccupazione pressoché inesistente. Per altro verso, con un tasso di occupazione nel periodo pre-crisi inferiore a quello medio e con un più elevato tasso di disoccupazione, i marocchini soffrono molto la fa-se recessiva: gli uomini, prevalentemente operai nell’industria, hanno registrato un cedimento dell’elevato tasso di occupazione (dal 79,3 per cento del 2008 al 75,2 del 2009), e le donne, impiegate soprattutto nei servizi di pulizia, negli al-berghi e ristoranti, hanno ridotto ulteriormente la loro già bassa occupazione (dal 27,8 al 23,7 per cento).

L’ambito d’impiego contribuisce a spiegare anche l’appesantimento della situa-zione occupazionale per la sola componente maschile della comunità albanese; con professioni orientate verso l’edilizia, il tasso di occupazione degli uomini è sce-so nel 2009 di circa otto punti percentuali, portandosi al 75 per cento, mentre quello di disoccupazione è raddoppiato, raggiungendo il 10,1 per cento. Il tasso di occupazione delle donne, prevalentemente impiegate come collaboratrici dome-stiche o addette alle pulizie, registra invece un moderato sviluppo (dal 36,8 per cento del 2008 al 39,6 del 2009) anche se, al pari delle marocchine, rimane deci-samente al di sotto della media.

Anche per i rumeni emerge una discesa del tasso di occupazione maschile, seb-bene rimangano occupati otto uomini su dieci tra i 15 e i 64 anni, mentre nella componente femminile il tasso di occupazione è rimasto stabile al 60,9 per cento. Il tasso di disoccupazione, sia degli uomini sia delle donne, ha registrato una cre-scita sensibile, portandosi nel primo caso all’8,1 per cento (dal 4,9 del 2008) e nel secondo al 15,0 per cento (dall’11,6 per cento).

Il 30 per cento degli occupati stranieri del terziario lavora nei servizi

alle famiglie Tasso di disoccupazione inesistente tra i filippini... ...e in crescita tra i rumeni

In sintesi, la forte concentrazione degli stranieri negli impieghi a bassa specializ-zazione risponde sia alla persistente domanda rivolta verso questi lavori, sia alla di-sponibilità dell’offerta ad accettare impieghi non coperti dalla popolazione italiana. In altri termini, gli immigrati risentono meno della crisi per il fatto di accettare tut-ti i tut-tipi di lavoro, anche i meno qualificatut-ti, pagando tuttavia il prezzo di un partut-ti- parti-colare sottoutilizzo del loro capitale umano. Al riguardo, l’andamento ciclico nega-tivo, oltre che sui livelli occupazionali, influisce anche sulla qualità del lavoro. E gli stranieri hanno risentito più degli italiani del deterioramento delle condizioni lavo-rative, con una crescita sia della sottoccupazione, sia del sottoinquadramento.

Nel 2009, l’incidenza dei sottoccupati – individui che dichiarano di avere la-vorato, indipendentemente dalla propria volontà, meno ore di quelle che avrebbe-ro voluto e potuto fare – sul totale degli occupati (Figura 3.12), è risultata pari al 4,1 per cento per gli italiani e al 10,7 per gli stranieri (rispettivamente, 3,3 e 7,0 per cento nel 2008).

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

3,1 4,1 6,7 11,2 3,6 4,1 7,3 10,2 3,3 4,1 7,0 10,7 0 2 4 6 8 10 12 2008 2009 2008 2009 Italiani Stranieri Maschi Femmine Totale

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

Figura 3.12 - Sottoccupati italiani e stranieri in relazione alle ore lavorate per sesso - Anni 2008-2009 (valori percentuali)

16,8 17,5 33,5 35,7 18,2 18,7 48,2 50,1 17,3 18,0 39,4 41,7 0 10 20 30 40 50 60 2008 2009 2008 2009 Italiani Stranieri Maschi Femmine Totale

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

Figura 3.13 - Sottoinquadrati italiani e stranieri per sesso - Anni 2008-2009 (valori

percentuali)

Aumentano i lavoratori sottoccupati italiani e stranieri…

Nel caso della comunità marocchina, la quota dei sottoccupati è salita fino al 14,6 per cento, mentre si è portata intorno al sette per cento per polacchi e ucrai-ni. Al contempo, il fenomeno del sottoinquadramento – occupati che possiedono un titolo superiore a quello tipicamente richiesto per svolgere quella professione – ha registrato un’ulteriore espansione (Figura 3.13).

Nel 2009 il sottoinquadramento interessa 3,8 milioni di occupati italiani (il 18,0 per cento del totale, a fronte del 17,3 del 2008) e 791 mila occupati stranie-ri (il 41,7 per cento del totale, a fronte del 39,4 del 2008). Circa il 50 per cento dell’occupazione femminile straniera è impiegata in professioni dove il livello di competenze richiesto è inferiore al titolo di studio conseguito. Tra le principali co-munità straniere, quella rumena e ucraina presentano le quote più elevate.

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 142-149)