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Investimenti in conoscenza, ricerca e innovazione

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 181-187)

Capitolo 4 - La crisi e le sostenibilità

4.2 La sostenibilità economica: investimenti, debito e ricchezza

4.2.1 Investimenti in conoscenza, ricerca e innovazione

La Strategia di Lisbona avviata nel 2000 con lo scopo di fare dell’Europa, entro il 2010, “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavo-ro e una maggiore coesione sociale”, non ha portato al raggiungimento di tutti gli obiettivi fissati. Uno dei punti qualificanti della Strategia era quello di promuovere gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) e in innovazione come elementi chiave per lo sviluppo di lungo periodo di una “economia della conoscenza”.

L’analisi del livello e dell’evoluzione recente degli indicatori che descrivono queste dimensioni mostra, nel confronto con la media europea, un deficit

rilevan--80 -60 -40 -20 0 20 40 (76,5) (12,1) (35,3) (1,2) (0,6) (85,2) (9,7) (1,5) (19,8) (0,9) (83,0) Diplomati (% su pop. 20-24 anni) Laureati S&T (‰ su pop. 20-29 anni) Risorse umane S&T (% su F.L.) R&S (% sul Pil) R&S imprese (% sul Pil) Brevetti Epo (‰ abitanti) Prod. Innovat. Fatturato ma-nifattura (%) Spesa Ict (% sul Pil) Linee Banda larga (% abitanti) Commercio Elettronico (% fatturato) Uso e-gov (% imprese) Formazione e impiego del capitale umano

Spesa in R&S Capacità innovativa Tecnologie Ict investimenti e utilizzo Differenza Italia - Ue (%) Variazione rispetto media 2000-2002 (b)

(Livello Italia 2008)

Fonte: Elaborazione Istat su dati Eurostat

(a) Dati su linee banda larga (BB) e imprese che usano servizi e-government al 2009; flusso di laureati in S&T e commercio elettronico al 2007; brevetti Epo e produzione innovativa al 2006.

(b) La variazione percentuale tra Italia e Ue è stata confrontata con la variazione media del periodo 2000-2002 ove possibile, altrimenti rispetto al successivo periodo disponibile.

Figura 4.1 - Posizione dell’Italia nella ricerca e sviluppo e nell’innovazione - Anno 2008 (a) (variazione

te del nostro Paese in tutti gli ambiti, a eccezione dell’indicatore relativo alle im-prese che usano servizi di e-government (Figura 4.1). In Italia, l’esiguità degli inve-stimenti mirati allo sviluppo e alla valorizzazione delle conoscenze si traduce in una specializzazione in comparti a basso valore aggiunto, in una minor capacità d’innovazione e nell’uso meno intenso ed efficiente delle tecnologie disponibili: quest’ultima caratteristica è esemplificata dalla spesa in tecnologie informatiche (Ict) e dalla scarsa rilevanza del commercio elettronico come canale di vendita.

In particolare, la spesa complessiva in R&S, stimata per il 2008 nell’1,2 per cen-to del Pil, presenta un valore analogo a quello raggiuncen-to alla metà degli anni Ottan-ta, decisamente lontano dalla media europea (circa 1,9 per cento) e ancora di più dal 3 per cento fissato come obiettivo per il 2010 nel Consiglio europeo di Lisbona. Il divario con il valore medio europeo è ancora più evidente per l’indicatore relativo al-la spesa in R&S presso le imprese (solo lo 0,6 per cento del Pil rispetto a una media europea dell’1,2 per cento) e per quello relativo al fatturato dell’e-commerce, il cui va-lore è circa un quinto del vava-lore medio europeo (0,9 contro 4,2 per cento).

L’arretratezza attuale ha un fondamento storico, cui si sommano cause relativa-mente recenti. Infatti, il sistema delle imprese ha ridotto i propri investimenti in R&S a partire dalla crisi del 1992 e per oltre un decennio, ampliando il divario ri-spetto alle altre maggiori economie dell’Unione. Anche se in termini reali il livel-lo di spesa del 1990 è stato recuperato negli ultimi due anni, il numero di ricerca-tori a tempo pieno presso le imprese, dopo essere aumentato di circa il 60 per cen-to negli anni Ottanta, è salicen-to appena del 14 per cencen-to tra il 1990 e il 2008, con-tro il 40 per cento della Germania. Nello stesso periodo, in Francia il numero dei ricercatori è raddoppiato e in Spagna addirittura triplicato. Corrispondentemente, i ricercatori occupati nelle imprese italiane rispetto a quelle francesi sono passati dal 55 per cento nel 1990 al 27 per cento nel 2007, e persino la Spagna, economia di dimensioni più ridotte e partita da condizioni di forte ritardo, ha superato l’I-talia anche in termini assoluti, nonostante il parziale recupero degli anni più re-centi, probabilmente associato all’introduzione nel 2007 di un sistema di incenti-vi fiscali e alla ripresa economica in atto in quel periodo (Figura 4.2).

La minor intensità relativa di ricerca nel sistema produttivo italiano è legata a un modello di specializzazione in settori a bassa tecnologia e con dimensioni

me-4. LA CRISI E LE SOSTENIBILITÀ 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 1981 1984 1987 1990 1993 1996 1999 2002 2005 2008

Francia Germania Regno Unito 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 1981 1984 1987 1990 1993 1996 1999 2002 2005 2008

Italia Spagna Svezia

Fonte: Elaborazione Istat su dati Ocse

(a) Il dato della Francia per il 2008 non è disponibile.

Figura 4.2 - Ricercatori a tempo pieno presso le imprese in alcuni paesi europei - Anni 1981-2008 (a)

(migliaia di Ula)

Strategia di Lisbona: l’Italia in vantaggio sui partner europei solo per

l’e-government…

…ma è forte il divario per la spesa in R&S ed e-commerce…

…e per il numero di ricercatori occupati nel settore privato

1Nel senso che un euro o un’unità di lavoro applicata rende più che in Francia, Spagna o Regno Unito in termini di output brevettuale (Figura 4.1). Si tenga tuttavia presente che le imprese “con una spiccata inclinazione all’adozione di meccanismi di protezione dei risultati innovativi” (si veda in pro-posito il riquadro Impatto dell’innovazione sulla crescita e sulla performance economica delle imprese) sono il 9 per cento del totale delle imprese innovatrici - cluster 2.

Manifattura 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Italia Francia Germania Regno Unito

Spagna Svezia

Servizi ad alto contenuto di conoscenza (b)

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Italia Germania Regno Unito

Spagna Svezia

10-49 50-249 250+ Totale

Classi di addetti

Fonte: Elaborazione Istat su dati Eurostat

(a) Per la Francia i dati per i servizi ad alto contenuto di conoscenza non sono disponibili; per la Svezia solo parzialmente disponibili. (b) Sono incluse le imprese relative a Nace Rev 1.1. sezioni I, J e divisioni 51, 72, 74.2, 74.3. Per la definizione si veda la voce di glossario. Figura 4.3 - Imprese innovative nella manifattura e nei servizi ad alto contenuto di conoscenza per classe

di addetti - Anno 2006 (a) (valori percentuali)

die d’impresa relativamente ridotte; di riflesso, la presenza nei settori a produtti-vità più elevata e a maggior intensità di ricerca della manifattura e dei servizi è mo-desta. Il divario con le altre maggiori economie europee si osserva però anche a pa-rità di settori e classi dimensionali: è, quindi, una caratteristica comportamentale delle imprese italiane, che spesso si traduce nella collocazione in segmenti a minor produttività all’interno delle stesse industrie e, insieme a specializzazione e dimen-sione, contribuisce a spiegare sia il minor valore aggiunto per addetto delle impre-se italiane rispetto a quelle europee, sia, probabilmente, la perdita di terreno in un contesto competitivo fondato in misura crescente sul sapere.

L’attività di ricerca è, d’altronde, un elemento cardine della capacità d’innovazio-ne. La produttività della ricerca italiana misurata in termini di brevetti è relativa-mente elevata,1ma in aggregato la posizione nazionale è arretrata sia in ambito bre-vettuale sia, soprattutto, nella capacità di generare innovazione e tradurla in valore.

Non tutta l’innovazione delle imprese deriva da attività di R&S condotte interna-mente alle imprese stesse. L’innovazione può anche, ad esempio, essere incorporata nei beni d’investimento acquistati. Queste considerazioni sono particolarmente rilevanti in un sistema produttivo, come quello italiano, in cui prevalgono le unità di piccole e piccolissime dimensioni, che non possono svolgere attività di R&S al loro interno.

Nemmeno questi percorsi alternativi all’introduzione di innovazione sono però sufficienti a colmare il divario tra le nostre imprese e quelle dei principali partner eu-ropei. Nella manifattura, infatti, le imprese italiane derivano meno del 10 per cento del proprio fatturato da attività innovative, circa la metà della media dell’Ue e con un distacco crescente. Poco più di un terzo delle imprese manifatturiere conduce attività innovative, contro oltre il 70 per cento di quelle tedesche. In quest’ambito, a confron-to con le altre maggiori economie, l’Italia precede di poco la Spagna nella manifattura ed è ultima nei servizi ad alto contenuto di conoscenza, con un divario che, però, de-riva in gran parte dalla scarsa performance delle imprese più piccole (Figura 4.3). Italia fanalino di coda in Europa per la ricerca Poco più di un’impresa italiana su tre fa innovazione

L’analisi dei caratteri dell’innovazione e la loro associazione alle dinamiche produttive può essere ulteriormente approfondita utilizzando le informazioni offerte dalla quarta edizione della rilevazione sull’innovazione nelle imprese (Cis4) opportunamente integrate con dati sui bilanci di impresa. La rilevazione fornisce informazioni sulla propensione delle imprese italiane alle atti-vità d’innovazione e sugli input impiegati, di-stinguendo tra diverse tipologie (prodotto, pro-cesso, gestione e organizzazione aziendale, design e strategie di commercializzazione).

Una prima analisi ha considerato simulta-neamente tutte le informazioni raccolte al fine di catturare la diversità e la complessità dell’in-novazione, tenendo conto della sua natura

mul-tidimensionale2 e classificando le imprese in

quattro gruppi. Il primo gruppo, costituito dal 21 per cento delle imprese, è prevalentemente orientato allo sviluppo congiunto di nuovi pro-dotti e processi caratterizzati da una forte com-ponente tecnologica e da livelli relativamente più alti di creatività e di originalità dei prodot-ti immessi sul mercato. Il secondo, composto dal 9 per cento delle imprese, mostra una tendenza prevalente allo sviluppo di nuovi prodotti carat-terizzati da una combinazione di elementi tec-nologici e di altra natura (caratteristiche esteti-che, design eccetera) e da una spiccata inclina-zione all’adoinclina-zione di meccanismi di proteinclina-zione dei risultati innovativi. Nel terzo confluisce il 18 per cento delle imprese, impegnate quasi esclusivamente in attività d’innovazione non tecnologica che si traducono in cambiamenti or-ganizzativi e nuove strategie di marketing. Infi-ne l’ultimo, il più consistente da un punto di vi-sta numerico (52 per cento circa delle imprese), mostra un generico orientamento verso

l’ammo-Impatto dell’innovazione sulla crescita

e sulla performance economica delle imprese

dernamento dei processi aziendali.

I risultati dell’analisi mostrano come le diffe-renti modalità di innovazione scelte dalle im-prese (e conseguentemente le diverse tipologie di innovatori individuate) siano fortemente legate alle loro caratteristiche strutturali. Infatti, il primo e il secondo cluster sono costituiti in pre-valenza da imprese di media-grande dimensio-ne operanti dimensio-nell’industria (e in particolare dimensio-nel manifatturiero), il terzo raggruppa molte picco-le imprese, attive specialmente nei servizi, e il quarto è composto soprattutto da piccole impre-se delle costruzioni.

Integrando queste informazioni con quelle legate alla performance produttiva di un panel

di imprese3con 10 e più addetti sempre presenti

dal 2001 al 2008 emergono due risultati: in primo luogo, le imprese che nel triennio 2002-2004 hanno innovato (i prodotti, i processi, l’organizzazione aziendale o il marketing) mo-strano livelli e andamenti degli indicatori di performance mediamente superiori a quelli re-gistrati dalle imprese non innovatrici per tutto il periodo considerato; inoltre, all’interno degli innovatori, le performance e le dinamiche si dif-ferenziano in funzione delle modalità di inno-vazione introdotte. In particolare, i primi due cluster (sviluppo nuovi prodotti e innovazioni tecnologico-creative), comparativamente i più innovativi, registrano performance decisamente

più brillanti4(Tavola 4.1 e Figura 4.4).

Premesso che la dimensione media degli ad-detti risulta maggiore tra gli innovatori, emer-gono con chiarezza ampi differenziali di pro-duttività a favore delle imprese innovatrici, con un livello mediano superiore del 15 per cento a quello registrato per le imprese non innovatrici. All’interno delle innovatrici, le migliori

perfor-2Le quattro modalità di innovazione sono rappresentate dagli autovalori della matrice di correlazione superiori a 1. Gli stessi spiegano oltre il 60 per cento della variabilità complessiva dei dati.

3Questo sottoinsieme è composto dal 34 per cento delle 21.854 imprese rispondenti alla Cis4. La dimensione media delle imprese è pari a 25 addetti. Circa il 40 per cento di esse opera nell’industria in senso stretto, il 37 per cento nei ser-vizi e il rimanente 23 per cento nelle costruzioni.

4Al punto che lo scarto di efficienza tecnica ottenuto dalla stima panel è nettamente maggiore (tra 5 e quasi 7 volte superiore).

4. LA CRISI E LE SOSTENIBILITÀ

Tavola 4.1 - Indicatori di performance delle imprese mediane per tipologia di innovazione - Anno 2008

(coef-ficienti fatto uno il valore delle imprese non innovatrici)

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sull’innovazione delle imprese; Statistiche del commercio con l’estero; Dati amministrativi

(a) Per la definizione si veda il paragrafo 2.13.

(b) Sottoinsieme delle imprese manifatturiere; valori in migliaia di euro.

mance si osservano nel primo e secondo cluster (dove si riscontrano livelli che superano rispetti-vamente del 24 e del 40 per cento il valore dei non innovatori). Anche la redditività lorda è nettamente più alta tra le imprese innovatrici nel loro complesso (47 per cento in più) e nel se-condo cluster si registrano margini ancora più ampi (superiori del 136 per cento).

Le imprese innovatrici sono poi caratterizza-te da una maggiore incaratterizza-tensità di capitale (macaratterizza-te- (mate-riale e immate(mate-riale): ancora una volta sono le imprese del secondo cluster a mostrare differenze più pronunciate. Inoltre, se in generale non si riscontra alcuna sostanziale divergenza nell’in-debitamento complessivo delle innovatrici ri-spetto alle altre, nei primi due cluster le imprese appaiono meno indebitate.

Anche sul versante delle dinamiche, si osserva-no ampie differenze tra le imprese inosserva-novatrici e le altre: tra i soggetti innovatori, i primi due cluster hanno un andamento decisamente migliore.

La Figura 4.4 mostra i valori mediani e i quartili delle variazioni degli indicatori di performance per tipologia d’impresa innovatrice e non, e poi per le diverse modalità di innova-zione. La sovrapposizione delle distribuzioni delle differenti tipologie d’impresa permette, quindi, di valutare graficamente la migliore performance delle imprese innovatrici, sia sulla mediana, sia sui quartili. Nel caso degli

addet-ti, i valori mediani per le imprese innovatrici registrano un +10 per cento rispetto al +6 per cento delle non innovatrici; con valori dei quar-tili inferiori e superiori pari a -10 e +48 per le prime e -16 e +39 per cento per le seconde.

Con riguardo alle dinamiche produttive os-servate nel periodo 2001-2008 emergono anda-menti più sostenuti della produttività nel primo e nel secondo cluster (rispettivamente di due e tre punti percentuali superiori alla variazione registrata dalle imprese innovatrici e non). Ciò si riflette in riduzioni più contenute della reddi-tività lorda e del Roi di tutte le innovatrici e, in particolare, delle imprese del secondo cluster.

Nello stesso periodo, tra le imprese innova-trici si registra un calo minore dell’intensità di capitale immateriale (e addirittura un aumen-to nel secondo cluster), a fronte di un incremen-to maggiore della componente materiale. En-trambi gli indicatori d’intensità di capitale mo-strano una grande eterogeneità di comporta-mento, come suggerito dagli ampi range inter-quartilici. Una riduzione lievemente maggiore per le innovatrici (e in particolare per quelle dei primi due cluster) riguarda, inoltre, il rapporto d’indebitamento: le imprese con attività d’in-novazione s’indebitano di meno di quelle che non innovano nel periodo 2001-2008 (quelle che mostrano andamenti migliori sono sempre nei primi due cluster).

Cluster 1 - Cluster 2 - Cluster 3 - Cluster 4 - Totale Sviluppo di innovazioni Introduzione Adozione di Ammodernamento imprese tecnologiche di sul mercato di innovazioni non processi aziendali innovatrici prodotto-processo nuovi prodotti tecnologiche

a contenuto creativo

Imprese (%) 21,4 8,8 17,6 52,2 100,0

Addetti 1,8 3,0 1,3 1,4 1,5

Valore aggiunto per addetto 1,2 1,4 1,1 1,1 1,1

Valore aggiunto su fatturato 1,0 0,9 0,8 0,9 0,9

Mark-up (a) 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0

Redditività lorda 1,5 2,4 1,4 1,4 1,5

Roi 1,3 1,5 0,9 1,1 1,1

Rapporto di indebitamento 0,8 0,8 1,1 1,1 1,0

Intensità di capitale materiale 1,5 2,7 1,4 1,4 1,5

Intensità di capitale immateriale 3,1 7,7 3,8 1,8 2,7

Spread di efficienza tecnica 4,9 6,5 2,1 3,0 3,6

Esportazioni per addetto (b) 31,4 74,8 26,1 4,0 22,2

INDICATORI

Figura 4.4 - Distribuzioni delle dinamiche di performance delle imprese innovatrici e non per tipologia di innovazione - Anni 2001-2008 (a) (variazioni percentuali)

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sull’innovazione delle imprese; Statistiche del commercio con l’estero; Dati amministrativi

(a) Per i gruppi di imprese innovatrici i valori mediani riportati si riferiscono al cluster 2. (b) Cluster 1 - Sviluppo di innovazioni tecnologiche di prodotto-processo a contenuto creativo

Cluster 2 - Introduzione sul mercato di nuovi prodotti Cluster 3 - Adozione di innovazioni non tecnologiche Cluster 4 - Ammodernamento processi aziendali.

6,2 16,5 -2,1 -31,4 -59,5 -21,9 32,0 -43,9 16,7 10,3 16,8 -2,8 -24,5 -52,7 -23,2 36,2 -19,3 32,0 -100 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 100

Addetti Val./Add. Val./Fatt. Reddit. Roi Rapp. Ind. Int. Mat. Int. Imm. Exp/Add.

Mediana (non innovatrici) Quartile inferiore Quartile superiore Mediana (innovatrici) Quartile inferiore Quartile superiore

19,6 -14,5 -31,0 -40,9 39,2 47,7 41,4 -2,6 9.1 (b) -100 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 100

Addetti Val./Add. Val./Fatt. Reddit. Roi Rapp. Ind. Int. Mat. Int. Imm. Exp/Add.

Mediana (Cl. 1) Quartile inferiore Quartile superiore Mediana (Cl. 2) Quartile inferiore Quartile superiore Mediana (Cl. 3) Quartile inferiore Quartile superiore Mediana (Cl. 4) Quartile inferiore Quartile superiore 200 Imprese innovatrici e non innovatrici

110 200

290 Gruppi di imprese innovatrici (b) Valore aggiunto per addetto Valore aggiunto su fatturato Redditività lorda Rapporto di indebita-mento Intensità capitale materiale Esporta-zioni per addetto Intensità capitale immateriale Addetti Roi Valore aggiunto per addetto Valore aggiunto su fatturato Redditività lorda Rapporto di indebita-mento Intensità capitale materiale Esporta-zioni per addetto Intensità capitale immateriale Addetti Roi 4. LA CRISI E LE SOSTENIBILITÀ

5Si fa riferimento all’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche calcolato secondo il Regolamento n. 2223/96 del Consiglio del 25 giugno 1996 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (Sec95) che esclude gli effetti sulla spesa per interessi delle ope-razioni di swap.

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 181-187)