1.3 L’impatto sull’economia reale: crescita, occupazione, produzione,
1.3.3 Occupazione e redditi
In tutta Europa la crisi economica ha interrotto un processo di crescita dell’oc-cupazione durato circa un decennio e trainato dall’espansione degli addetti dei ser-vizi. Nel periodo 2001-2008 l’occupazione, misurata attraverso l’indagine europea sulle forze di lavoro, è cresciuta del 9,4 per cento nell’Ue e dell’11,9 nell’Uem. A quest’ultimo risultato ha fortemente contribuito l’incremento del 30,6 per cento registrato in Spagna, spinto dall’ampia flessibilizzazione dei contratti (il lavoro temporaneo ha raggiunto livelli superiori al 30 per cento). In Italia e in Francia la crescita occupazionale è stata di circa l’11 per cento: ciononostante, l’Italia ha mantenuto il differenziale negativo dei tassi d’occupazione rispetto alla media del-l’Uem (Figura 1.24). In Germania, invece, la crescita è stata più contenuta (+6,8 per cento) e concentrata nel periodo 2005-2008.
Nel 2009 l’occupazione è caduta dell’1,7 per cento nell’insieme dell’Ue e dell’1,8 nell’Uem. La fase di contrazione dell’occupazione ha avuto tempi e intensità diffe-renti. In Spagna, è iniziata già a fine 2007 ed è stata del 7,3 per cento nel biennio 2008-2009, contribuendo per oltre un terzo al calo complessivo del numero di oc-cupati dell’Unione europea. In Italia, Francia e Regno Unito gli ococ-cupati hanno ini-ziato a diminuire intorno alla metà del 2008 e, nella media annua del 2009, la per-dita di posti di lavoro è stata pari a 1,6, 0,8 e 1,5 per cento rispettivamente. In Ger-mania l’occupazione ha segnato un punto di svolta solo intorno a fine 2008, con una contrazione dello 0,2 per cento nella media del 2009 (Figura 1.24).
Un tratto comune ai diversi paesi, che marca una differenza sostanziale rispet-to alla crisi del 1992-1993, è il calo occupazionale particolarmente concentrarispet-to tra i giovani. Ciò soprattutto per la marcata flessione dell’occupazione temporanea, avviatasi già nel 2008 e concretizzatasi nel 2009 con una caduta, in media d’anno, del 5,9 per cento per l’insieme dei paesi dell’Ue, pari a un milione e mezzo di unità (si veda il capitolo 3).
Come accennato nell’analisi dei profili ciclici della recente crisi a confronto con le precedenti (Figura 1.10), e come verrà discusso più ampiamente nel paragrafo 2.5,
95 100 105 110 115 120 125 130 135 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Andamento dell'occupazione (n. indice)
50 54 58 62 66 70 74 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Tassi di occupazione
Italia Francia Germania Spagna Uem
Fonte: Eurostat
Figura 1.24 - Occupazione in Italia a confronto con la media Uem e le altre maggiori economie dell’Unione - Anni 1998-2009 (numeri indice base 2000=100 e tassi)
96 98 100 102 104 106 108 14,0 14,3 14,6 14,9 15,2 15,5 15,8 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Potere d'acquisto pro capite (€ '000, sc.dx) Potere d'acquisto Popolazione
€ '000 N. Indice
Fonte: Istat
Figura 1.25 - Reddito reale delle famiglie, popolazione e potere d’acquisto pro capite, in Italia - Anni 2000-2009 (numeri indice base 2000=100; migliaia di euro)
10 Intese come l’insieme delle unità consumatrici, dei lavoratori autonomi e delle microimprese individuali: le imprese individuali e le società semplici e di fatto con al massimo 5 addetti dipenden-ti, dal punto di vista dei conti nazionali sono, infatdipenden-ti, classificate nel settore famiglie.
2009: il reddito pro capite italiano scivola sotto il livello di inizio decennio… Gli ammortizzatori sociali mitigano la perdita di posti di lavoro
in Italia e, in misura diversa, in altri paesi europei, l’occupazione ha reagito con ri-tardo rispetto alla caduta dell’attività economica. Al riguardo, va notato che in Italia e Germania, dove l’impatto sull’attività manifatturiera è stato più rilevante, la con-trazione degli occupati è stata finora mitigata dal ricorso agli ammortizzatori sociali (la Cassa integrazione per l’Italia) e dalla compressione delle ore lavorate. Ciò si ri-flette in una sensibile differenza tra l’andamento, meno sfavorevole, del numero le persone occupate (rilevato attraverso le forze di lavoro) e quello, più negativo, del-l’input di lavoro misurato in termini di unità equivalenti (Ula) nell’ambito dei con-ti nazionali (si veda il paragrafo 2.5).
In Italia, l’impatto della crisi sul reddito disponibile delle famiglie10 in termini reali ha iniziato a manifestarsi già nel 2008, con una diminuzione del potere d’ac-quisto dello 0,8 per cento, cui è seguito un ulteriore calo del 2,6 per cento nel 2009; l’andamento risulta analogo a quello della crisi del 1992-1993 (Figura 1.11).
L’esame congiunto della dinamica del reddito reale e della popolazione nell’ul-timo decennio mostra come il reddito pro capite abbia segnato, nel complesso, un arretramento. Nel 2009 il potere d’acquisto delle famiglie italiane è risultato supe-riore del 3,4 per cento rispetto al 2000. Tuttavia, la popolazione residente è cre-sciuta nel medesimo periodo del 5,8 per cento, cosicché vi è stata una riduzione del reddito pro capite del 2,3 per cento, corrispondente a una perdita di oltre 300 euro per abitante ai prezzi del 2000. Il reddito disponibile reale per abitante aveva segnato l’ultima crescita di rilievo nel biennio 2001-2002 e, dopo una lieve fles-sione nel 2003, è rimasto stabile intorno a circa 15 mila euro sino al 2007. La ca-duta degli ultimi due anni ha, quindi, riportato il livello del reddito pro capite al disotto di quello del 2002 (Figura 1.25).
1. L’ECONOMIA ITALIANA ATTRAVERSO LA CRISI
11Nei confronti internazionali degli indicatori relativi al settore delle famiglie si farà riferimento al reddito disponibile corretto per la variazione dei diritti delle famiglie sui fondi pensione.
12Nel Regno Unito, la crescita del reddito registrata nel 2009 deriva essenzialmente dalla drastica riduzione degli interessi passivi pagati, diminuiti rispetto al 2008 di oltre il 90 per cento, e dall’effet-to di politiche attive di redistribuzione: le prestazioni sociali ricevute sono, infatti, aumentate del 10 per cento mentre le imposte correnti si sono ridotte di circa il 6 per cento.
13Le serie trimestrali per settore istituzionale sono disponibili al momento solo in forma grezza. Per agevolare l’interpretazione dei dati e attenuare gli effetti della stagionalità, gli aggregati trimestra-li presentati sono calcolati come somme mobitrimestra-li di quattro trimestri consecutivi: essi rappresentano un filtro asimmetrico che, in attesa del rilascio delle serie destagionalizzate, consente di avere una indi-cazione approssimativa della tendenza di fondo dei fenomeni rappresentati e di comparare gli stessi con gli analoghi indicatori che, per i diversi paesi, sono pubblicati da Eurostat.
In termini nominali, nel 2009 il reddito disponibile delle famiglie in Italia è ca-duto del 2,8 per cento, mentre in tutti gli altri grandi paesi europei ha mantenuto una dinamica positiva:11più 1,8 per cento in Francia, più 3,8 nel Regno Unito12 e più 0,4 in Germania, dove nel decennio scorso era cresciuto a ritmi molto conte-nuti. In Spagna, dove la crescita tra 2000 e 2008 era stata di eccezionale ampiezza (circa il 70 per cento), nel 2009 il reddito è aumentato in termini nominali del-l’1,3 per cento (Figura 1.26).
Nel 2009 la caduta del reddito si è tradotta, in Italia, in una diminuzione della spesa (a prezzi correnti) per consumi finali dell’1,9 per cento, simile a quella del Regno Unito, ma nettamente inferiore alla caduta verificatasi in Spagna (-5,5 per cento). In Germania e Francia, invece, la spesa è aumentata leggermente (0,4 e 0,6 per cento, rispettivamente). Poiché il reddito è diminuito più della spesa, si è veri-ficato un calo ulteriore della propensione al risparmio delle famiglie italiane, scesa al 14,0 per cento dal 14,7 del 2008. Si è così accentuata la discesa iniziata nel 2003, dopo la significativa risalita registrata all’inizio del decennio. Nel 2009 il tasso di risparmio dell’Italia si è collocato al di sotto di quello di Germania e Fran-cia, dove l’ultimo anno non ha interrotto una tendenza alla risalita, e di quello della Spagna che, insieme al Regno Unito, è stata caratterizzata da un marcato in-cremento, corrispondente a una forte contrazione dei consumi (Figura 1.26).
L’esame del profilo infrannuale13mostra che in Italia la flessione del reddito di-sponibile ha avuto inizio nel quarto trimestre del 2008 e si è accentuata nella
par-10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Regno Unito (propensione, sc. dx) Propensione al risparmio 100 110 120 130 140 150 160 170 180 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Italia Francia Reddito disponibile 100 110 120 130 140 150 160 170 180 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Germania Spagna Spesa per consumi
finali
Fonte: Eurostat
Figura 1.26 - Reddito disponibile, spesa per consumi finali e propensione al risparmio nelle maggiori economie europee - Anni 2000-2009 (numeri indice e percentuali, da valori a prezzi correnti)
… e si accentua il calo della
propensione al risparmio delle famiglie
te centrale del 2009, attenuandosi poi nell’ultimo trimestre. Negli altri paesi la di-namica del reddito disponibile ha segnato un marcato rallentamento, ma non va-riazioni negative, a eccezione di un momentaneo calo in Spagna. In Italia la spesa per consumi ha segnato cali significativi, ma comunque inferiori a quelli del red-dito, per buona parte del 2009 e una attenuazione della discesa nell’ultimo scorcio dell’anno; il tasso di risparmio delle famiglie ha continuato a scendere sino al quar-to trimestre. L’andamenquar-to della spesa ha presentaquar-to un profilo di caduta decisa-mente più marcata in Spagna e Regno Unito, mentre è stato caratterizzato da una sostanziale stabilità in Francia e Germania (Figura 1.27).
1.4 La finanza pubblica
Gli effetti della crisi sulle finanze pubbliche delle economie avanzate, già evi-denti nel 2008, si sono manifestati appieno nel 2009, provocando generalmente una riduzione delle entrate, un aumento delle spese e il peggioramento di saldi e dinamiche delle strutture dei conti pubblici. Per l’insieme dell’Uem, anche in ra-gione della caduta del Pil nominale, questo quadro si è riflesso in una crescita del-l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil, dal 2,0 per cento del 2008 al 6,3 per cento del 2009, e in un aumento ancora maggiore del rapporto tra debito pubblico e Pil, passato dal 69,4 al 78,7 per cento. A questi risultati aggregati corrispondono andamenti abbastanza differenziati nei singoli paesi per ciascuna delle componenti del bilancio e nell’impatto complessivo sulle finanze pubbliche, dappertutto in evidente peggioramento (Tavola 1.7).
L’Italia, che presenta una particolare fragilità per avere un rapporto debito/Pil e oneri per il servizio del debito molto elevati, nel 2009 è riuscita a contenere il deterioramento dei conti limitando gli interventi di spesa, beneficiando di una ri-duzione degli interessi e frenando il calo di entrate con misure una tantum. L’in-cidenza dell’indebitamento sul Pil è quasi raddoppiata, da -2,7 a -5,3 per cento (con un peggioramento di 38,2 miliardi di euro): tuttavia, si tratta di un risulta-to decisamente migliore rispetrisulta-to a Regno Unirisulta-to (da -4,9 a -11,5 per cenrisulta-to), Spagna (da -4,1 a -11,2 per cento) e Francia (da -3,3 a -7,5 per cento). Solo la
10 12 14 16 18 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2007 2008 2009 0 2 4 6 8
Regno Unito (propens. sc. dx) Propensione al risparmio -2 -1 0 1 2 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2007 2008 2009 Italia Francia Reddito disponibile -2 -1 0 1 2 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2007 2008 2009 Germania Spagna Spesa per consumi
Fonte: Elaborazione su dati Eurostat
Figura 1.27 - Variazioni congiunturali trimestrali di reddito disponibile e spesa per consumi finali e anda-mento della propensione al risparmio nelle maggiori economie europee - T1:2007-T4:2009
(valori a prezzi correnti)
La recessione deteriora i conti pubblici nell'Uem
Una tantum e calo dei tassi d'interesse attenuano il peggioramento del deficit italiano
1. L’ECONOMIA ITALIANA ATTRAVERSO LA CRISI Var. % Pil 2007 2008 2009 2007 2008 2009 2007 2008 2009 2007 2008 2009 2008 2009 2009 Italia 47,8 48,8 51,9 46,4 46,2 46,6 43,1 42,9 43,2 -1,5 -2,7 -5,3 106,1 115,8 -5,0 Austria 48,7 49,0 51,8 48,1 48,4 48,3 43,6 44,2 43,8 -0,4 -0,4 -3,4 62,6 66,5 -3,6 Belgio 48,4 50,0 54,2 48,2 48,8 48,2 45,4 46,0 45,3 3,4 0,9 -6,1 48,4 56,2 -3,0 Cipro 42,2 42,6 46,4 45,5 43,5 40,3 40,6 39,0 35,6 -0,2 -1,2 -6,0 89,8 96,7 -1,7 Finlandia 47,3 49,5 55,6 52,5 53,6 53,2 42,9 43,1 43,0 5,2 4,2 -2,2 34,2 44,0 -7,8 Francia 52,3 52,8 55,6 49,6 49,5 48,1 44,9 44,7 43,2 -2,7 -3,3 -7,5 67,5 77,6 -2,2 Germania 43,7 43,7 47,6 43,9 43,7 44,3 40,5 40,4 40,7 0,2 0,0 -3,3 66,0 73,2 -5,0 Grecia 45,0 46,8 50,4 39,7 39,1 36,9 33,9 33,5 32,1 -5,1 -7,7 -13,6 99,2 115,1 -2,0 Irlanda 36,6 42,0 48,4 36,7 34,7 34,1 32,6 30,8 29,1 0,1 -7,3 -14,3 43,9 64,0 -7,5 Lussemburgo 36,2 37,2 42,4 39,8 40,1 41,6 36,2 36,2 38,0 3,6 2,9 -0,7 13,7 14,5 -3,4 Malta 42,4 44,8 44,3 40,3 40,3 40,5 35,6 35,5 35,9 -2,2 -4,5 -3,8 63,7 69,1 -1,9 Paesi Bassi 45,5 45,9 51,6 45,7 46,6 46,3 39,0 39,2 38,8 0,2 0,7 -5,3 58,2 60,9 -4,0 Portogallo 45,8 46,1 51,0 43,2 43,2 41,6 37,5 37,4 35,9 -2,6 -2,8 -9,4 66,3 76,8 -2,7 Spagna 39,2 41,1 45,9 41,1 37,0 34,7 38,1 34,2 32,1 1,9 -4,1 -11,2 39,7 53,2 -3,6 Slovacchia 34,4 34,8 40,8 32,5 32,5 34,0 29,0 28,9 29,1 -1,9 -2,3 -6,8 27,7 35,7 -4,7 Slovenia 42,4 44,3 49,9 42,4 42,6 44,4 37,6 37,4 38,7 0,0 -1,7 -5,5 22,6 35,9 -7,8 Uem 46,0 46,8 50,7 45,4 44,9 44,4 41,4 40,9 40,2 -0,6 -2,0 -6,3 69,4 78,7 -4,1 Bulgaria 41,5 37,3 40,7 41,5 39,1 36,9 34,4 33,2 30,9 0,1 1,8 -3,9 14,1 14,8 -5,0 Danimarca 50,9 51,8 58,6 55,7 55,3 55,8 49,8 48,9 49,0 4,8 3,4 -2,7 34,2 41,6 -4,9 Estonia 34,8 39,9 45,4 37,4 37,1 43,6 32,1 31,9 36,0 2,6 -2,7 -1,7 4,6 7,2 -14,1 Lettonia 35,7 38,6 42,9 35,4 34,4 34,0 30,3 29,1 26,5 -0,3 -4,1 -9,0 19,5 36,1 -18,0 Lituania 34,8 37,4 43,0 33,8 34,2 34,1 29,6 30,3 29,3 -1,0 -3,3 -8,9 15,6 29,3 -14,8 Polonia 42,2 43,3 44,5 40,3 39,6 37,4 34,7 34,2 31,5 -1,9 -3,7 -7,1 47,2 51,0 1,7 Regno Unito 44,2 47,3 51,7 41,5 42,5 40,3 37,7 38,7 36,2 -2,8 -4,9 -11,5 52,0 68,1 -4,9 Rep. Ceca 42,5 42,9 46,1 41,8 40,2 40,3 36,9 35,2 34,3 -0,7 -2,7 -5,9 30,0 35,4 -4,8 Romania 36,0 37,6 40,4 33,5 32,1 32,1 29,5 28,5 28,0 -2,5 -5,4 -8,3 13,3 23,7 -7,1 Svezia 52,5 53,1 56,5 56,3 55,5 55,7 48,7 47,6 47,8 3,8 2,5 -0,5 38,3 42,3 -4,9 Ungheria 49,8 49,2 49,8 44,8 45,4 45,8 39,5 40,1 39,2 -5,0 -3,8 -4,0 72,9 78,3 -6,3 Ue 45,7 46,9 50,7 44,9 44,6 44,0 40,6 40,3 39,5 -0,8 -2,3 -6,8 61,6 73,6 -4,2 PAESI Pressione Debito
Spese Entrate Indebitamento
pubblico fiscale
Fonte: Eurostat, Euro-indicators (22 aprile 2010) e Eurostat, database Ameco
a) Secondo la versione del regolamento Ue 1500/2000 il totale delle entrate e delle uscite è al netto degli ammortamenti e al lordo della vendita di beni e servizi e degli swap di interessi.
Germania è riuscita a contenere l’incidenza dell’indebitamento al -3,3 per cento, peraltro con un netto peggioramento rispetto alla situazione di pareggio di bilan-cio nel 2008. L’Italia registra incrementi delle spese e contrazioni delle entrate re-lativamente più contenuti di tutte le altre grandi economie e rispetto all’insieme dell’Uem (Figura 1.28).
In ragione della forte caduta del Pil e del livello elevato del debito, l’impatto dei saldi sul rapporto debito/Pil è stato meno favorevole: in Italia è aumentato di po-co meno di dieci punti percentuali (fino al 115,8 per cento) po-come in Francia, no-nostante la minore incidenza dell’indebitamento. Si tratta di un risultato migliore rispetto al Regno Unito e alla Spagna, dove il rapporto tra debito pubblico e Pil è aumentato di circa 16 e 13 punti, rispettivamente, ma peggiore di quello della Germania, dove pure è salito di 7,2 punti.
Il saldo primario (indebitamento al netto della spesa per interessi) per l’Italia è risultato negativo per la prima volta dal 1991 e pari a -0,6 per cento del Pil, con una erosione di 3,1 punti percentuali rispetto al 2008.14Un profilo analogo si ri-scontra per la Germania (-0,7 per cento nel 2009, in calo di 3,4 punti). Nelle al-14 In modo analogo, il risparmio delle amministrazioni pubbliche (saldo delle partite correnti), nel 2009 è stato negativo e pari a -31,1 miliardi di euro (-2,0 per cento del Pil), con un deterioramento di oltre 40 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, derivato da una crescita delle uscite correnti del 2,3 per cento e una contrazione delle entrate del 3,6 per cento.
Il saldo primario negativo per la prima volta dal 1991
Tavola 1.7 - Spese, entrate, pressione fiscale, indebitamento e debito delle amministrazioni pubbliche nei paesi Ue