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Disagio economico e deprivazione

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 172-180)

Capitolo 3 - Gli effetti della crisi su individui e famiglie

3.6 Disagio economico e deprivazione

Alla perdita dell’occupazione, si accompagnano spesso situazioni di disagio economico misurato sulla base di indicatori di deprivazione.29Nel 2009, in base ai dati provvisori dell’indagine Eu-Silc, il 15,3 per cento delle famiglie ha presentato tre o più categorie di deprivazione (Tavola 3.21). Il valore dell’indicatore sintetico è marcatamente più elevato tra le famiglie con cinque componenti o più (25,5 per cento), residenti nel Mezzogiorno (25,3 per cento), con tre o più minori (29,4) e tra le famiglie che vivono in affitto (31,4 per cento).

Già tra il 2007 e il 2008 era cresciuto il numero di famiglie che riferivano si-tuazioni di disagio economico (arrivare alla fine del mese con molta difficoltà, es-sere in arretrato nel pagamento delle bollette, mancanza di denaro per l’acquisto di abiti necessari, per le spese per i trasporti e il pagamento del mutuo). Alla fine del 2009, il quadro si presenta sostanzialmente immutato quanto all’indicatore sinte-tico,30con alcuni indicatori in miglioramento per effetto di una favorevole dina-mica delle retribuzioni e della bassa inflazione.

Nel 2008 le famiglie che percepivano la propria situazione peggiorata rispetto all’anno precedente, anche a causa degli elevati livelli d’inflazione, erano pari al 54,5 per cento, contro il 41,0 del 2007. Nell’anno successivo, un minor numero di famiglie, aiutate da una dinamica inflazionistica favorevole (che ha comportato an-che una riduzione del servizio del debito, ad esempio le rate dei mutui immobilia-ri contratti nel passato), immobilia-ritiene di arimmobilia-rivare alla fine del mese con molta difficoltà. Guardando agli indicatori di disagio specifici tra il 2008 e il 2009, si nota come cre-scano le famiglie che si sentono indifese nel far fronte a spese impreviste (dal 32,0 al 33,4 per cento a livello nazionale), quelle che sono state in arretrato con debiti diversi dal mutuo (dal 10,5 al 13,6 per cento di quelle che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate (dal 14,8 al 16,4 per cento). L’incremento delle famiglie che hanno debiti diversi dal mutuo si osserva in particolare tra quelle del Centro e del Nord che passano, rispettivamente, dal 16,2 al 18,9 per cento e dal 15,0 al 17,7 per cento. Crescono, inoltre, nel Centro le famiglie che dichiarano di non potersi per-mettere una settimana di vacanza (da 36,7 al 39,6 per cento) e nel Nord quelle che, almeno una volta nel corso dell’anno, non hanno avuto soldi per acquistare cibo (dal 4,4 al 5,3 per cento, contro un valore del 4,1 per cento del 2007).

Resta, invece, stabile la quota di famiglie che non può permettersi di riscaldare adeguatamente l’abitazione (10,7 per cento), benché i prezzi al consumo del gas e dei combustibili liquidi siano diminuiti rispettivamente dell’1,5 e del 20 per cen-to. Inoltre, non si registrano variazioni nella percentuale di famiglie che hanno avuto difficoltà a pagare le spese per i trasporti (8,7 per cento), seppure il dato re-lativo al 2009 si mantenga significativamente più alto rispetto al 2007.

Si riduce la percentuale di famiglie che riferiscono di essere in arretrato con il pagamento del mutuo (dal 7,6 al 6,4 per cento sul totale delle famiglie che han-no un mutuo) e con il pagamento dell’affitto (dal 14,0 al 12,5 per cento del to-tale delle famiglie in affitto), mantenendosi in entrambi i casi a livelli molto più alti rispetto al 2007.

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

29Eurostat utilizza come indicatore sintetico di disagio economico la quota di famiglie che presen-tano almeno tre deprivazioni sull’insieme di quelle previste. Le deprivazioni considerate sono le seguen-ti: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) non potersi permettere una settimana di ferie lonta-no da casa in un anlonta-no, 3) avere arretrati (mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo), 4) lonta-non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni, 5) non potersi permettere di riscaldare adeguatamente l’abitazione, non potersi permettere: 6) lavatrice 7) televisione a colori 8) telefono 9) automobile.

30L’indicatore sintetico non presenta variazioni statisticamente significative rispetto al 2008; per i singoli indicatori vengono commentate solo quelle statisticamente significative.

Circa il 15 per cento delle famiglie si trova in condizioni di disagio economico Tra il 2008 e il 2009 crescono le famiglie in difficoltà di fronte a spese impreviste… … e diminuiscono quelle in arretrato col pagamento del mutuo e dell’affitto

Scende, infine, dal 17,3 al 15,5 per cento la quota di famiglie che dichiara-no di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà e quelle in arretrato con il pagamento delle bollette (dal 12,0 al 9,3 per cento). Diminuiscono anche quel-le che ritengono quel-le spese per la casa un carico pesante (dal 52,2 al 48 per cen-to) e quelle che hanno avuto difficoltà ad acquistare gli abiti necessari (da 18,5 a 17,1 per cento).

La perdita del lavoro e il passaggio alla cassa integrazione hanno solo in par-te contribuito all’entrata di una quota di famiglie in situazioni di deprivazione: infatti, il 60 per cento del complesso delle famiglie deprivate nel 2009 lo era-no già nel 2008. La perdita del lavoro del padre si verifica nel 72 per cento dei casi in famiglie già deprivate e la percentuale scende, pur restando elevata, nei casi in cui la perdita del lavoro colpisce la madre (55 per cento) o il figlio (53

2007 2008 2009 2007 2008 2009 2007 2008 2009 2007 2008 2009

Indicatore Eurostat di deprivazione (b) 9,0 9,5 9,3 11,9 13,4 13,5 25,5 26,6 25,3 14,8 15,8 15,3 Arretrati nel pagamento di bollette, mutuo,

affitto o debiti diversi dal mutuo 7,3 11,1 8,1 10,1 13,5 11,1 16,1 18,8 15,6 10,7 14,0 11,1

Arretrati nel pagamento di:

Mutuo (c) 4,7 6,5 6,1 3,1 (i) 7,4 5,8 (i) 7,6 (i) 11,1 7,9 (i) 4,9 7,6 6,4 Affitto (d) 11,0 12,2 11,2 13,2 11,4 14,1 18,3 18,3 13,6 13,8 14,0 12,5 Bollette 5,6 9,1 6,5 8,3 11,7 9,3 14,0 16,7 13,7 8,8 12,0 9,3

Debiti diversi dal mutuo (e) 11,0 8,9 11,2 15,8 8,2 14,0 22,6 14,9 18,0 15,6 10,5 13,6 Non riesce a sostenere spese

impreviste di 750 euro (f) 24,9 24,9 25,3 30,3 29,9 32,9 46,4 44,0 45,8 32,9 32,0 33,4 Ha contratto debiti diversi dal mutuo 15,9 15,0 17,7 16,9 16,2 18,9 15,3 13,8 12,9 15,9 14,8 16,4

Non può permettersi alcune voci di spesa:

Riscaldare adeguatamente l'abitazione 5,4 5,3 5,2 8,3 8,6 8,6 20,1 21,7 20,3 10,7 11,2 10,7 Una settimana di ferie in un anno lontano da casa 27,3 27,9 29 35,6 36,7 39,6 59,6 58,5 58,8 39,3 39,4 40,6 Fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni (g) 5,0 5,2 4,6 5,7 6,4 5,7 9,9 12,4 10,1 6,7 7,7 6,6

Non ha avuto soldi per: (h)

Cibo 4,1 4,4 5,3 5,1 4,8 5,4 7,3 8,3 6,5 5,3 5,8 5,7

Medicine 6,4 6,6 7,0 9,3 7,9 9,2 19,4 20,6 18,6 11,1 11,3 11,2 Vestiti 11,5 12,5 11,9 14,1 14,2 15,9 26,9 30,0 25,6 16,9 18,5 17,1

Trasporti 4,4 5,3 6,1 6,3 6,2 6,7 12,2 14,2 13,9 7,3 8,3 8,7

Arriva a fine mese con grande difficoltà 11,9 12,7 10,8 13,2 14,4 13,2 22,0 25,9 23,9 15,4 17,3 15,5 Intacca il patrimonio 14,2 16,5 15,9 15,3 14,4 13,6 15,9 15,5 14,3 15,0 15,8 14,9

Non può permettersi TV a colori, telefono,

lavatrice o automobile 3,4 3,5 3,3 3,5 3,7 2,7 7,2 7,3 5,9 4,6 4,8 4,0 Giudica pesante il carico della casa 44,7 47,3 41,7 50,5 54,3 50,0 56,1 58,4 56,3 49,5 52,2 48,0

Mezzogiorno

Nord Centro Italia

Tavola 3.21 - Famiglie per ripartizione geografica e indicatori di disagio economico - Anni 2007-2009 (a) (per

100 famiglie)

Fonte: Istat, Indagine sul reddito e le condizioni di vita

(a) Dati provvisori nel 2009.

(b) Almeno tre indicatori tra i seguenti: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) non potersi permettere una settimana di ferie in un anno lontano da casa, 3) avere arretrati (mutuo o affitto o bollette o altri debiti diversi dal mutuo), 4) non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni 2 gior-ni; 5) non potersi permettere di riscaldare adeguatamente l’abitazione, non potersi permettere: 6) lavatrice 7) tv a colori 8) telefono 9) automobile. (c) Per le famiglie che pagano il mutuo.

(d) Per le famiglie che pagano l’affitto.

(e) Per le famiglie che hanno debiti diversi dal mutuo.

(f) Il dato relativo all’anno 2007 si riferisce ad un importo di 700 euro. Tale valore per ciascun anno di indagine, è pari a 1/12 della soglia di rischio di povertà calcolata nell’indagine di due anni precedenti.

(g) La domanda del questionario chiede se la famiglia può permettersi di fare un pasto completo, a base di carne, pollo, o pesce almeno una volta ogni due giorni.

(h) Almeno una volta nei 12 mesi precedenti all’intervista.

per cento), mentre è pari al 33 per cento quando un altro membro delle fami-glia entra in cassa integrazione.

In molti casi, la presenza di altri percettori di reddito ha tamponato la situazio-ne, garantendo la permanenza nello stato di non deprivazione. La quota di fami-glie che nel 2008 non manifestavano segnali di difficoltà economica e che nel 2009 entrano in situazioni di disagio31varia a seconda del ruolo in famiglia di chi ha perso il lavoro, passando dal 12,2 per cento per le famiglie in cui a perderlo è stato un figlio, al 14,7 per quelle con almeno un componente entrato in cassa in-tegrazione, fino a raggiungere 22,5 per cento per le famiglie in cui a perdere il la-voro è stato un genitore.

Ciò conferma sia il minor contributo dei redditi dei figli al bilancio familia-re, sia la maggiore protezione offerta dalla cassa integrazione, non solo in ter-mini di mantenimento del rapporto di lavoro, ma anche di compensazione del-la perdita di sadel-lario. Rispetto alle famiglie che nel 2008 non erano deprivate, del-la probabilità32di entrare in deprivazione, al netto degli effetti di alcune caratteri-stiche33della famiglia di appartenenza, è più elevata se a perdere il lavoro è un genitore o coniuge/partner (nelle famiglie senza figli) piuttosto che un figlio. Non ha invece effetto sull’entrata nella condizione di deprivazione il passaggio dall’occupazione alla cassa integrazione.

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

31Ossia, secondo la definizione europea, sperimentano almeno tre situazioni di difficoltà.

32Calcolata tramite un modello di regressione logistica.

33Ripartizione geografica, proprietà dell’abitazione, quinto di reddito in cui è collocata la famiglia, numero di componenti, totale degli occupati e dei ritirati dal lavoro della famiglia, condizione profes-sionale e cittadinanza del capofamiglia.

2008 2009 2008 2009 2008 2009 2008 2009

Indicatore Eurostat di deprivazione (b) 15,6 13,9 43,6 45,4 17,4 (e) 19,6 20,1 (e) 20,6 (e) Arretrati nel pagamento di bollette, mutuo, affitto o debiti

diversi dal mutuo 13,2 9,9 36,2 42,8 17,2 16,0 (e) 21,4 (e) 13,1 (e) Non riesce a sostenere spese impreviste di 750 euro 31,2 31,6 53,6 59,6 36,9 38,0 40,2 48,8 Ha contratto debiti diversi dal mutuo 14,9 14,8 21,3 (e) 21,0 (e) 36,5 26,6 26,9 23,5 (e) Non può permettersi di riscaldare adeguatamente l'abitazione 11,1 10,0 27,6 (e) 31,8 (e) 8,5 (e) 12,0 (e) 12,9 (e) 10,9 (e) Non può permettersi una settimana di ferie in un anno

lontano da casa 39,4 39,6 70,2 73,5 41,1 45,5 46,9 53,4

Non può permettersi di fare un pasto adeguato almeno

ogni due giorni (c) 7,7 5,9 - 21,9 (e) 8,8 (e) 8,9 (e) 8,6 (e) 10,4 (e) Non ha avuto soldi per cibo, medicine, vestiti o trasporti (d) 22,1 20,5 47,5 49,0 23,2 23,1 24,9 26,0 Arriva a fine mese con grande difficoltà 16,6 14,7 39,4 47,2 22,4 23,2 17,8 (e) 18,8 (e) Intacca il patrimonio 15,2 14,1 25,9 (e) 33,4 (e) 18,6 (e) 22,2 16,3 (e) 17,6 (e) Non può permettersi tv a colori, telefono, lavatrice o automobile 4,4 3,7 - - - - - -Giudica pesanti gli oneri per l'abitazione 51,5 47,5 65,1 71,5 51,1 56,4 64,7 56,9

Nessuno ha

perso il lavoro

Ruolo della persona che ha perso il lavoro

Maschio Femmina

Partner/Genitore Figlio Tavola 3.22 - Famiglie secondo il ruolo della persona in famiglia che ha perso il lavoro per indicatore di

disagio economico - Anni 2008-2009 (a) (per 100 famiglie)

Fonte: Istat, Indagine sul reddito e le condizioni di vita

(a) Dati provvisori nel 2009.

(b) Secondo la definizione europea sperimentano almeno tre situazioni di difficoltà.

(c) La domanda del questionario chiede se la famiglia può permettersi di fare un pasto completo, a base di carne, pollo, o pesce almeno una volta ogni due giorni.

(d) Almeno una volta nei 12 mesi precedenti all’intervista.

In particolare, quando a perdere l’occupazione è la persona di riferimento (pa-dre oppure marito/partner nel caso di una coppia senza figli) la condizione di di-sagio, nel 2008 già più marcata rispetto alla media, mostra un peggioramento nel 2009. Tra queste famiglie, quelle che arrivano a fine mese con molta difficoltà pas-sano dal 39,4 al 47,2 per cento e quelle che non potrebbero far fronte a una spesa imprevista di 750 euro dal 53,6 al 59,6 per cento. Infine quelle che nel 2009 sono state in arretrato con alcuni pagamenti34sono state il 42,8 per cento (Tavola 3.22). Qualora a perdere il lavoro sia una donna (madre o moglie/partner in coppia senza figli), oppure un figlio, si rilevano percentuali di famiglie in situazioni di disagio superiori alla media: ad esempio, la quota di famiglie in cui il venir me-no del reddito di una donna comporta la necessità di intaccare il patrimonio per far fronte ai bisogni della famiglia raggiunge il 22,2 per cento. Quando è un fi-glio a perdere il lavoro, invece, è il 48,8 per cento delle famiglie a non poter so-stenere spese impreviste e il 53,4 per cento non può permettersi una settimana di ferie lontano da casa.

Queste evidenze mostrano come il ricorso alla cassa integrazione guadagni, qua-le principaqua-le strumento di sostegno sociaqua-le nella situazione di crisi, abbia contri-buito a tutelare una parte delle famiglie con prole dalla contrazione di reddito che si sarebbe verificata con la perdita di occupazione di uno dei genitori, riducendo il rischio di incappare in situazioni di disagio economico. Nello stesso tempo, è stata la famiglia a svolgere il consueto ruolo di ammortizzatore sociale, sopportando il peso della perdita di occupazione o del mancato ingresso nel mercato del lavoro dei figli. I due tradizionali ammortizzatori sociali italiani (Cig e famiglia) hanno dun-que evitato che l’impatto della crisi sulla situazione economica delle famiglie fosse ancora più dirompente, riflettendosi in aumento della deprivazione.

Il contributo effettivo dei figli al bilancio familiare prima di perdere l’occupa-zione (pari in media, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, al 28,3 per cento del totale del reddito familiare) è, in realtà, meno rilevante in quanto non sempre, o non integralmente, i figli conferiscono in famiglia i propri guadagni. Ad esempio, nel 2003, secondo i dati dell’indagine multiscopo “Famiglia e soggetti sociali”, il 25,0 per cento dei figli occupati dava qualcosa con regolarità e solo il 6,7 per cento contribuiva per più della metà dei propri guadagni. I dati provviso-ri relativi al 2009 segnalano percentuali ancora più basse, al punto che per molti giovani i redditi guadagnati sembrano essere ritenuti una risorsa personale, da de-stinare al proprio consumo/risparmio e non alle spese comuni della famiglia. Di conseguenza, il peso della perdita di un’occupazione di un giovane figlio grava principalmente sul figlio stesso e non direttamente sulla famiglia di origine.

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

N

L’analisi della distribuzione dei redditi da la-voro dei partner rappresenta una chiave di lettu-ra della divisione dei ruoli di uomini e donne al-l’interno della famiglia. Il reddito da lavoro di un individuo dipende, infatti, non solo dall’in-vestimento in capitale umano realizzato negli anni della formazione, dai tempi e dalle moda-lità di ingresso nel mercato del lavoro, dall’impe-gno profuso per progredire nella carriera lavora-tiva, ma anche da una negoziazione all’interno della coppia tra gli impegni di lavoro e quelli che si esplicano tra le mura domestiche.

La coppia può ricorrere a una più o meno completa specializzazione dei ruoli di genere: in Italia, il cosiddetto modello man breadwinner – l’uomo interamente responsabile delle neces-sità finanziarie della famiglia e la donna dedi-ta esclusivamente alle attività domestiche e di cura – rappresenta una realtà diffusa (il 33,5 per cento tra le coppie in cui entrambi i partner

hanno tra i 25 e i 54 anni),35molto più che in

altri paesi europei (Figura 3.19). La Grecia

mostra una situazione vicina a quella italiana, ma valori superiori al 25 per cento si registrano anche in Spagna, Polonia, Irlanda, Lussembur-go e Romania. Al contrario, nel Nord Europa (Islanda, Svezia, Norvegia, Danimarca e Fin-landia) meno del 10 per cento delle coppie ri-corre a una completa specializzazione dei ruoli

dei partner.36

In alternativa, entrambi i partner possono contribuire alle necessità economiche della fa-miglia, aderendo al cosiddetto modello dual ear-ner (a doppio reddito). In effetti, la maggior parte delle coppie residenti in Italia (62,3 per cento) adotta proprio questo modello ma con di-versi livelli di specializzazione: in un terzo la donna contribuisce al fabbisogno economico

Redditi delle donne

nelle coppie

della famiglia in misura minore rispetto al co-niuge/convivente – il reddito da lavoro della donna è inferiore al 40 per cento dei redditi del-la coppia – e nel 24,6 per cento dei casi, i co-niugi contribuiscono in misura simile – il red-dito della donna rappresenta una quota compre-sa tra il 40 e il 60 per cento dei redditi della coppia. Molto meno frequentemente (solamente per il cinque per cento delle coppie), la donna provvede al sostentamento economico della fa-miglia in misura maggiore rispetto al coniu-ge/partner. Molto raramente (poco più del due per cento delle coppie) è la donna l’unica percet-trice di reddito da lavoro, con una diffusione leggermente superiore alla media di questo mo-dello tra le famiglie che si collocano nei quinti di reddito netto più poveri (6,3 per cento nel

primo quinto) e tra quelle residenti nel Sud (

Ta-vola 3.23). Questo tipo di situazione si associa generalmente a fasi transitorie (ad esempio, quando il partner è disoccupato), piuttosto che a un sistema stabile di divisione dei ruoli.

Se si guarda alle coppie a doppio reddito e, in particolare, al peso del reddito da lavoro femmi-nile sul totale dei redditi da lavoro dei partner, il quadro europeo appare omogeneo. Il modello caratterizzato da un minor contributo economi-co della donna è il più diffuso in tutta Europa, a eccezione di Danimarca, Slovacchia, Unghe-ria e Romania dove i partner contribuiscono più frequentemente in misura simile. In Italia e Grecia, invece il modello tradizionale di com-pleta specializzazione dei partner è leggermente più frequente. Anche paesi con alti livelli di partecipazione al lavoro, come Norvegia e Paesi Bassi, mostrano una marcata diffusione del mo-dello che vede la donna contribuire meno ai red-diti da lavoro della coppia, in quanto il ricorso

35 L’imposizione fiscale e contributiva sui redditi modifica le incidenze dei vari casi. In particolare il modello, in cui l’uomo è il principale percettore di reddito resta prevalente (30,4 per cento) ma con una incidenza minore rispetto ai red-diti lordi (32,7 per cento). I redred-diti delle donne, mediamente più bassi di quelli degli uomini, sono sottoposti ad aliquote fiscali inferiori. Ciò produce una diminuzione del divario rispetto al reddito netto del partner. Tuttavia, anche al netto degli effetti del regime fiscale, tra le coppie a doppio reddito, in Italia il modello caratterizzato da minori livelli di con-tribuzione della donna alle necessità economiche della famiglia resta quello dominante.

36Alcuni paesi dell’Unione europea non forniscono dati sui redditi netti individuali. Per questo motivo, l’analisi com-parativa a livello europeo è stata condotta sui redditi da lavoro al lordo dell’imposizione fiscale e contributiva.

al part time è molto diffuso tra le donne (supe-riore al 30 per cento), incidendo negativamente sull’entità del contributo che le donne possono garantire alla famiglia. In Italia, dove il part ti-me è ti-meno accessibile e diffuso, le ragioni che spiegano lo scarso contributo femminile all’eco-nomia familiare si individuano nella maggior percentuale di donne non occupate.

In Europa il modello che vede la donna come principale contributore al sostentamento economi-co della famiglia non supera mai il 15 per cento e si rintraccia soprattutto in Ungheria, Polonia e Lettonia, dove si associa maggiormente a situazio-ni di marcato disagio economico piuttosto che a una moderna o innovativa divisione dei ruoli di genere all’interno della coppia.

In Italia, come negli altri paesi europei, tra le coppie a doppio lavoro, quelle in cui la donna guadagna più del partner hanno una diffusione molto limitata e presentano una frequenza più alta nelle situazioni in cui la donna ha un tito-lo di studio elevato, o è più istruita del partner (rispettivamente, 8,5 e 7,6 per cento). I partner partecipano nella stessa misura al sostentamento

economico della famiglia soprattutto quando il titolo di studio della donna è superiore a quello dell’uomo. Percentuali significativamente supe-riori alla media si riscontrano anche tra le fa-miglie con meno vincoli di bilancio, in partico-lare tra quelle senza figli (35,8 per cento) e tra quelle che si collocano nel quarto e nell’ultimo quinto della distribuzione dei redditi (rispetti-vamente il 45,1 e 39,8 per cento). Sono invece molto meno frequenti tra le coppie con tre figli o più (16,2 per cento), tra quelle in cui la donna ha un livello di istruzione non superiore alla scuola media (16,5 per cento) e tra le famiglie del Mezzogiorno (rispettivamente il 16,4 e il 18,4 per cento nel Sud e nelle Isole).

Le coppie in cui è l’uomo a contribuire di più sono la maggioranza in quasi tutti i paesi euro-pei e rappresentano il secondo modello più dif-fuso in Italia, con quote più importanti nel Nord-est (40,3 per cento) e tra le famiglie che appartengono alle fasce di reddito più alte (ri-spettivamente, il 36,7 e il 45,0 per cento delle famiglie del quarto e dell’ultimo quinto di red-dito). Il contributo dell’uomo rappresenta la

Figura 3.19 - Coppie di 25-54 anni in cui nessuno, uno o entrambi i partner hanno un reddito da lavoro in alcuni paesi dell’Unione europea (a) - Anno 2008 (composizioni percentuali)

Fonte: Istat, Indagine sul reddito e le condizioni di vita

(a) Redditi lordi 2007. (b) Reddito 2006. 1,9 2,0 3,5 2,8 2,4 33,5 17,9 17,3 25,0 20,9 32,7 36,3 43,3 34,2 37,3 24,6 33,0 24,0 27,7 28,5 5,0 7,6 7,9 6,1 7,3 2,3 3,2 4,0 4,2 3,7 0 20 40 60 80 100

Italia Francia (b) Regno Unito Spagna Unione europa

Nessuno Donna senza reddito da lavoro Uomo principale percettore Partner percettori simili Donna principale percettore Uomo senza reddito da lavoro

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

parte più importante del reddito familiare nel 33,8 per cento delle coppie con due figli contro il 26,2 per cento di quelle che non ne hanno.

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 172-180)