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La domanda di lavoro e i salari

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 100-118)

Capitolo 2 - Gli effetti della crisi sulle imprese

2.5 La domanda di lavoro e i salari

2.5.1 L’impatto della crisi sulla domanda di lavoro

La veloce contrazione dell’attività economica si è tradotta in una progressiva ri-duzione della quantità di lavoro impiegata nei processi produttivi. L’adeguamento verso il basso del monte complessivo delle ore lavorate è stato operato dalle im-prese facendo ricorso a comportamenti e scelte differenziate: accanto all’utilizzo di diversi strumenti di compressione temporanea delle ore lavorate e del numero di lavoratori effettivamente impiegati, vi è stato l’emergere di una progressiva accele-razione del meccanismo di riduzione permanente degli addetti. Ne è derivato un processo di contrazione degli occupati relativamente lento nella fase acuta della re-cessione, ma che si è poi protratto nel tempo, proseguendo anche oltre la fine del-la fase di calo dell’attività.

L’occupazione complessiva, misurata dalla contabilità nazionale in termini di unità di lavoro equivalenti (Ula), ha iniziato a ridursi a partire dalla seconda metà del 2008, segnando poi un calo continuo e relativamente costante lungo tutto l’ar-co del 2009 (Figura 2.29). In media d’anno le Ula totali sono diminuite dello 0,4 per cento nel 2008 e del 2,6 nel 2009; in termini cumulati il livello di occupazio-ne è sceso di circa un miliooccupazio-ne di unità tra l’inizio del 2008 e la fioccupazio-ne del 2009. L’ul-timo biennio ha quindi annullato l’effetto dell’espansione occupazionale che du-rava dal 1995, ovvero dalla chiusura della fase di marcata contrazione dell’input di lavoro che aveva caratterizzato l’inizio degli anni Novanta, quando si era registra-ta nell’arco di nove trimestri una riduzione del numero delle unità di lavoro di 1,25 milioni.

Il profilo ciclico dell’occupazione e delle ore lavorate indica una reazione piut-tosto rapida, ma comunque parziale, delle imprese nell’adeguare l’input di lavoro

96 98 100 102 104 I II II IV I II II IV I II II IV I II II IV I II II IV 2005 2006 2007 2008 2009

Pil Ula totali Monte ore Posizioni totali

Fonte: Istat, Conti nazionali

Figura 2.29 - Pil e input di lavoro per l’intera economia - Anni 2005-2009 (numeri indice media 2005=100)

Il calo dell’input di lavoro è lento, ma prolungato

84 88 92 96 100 104

I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV

2005 2006 2007 2008 2009

Valore aggiunto Ula totali Monte ore Posizioni totali

Fonte: Istat, Conti nazionali

Figura 2.30 - Valore aggiunto e input di lavoro nell’industria in senso stretto - Anni 2005-2009 (numeri indice

media 2005=100) Il boom della Cig

attenua l’impatto della crisi sui posti di lavoro…

…soprattutto nel comparto industriale

alla progressiva contrazione della produzione. La discesa dell’attività si è accompa-gnata già nella parte centrale del 2008 a un calo del monte ore lavorate complessi-vo, che costituisce la misura più adeguata dell’input totale di lavoro impiegato nel processo produttivo. Nella successiva fase, alla violenta contrazione dell’output ha corrisposto ancora un aggiustamento parziale dell’utilizzo del fattore lavoro: in particolare, il monte ore complessivo è sceso meno del Pil (nel secondo trimestre del 2009 i rispettivi tassi di variazione tendenziali sono stati pari a -6,1 e -2,9 per cento). Tuttavia, nella seconda metà del 2009, a fronte di una lieve risalita dell’at-tività produttiva, il monte ore ha continuato a scendere, segnando una riduzione del 3,7 per cento nella media dell’anno.

Una parte rilevante della riduzione del monte ore è stata attuata dalle imprese tramite la forte espansione dell’utilizzo della Cassa integrazione guadagni (Cig). La rilevanza di questo meccanismo ha contenuto l’effetto della crisi sul numero di posizioni lavorative, le quali misurano il numero di persone occupate indipenden-temente dall’orario effettuato e dall’eventuale collocazione in Cig. Le posizioni si sono ridotte in misura molto lieve nel corso del 2008 e hanno mantenuto lungo tutto il 2009 un ritmo di diminuzione sempre inferiore a quello delle Ula, scen-dendo, in media d’anno, dell’1,7 per cento.

L’ampiezza e la velocità del processo di riduzione dell’input di lavoro sono ri-sultate molto disomogenee a livello settoriale, riflettendo in buona misura le dif-ferenze di andamento dell’attività produttiva. Nell’industria in senso stretto la for-tissima caduta dell’attività ha dato luogo a un calo dell’occupazione totale, misu-rata in termini di Ula, dell’8,1 per cento nella media del 2009; la discesa era, pe-raltro, già iniziata l’anno precedente, con una diminuzione dell’1,4 per cento. La riduzione delle posizioni lavorative è stata, tuttavia, molto meno ampia (con un calo complessivo del 4,6 per cento nel 2009), in quanto l’aggiustamento verso il basso è avvenuto in notevole misura tramite l’ampliarsi dell’utilizzo della Cig (Figura 2.30). In particolare, tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 emerge un im-mediato calo del monte ore lavorate, operato in buona misura tramite una ridu-zione delle ore per Ula, che ha permesso al sistema produttivo di adeguare, alme-no parzialmente, l’input di lavoro al crollo dell’output, cosicché nella media del 2009 il monte ore è sceso del 10,4 per cento.

2. GLI EFFETTI DELLA CRISI SULLE IMPRESE

L’evoluzione della domanda di lavoro nei servizi è stata molto meno negativa, riflettendo l’ampiezza decisamente inferiore della caduta ciclica dell’attività di questi settori. Nell’aggregato del commercio, trasporti e comunicazioni l’occupa-zione totale, misurata in termini di Ula, ha registrato un calo significativo tra la se-conda parte del 2008 e la prima del 2009, per poi stabilizzarsi nel periodo più re-cente. Per l’aggregato settoriale del credito e attività immobiliari e imprenditoriali la discesa è stata anticipata, proseguendo poi in maniera molto lenta durante il 2009. In termini di variazione media annua, i due aggregati hanno segnato, ri-spettivamente, un calo delle Ula nel 2009 del 2,2 e dell’1,6 per cento; per il pri-mo, la diminuzione del monte ore è stata di dimensione analoga, mentre per il se-condo vi è stata anche una discesa delle ore per Ula che ha se-condotto a un’ampia ri-duzione del monte ore (-4,7 per cento).

Del tutto anticiclico, invece, è risultato il comportamento dell’insieme che in-clude istruzione, sanità e pubblica amministrazione, con un’occupazione che è sce-sa leggermente solo nell’ultimo trimestre e un monte ore che, nella media del 2009, è lievemente aumentato.

Le imprese hanno reagito alla caduta dell’attività produttiva utilizzando diver-si strumenti per aggiustare verso il basso l’input di lavoro. La riduzione dell’orario di fatto viene normalmente attuata diminuendo lo straordinario, aumentando le posizioni a tempo parziale rispetto a quelle a tempo pieno e ricorrendo, ove possi-bile, alla Cig (ordinaria, straordinaria e in deroga). Ulteriori modalità per contrar-re l’input sono la rinuncia al lavoro interinale, il mancato rinnovo di contratti di lavoro a termine e, in ultima istanza, la riduzione dei dipendenti tramite il blocco del turnover e i licenziamenti.

Un quadro piuttosto articolato delle strategie perseguite nel breve periodo dal-le imprese dell’industria e dei servizi è fornito daldal-le informazioni derivanti dalla ri-levazione mensile sull’input di lavoro nelle grandi imprese (con almeno 500 di-pendenti). Esse sono arricchite, per la prima volta, da nuovi indicatori tratti dalla indagine trimestrale sui posti vacanti e le ore lavorate, che copre tutte le imprese con almeno 10 dipendenti dei medesimi settori.24

Con riferimento al segmento delle grandi imprese, la riduzione della domanda di lavoro si è manifestata con entità e tempi diversi nei due macrosettori dell’in-dustria, e nei servizi. Nelle grandi imprese dell’industria in senso stretto la ten-denza di medio periodo alla discesa dell’input di lavoro ha subito una improvvisa accelerazione nell’autunno del 2008, manifestatasi principalmente come caduta delle ore lavorate pro capite e, in misura molto più contenuta, in termini di disce-sa del numero di dipendenti al lordo Cig (Figura 2.31).

Le ore pro capite avevano registrato una limitata crescita lungo la prima parte della fase espansiva, segnando una stabilizzazione già nel 2007. Questa evoluzione aveva corrisposto a un aumento contenuto dell’incidenza delle ore di straordinario sul totale delle ore lavorate, che da valori prossimi al 4,5 per cento nel 2005 si era avvicinata al 5 per cento. Intorno alla metà del 2008 le ore pro capite iniziano una discesa che dapprima è lenta, ma poi diviene un vero e proprio crollo (-7 per cen-to tra settembre e dicembre). La caduta si protrae, con ritmi più attenuati, fino al-la metà del 2009, quando si manifesta una modesta risalita dal profilo real-lativa- relativa-mente incerto. Anche l’incidenza dello straordinario inizia a scendere gradual-mente intorno alla metà del 2008, tendenza questa che prosegue a ritmi molto lenti anche nella fase di recupero ciclico. L’incidenza delle ore di straordinario si ri-duce così fino a raggiungere il 3,7 per cento a dicembre 2009.

24Il campo di osservazione delle due indagini è dato dal settore privato non agricolo ad esclusione dei servizi sociali e personali.

In leggera salita le ore lavorate nella PA

Lenta ma costante la discesa delle ore di straordinario

La forte riduzione delle ore lavorate nel corso della crisi è stata essenzialmente at-tuata attraverso un ampliamento senza precedenti dell’utilizzo della cassa integra-zione guadagni, come emerge dalla divaricaintegra-zione tra gli indicatori di occupaintegra-zione calcolati al lordo e al netto della Cig. In particolare, la caduta dell’occupazione mi-surata al lordo della Cig, pur graduale, è stata di ampiezza rilevante, toccando nel-la seconda metà del 2009 tassi di diminuzione tendenziale del 3,5 per cento.

Nelle grandi imprese dei servizi la recessione ha avuto effetti più contenuti e di-stribuiti nel tempo, con un calo dell’input di lavoro complessivamente modesto. L’occupazione, in lenta crescita nella fase espansiva precedente, ha raggiunto un massimo intorno alla primavera del 2008 e, dopo un periodo di discesa molto

len-Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Rilevazione indicatori del lavoro sulle imprese con 500 addetti e oltre

Industria in senso stretto

85 90 95 100 105 110 1,5 2,5 3,5 4,5 5,5 6,5 Servizi 96 98 100 102 104 gen-05 apr-05 lug-05 ott-05 gen-06 apr-06 lug-06 ott-06 gen-07 apr-07 lug-07 ott-07 gen-08 apr-08 lug-08 ott-08 gen-09 apr-09 lug-09 ott-09 gen-10 2,5 3,5 4,5 5,5 6,5 7,5

Dipendenti lordo Cig Ore lavorate pro capite

Dipendenti netto Cig Incidenza straordinario (scala destra)

Fonte: Istat, Rilevazione indicatori del lavoro sulle imprese con 500 addetti e oltre

Figura 2.31 - Posizioni lavorative dipendenti al lordo e al netto Cig, ore lavorate pro capite, ore di straordina-rio nelle imprese con 500 dipendenti e oltre nell’industria in senso stretto e nei servizi - Anni 2005-2010 (numeri indice media 2005=100 e incidenza percentuale; dati destagionalizzati)

ta e discontinua, ha assunto dall’inizio del 2009 un chiaro andamento negativo, protrattosi sino al periodo più recente (Figura 2.31). Le ore lavorate pro capite, che avevano mantenuto una tendenza alla crescita fino alla prima metà del 2008, hanno poi registrato una discesa piuttosto continua, proseguita fino alla fine del 2009. L’incidenza dello straordinario sembra attestarsi su un livello fisiologico di poco superiore al 5,5 per cento, con una ridotta variabilità in tutto il periodo in esame: nel 2009 è emersa, tuttavia, una leggera riduzione, con la discesa a un mi-nimo del 5,0 per cento a dicembre.

Come già notato, l’utilizzo della Cig ha giocato un ruolo fondamentale nel-l’aggiustamento dell’input di lavoro durante la crisi (Figura 2.32). L’incidenza del-le ore di Cig suldel-le ore lavorate totali è salita a livelli di gran lunga superiori a quel-li che avevano caratterizzato precedenti fasi cicquel-liche negative, rendendo questo strumento fondamentale, soprattutto nell’industria, per frenare l’emorragia occu-pazionale. Nelle imprese dell’industria in senso stretto con almeno 500 dipenden-ti, fino a metà del 2008 tale incidenza era restata sotto il 2 per cento, ma a partire dal quarto trimestre si è registrata un’impennata dell’indicatore, salito al 12,2 per cento nel secondo trimestre del 2009, per poi ridursi leggermente.

Nel complesso delle imprese industriali con almeno dieci dipendenti, la quota delle ore di Cig sulle ore totali è meno elevata di quanto rilevato per la grande in-dustria, ma l’accelerazione è avvenuta con i medesimi tempi e con intensità simi-le: da un valore medio di 1,7 per cento nel triennio 2005-2007 si è giunti, con una crescita iniziata nell’ultimo trimestre del 2008, a un’incidenza massima di 9,5 punti percentuali nel terzo trimestre del 2009. Ne deriva che, alla fine dello scor-so anno, la quota registrata nelle grandi imprese è risultata di poco superiore a quella relativa all’insieme delle unità con almeno 10 dipendenti. Incidenze così elevate indicano non solo un uso intensivo della Cig, ma una chiara estensione del suo utilizzo, tramite la modalità “in deroga”,25ad aziende che in precedenza non avevano diritto né alla tipologia ordinaria né a quella straordinaria.

Nelle attività dei servizi, la quota delle ore di Cig sul totale delle ore lavorate è pari a meno di un decimo di quella che si riscontra nell’industria, visto che solo le imprese di pochissimi comparti terziari possono fare ricorso a questo ammortizza-tore sociale. Per questo setammortizza-tore, l’aumento significativo dell’utilizzo della Cig è emerso solo all’inizio del 2009 e ha coinvolto inizialmente soprattutto le grandi imprese, per poi estendersi gradualmente alle altre. Nel quarto trimestre del 2008 l’incidenza della Cig era limitata a circa lo 0,2 per cento tanto nelle grandi impre-se quanto nel totale di quelle con almeno 10 dipendenti. Nelle prime, è salita a 0,8 per cento all’inizio del 2009, mantenendosi poi intorno a questo livello e scen-dendo leggermente nel quarto trimestre; per l’insieme più ampio, l’incidenza è sa-lita con maggiore gradualità, ma ha raggiunto un massimo dell’1,0 per cento nel quarto trimestre, mettendo in evidenza che nel segmento delle imprese di minori dimensioni il ricorso alla Cig è divenuto più intenso che in quelle maggiori. Il te incremento della Cig è colto anche dall’indagine sulle forze di lavoro, che for-nisce una stima del numero di occupati che dichiara di non aver lavorato o di aver lavorato meno ore del solito nella settimana di riferimento dell’intervista perché in cassa integrazione: nella media del 2009, sono circa 300 mila gli occupati che rien-trano in questa categoria, con una larga prevalenza (poco meno di due terzi) di co-loro che non hanno lavorato affatto (cosiddetta Cig a zero ore).

Le imprese possono ridurre l’orario di fatto anche ricomponendo l’occupazio-ne a favore delle posizioni a tempo parziale rispetto a quelle a tempo pieno. Sia nell’industria sia nei servizi si osserva da molti anni una crescita continua del ri-corso a contratti di lavoro a orario ridotto, con un conseguente incremento della

2. GLI EFFETTI DELLA CRISI SULLE IMPRESE

Il ricorso alla Cig nell’industria raggiunge il picco a metà 2009…

…anche per l’accesso alla forma in “deroga”

quota sul totale delle posizioni lavorative (Figura 2.33). La recessione non sembra aver avuto effetti di rilievo su tale tendenza, che è proseguita senza particolari ac-celerazioni tanto nell’industria in senso stretto quanto nei servizi (dove peraltro la relativa quota risulta assai più alta), fino a raggiungere il 27 per cento alla fine del 2009. La trasformazione di posizioni da tempo pieno a tempo parziale non sem-bra, quindi, avere avuto un ruolo di rilievo nella riduzione del monte ore.

Anche la domanda di lavoro relativa alle posizioni con contratto di lavoro “a chiamata”, tipologia introdotta nel 2003 con la legge 30 allo scopo di fornire una disciplina giuridica alle prestazioni di lavoro dipendente discontinue e intermit-tenti, non sembra avere risentito della crisi, al punto che fra il 2008 e il 2009 il nu-mero delle posizioni è cresciuto di oltre l’80 per cento. Tuttavia, tale tipologia ri-guarda ancora un numero ridotto di posizioni (111 mila nel 2009), concentrate per lo più nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione, le quali, ricondotte a Ula, riguardano circa 23.500 unità.

Parte dell’onere dell’aggiustamento è stato, invece, trasferito alle agenzie di for-nitura di lavoro temporaneo, attraverso una drastica riduzione del ricorso all’uti-lizzo di lavoratori interinali, che era cresciuto rapidamente negli anni precedenti (Figura 2.33). L’inversione ciclica è stata registrata nel terzo trimestre del 2008,

Industria in senso stretto

0 2 4 6 8 10 12 14

I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV

2005 2006 2007 2008 2009

500 dipendenti e oltre Totale con 10 dipendenti

Servizi 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2

I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV

2005 2006 2007 2008 2009

500 dipendenti e oltre Totale con 10 dipendenti e oltre

Fonte: Istat, Indagine sull’occupazione, gli orari di lavoro e le retribuzioni nelle imprese dell’industria e dei servizi con

500 dipendenti e oltre; Rilevazione sulle ore lavorate e i posti vacanti (dati provvisori)

Figura 2.32 - Ore di cassa integrazione nelle imprese per dimensione - Anni 2005-2009 (incidenza percentuale sulle ore lavorate totali)

Aumenta il lavoro “a chiamata”

2. GLI EFFETTI DELLA CRISI SULLE IMPRESE

con un primo calo del numero delle posizioni di lavoro interinale, che si è poi in-tensificato all’inizio del 2009. Dopo un’ulteriore discesa, peraltro molto limitata, la fornitura di lavoro temporaneo ha registrato un discreto recupero nell’ultimo trimestre dell’anno, confermando la forte reattività di questa tipologia occupazio-nale alle condizioni del ciclo.

In definitiva, sebbene emerga un comportamento articolato del sistema delle im-prese nel processo di riduzione dell’input di lavoro, spicca il ruolo eccezionalmente rilevante assunto dalla Cig, che ha assorbito una quota molto elevata della parte di occupazione in eccesso rispetto alle necessità della produzione. La presenza, nella fa-se iniziale della ripresa, di questo ampio bacino di lavoro non utilizzato non può che prolungare gli effetti negativi della caduta dell’attività sul processo di creazione di posti di lavoro. Una conferma in tale senso viene dall’andamento recente del tasso di posti vacanti, che alla fine del 2009 è rimasto, sia nell’industria sia nei servizi, sui li-velli minimi toccati nel pieno della crisi economica, indicando una bassissima pro-pensione delle imprese ad attivare nuovi posti di lavoro (Figura 2.34).

4 8 12 16 20 24 28

Industria in senso stretto Servizi Totale Posizioni a tempo parziale (quote %)

70 80 90 100 110 120 130 140 150 160

I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV

2005 2006 2007 2008 2009

Lavoro interinale (media 2005=100)

Fonte: Istat, Rilevazione Oros

Figura 2.33 - Posizioni dipendenti a tempo parziale e posizioni di lavoro interinale nell’industria e nei servizi - Anni 2005-2009 (quote sul totale e numeri

in-dice media 2005=100)

I posti vacanti rimangono al minimo storico anche dopo l’uscita dalla crisi

2.5.2 L’impatto della crisi sui salari

Gli effetti negativi della crisi economica, emersi con forza a causa della progressiva riduzione della domanda di lavoro e quindi dell’occupazione, si sono naturalmente ri-flessi sull’evoluzione delle retribuzioni. Per un verso, il sistema delle relazioni indu-striali ha mantenuto un funzionamento ordinato, assicurando una dinamica del sala-rio contrattuale pro capite relativamente sostenuta e confermandosi poco sensibile agli andamenti ciclici dell’attività e del mercato del lavoro. Dall’altro, il forte peggio-ramento della situazione economica ha agito attraverso diversi canali, con il prevalere degli effetti di compressione delle componenti discontinue e variabili della retribu-zione. In termini aggregati, questi effetti hanno agito da freno, determinando un mar-cato rallentamento del ritmo di crescita delle retribuzioni di fatto per Ula, che è co-munque risultato superiore a quello dei prezzi al consumo, permettendo un qualche guadagno in termini di salario lordo reale.

Nel totale dell’economia, la massa salariale complessiva, misurata dalle retribu-zioni lorde della contabilità nazionale, ha subito lo scorso anno, per la prima vol-ta dal 1970, una variazione negativa, con un calo dello 0,6 per cento. Il risulvol-tato complessivo deriva da dinamiche settoriali assai difformi: la diminuzione è, infat-ti, soprattutto l’effetto della notevole contrazione (-5,7 per cento) registrata nel settore dell’industria in senso stretto. Negli altri grandi comparti, nonostante una netta attenuazione della dinamica rispetto agli anni precedenti, il valore comples-sivo delle retribuzioni ha comunque segnato una debole crescita con, in particola-re, un incremento dello 0,9 per cento nel complesso dei servizi.

La riduzione della massa salariale è stata, evidentemente, il portato del forte calo dell’occupazione dipendente, mentre la retribuzione lorda media per unità di lavoro (Ula) ha mantenuto una dinamica positiva, ancorché di lieve entità. Nell’insieme dell’economia, le retribuzioni per Ula sono cresciute nel 2009 del 2,1 per cento, con un significativo rallentamento rispetto all’anno precedente (+3,6 per cento).

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 100-118)