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Performance di crescita e sue componenti

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 29-39)

1.3 L’impatto sull’economia reale: crescita, occupazione, produzione,

1.3.1 Performance di crescita e sue componenti

Negli ultimi dieci anni l’economia italiana ha mostrato una capacità di crescita inferiore a quella sperimentata in precedenza e a quella media europea. Se si pren-de a riferimento il periodo 2001-2009, la performance di crescita italiana è la peg-giore tra i 27 paesi dell’Ue, oltre che rispetto a Stati Uniti e Giappone, e ciò è so-lo in parte dovuto all’effetto più marcato della crisi (Figura 1.12).

-20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Italia Gi appone Germani a P ortogal lo D a ni marca Ue m Franci a P aesi B a ssi Be lg io Ue 27 Mal ta A u stria R egno U ni to Sve zia USA Fi nl andi a U ngheri a S pagna S loveni a Lussemburgo Cip ro Irl anda Repubbl

ica Ceca Grecia Po

lo n ia E stoni a Lettoni a B ul gari a Li tuani a R omani a S lovacchia 2007/2000 2009/2007 2009/2000

Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat

Figura 1.12 - Crescita complessiva del Pil nel periodo 2001-2009 nei paesi Ue, negli Stati Uniti e in Giappone - Anni 2001-2007 e 2008-2009 (variazioni percentuali)

2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 2009 2008 2007 2006 2005 95 96 97 98 99 100 101 Dal 2000, l'economia italiana è quella che cresce meno nell'Ue

1. L’ECONOMIA ITALIANA ATTRAVERSO LA CRISI

In termini di valore aggiunto a prezzi correnti, l’Italia mostra una dinamica nel periodo 2001-2007 (cioè fino all’insorgenza della crisi) abbastanza in linea con quello medio europeo (Figura 1.13), mentre la crescita della Germania è pari a cir-ca la metà di quella del nostro Paese. Tale aumento è stato però bilanciato da una dinamica più sostenuta di prezzi e costi che, a sua volta, è indicativa di una perdi-ta di competitività complessiva dell’economia iperdi-taliana, nonosperdi-tante la sperdi-tagnazione dei salari reali (si veda il riquadro Il sistema dei prezzi in Italia).

Operando un confronto con le altri maggiori economie dell’Unione, la cresci-ta complessiva del valore aggiunto reale nel periodo 2001-2009 può essere scom-posta nei contributi provenienti dalla variazione dell’occupazione e della produtti-vità del lavoro (Tavola 1.3).5

65 70 75 -5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

Italia Francia Germania Regno Unito Spagna Ue Uem

2007/2000 2009/2007 2009/2000

Fonte: Eurostat, Conti nazionali

Figura 1.13 - Valore aggiunto nell'Ue(m) e nelle grandi economie europee - Anni 2001-2009, 2001-2007 e 2008-2009 (variazioni percentuali; prezzi correnti)

Valore

Occupazione + Ore lavorate (a) per occupato

Italia 1,3 3,2 8,3 -5,1 -1,9 Francia 12,2 1,8 4,3 -2,5 10,4 Germania 5,8 -3,0 2,9 -5,8 8,7 Regno Unito 13,7 0,8 4,5 -3,7 12,8 Spagna 22,4 10,6 16,6 -6,0 11,8 Italia 8,5 7,2 9,8 -2,7 1,3 Francia 13,4 3,1 5,6 -2,6 10,4 Germania 10,5 -1,4 1,5 -2,9 11,9 Regno Unito 19,1 3,9 6,5 -2,5 15,2 Spagna 25,9 18,9 25,7 -6,8 7,0 Italia -6,6 -3,7 -1,4 -2,3 -2,9 Francia -1,0 -1,2 -1,3 0,0 0,2 Germania -4,3 -1,6 1,4 -2,9 -2,7 Regno Unito -4,6 -3,0 -1,8 -1,2 -1,6 Spagna -2,8 -7,0 -7,2 0,3 4,2 2001-2007 2008-2009

Input di lavoro Produttività oraria

=

aggiunto +

Input di lavoro

PAESI

2001-2009

Tavola 1.3 - Crescita economica e mix tra occupazione e produttività nei pricipali paesi dell’Unione europea - Anni 2001-2009 (variazioni percentuali)

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Commissione europea, Conti nazionali

(a) Occupati totali di contabilità nazionale.

costi-La differenza nella performance relativa di crescita dell’Italia a prezzi correnti e in termini

reali, prospettata nella figura 1.13 e nella tavola

1.3, deriva da una dinamica di prezzi e costi più

sostenuta rispetto all’insieme dell’Uem e, in par-ticolare, di Germania e Francia. Nel periodo 2001-2009, in Italia il deflatore del valore ag-giunto è cresciuto di quasi il 26 per cento, accu-mulando un divario di 6,5 punti percentuali

ri-spetto alla media dell’Uem,6dei quali quasi due

nel biennio 2008-2009 di contrazione dell’atti-vità (Tavola 1.4).

In Italia, nell’arco del decennio, gli incre-menti dei deflatori sono sostenuti e riguardano tutte le componenti di domanda, con l’unica di-stinzione rilevante rappresentata dall’azzerarsi delle pressioni inflazionistiche importate nell’ul-timo biennio, a seguito del crollo delle quotazio-ni di energia e materie prime.

Il differenziale positivo di quasi quattro pun-ti percentuali del deflatore nella componente dei consumi delle famiglie, tra il nostro Paese e la

L’andamento del sistema dei prezzi in Italia

N

media Uem, è di particolare rilievo non solo a causa del peso che tale aggregato ha sul Pil, ma anche perché riflette la dinamica differenziale tra componente nominale del reddito e potere d’acquisto delle famiglie (si veda il paragrafo 1.3.3) e, per questa via, un aspetto importante nell’erosione della competitività di sistema attra-verso i prezzi relativi. Per il solo deflatore dei consumi delle famiglie il differenziale è pari a oltre dieci punti con la Germania e sette con la Francia, mentre si osserva un differenziale nega-tivo nei confronti della Spagna, dove la doman-da per consumi delle famiglie è stata molto più sostenuta (si veda il paragrafo 1.3.2) e il livello iniziale dei prezzi in euro era inferiore agli altri paesi. Tali differenze sussistono, in forma legger-mente attenuata, anche nell’andamento dell’in-dice armonizzato dei prezzi al consumo, il qua-le segnala come perfino nel biennio 2008-2009 i prezzi siano cresciuti in Italia al ritmo più ele-vato tra tutte le maggiori economie dell’Unione monetaria (Tavola 1.5).

Tavola 1.5 - Uem e grandi economie dell’Unione: deflatore dei consumi delle famiglie e indice armonizza-to dei prezzi al consumo - Anni 2001-2009 (variazioni percentuali armonizza-totali e medie annue)

Deflatore (a)

Variazioni totali Variazioni totali

2001-2009 2001-2009 2001-2009 2001-2007 2008-2009 Italia 23,2 22,8 2,3 3,0 2,1 Francia 16,1 18,2 1,9 2,4 1,6 Germania 12,9 16,0 1,7 2,1 1,5 Spagna 29,3 29,4 2,9 3,8 1,9 Uem 19,3 20,7 2,1 2,7 1,8

PAESI Variazioni percentuali medie annue

Prezzi al consumo

Consumi Consumi Inv. lordi Export Import Valore Pil Consumi Valore Pil

finali famiglie aggiunto famiglie aggiunto

2001-09 24,5 23,2 24,6 26,5 20,7 26,9 25,9 3,9 6,5 5,5

2001-07 19,9 19,6 19,8 21,0 20,4 19,8 20,0 3,6 4,1 3,5

2008-09 3,8 3,0 4,0 4,5 0,2 5,9 4,9 0,2 1,9 1,6

ANNI

Andamento dei deflatori in Italia Differenziali Italia–Uem Tavola 1.4 - Deflatori delle componenti della domanda, del valore aggiunto e Pil in Italia e differenziali

con l’Uem - Anni 2001-2009 (variazioni percentuali e punti percentuali)

Fonte: Eurostat, Conti nazionali

6Il confronto migliora di circa un punto considerando il Pil, cioè l’andamento al lordo dell’impatto delle imposte indirette.

Fonte: Eurostat

1. L’ECONOMIA ITALIANA ATTRAVERSO LA CRISI

L’evoluzione comparata degli indici armoniz-zati dei prezzi al consumo permette di indivi-duare gli ambiti in cui è maturato il differenzia-le e differenzia-le aree che hanno contribuito a contenerlo. In assoluto, l’inflazione in Italia ha registrato una tendenza di fondo solo lievemente più intensa ri-spetto a quella media dei paesi dell’Uem, ma an-che alcune differenze sostanziali rispetto ai paesi con una propensione inflazionistica storicamente bassa. Ad esempio, il confronto diretto per gli an-damenti complessivi e di alcuni aggregati di spe-sa in Italia e in Germania per l’intero periodo 2001-2009 (Figura 1.14A) mostra che l’econo-mia tedesca è riuscita a mantenere una dinamica dei prezzi dei servizi analoga a quella dei beni, mentre in Italia le tendenze dei due aggregati di-vergono in misura significativa. Nell’ambito dei beni, il confronto con un’inflazione tedesca quasi nulla nell’aggregato dei beni industriali non energetici e appena negativa nello specifico com-parto dell’abbigliamento e calzature è indizio di una minor efficienza del sistema della distribu-zione in Italia. Un differenziale simile si riscon-tra anche nell’aggregato degli alimentari.

Nel-l’ambito dei servizi, le differenze più importanti emergono per gli aggregati dei servizi finanziari, delle assicurazioni, dei servizi alla persona e di quelli ricreativi. Questi aggregati, alcuni dei quali caratterizzati da mercati con condizioni concorrenziali limitate, in Italia hanno registra-to aumenti di prezzo tra i più rilevanti, e contri-buito a determinare una dinamica relativamen-te più sosrelativamen-tenuta dell’inflazione al consumo; un contributo in senso opposto è venuto dai servizi di

comunicazione7 e da aggregati con forti

compo-nenti amministrative, quali quelli di salute, istruzione ed energia.

Considerando il ruolo delle diverse componen-ti nell’inflazione italiana (Figura 1.14B), infine, può notarsi come nel periodo tra l’autunno del 2008 e la prima metà del 2009 l’effetto di disin-flazione indotto dalla discesa dei prezzi all’origi-ne sia stato attenuato dalla presenza di elementi di rigidità dei prezzi del comparto alimentare (che non hanno registrato i cali emersi altrove) e in alcuni settori dei servizi, caratterizzati da au-menti significativi nonostante la debolezza della domanda. 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 Ge n e ra le B eni Se rv iz i Ind.non ener g. Alim e n ta ri A bb. e c a lz at. P er s onal i A ffi tti R ic reati v i A ssi cu ra z. F inanz iar i Sa lu te Is tr uz ione E ner gi a Germania Italia S er v .c omuni c az ione

A. Inflazione in Italia e Germania

Beni Servizi

INDICI Aum. differenziale Rid. differenz.

Fonte: Eurostat, Istat

Figura 1.14- A. Indici armonizzati dei prezzi al consumo in Italia e Germania - Anno 2009 (indici base

2000=100; indice generale e aggregati selezionati) B. Indici dei prezzi al consumo in Italia e

contributo delle componenti di spesa - Gennaio 2005-marzo 2010 (variazioni tendenziali)

-2 -1 0 1 2 3 4

gen-05 gen-06 gen-07 gen-08 gen-09 gen-10 -9 -6 -3 0 3 6 9 Servizi Energetici Alimentari Altri beni

Indice generale Pr. Produzione (sc.dx) B. Contributi all'inflazione in Italia

8Si ricorda che nella tavola 1.3 e nel testo si fa riferimento agli occupati totali stimati dalla conta-bilità nazionale e non a quelli rilevati nell’indagine sulle forze di lavoro (si veda, nel glossario, la voce Occupazione). 95 100 105 110 115 120 125 130 2000 2002 2004 2006 2008 2010 Italia Francia Germania R. Unito Spagna t1:08 t2:08 t1:08 t1:08 t1:08 t1:09 t2:09 t3:09 t4:09 t1:09 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0

Germania Italia R. Unito Spagna Francia 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45

Caduta (var. %) Durata (trimestri) Trim.persi Caduta (var.%) e

durata (trimestri) trimestri persi (a t4:09)

Fonte: Istat, Eurostat, Insee, Destatis, Ine (aggiornato al 12 maggio 2010)

Figura 1.15 - Profilo di crescita del Pil nelle maggiori economie Ue - T1:2000-T1:2010 (numeri indice 2000=100;

sinistra). Durata ed entità della caduta - Anni 2008-2009 (trimestri e variazioni percentuali; destra) Il valore aggiunto

ritorna ai livelli di fine 2000…

… e la produttività del lavoro è arretrata anche nella fase espansiva

In tale periodo la crescita dell’Italia è decisamente inferiore rispetto a tutte le al-tre grandi economie. Una buona parte del differenziale con Francia e Germania, tut-tavia, si è prodotto nel biennio 2008-2009, mentre la performance del periodo 2001-2007, pure molto modesta, è stata solo di poco inferiore a quella della Ger-mania (fino al 2006, anzi, superiore). Come risultato di questa evoluzione il valore aggiunto reale dell’economia italiana alla fine del 2009 si collocava allo stesso livello dell’ultimo trimestre del 2000. Si tratta di un arretramento di 36 trimestri, sensibil-mente più grave di quello dei nostri partner: dai 13 trimestri della Francia ai 16 del Regno Unito (Figura 1.15).

In Italia, nel periodo 2001-2007 alla crescita del valore aggiunto ha corrisposto un’espansione dell’occupazione più marcata che in Francia e Regno Unito e para-gonabile a quella della Spagna,8consentendo di attenuare il differenziale con gli al-tri paesi nei tassi di occupazione, storicamente bassi sia in Italia sia in Spagna (si veda il paragrafo 1.3.3). Di riflesso, in Italia la produttività del lavoro ha avuto un incremento modestissimo ed è addirittura diminuita se misurata rispetto agli oc-cupati; in Germania, invece, l’input di lavoro nell’economia (le ore di lavoro com-plessive) è diminuito anche nel corso dell’espansione. La stagnazione della pro-duttività del lavoro, a parità di distribuzione del reddito, implica anche quella sa-lariale e, al tempo stesso, è indicativa di una crescente debolezza dell’economia (questi temi saranno discussi con maggior dettaglio nei paragrafi 2.2.2 produttività, 2.5.2 andamento salariale, 4.2 sostenibilità economica, di questo Rapporto).

Nel biennio 2008-2009, la marcata contrazione del valore aggiunto si è tradotta in una diminuzione notevole della produttività oraria (-2,9 per cento) che, cresciuta poco in precedenza, è scesa sotto il livello del 2000. La produttività è caduta brusca-mente anche in Germania e, in misura più contenuta, nel Regno Unito, mentre è sa-lita del 4,2 per cento in Spagna, dove alla discesa di minore entità del valore aggiun-to è corrisposta una forte contrazione dell’occupazione (meno 7,2 per cenaggiun-to).

1. L’ECONOMIA ITALIANA ATTRAVERSO LA CRISI

Spostando l’attenzione sulla dinamica delle principali componenti della doman-da, si osserva come il basso ritmo di crescita dell’economia italiana nel periodo 2001-2007 sia, come in Germania, il portato della debolezza della domanda interna, al quale si aggiunge, per buona parte del periodo, un andamento più sfavorevole degli scambi con l’estero. Sebbene le esportazioni abbiano trainato la ripresa del periodo 2006-2007 in corrispondenza della forte espansione del commercio mondiale (si ve-dano i paragrafi 1.3.2 e 2.4), per l’insieme del periodo in Italia la domanda estera netta ha offerto un contributo negativo alla crescita, in presenza di un apporto dei consumi privati di appena 0,5 punti percentuali all’anno, contro 1,4 e 2,1 punti in Francia e in Spagna, rispettivamente. Anche il contributo degli investimenti fissi lor-di è stato minore in Italia (0,4 punti percentuali) rispetto a Francia e Spagna (0,6 e 1,5 punti percentuali).

Del tutto diverso è il caso della Germania, dove il debole sostegno della doman-da interna (con un contributo di appena 0,2 punti percentuali dei consumi e nullo degli investimenti) è stato compensato da una dinamica molto vivace delle esporta-zioni, che si è tradotta in un contributo medio annuo della domanda estera netta al-la crescita del Pil di 1,1 punti percentuali; tale componente ha, invece, agito da fre-no alla crescita in tutti gli altri paesi (Figura 1.16). Nel caso dell’Italia, come si vedrà nel paragrafo 2.2.2, la debolezza della domanda si è tradotta in un andamento rela-tivamente stagnante dell’attività in tutti i settori, cui è corrisposta una trasformazio-ne modesta della struttura economica.

-2 -1 0 1 2 3 4 5

Cons. privati Cons. collettivi Inv. fissi lordi Italia -3 -2 -1 0 1 2 3 4 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Esportazioni beni e servizi

Uem Italia Germania Francia Spagna -3 -2 -1 0 1 2 3 4

Importazione beni e servizi Domanda estera netta -2 -1 0 1 2 3 4 5

Var. scorte Domanda estera netta Pil Grandi Uem (medie)

Contributi di importazioni ed esportazioni di beni e servizi

Fonte: Elaborazione su dati Istat ed Eurostat, Conti nazionali

Figura 1.16 - Crescita del Pil e contributo delle componenti di domanda nel periodo 2000-2007: andamenti annui in Italia (sinistra) e confronto con Germania, Francia, Spagna e totale Uem (tassi medi di

crescita e contributi - destra); contributi di importazioni ed esportazioni (in basso)

2001-2007: in Italia la domanda interna è debole come in Germania… ...ma le esportazioni nette trainano la crescita in Germania, non in Italia

2008 2009 2008 2009 2008 2009 2008 2009 2008 2009

Consumi finali -0,3 -0,9 0,9 0,8 0,6 0,7 0,7 -2,0 0,7 -0,2

Consumi delle famiglie e ISP -0,5 -1,0 0,6 0,5 0,2 0,1 -0,3 -2,8 0,2 -0,6

Consumi della PA 0,2 0,1 0,3 0,3 0,4 0,5 1,0 0,7 0,4 0,5

Investimenti fissi lordi -0,8 -2,5 0,1 -1,5 0,6 -1,7 -1,4 -4,4 -0,1 -2,3 Domanda interna al netto delle scorte

e oggetti di valore -1,1 -3,4 1,0 -0,6 1,2 -1,0 -0,7 -6,4 0,5 -2,5 Variazione delle scorte e oggetti di valore -0,3 -0,4 -0,3 -0,5 0,5 -0,9 0,1 0,0 0,1 -0,9 Domanda interna -1,5 -3,8 0,7 -1,1 1,6 -1,9 -0,5 -6,4 0,6 -3,4 Domanda estera netta 0,1 -1,2 -0,3 -0,1 -0,4 -3,0 1,4 2,8 0,0 -0,7

Esportazioni -1,1 -5,5 -0,2 -3,2 1,3 -6,7 -0,3 -3,0 0,4 -5,4

Importazioni (-) -1,3 -4,3 0,2 -3,1 1,7 -3,7 -1,7 -5,8 0,4 -4,7

Prodotto interno lordo -1,3 -5,0 0,4 -2,2 1,3 -5,0 0,9 -3,6 0,6 -4,1

AGGREGATI

Uem Italia Francia (a) Germania Spagna

Tavola 1.6 - Contributo delle componenti della domanda alla crescita del Pil nei principali paesi Uem - Anni 2008-2009 (valori percentuali)

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Eurostat, Insee

(a) Per la Francia i dati relativi al 2009 sono stati calcolati dai conti trimestrali (destagionalizzati a prezzi costanti 2000).

9Ciò è avvenuto nonostante l’aumento degli acquisti di autoveicoli e motocicli (+5,2 per cento), sostenuti dagli incentivi statali alla rottamazione. Le spese per beni non durevoli, generalmente meno toccate dal ciclo economico, si sono ridotte dell’1,9 per cento, anche se si segnala un’ulteriore flessio-ne del 3,5 per cento della spesa alimentare, dopo due anni di cali consecutivi (-0,2 per cento flessio-nel 2007, -2,8 per cento nel 2008). Tra gli acquisti di servizi, le diminuzioni più cospicue riguardano quelli telefonici e postali (-5,3 per cento) e quelli alberghieri e di ristorazione (-2,7 per cento).

2009: i consumi delle famiglie restano positivi in Francia e Germania… …ma scendono in Italia e Spagna

La maggiore ampiezza della caduta del Pil nel biennio 2008-2009, che ha carat-terizzato l’Italia rispetto alle altre grandi economie dell’Uem, è stata in buona parte determinata dal risultato negativo del 2008 (-1,3 per cento, contro il +0,6 della me-dia Uem), frutto essenzialmente della contrazione della domanda per consumi e per investimenti, accompagnata da un apporto quasi nullo delle esportazioni nette. Nel 2009, la riduzione delle componenti di domanda è stata pressoché generalizza-ta e ha assunto andamenti simili in Igeneralizza-talia e nella media Uem, con una differenza si-gnificativa solo nel caso dei consumi finali, diminuiti in misura maggiore nel nostro Paese (Tavola 1.6).

La componente privata della spesa per consumi ha subito in tutta Europa i con-traccolpi della crisi, ma l’ampiezza dell’effetto depressivo è stata molto diversa, an-che perché contrastata, in alcuni paesi, da ampie misure di sostegno alla domanda. Nel 2009, il contributo della spesa delle famiglie alla crescita del Pil dell’Uem è sta-to negativo (-0,6 punti percentuali), per la prima volta dalla formazione dell’area monetaria. Tuttavia, in Francia e Germania l’apporto alla crescita, seppur in forte rallentamento, è rimasto positivo (0,5 e 0,3 punti percentuali, rispettivamente), mentre in Italia (-1,0 punti percentuali) e, in misura più marcata, in Spagna (-2,8 punti percentuali) i consumi hanno contribuito alla caduta del Pil, rifletten-do (come si vedrà nel paragrafo 1.3.3) dinamiche differenziate nel reddito delle fa-miglie e comportamenti di consumo disomogenei.

In Italia la contrazione dei consumi è stata la risultante di una caduta in termi-ni reali del 3,0 per cento nella spesa complessiva per l’acquisto dei betermi-ni e dello 0,8 per cento in quella relativa ai servizi. La crisi ha colpito soprattutto le spese per be-ni semi-durevoli e durevoli (rispettivamente -5,5 e -3,7 per cento).9La stagnazio-ne dei consumi privati stagnazio-nel nostro Paese è iniziata già dalla seconda metà del 2007, con un marcato peggioramento dal secondo trimestre 2008 e una lieve ripresa a fi-ne 2009, che ha colmato parte del differenziale di crescita con la media Uem. In Spagna, la caduta ha avuto inizio da metà 2007, mentre i consumi privati in Fran-cia e Germania hanno mantenuto un profilo positivo, anche grazie agli effetti del-le politiche d’incentivo (Figura 1.17).

1. L’ECONOMIA ITALIANA ATTRAVERSO LA CRISI

Nel 2009, le politiche di spesa dei governi volte a fronteggiare la crisi hanno avuto un ruolo importante nel sostegno dell’attività nell’Uem: per l’insieme del-l’area, i soli consumi diretti della pubblica amministrazione hanno assicurato un contributo di 0,5 punti percentuali alla crescita del Pil. Anche in questo caso, tut-tavia, emergono differenze significative tra le maggiori economie, con apporti che vanno da un massimo di 0,7 punti percentuali in Spagna, a un minimo di 0,1 in Italia (si veda il paragrafo 1.4).

La crisi, come in precedenti episodi recessivi di grande ampiezza, ha colpito in mi-sura drammatica la domanda per investimenti. L’arresto del processo di accumulazio-ne del capitale ha riguardato, sebbeaccumulazio-ne con intensità diverse, tutte le principali econo-mie dell’area (si veda il riquadro Profitti e investimenti delle società non finanziarie). Nel nostro Paese la crisi del ciclo di accumulazione ha avuto inizio già nel primo trimestre del 2007, proseguendo fino alla fine dello scorso anno, mentre nelle altre maggiori economie europee è iniziata intorno alla prima metà del 2008. Nel solo 2009, gli in-vestimenti fissi lordi hanno sottratto 2,3 punti percentuali alla crescita dell’Uem, con effetti particolarmente ampi in Spagna (-4,4 punti) e in Italia (-2,5 punti, pari alla metà della caduta del Pil). Corrispondentemente, la profondità della caduta ciclica degli investimenti è stata maggiore in Italia che nella media dell’Uem, con una lieve attenuazione del divario nell’ultima parte del 2009 (Figura 1.17). L’interruzione del processo di accumulazione del capitale ha riguardato tutte le categorie di investimen-to: nel nostro Paese, le spese per l’acquisto di macchinari e attrezzature e per mezzi di

Fonte: Eurostat

Figura 1.17 - Principali componenti di domanda in volume in Italia e nelle maggiori economie dell’Uem e differenziale Italia-Uem - t1:07-t4:09 (numeri indice base T1:07=100 e punti percentuali)

70 80 90 100 110 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2007 2008 2009 -20 -15 -10 -5 0 5

Diff-Italia Uem (sc. dx) Italia Esportazioni 70 80 90 100 110 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2007 2008 2009 -20 -15 -10 -5 0 5

Francia Germania Spagna Importazioni 95 98 100 103 105 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2007 2008 2009 -6 -4 -2 0 2 4 6 Consumi privati 75 80 85 90 95 100 105 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 2007 2008 2009 -8 -4 0 4 8 Investimenti fissi lordi

Crollo degli investimenti in tutte le maggiori economie dell'Uem…

trasporto hanno subito le diminuzioni maggiori (rispettivamente -18,4 e -15,2 per cento), mentre il calo dei beni immateriali è stato più contenuto (-5,4 per cento). An-che la contrazione degli investimenti in costruzioni è stata forte: dopo un calo del 3,4 per cento nel 2008, nel 2009 la caduta è stata pari al 7,9 per cento (Tavola A.1.2).

La repentina flessione della domanda estera ha colpito con maggiore inten-sità le economie europee più esposte sui mercati internazionali, ma l’effetto della caduta delle esportazioni è stato in alcuni casi compensato dalla diminu-zione delle importazioni. Nel 2009, il contributo della domanda estera netta al-la variazione del Pil è stato negativo per 1,2 punti percentuali in Italia e per 3 in Germania. In Spagna invece, la netta diminuzione delle importazioni ha condotto a un forte miglioramento del saldo, con un contributo positivo di 2,8 punti (Figura 1.16).

Il profilo ciclico delle importazioni di beni e servizi è stato caratterizzato, in Ita-lia, da una tendenza negativa piuttosto marcata e regolare sin dalla fine del 2007, seguita da una repentina accelerazione della caduta tra il quarto trimestre del 2008 e il primo del 2009 (-5,2 e -9,7 per cento rispettivamente), per effetto della reces-sione industriale e del crollo degli investimenti. Un andamento simile si è registra-to in Spagna, mentre in Francia e Germania il calo è staregistra-to più contenuregistra-to. In tutte le maggiori economie dell’area vi è stata una risalita delle importazioni negli ultimi due trimestri del 2009, segno del parziale recupero dell’attività.

Nel nostro Paese, la discesa delle esportazioni di beni e servizi in volume è stata analoga a quella dell’area Uem, ma più accentuata, culminando con una variazione congiunturale del -8,0 per cento nel quarto trimestre del 2008 e -11,3 per cento nel primo del 2009. Rispetto all’Italia, la diminuzione delle esportazioni degli altri grandi paesi dell’area è iniziata più tardi ed è stata complessivamente meno ampia, pur seguendo un profilo simile (Figura 1.17).

L’andamento congiunturale del Pil in tutte le maggiori economie dell’Uem è stato caratterizzato, a cavallo tra 2008 e 2009, da una caduta molto marcata, effetto cumulato della contrazione delle principali componenti di domanda osservata sopra (Figura 1.17). Nell’arco di due trimestri (quarto 2008 e primo 2009) si sono registrate diminuzioni dell’ordine del 6 per cento in Germania,

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 29-39)