• Non ci sono risultati.

Criticità dell’occupazione femminile

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 149-157)

Capitolo 3 - Gli effetti della crisi su individui e famiglie

3.2 Crisi e mercato del lavoro

3.2.6 Criticità dell’occupazione femminile

Tra il 1996 e il 2008 il tasso di occupazione delle donne era aumentato dal 38,2 al 47,2 per cento: parallelamente, la quota delle occupate era cresciuta dal 36,4 al 39,9 per cento del totale, con una diminuzione delle differenze di genere nell’oc-cupazione. Interrompendo questa tendenza favorevole, nel 2009 il tasso di occu-pazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è ridisceso al 46,4 per cento, in progressi-vo peggioramento nel corso dell’anno (-0,6 punti percentuali nel primo semestre e -1,1 punti nel secondo).

Il tasso di occupazione delle donne residenti in Italia è ancora molto lontano da quello dell’Ue (pari al 58,6 per cento nel 2009) e superiore solo al dato relativo a Malta (37,7 per cento). La distanza dalla media europea rimane pressoché invariata rispetto al 1996, ed è decisamente più ampia di quella della componente maschile. In Italia, inoltre, le donne entrano più tardi nel mercato del lavoro rispetto agli

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64

Titolo di studio Ue- Basso (a) Titolo di studio Ue- Medio (b) Titolo di studio Ue- Alto (c) Titolo di studio Italia- Basso (a) Titolo di studio Italia- Medio (b) Titolo di studio Italia - Alto (c) Fonte: Eurostat, Labour force survey

(a) Titolo di studio basso comprende: nessun titolo di studio, scuola primaria e secondaria di primo grado (Isced Livello 0-2). (b) Titolo di studio medio comprende: i titoli di studio di secondo grado (Isced Livello 3-4).

(c) Titolo di studio alto comprende: i titoli di livello terziario (universitaro e non universtiario) e il dottorato di ricerca (Isced Livello 5-6),

Figura 3.14 - Tasso di occupazione femminile 15-64 anni per classe di età e livello di istruzione in Italia e nell’Unione europea - Anno 2009 (valori percentuali)

… e quelli sottoinquadrati Il tasso di occupazione femminile è ancora lontano dalla media Ue

altri Paesi europei, al punto che, nella classe di età tra i 20 e i 24 anni, il divario a sfavore dell’Italia rispetto alla media della Ue (48,6 per cento nel 2009) è di di-ciannove punti percentuali. La distanza quasi si dimezza nei tassi di occupazione della fase adulta del ciclo della vita lavorativa: l’indicatore raggiunge in Italia il va-lore più elevato (62,4 per cento) per le donne di 35-39 anni, anche se i tassi di oc-cupazione specifici italiani si mantengono sistematicamente al di sotto di quelli dell’insieme dei paesi dell’Ue.

Un fattore fondamentale che spiega le persistenti differenze tra l’Italia e gli al-tri paesi europei risiede nei bassi tassi di occupazione delle donne con titolo di stu-dio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore, mentre, dopo le iniziali difficoltà, le laureate italiane risultano altrettanto occupate delle laureate degli al-tri principali paesi dell’Ue (Figura 3.14). Complessivamente, il tasso di occupa-zione delle donne italiane con il titolo di studio più elevato (72,3 per cento) è in-feriore di 7,5 punti percentuali a quello dell’Ue, ma la distanza si riduce al cresce-re dell’età, al punto che nella classe di età tra i 35 e i 39 anni è di poco più di un punto percentuale e rimane contenuta nelle successive.

Il tasso di occupazione delle diplomate italiane (57,4 per cento) si colloca a un livello di circa sei punti percentuali inferiore a quello dell’Ue; anche in questo caso la maggiore differenza è legata alle difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro per le donne fino ai trenta anni; la differenza si riduce, ma non si annulla, nelle classi di età successive. Ancora peggiore appare la situazione per le donne con al più la li-cenza media, il cui tasso di occupazione, pari nel 2009 al 28,7 per cento, è partico-larmente basso se confrontato con quello dell’Unione europea (37,7 per cento).

Un ulteriore fattore critico risiede nelle difficoltà a conciliare lavoro e tempi di vita, come si può inferire dalla correlazione inversa tra tassi di occupazione fem-minili italiani e numero dei figli (Tavola 3.12).

Nella classe tra i 25 e i 54 anni, l’Italia si caratterizza per un tasso di occupa-zione femminile più basso di quello europeo per le donne con o senza figli: il

tas-3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

Totale Nessuno Uno Due Tre o più

Italia 65,0 60,6 54,8 42,6 60,2 Francia 81,3 79,0 78,4 58,2 77,4 Germania 81,6 76,8 70,3 51,1 76,4 Regno Unito 82,7 76,1 71,4 50,4 75,2 Spagna 71,3 65,2 61,1 52,2 65,9 Unione europea 76,7 72,4 69,2 55,0 72,0 Italia 21,2 30,7 37,7 38,8 28,2 Francia 20,4 26,5 38,1 49,1 29,0 Germania 29,6 58,9 74,1 77,7 46,7 Regno Unito 20,9 45,3 58,5 64,4 37,9 Spagna 15,4 25,3 27,3 31,3 21,7 Unione europea 20,3 30,6 39,1 45,1 28,9 Italia 4,9 4,5 5,2 7,0 4,9 Francia 18,4 17,7 21,0 25,2 19,4 Germania 12,3 12,5 16,6 20,6 13,4 Regno Unito 24,2 23,5 25,8 26,0 24,5 Spagna 5,2 5,1 7,0 7,5 5,7 Unione europea 12,2 11,2 13,7 17,5 12,6 PART TIME LAVORO DA CASA PAESI TASSO DI OCCUPAZIONE Numero di figli

Tavola 3.12 - Occupate 25-54 anni per numero di figli: tasso di occupazione, incidenza del part time e del lavoro da casa in alcuni paesi dell’Unione europea - Anno 2008 (valori percentuali, incidenze percentuali)

Fonte: Eurostat, Labour force survey

Soltanto il 29 per cento delle donne con la licenza media ha un’occupazione

so di occupazione delle donne senza figli in Italia è il 65 per cento, dodici punti in meno della media europea e prossimo solo a quello della Grecia, e il divario au-menta in presenza dei figli,6superando i quattordici punti percentuali per le don-ne con due figli (69,2 e 54,8 per cento rispettivamente don-nell’Ue e in Italia). Nel no-stro Paese, assumendo come base le donne senza figli, la distanza nei tassi di occu-pazione è di quattro punti percentuali per quelle con un figlio, di 10 per quelle con due figli e di 22 punti per quelle con tre.

Il minore utilizzo in Italia di taluni strumenti di flessibilità e di conciliazione, come il part time e il lavoro da casa, rendono ulteriormente problematico lo svi-luppo della partecipazione al lavoro delle donne: l’occupazione femminile italiana in part time (27,9 per cento nel 2009) continua a collocarsi al di sotto di quella dell’Ue (31,0 per cento). Risalta comunque – sia in ambito europeo sia in Italia – la progressiva diffusione del part time in presenza dei figli: per le occupate tra i 25 e i 54 anni con un figlio la quota supera quella delle omologhe senza figli (30,6 e 20,3 per cento nell’Unione europea; 30,7 e 21,2 per cento in Italia). Tuttavia, la distanza tra Italia e media europea si fa più consistente al crescere del numero di figli: la quota di occupate in Italia è inferiore alla media europea di 1,4 punti per le donne con due figli e di 6,3 per quelle con tre o più figli.

NORD 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 CENTRO 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 MEZZOGIORNO 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64

Basso Medio Alto

ITALIA 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64

Basso Medio Alto

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

Figura 3.15 - Tasso di occupazione femminile per età, livello d’istruzione e ripartizione geografica - Anno 2009

(valori percentuali)

6Ci si riferisce alle donne adulte con l’esclusione delle nubili conviventi con i propri genitori.

In Italia il part time femminile è ancora sotto la media Ue…

Sempre con riferimento alla classe di età tra i 25 e i 54 anni, la quota di donne che svolge il lavoro da casa è nettamente inferiore nel nostro Paese rispetto alla me-dia e agli altri principali paesi dell’Unione europea: in Italia le quote sul totale del-l’occupazione femminile sono modeste (4,5 per cento tra le occupate con un fi-glio, 5,2 per cento con due figli, 7,0 per cento con tre o più figli).

Gli aspetti critici illustrati (contenuti tassi di occupazione delle donne con bassi titoli di studio e di quelle con figli) si aggravano quando associati alla situazione del Mezzogiorno, dove il tasso di occupazione delle donne con basso titolo di studio è del 17 per cento, la metà di quello del Centro-Nord e le diplomate presentano un tasso di occupazione del 40 per cento (Figura 3.15). Solo le donne con un titolo di studio universitario raggiungono un tasso di occupazione del 64 per cento.

Nella stessa area, anche il divario tra tasso di occupazione delle donne7tra i 25 e i 54 anni con figli (35,2 per cento) e quello delle donne senza figli è più alto: il primo rappresenta circa i due terzi del secondo. Nel Centro-Nord, il tasso di oc-cupazione delle madri è più elevato (65,9 per cento) e corrisponde a circa l’80 per cento di quello delle donne senza figli. Per le donne con figli del Mezzogiorno, il titolo di studio si riflette in misura sensibile sui tassi di occupazione: quello delle laureate è triplo rispetto a quello delle madri con al più il possesso del diploma di scuola media inferiore. Nel Nord e nel Centro i valori sono più vicini.

L’impatto della crisi è stato particolarmente forte sull’occupazione femminile nel Mezzogiorno, che ha assorbito quasi la metà del calo complessivo (105 mila unità). I dati longitudinali lo confermano: per ogni 100 donne occupate nel pri-mo trimestre 2008, 14 transitano, a distanza di un anno, nella condizione di non occupazione (nella media italiana, 10 per le donne e 7 per gli uomini). La crisi ac-centua la difficoltà di occupazione delle donne con titoli di studio che si fermano alla scuola media: tra il 2008 e il 2009 le occupate con titolo di studio basso di-minuiscono di 111 mila unità. Nella componente longitudinale, le transizioni ver-so la non occupazione delle donne con licenza elementare risultano doppie in con-fronto alla media italiana (21,2 per cento tra il primo trimestre 2008 e il primo tri-mestre 2009) e di poco più elevate, sempre rispetto alla media italiana, per quelle con la licenza di scuola media (12,4 per cento).

Le madri in coppia presentano un tasso di occupazione più basso rispetto alle donne con altri ruoli familiari; per quelle tra i 25 e i 54 anni il tasso di occupazio-ne diminuisce, occupazio-nel 2009, di un punto rispetto ad un anno prima, portandosi al 52,9 per cento. Nemmeno gli altri ruoli vengono risparmiati dalla crisi: per esem-pio, il tasso di occupazione delle figlie diminuisce di 2,3 punti percentuali.

La fase recessiva colpisce con particolare intensità le figure più deboli del mer-cato del lavoro: nel 2009 le donne occupate a tempo determinato sono diminuite di 78 mila unità: la flessione dell’occupazione femminile, ancorché più intensa nel Mezzogiorno, interessa tutto il territorio nazionale e, nel corso dell’anno, si accen-tua nelle regioni settentrionali. Il peggioramento di fine anno tocca anche il tasso di occupazione delle donne con titolo di studio universitario, che su base annua cala di 2,5 punti percentuali nell’ultimo trimestre.

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

…. come pure la quota di donne 25-54enni

che svolge il lavoro da casa

7Escluse le figlie nubili conviventi con i genitori.

Metà della flessione del lavoro femminile colpisce

L’ampliarsi della partecipazione delle donne al mercato del lavoro coinvolge anche gruppi professio-nali dove sono meno presenti. Tra il 2004 e il 2008, le occupate aumentano di oltre 124 mila unità nelle professioni tecniche in campo amministrativo, finan-ziario e commerciale e di quasi 122 mila tra i tecnici nelle scienze fisiche, naturali, dell’ingegneria, della salute e della vita. La presenza femminile aumenta del 22 per cento tra le professioni a elevata specializ-zazione (esclusi medici e docenti) e del 9 per cento tra le lavoratrici nelle professioni intermedie dei servizi personali. Rilevante è anche l’aumento delle impren-ditrici e delle dirigenti di impresa, che passano da 228 mila nel 2004 a quasi 257 mila nel 2008. Tra le professioni operaie, a forte predominanza maschile, la componente femminile tende invece a ridursi ulte-riormente, in particolare tra i manovali dell’indu-stria, i meccanici di precisione e gli artigiani artistici. In sintesi, l’occupazione femminile è andata pro-gressivamente rafforzandosi in settori di lavoro quali-ficati, dove è richiesto un livello di competenze eleva-to. L’innalzamento del livello d’istruzione ha favorito l’inserimento delle nuove occupate soprattutto nel-l’ambito dei cosiddetti colletti bianchi ad alta specia-lizzazione,8dove sono aumentate di quasi 421 mila unità, arrivando a rappresentare nel 2008 più del 40 per cento del totale dell’occupazione femminile (è il 34 per cento tra i maschi) (Tavola 3.13)

In questo quadro, il peggioramento delle condizio-ni del mercato del lavoro macondizio-nifestatosi nel corso del 2009 ha inferto una battuta d’arresto alla crescita femminile nelle professioni più qualificate, al punto che tra i colletti bianchi ad alta specializzazione si as-sistite a un calo di oltre 160 mila unità. Estendendo l’analisi a tutti i raggruppamenti professionali, il 2009 si caratterizza per una ripresa del fenomeno della segregazione di genere,9il cui indicatore – dopo

Segregazione femminile

nelle professioni

essere rimasto stabile nel periodo 2004-2008 (0,87) – sale nel 2009 a 0,90.

L’aumento dell’indice di segregazione è da impu-tare principalmente a due fattori: l’espansione della presenza maschile nei gruppi dei colletti blu e degli imprenditori e dirigenti d’impresa; il rafforzamento della presenza delle donne nelle professioni già relati-vamente più femminilizzate. Più nel dettaglio, nel 2009 aumentano i contributi specifici in quasi tutti i gruppi in cui le donne sono maggioritarie, a eccezio-ne delle professioni commerciali e di quelle impiegati-zie nei servizi di istruzione, sanitari e alle famiglie. Gli aumenti coinvolgono soprattutto il personale non qualificato nelle vendite e nei servizi – tra cui badan-ti e collaboratrici domesbadan-tiche –, il gruppo dei docenbadan-ti, gli impiegati di ufficio e quelli a contatto diretto con la clientela. Il rapporto di genere è ancora più van-taggioso per le donne nel personale non qualificato, in conseguenza di un aumento di oltre 138 mila occu-pate a fronte di 17 mila unità maschili, e tra i docen-ti, per effetto della fuoriuscita di un maggior numero di uomini dall’insegnamento.

Nei gruppi professionali dove predomina la ma-nodopera maschile si registra per lo più un arretra-mento delle donne. Nell’ambito dei colletti blu, per-dono posizioni in quasi tutti i gruppi professionali; in quello dei colletti bianchi, lo svantaggio delle donne aumenta nel gruppo professionale degli imprenditori e dirigenti di impresa.

Alcuni raggruppamenti professionali hanno co-munque sperimentato un riequilibrio nella composi-zione occupazionale di genere: ad esempio, dirigenti della pubblica amministrazione (dove aumenta la presenza femminile, che resta comunque inferiore a quella media) e tecnici nelle scienze fisiche, naturali, dell’ingegneria, della salute e della vita (dove invece la presenza femminile diventa superiore alla media). N

8La terminologia qui proposta utilizza un’aggregazione delle professioni elementari in 24 gruppi riconducibili, secon-do il criterio Ocse, a quattro macroraggruppamenti.

9Per segregazione occupazionale di genere si intende una distribuzione non casuale delle donne all’interno delle cate-gorie professionali presenti nel mercato del lavoro, ovvero una rilevante concentrazione di queste in alcune catecate-gorie ben definite. La segregazione di genere è misurata dal Ratio Index proposto da Charles e calcolato come somma delle devia-zioni del rapporto di genere, per ciascun raggruppamento professionale, dal totale nazionale di tale rapporto. Nell’ipotesi di perfetta integrazione l’indice vale 0. I contributi specifici che determinano il Ratio Index possono essere interpretati come lo scostamento del gruppo professionale dal modello medio di presenza femminile nell’occupazione. Valori positi-vi dei contributi specifici dei gruppi indicano una sovrarappresentazione femminile in quelle professioni rispetto alla pre-senza media delle donne nel mercato del lavoro e, al contrario, valori negativi segnalano una loro sottorappresentazione. Charles M. (1992), “Cross national variation in occupation sex segregation”, in American Sociological Review, 57.

3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE

Tavola 3.13 - Occupati per sesso e gruppo professionale - Anni 2004, 2008-2009 (composizioni

percentuali)

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

(a) Al netto degli occupati nelle forze armate.

2004 2008 2009 2004 2008 2009 2004 2008 2009

COLLETTI BIANCHI 52,8 53,8 53,3 76,5 78,3 77,7 62,2 63,6 63,2

AD ALTA SPECIALIZZAZIONE 32,8 34,0 32,9 38,0 40,2 39,0 34,8 36,5 35,4 Legislatori, dirigenti e imprenditori 6,0 5,9 5,4 2,9 3,0 2,8 4,8 4,7 4,4

Parlamentari e dirigenti della Pubblica Amministrazione 0,6 0,6 0,5 0,3 0,3 0,3 0,5 0,5 0,4

Imprenditori e dirigenti d'impresa 5,4 5,3 4,9 2,6 2,8 2,5 4,3 4,3 3,9

Professioni di elevata specializzazione 9,3 9,6 9,5 11,7 11,9 11,8 10,2 10,5 10,4

Professioni di elevata specializzazione esclusi medici e

docenti 6,0 6,5 6,4 5,1 5,9 5,8 5,6 6,3 6,2

Medici 1,4 1,3 1,3 1,4 1,1 1,2 1,4 1,2 1,3

Docenti e assimilati 1,9 1,8 1,7 5,1 4,9 4,8 3,1 3,0 2,9

Professioni intermedie 17,5 18,6 18,0 23,4 25,3 24,4 19,8 21,3 20,6

Tecnici in scienze fisiche, naturali,

dell'ingegneria, paramedici, agronomi 7,8 8,5 8,3 5,6 6,6 6,6 6,9 7,8 7,6

Professioni intermedie amministrative,

finanziarie, assicurative, commerciali 8,0 8,3 7,9 10,0 10,8 9,7 8,8 9,3 8,6

Professioni intermedie servizi personali 1,6 1,7 1,7 7,8 8,0 8,1 4,1 4,2 4,3

A BASSA SPECIALIZZAZIONE 20,0 19,7 20,4 38,5 38,1 38,7 27,3 27,1 27,8 Professioni esecutive di ufficio e di contatto con i clienti 7,8 7,1 7,1 17,0 16,4 17,0 11,4 10,9 11,1

Professioni esecutive di ufficio 6,5 5,9 5,8 13,7 13,2 13,7 9,3 8,8 9,0

Professioni esecutive di contatto diretto con la clientela 1,3 1,2 1,3 3,3 3,2 3,3 2,1 2,0 2,1

Professioni relative alle vendite e ai servizi per le famiglie 12,2 12,6 13,3 21,4 21,6 21,7 15,9 16,2 16,7

Professioni commerciali (esercenti e addetti alle vendite) 5,8 5,8 6,6 10,6 10,2 10,5 7,7 7,6 8,1 Professioni attività turistiche e alberghiere (esercenti

e addetti) 3,0 3,2 3,2 4,9 5,2 5,3 3,8 4,0 4,1

Professioni nei servizi di istruzione, sanitari e alle famiglie 3,4 3,6 3,5 6,0 6,2 5,9 4,4 4,7 4,5

COLLETTI BLU 47,2 46,2 46,7 23,5 21,7 22,3 37,8 36,4 36,8

AD ALTA SPECIALIZZAZIONE 26,9 26,7 27,5 7,7 6,9 6,5 19,3 18,8 19,0 Artigiani e operai specializzati, agricoltori 26,9 26,7 27,5 7,7 6,9 6,5 19,3 18,8 19,0

Artigiani e operai dell'industria estrattiva ed edilizia 10,1 10,8 10,5 0,9 1,6 1,5 6,4 7,1 6,8

Artigiani e operai metalmeccanici 8,6 8,6 9,7 0,5 0,4 0,5 5,4 5,3 6,0

Artigiani e operai della meccanica di precisione

e dell'artigianato artistico 1,4 1,2 1,1 0,9 0,7 0,6 1,2 1,0 0,9

Agricoltori e lavoratori agricoli 3,2 2,8 3,0 1,7 1,3 1,3 2,6 2,2 2,3

Artigiani e operai delle lavorazioni alimentari,

del legno, del tessile 3,6 3,3 3,3 3,6 2,9 2,7 3,6 3,2 3,0

A BASSA SPECIALIZZAZIONE 20,3 19,5 19,2 15,9 14,8 15,8 18,6 17,6 17,8 Conduttori di impianti e operatori di macchinari 12,4 11,6 11,3 4,5 3,7 3,4 9,3 8,4 8,1

Conduttori di impianti, operatori di macchinari fissi 6,4 5,9 5,4 4,4 3,5 3,2 5,6 4,9 4,5 Conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di

sollevamento 5,9 5,8 5,9 0,2 0,2 0,1 3,6 3,5 3,6

Personale non qualificato 8,0 7,9 8,0 11,4 11,1 12,4 9,3 9,2 9,8

Personale non qualificato nell'amministrazione,

istruzione e sanità 2,4 2,4 2,2 2,7 2,5 2,3 2,5 2,4 2,3

Personale non qualificato nelle vendite e in altri servizi 2,3 2,4 2,6 6,5 7,0 8,6 4,0 4,3 5,0 Personale non qualificato in attività industriali (manovali) 1,9 1,7 1,8 0,8 0,5 0,4 1,4 1,3 1,2

Braccianti agricoli 1,3 1,3 1,4 1,4 1,1 1,0 1,4 1,2 1,2

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

TOTALE (a) 13.369 13.825 13.545 8.778 9.335 9.229 22.146 23.160 22.775

Maschi Femmine Totale

Il basso livello della partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro è di natura struttura-le e risulta struttura-legato ai divari territoriali, ai bassi tito-li di studio, alla presenza nei differenti settori di at-tività, alle professioni svolte. Interessante, in propo-sito, è il confronto con la situazione spagnola che, partita con livelli e divari dell’occupazione femmi-nile simili a quelli italiani, e con tassi di occupazio-ne più bassi per tutti gli anni Novanta, è approda-ta alla fase di crisi in una situazione di vanapproda-taggio comparato. Infatti, il tasso di occupazione femmini-le spagnolo, rimasto al di sotto di quello italiano nel corso degli anni Novanta, arriva nel 2003 a supe-rare di un punto quest’ultimo (46,1 e 45,1 per cen-to, rispettivamente) per poi raggiungere, nel 2008, il 54,9 per cento, 7,7 punti percentuali in più di quello italiano.

Un primo elemento che spiega questa dinamica è l’aumento, in Spagna, della quota di laureate (che presentano il tasso di occupazione più alto, pa-ri al 77,4 per cento nel 2008) sul totale della po-polazione: tra il 1999 e il 2008, e con riferimento alla popolazione tra i 15 e i 64 anni, la quota di laureate in Spagna aumenta dal 19 al 27 per cen-to, mentre in Italia, pur raddoppiando, si ferma al 14 per cento. Per le donne tra i 30 e i 34 anni, l’in-cremento delle laureate è ancora più evidente: nel 2008 in Spagna rappresentavano il 44,7 per cento della corrispondente popolazione (dal 30,7 per cento del 1999), mentre in Italia l’aumento della quota di laureate, pur considerevole (dall’11,3 per cento nel 1999 al 23,5 nel 2008), resta nettamen-te inferiore. Peraltro, la crescita della quota di don-ne occupate riguarda in Spagna tutti i livelli di istruzione: il tasso di occupazione delle donne con titolo di studio basso passa dal 30,5 per cento nel 1999 al 41,5 nel 2008, quello delle diplomate dal

39,1 al 59,6 per cento (Figura 3.16).

La forte crescita dell’economia spagnola, inizia-ta nella seconda metà degli anni Novaninizia-ta e prose-guita fino al primo semestre del 2008, non solo in-duce il sensibile aumento della partecipazione fem-minile al mercato del lavoro, ma consente anche il restringimento del differenziale di genere: mentre nel 2004 il tasso di occupazione maschile superava quello femminile di circa 26 punti percentuali, la distanza si riduce a 19 punti nel 2008. Nello

stes-Spagna e Italia: diverso approdo

delle donne alla crisi

so anno, in Italia, il differenziale è ancora pari a 23 punti percentuali (era di 25 punti nel 2004).

La crescita dell’occupazione femminile spagno-la, sostenuta dallo sviluppo dei contratti atipici, ri-guarda inoltre, a differenza dell’Italia, l’insieme del territorio, comprese le regioni più arretrate. An-che le regioni meridionali della Spagna, An-che presen-tavano nel 1999 il valore più basso a livello terri-toriale del tasso di occupazione (29,2 per cento), registrano una crescita dell’indicatore (45,7 per cento nel 2008) non dissimile da quella delle altre ripartizioni. Invece, nel 2008 la quota di donne occupate tra i 15 e i 64 anni raggiungeva nel Mez-zogiorno il 31,3 per cento, solo 3,5 punti in più ri-spetto al 1999.

Il più accentuato sviluppo dell’occupazione fem-minile in Spagna è anche il riflesso di una diversa dinamica settoriale della domanda di lavoro: oltre alla maggiore dinamicità dei settori a minore quali-ficazione (tra 2004 e 2008, ad esempio, commercio e turismo registrano incrementi compresi tra il 15 e il 20 per cento), la crescita dell’occupazione spagno-la coinvolge anche comparti più avanzati, quali i servizi immobiliari (32,2 per cento) e quelli finan-ziari (27,4 per cento). In questo contesto, le donne spagnole hanno potuto approfittare della crescita complessiva dell’occupazione, conseguendo ritmi di incremento più elevati di quelli, già sostenuti, del-l’occupazione totale.

In Italia, invece, la dinamica dell’occupazione complessiva è più contenuta (tra il 2004 e il 2008 +4,3 per cento rispetto al +13,2 della Spagna); inoltre, lo sviluppo della partecipazione femminile al mercato del lavoro è decisamente più compresso. Più in particolare, nel terziario, che rappresenta la parte preponderante dell’occupazione femminile in entrambi i paesi, la crescita sia dell’occupazione totale sia di quella femminile è all’incirca tre volte superiore a quella italiana. Il fenomeno è evidente in comparti tradizionali come il commercio, dove l’oc-cupazione cresce del 15,6 per cento in Spagna e del 2,8 in Italia, e il lavoro femminile aumenta del 20,0 in Spagna e rimane stabile in Italia. Il feno-meno si presenta anche in comparti più avanzati co-me quello dei servizi finanziari in cui, nell’arco del quadriennio 2004-2008, il numero di donne occu-pate in Spagna passa da 149 a 229 mila, con la cre-N

20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008

SpagnaͲBasso(a) SpagnaͲMedio(b) SpagnaͲAlto(c)

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 149-157)