Capitolo 3 - Gli effetti della crisi su individui e famiglie
3.2 Crisi e mercato del lavoro
3.2.4 L’aumento dell’inattività
Nel 2009 la popolazione inattiva di 15-64 anni in Italia è stata pari a 14,8 milioni di persone. Il tasso d’inattività (37,6 per cento) è cresciuto di sei decimi di punto rispetto a un anno prima. Dopo una riduzione di 110 mila unità nel 2008, l’incremento degli inattivi lo scorso anno è stato di 329 mila unità, supe-riore a quello fatto registrare dai disoccupati. Nessun paese europeo presenta una situazione analoga. L’Italia detiene poi il triste primato del tasso d’inattività femminile: negli ultimi tre anni è oscillato tra il 48 e il 50 per cento, circa 13 punti oltre la media Ue.
La crescita della disoccupazione è stata proporzionalmente meno intensa ri-spetto alle perdite registrate sul fronte occupazionale, consentendo al nostro Paese un tasso di disoccupazione fra i più bassi d’Europa. La maggiore tenuta della di-soccupazione italiana, oltre che al sostegno degli ammortizzatori sociali, è ricon-ducibile proprio alla forte riduzione dell’offerta di lavoro, un aggregato storica-mente a prevalenza femminile e meridionale. In effetti, la popolazione inattiva in età lavorativa è un collettivo alquanto eterogeneo: ad esempio, gli inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare sono quasi 12 milioni, mentre 2,9 milioni manifestano una qualche forma di partecipazione, seppure di debole in-tensità, configurando la cosiddetta zona grigia dell’inattività.3
Nel 2009 la crescita della popolazione inattiva è il risultato della flessione della zona grigia, scesa dell’1,3 per cento (-39 mila unità), e dell’incremento degli inat-tivi che non cercano e non sono disponibili a lavorare (368 mila unità in più); l’in-cidenza della zona grigia giunge pertanto al di sotto del 20 per cento, riportando-si ai livelli del 2007. La fase recesriportando-siva ha quindi inciso sull’inattività a livello quan-titativo e qualitativo: da una parte ha generato un allargamento di questa area, dal-l’altra ha rimodulato la composizione interna a favore del segmento più lontano dal mercato del lavoro.
L’atteggiamento nei confronti della partecipazione è differenziato per genere: l’incremento dell’inattività maschile (3,4 per cento) è alimentato per quasi il 40 per cento dalla zona grigia, in particolare dal segmento più prossimo al mercato
3Istat, Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2007, pp. 178-186.
L’Italia presenta il tasso d’inattività
femminile più elevato dell’Ue
Crescono gli inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare
del lavoro, quello delle forze di lavoro potenziali (85 mila unità). L’aumento del-l’inattività femminile (1,7 per cento) è riconducibile solo alla crescita della fascia più distante dalla partecipazione (264 mila unità), giacché la zona grigia registra un sensibile calo (-104 mila unità), con dinamiche più accentuate nelle regioni del Mezzogiorno. La componente femminile, ad ogni modo, continua a rappresenta-re i due terzi del totale della popolazione non attiva (Figura 3.8).
Riguardo alla struttura per età della popolazione non attiva, la crisi ha inciso in misura maggiore sugli individui appartenenti alla classe di età 15-29 anni, che contribuisce all’incremento totale per la metà, anche se la variazione percentual-mente più elevata riguarda i 40-49enni (6,0 per cento). L’unica classe che mostra una lieve flessione è quella dei 50 anni e oltre. Nella zona grigia, invece, il calo coinvolge tutte le classi di età, a eccezione dei 30-39enni, che crescono grazie al-l’apporto della componente maschile.
L’allargamento dell’area dell’inattività nel 2009 va ascritto, nella metà dei casi, a giovani con meno di 30 anni che vivono in casa con i genitori. Questi ultimi hanno registrato un incremento più modesto di quello dei figli e attribuibile qua-si escluqua-sivamente alle madri. L’aumento è stato marcato nel Mezzogiorno, dove qua-si colloca oltre il 60 per cento dell’incremento totale dell’inattività e il 70 per cento di quello maschile. L’ampliamento della popolazione non attiva nel 2009 ha inte-ressato i diplomati in sei casi su dieci.
Queste tendenze trovano corrispondenza anche nell’analisi longitudinale:4la dinamica dei flussi in uscita dalla disoccupazione verso l’inattività subisce nel 2009 un sensibile incremento. I tassi di transizione passano, infatti, dal 35,3 al 38,4 per cento. La consistente riduzione delle uscite dalla disoccupazione verso l’occupazione viene quindi assorbita per il 70 per cento dalle transizioni verso l’i-nattività e soltanto per il 30 per cento dalla crescita delle permanenze nella con-dizione di disoccupato. Ad aumentare è però soltanto l’aggregato degli inattivi più distanti dal mercato del lavoro, mentre tutte le componenti della zona grigia registrano una riduzione della quota degli ingressi provenienti dalla disoccupa-zione (Figura 3.9).
Nei dati longitudinali, i tassi di transizione dalla disoccupazione verso l’inat-tività permangano decisamente più elevati per le donne (44,3 per cento contro il 31,8 degli uomini). A livello territoriale è il Nord a presentare la maggiore cre-scita della probabilità di passare dalla disoccupazione all’inattività, tanto che il tasso di transizione dell’area si è avvicinato a quello del Mezzogiorno (36,3 con-tro 40,7 per cento). Le regioni centrali, in concon-trotendenza rispetto al resto del Paese, hanno registrato una lieve riduzione di questo flusso, con un tasso di tran-sizione verso l’inattività più contenuto (34,2 per cento).
Sul fronte della durata della disoccupazione si notano andamenti differenti, che riflettono l’associazione esistente con il fenomeno dello scoraggiamento: quanto più si protrae la durata della ricerca di un’occupazione, tanto più è al-ta la probabilità di transial-tare nell’inattività. Chi dichiara una breve duraal-ta del-la ricerca (fino a sei mesi) mostra un livello del tasso di transizione stabile (in-torno al 34 per cento), mentre chi cerca lavoro da più tempo (da 7 a 11 mesi) aumenta tra il 2007 e il 2009 le probabilità di transizione verso l’inattività dal 35 al 39 per cento. I disoccupati di lunga durata, infine, aumentano la proba-bilità di passare all’inattività dopo dodici mesi, con un tasso di transizione che cresce dal 37 al 44 per cento. Il fenomeno è particolarmente accentuato nelle regioni settentrionali, dove il tasso di transizione dei disoccupati di lunga du-rata verso l’inattività aumenta, nell’arco temporale considerato dai dati longi-tudinali, dal 31 al 43 per cento.
3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE
4Con riferimento al primo trimestre di 2007, 2008 e 2009.
Passano dalla disoccupazione all’inattività più le donne che gli uomini
Più disoccupati di lunga durata diventano inattivi
Nord 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 Mezzogiorno 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64
Occupati Disoccupati Zona grigia Non cercano e non disponibili Nord 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 Centro 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 Mezzogiorno 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64
Occupati Disoccupati Zona grigia Non cercano e non disponibili Centro 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 Femmine Maschi
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
Figura 3.8 - Popolazione 15-64 anni per condizione, sesso, classe di età e ripartizione geografica - Anno 2009 (composizioni percentuali)
Al contempo, si riduce il livello degli ingressi nella disoccupazione di coloro che provengono dall’inattività (Figura 3.10): risultano in calo sia i flussi in entra-ta dalla zona grigia, che scendono dal 26,9 al 22,0 per cento, sia quelli dall’inatti-vità più distante dalla partecipazione, che passano dal 21,3 al 17,4 per cento.
L’inattività presenta andamenti differenziati nel primo e nel secondo semestre del 2008. Nel primo, le condizioni ancora soddisfacenti del mercato del lavoro hanno spinto le persone più distanti dalla partecipazione, per lo più donne, a entrare nelle forze di lavoro. Ciò avviene attraverso percorsi diversi di avvicinamento alla
parteci-3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE
29,2 30,5 22,6 30,1 26,9 22,0 21,3 17,4 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 I trimestre 2008 - I trimestre 2009 (a) I trimestre 2007 - I trimestre 2008
Permanenze Entrate dall'occupazione
Entrate dalla zona grigia Entrate da inattivi che non cercano e non disponibili
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
(a) Dati provvisori.
Figura 3.10 - Permanenze e flussi in entrata nella disoccupazione - Primo trimestre 2007-primo trimestre 2009 (composizioni percentuali)
33,2 37,0 8,2 8,8 19,1 20,2 39,5 34,1 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 I trimestre 2008 - I trimestre 2009 (a) I trimestre 2007 - I trimestre 2008
Forze di lavoro potenziali Cercano ma non disponibili Non cercano ma disponibili Non cercano e non disponibili
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
(a) Dati provvisori.
Figura 3.9 - Flussi in uscita dalla disoccupazione verso l’inattività - Primo trimestre 2007-primo trimestre 2009 (composizioni percentuali)
pazione, che hanno alimentato sia il bacino delle disoccupate sia la zona grigia, in un quadro di crescita occupazionale sempre più debole. Si verifica infatti una forte ridu-zione tendenziale (circa 400 mila unità in meno) delle donne inattive che non cerca-no e cerca-non socerca-no disponibili a lavorare: in tale fase, l’80 per cento della diminuzione complessiva degli inattivi più distanti dalla partecipazione, è spiegato dalla compo-nente femminile (Figura 3.11). Nel secondo semestre, in cui la crisi diviene manife-sta, queste dinamiche si sono indebolite fino a invertire il segno: nel quarto trimestre, infatti, il calo della zona grigia e il contemporaneo incremento delle donne inattive che non cercano e non sono disponibili a lavorare si sono tradotti in un arresto nella crescita della disoccupazione. Nel 2008 il tasso d’inattività totale si è ridotto di mez-zo punto, un risultato al quale hanno contribuito esclusivamente le donne.
Con l’inizio del 2009, la fase recessiva si acuisce e determina una progressiva ca-duta dell’occupazione femminile dopo quella maschile, condizionando altresì la partecipazione al lavoro. I due trimestri centrali mostrano chiaramente che le per-dite occupazionali confluiscono solo in parte nella disoccupazione, mentre il resto alimenta la crescita degli inattivi che non cercano e non sono disponibili, accom-pagnandosi al sensibile calo della zona grigia. Dunque, di fronte alle crescenti dif-ficoltà di trovare un impiego, aumenta il senso di scoraggiamento negli individui, che rinunciano a cercare lavoro. L’ultimo trimestre del 2009 ha registrato una sen-sibile risalita del tasso di disoccupazione, associata a un rallentamento del ritmo di crescita del tasso d’inattività: pur non mutando direzione, le dinamiche della po-polazione inattiva si sono indebolite, con un rallentamento del ritmo di crescita degli individui più lontani dalla partecipazione e un’attenuazione della discesa del-la zona grigia.
Il dualismo territoriale che caratterizza il nostro Paese agisce anche sulla parte-cipazione, facendo emergere tendenze differenti nel Centro-Nord e nel Mezzo-giorno. Nell’area centro-settentrionale, infatti, nell’ultimo trimestre 2009 l’au-mento delle disoccupate ex inattive e di quelle senza esperienze pregresse segnala un travaso dall’area dell’inattività a quella della partecipazione, indicando un riav-vicinamento al mercato del lavoro; nella seconda parte dell’anno nel Nord si regi-stra anche una crescita dell’inattività maschile.
-500 -400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500 I II III IV I II III IV 2008 2009
Occupati Disoccupati Zona grigia Non cercano e non disponibili
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
Figura 3.11 - Popolazione femminile 15-64 anni per condizione - Anni 2008-2009
Nel Mezzogiorno, invece, la scarsa partecipazione si manifesta in maniera più evidente e si estende alla componente maschile in corso d’anno: la riparti-zione meridionale è l’unica che fra il quarto trimestre 2008 e il terzo 2009 met-te a segno un calo met-tendenziale della disoccupazione femminile. Nei due trime-stri centrali del 2009, le donne meridionali hanno contribuito per circa l’80 per cento alla contrazione della zona grigia e per due terzi all’incremento delle inat-tive non disponibili a lavorare (+474 mila unità). In altri termini, il basso livel-lo della domanda di lavoro meridionale, ulteriormente depresso dalla fase re-cessiva, unitamente alle scarse opportunità d’impiego, contribuisce ad amplia-re sempamplia-re più il bacino dell’inattività.