Capitolo 3 - Gli effetti della crisi su individui e famiglie
3.2 Crisi e mercato del lavoro
3.2.1 La riduzione dell’occupazione: Italia e Unione europea a
Dai primi mesi del 2009 un progressivo aggravamento del quadro occupazio-nale interessa tutta l’Unione europea. In base ai dati Eurostat, la riduzione del nu-mero di occupati si avvicina, nella media dello scorso anno, ai quattro milioni di persone (-1,7 per cento in confronto al 2008). Il ritmo di discesa, ancora pari al-l’1,3 per cento nella prima parte del 2009, è aumentato nella seconda, fino a rag-giungere il 2,2 per cento. Alla riduzione dell’occupazione, avviatasi nel secondo trimestre del 2008, ha contribuito particolarmente la Spagna, alla quale va attri-buito il 35,6 per cento del complessivo calo dell’Unione europea nel 2009.
Nella media dello scorso anno, l’occupazione si è ridotta in Italia di 380 mila unità (-1,6 per cento), con cali significativi nel corso dell’intero anno e in peggioramento negli ultimi sei mesi (da -1,2 per cento del primo semestre a -2,0 per cento nel se-condo). Al pari dell’Unione europea, la crisi nel nostro Paese investe soprattutto gli occupati nella trasformazione industriale e gli uomini, colpisce fortemente i giovani e il lavoro temporaneo. Caratterizzano poi l’Italia la relativa maggiore flessione del la-voro autonomo e la contrazione del numero degli occupati a orario ridotto.
In Italia il calo degli occupati della trasformazione industriale (-4,1 per cento, 206 mila unità) è stata relativamente meno accentuato che nell’Ue (-6,6 per cen-to, 2,8 milioni di unità), grazie al diffuso ricorso alla cassa integrazione guadagni (ordinaria, straordinaria, in deroga), che rappresenta un argine all’arretramento dei livelli occupazionali oltre che, più in generale, uno strumento di salvaguardia del capitale umano. Nella media dell’Ue, il contributo dell’industria in senso stret-to al calo dell’occupazione è stastret-to nel 2009 del 71,7 per censtret-to, mentre nel nostro Paese è stato pari al 54,2 per cento, anche se in progressivo aumento nel corso del-l’anno (dal 32,0 per cento nel primo trimestre al 61,5 per cento nel quarto).
Cominciata nel quarto trimestre 2008, la riduzione dell’occupazione maschile nei paesi dell’Ue (-2,6 per cento nel 2009, pari a 3,2 milioni) si protrae per l’inte-ro anno con ritmi molto intensi: il risultato riflette la forte caduta dell’occupazio-ne dell’occupazio-nell’industria in senso stretto, settore a prevalenza maschile (-6,1 per cento, pa-ri a 1,8 milioni). La discesa dell’occupazione femminile nell’insieme dei paesi del-l’Unione è stata, invece, meno accentuata (-0,6 per cento nella media annua, 641 mila unità): emersa debolmente nel secondo trimestre (-0,3 per cento), si è
aggra-L’occupazione cala dell’1,6 per cento in Italia e dell’1,7 nell’Ue
3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE
In questo contesto, nonostante il sensibile contenimento dei consumi, si segnala la discesa della propensione al risparmio su valori storicamente molto contenuti.
Ma la valutazione delle ripercussioni sociali della crisi occupazionale differisce in base alla posizione nella famiglia di chi ha perso il lavoro. Spesso all’inizio della loro carriera lavorativa, impegnati in lavori temporanei poco qualificati e in possesso di bassi titoli di studio, i figli che vivono nella famiglia di origine hanno rappresentato il gruppo maggiormente coinvolto dalla riduzione della base occupazionale. Tuttavia, data la minore entità dei loro guadagni in confronto a quelli dei genitori, ne conse-gue una compressione del reddito familiare meno ampia di quella indotta dalla per-dita del lavoro del padre o della madre. Il fenomeno è peraltro più frequente nelle famiglie con due percettori di reddito e ciò ha reso meno critico l’impatto provocato dalla caduta dell’occupazione.
Cresciute tra il 2007 e il 2008, le situazioni familiari di disagio e di vulnerabilità tendono a restare sostanzialmente invariate durante lo scorso anno. D’altro canto, la perdita del lavoro, come pure l’entrata in periodi di cassa integrazione, ha riguardato in molti casi famiglie in condizioni di deprivazione materiale già nel 2008. In altre occasioni, la presenza di altri percettori di reddito ha invece tamponato la situazione garantendo la permanenza nello stato di non deprivazione.
vata in corso d’anno (-1,3 e -1,0 per cento rispettivamente nel terzo e nel quarto trimestre), restando comunque contenuta.
In Italia la riduzione dell’occupazione maschile – avviatasi in anticipo rispetto alla media dell’Ue – è stata, nel 2009, pari al -2,0 per cento (-274 mila unità) (Fi-gura 3.1), mentre quella femminile, partita nel primo trimestre 2009, si è mante-nuta sempre superiore a quella media dell’Ue comportando una variazione ten-denziale annua del -1,1 per cento (-105 mila unità).
La maggiore discesa dell’occupazione femminile in Italia è l’effetto del forte im-patto della crisi sull’industria in senso stretto, dove la riduzione è più che doppia di quella maschile (-7,5 contro -3,0 per cento, rispettivamente). L’arretramento è stato sensibile nei comparti in cui la presenza delle donne è particolarmente significativa: nel tessile, abbigliamento e cuoio, dove è occupato circa un quarto delle donne del-l’industria in senso stretto (a fronte del 5,9 per cento degli uomini) e in cui si è regi-strato un calo complessivo dell’occupazione femminile del 13,1 per cento su base an-nua. La riduzione delle donne in questi comparti (-49 mila unità) assorbe il 46,4 per cento della complessiva caduta dell’occupazione femminile nel settore della trasfor-mazione industriale, mentre la corrispondente quota degli uomini è del 28,4 per cento. Ad aggravare la situazione dell’occupazione femminile è anche il comparto meccanico e metallurgico, dove la caduta tendenziale dell’occupazione femminile supera di oltre tre volte quella degli uomini (-6,5 e -2,1 per cento, rispettivamente). Nella gran parte dei paesi dell’Unione europea è significativa la riduzione del-l’occupazione temporanea: il numero degli occupati a termine ha continuato a ri-dursi lungo tutto il 2009 (-5,7 per cento in media d’anno, quasi un milione e mez-zo di unità). Circa il 60 per cento di tale risultato è da imputare alla sola Spagna, il cui livello di occupazione temporanea scende da poco meno di cinque milioni del 2008 ai quattro del 2009. In Italia, la contrazione dei livelli di attività econo-mica si è riflessa in misura ancora più sensibile sui lavoratori a tempo determinato (-7,3 per cento), che accentuano la loro caduta nel secondo e nel terzo trimestre dell’anno (-9,3 e -9,1 per cento, rispettivamente).
Mentre nell’Ue il calo occupazionale investe la sola componente a tempo pie-no, in Italia si assiste anche alla riduzione del lavoro part time (-1,9 per cento, pa-ri a 65 mila unità), che interessa esclusivamente i lavoratopa-ri atipici e a orapa-rio pa- ri-dotto e che prosegue ininterrotta per tutto il 2009.
-4,0 -3,0 -2,0 -1,0 0,0 1,0 2,0 3,0 I II III IV I II III IV 2008 2009 Ue Maschi Italia Maschi Ue Femmine Italia Femmine
Fonte: Eurostat, Labour force survey
Figura 3.1 - Occupati per sesso nell’Unione europea e in Italia - Anni 2008-2009
(variazioni tendenziali) Diminuisce
l’occupazione temporanea nell’Ue, specie in Spagna
Un’altra specificità dell’Italia risiede nel più forte impatto provocato dalla crisi sul lavoro autonomo rispetto a quanto avvenuto nell’Ue (nel 2009 -3,5 e -1,5 per cento, rispettivamente). L’area del lavoro autonomo, strutturalmente più ampia in Italia (circa il 25 per cento del totale contro il 16 nell’Ue), risente fortemente del-la significativa riduzione occupazionale degli artigiani, dei piccoli imprenditori, dei lavoratori parasubordinati. Anche in altri paesi con una elevata quota di auto-nomi, quali la Spagna e il Portogallo, si registrano ampie riduzioni.
In questo quadro, il tasso di occupazione dell’Unione europea è diminuito si-gnificativamente, attestandosi al 64,4 per cento nel quarto trimestre del 2009 (Ta-vola 3.1). Il tasso di occupazione maschile dell’Italia è sceso più lentamente di quello europeo, quello femminile più rapidamente: ne è conseguito l’ulteriore al-largamento del già ampio divario tra Italia ed Europa in termini di quota di don-ne occupate (don-nel quarto trimestre 2009 la distanza supera i dodici punti percen-tuali: 46,1 per cento in Italia, 58,5 per cento nell’Ue).
Con riferimento all’Italia, nel Mezzogiorno (Tavola 3.2), l’occupazione, in calo dal terzo trimestre del 2008, manifesta continue flessioni nel corso del 2009 e chiude l’anno con un bilancio fortemente negativo (-3,0 per cento, pari a 194 mila unità), contribuendo per circa la metà alla caduta complessiva dell’occupazione. Nel Nord, la riduzione della domanda di lavoro s’intensifica a partire dall’estate: il contributo del-le regioni settentrionali alla contrazione dell’occupazione passa dal 22,6 per cento del primo trimestre al 48,5 del quarto. Ne consegue, nella media dell’anno, il raggiungi-mento di un saldo decisamente negativo (-1,3 per cento, pari a 161 mila unità) che assorbe il 42,5 per cento della flessione della domanda di lavoro. In particolare, nel Nord-est (-1,6 per cento, pari a 81 mila unità) si assiste a una forte accentuazione del-la caduta occupazionale: il contributo fornito aldel-la flessione totale degli occupati passa
3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE
Valori Var. Valori Var. Valori Var. Valori Var. Valori Var.
Italia 68,6 -1,6 68,5 -1,2 69,0 -1,8 68,9 -1,9 68,1 -1,7 Francia 68,5 -1,1 68,5 -0,6 68,8 -0,9 68,8 -1,3 67,9 -1,6 Germania 75,6 -0,3 75,2 0,1 75,2 -0,4 75,8 -1,0 76,0 -0,3 Regno Unito 74,8 -2,5 75,7 -1,7 74,6 -2,8 74,7 -2,7 74,4 -2,6 Spagna 66,6 -6,9 67,7 -7,4 66,9 -7,5 66,4 -7,2 65,4 -5,5 Unione europea 70,7 -2,1 70,8 -1,6 70,8 -2,2 71,0 -2,3 70,3 -2,1 Italia 46,4 -0,8 46,3 -0,6 46,9 -0,6 46,1 -1,1 46,1 -1,1 Francia 60,1 -0,3 59,9 -0,3 60,5 -0,1 60,5 -0,3 59,6 -0,5 Germania 66,2 0,8 65,5 0,7 66,2 1,2 66,1 0,4 67,1 0,9 Regno Unito 65,0 -0,8 65,2 -0,7 64,7 -1,2 65,0 -0,8 65,1 -0,6 Spagna 52,8 -2,1 52,9 -1,9 52,8 -2,4 53,0 -2,1 52,5 -2,0 Unione europea 58,6 -0,5 58,4 -0,2 58,8 -0,3 58,7 -0,7 58,5 -0,7 Italia 57,5 -1,2 57,4 -0,9 57,9 -1,2 57,5 -1,5 57,1 -1,4 Francia 64,2 -0,7 64,1 -0,5 64,6 -0,5 64,6 -0,8 63,7 -1,0 Germania 70,9 0,2 70,4 0,4 70,8 0,5 71,0 -0,3 71,6 0,3 Regno Unito 69,9 -1,6 70,4 -1,2 69,6 -2,0 69,8 -1,7 69,7 -1,6 Spagna 59,8 -4,5 60,4 -4,7 59,9 -5,1 59,7 -4,8 59,0 -3,8 Unione europea 64,6 -1,3 64,6 -0,9 64,8 -1,2 64,8 -1,6 64,4 -1,4 MASCHI FEMMINE TOTALE PAESI I II III IV Trimestri Anno
Tavola 3.1 - Tasso di occupazione 15-64 anni per sesso in alcuni paesi dell’Unione europea - Anno 2009 (valori percentuali e variazioni tendenziali in punti percentuali)
Fonte: Eurostat, Labour force survey
Il calo del tasso di occupazione femminile in Italia è più rapido che nell’Ue La flessione occupazionale è forte anche nel Nord-est In Italia il lavoro autonomo diminuisce più del doppio che nell’Ue
dal 4,8 per cento del primo trimestre 2009 (-10 mila unità rispetto allo stesso trime-stre di un anno prima) al 30,4 per cento del quarto (-130 mila unità).
Sebbene la flessione dell’occupazione interessi in particolar modo i giovani tra i 15 e i 29 anni (-8,2 per cento, pari a 311 mila unità), nel corso del 2009 la si-tuazione è peggiorata anche tra gli occupati tra i 30 e i 49 anni. Per questi ultimi il risultato del 2009 (-1,4 per cento) è sintesi di una progressiva intensificazione della caduta: da -0,7 per cento del primo trimestre a -2,0 del quarto. La contra-zione della base occupazionale è stata finora contrastata dal sostegno fornito dagli occupati con almeno 50 anni di età – per i quali si registra una variazione tenden-ziale positiva anche nel 2009 (+2,2 per cento, pari a 126 mila unità) – a causa sia del progressivo invecchiamento della popolazione, sia della maggiore permanenza nel lavoro per effetto delle successive modifiche dei criteri di accesso alla pensione.
3.2.2 Lavoro standard, parzialmente standard e atipico
L’andamento negativo della domanda di lavoro si riflette con modalità e tempi differenziati sulle figure presenti nel mercato.1Tra l’inizio e la fine dell’anno il de-terioramento dell’occupazione si diffonde progressivamente, interessando le diver-se figure diver-senza risparmiarne alcuna: apertosi con la riduzione del lavoro tempora-neo e autonomo, il 2009 si chiude con l’estensione del calo occupazionale anche
Assolute % I II III IV I II III IV
Nord 6.867 -114 -1,6 -46 -93 -200 -116 -0,7 -1,3 -2,8 -1,7 Nord-ovest 3.964 -52 -1,3 -17 -48 -94 -48 -0,4 -1,2 -2,3 -1,2 Nord-est 2.904 -62 -2,1 -29 -45 -105 -69 -1,0 -1,5 -3,5 -2,3 Centro 2.800 -16 -0,6 -23 -17 -14 -10 -0,8 -0,6 -0,5 -0,4 Mezzogiorno 4.122 -145 -3,4 -94 -202 -136 -146 -2,2 -4,6 -3,2 -3,5 Totale 13.789 -274 -2,0 -163 -312 -350 -273 -1,2 -2,2 -2,5 -1,9 Nord 5.038 -47 -0,9 0 -24 -74 -91 0,0 -0,5 -1,5 -1,8 Nord-ovest 2.899 -29 -1,0 -19 -30 -36 -30 -0,7 -1,0 -1,2 -1,0 Nord-est 2.139 -19 -0,9 19 6 -39 -61 0,9 0,3 -1,8 -2,8 Centro 2.032 -9 -0,4 -21 28 -24 -17 -1,0 1,3 -1,2 -0,8 Mezzogiorno 2.166 -49 -2,2 -20 -71 -59 -47 -0,9 -3,2 -2,6 -2,1 Totale 9.236 -105 -1,1 -42 -68 -158 -155 -0,4 -0,7 -1,7 -1,7 Nord 11.905 -161 -1,3 -46 -117 -274 -207 -0,4 -1,0 -2,3 -1,7 Nord-ovest 6.863 -81 -1,2 -36 -79 -130 -77 -0,5 -1,1 -1,9 -1,1 Nord-est 5.042 -81 -1,6 -10 -39 -144 -130 -0,2 -0,8 -2,8 -2,5 Centro 4.832 -25 -0,5 -44 10 -38 -27 -0,9 0,2 -0,8 -0,6 Mezzogiorno 6.288 -194 -3,0 -114 -273 -195 -193 -1,8 -4,1 -3,0 -3,0 TOTALE 23.025 -380 -1,6 -204 -380 -507 -428 -0,9 -1,6 -2,2 -1,8 FEMMINE TOTALE RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Variazioni MASCHI Anno Trimestri
Valori Variazioni assolute Variazioni percentuali Tavola 3.2 - Occupati per sesso e ripartizione geografica - Anno 2009 (valori assoluti in
migliaia, variazioni tendenziali assolute in migliaia e percentuali)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
1Adottando la tipologia utilizzata nel precedente Rapporto annuale si distinguono gli occupati in standard (a tempo pieno e con durata non predeterminata), parzialmente standard (a tempo parziale e durata non predeterminata) e atipici (con lavoro a termine). Istat, Rapporto annuale, La situazione
del Paese nel 2008. Roma: Istat, 2009. Gli occupati
15-29enni diminuiscono dell’8,2 per cento
al lavoro dipendente a tempo indeterminato (Tavola 3.3 e Figura 3.2).
Le conseguenze più pesanti della crisi produttiva riguardano i lavoratori atipi-ci: il 63 per cento della caduta occupazionale complessiva interessa i dipendenti a termine e i collaboratori, scesi nel 2009 di 240 mila unità; il lavoro standard si ri-duce di 139 mila unità, mentre il lavoro parzialmente standard rimane invariato, interrompendo la crescita registrata negli anni precedenti.
Anche la componente longitudinale della rilevazione sulle forze di lavoro con-ferma le forti differenze tra le diverse figure presenti.2 Relativamente al periodo compreso tra il primo trimestre 2008 e il primo trimestre 2009, il tasso di perma-nenza nell’occupazione varia tra il 94,8 per cento dei dipendenti standard e il 76,8 per cento degli atipici (Tavola 3.4).
3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE
Assolute % I II III IV I II III IV
Standard 12.059 -131 -1,1 -9 -119 -196 -200 -0,1 -1,0 -1,6 -1,6
Dipendenti permanenti a tempo pieno 8.389 -64 -0,8 84 -61 -108 -172 1,0 -0,7 -1,3 -2,0
Autonomi a tempo pieno 3.671 -67 -1,8 -93 -57 -88 -29 -2,4 -1,5 -2,4 -0,8
Parzialmente standard 507 -19 -3,6 -42 -33 21 -20 -8,1 -5,9 4,1 -4,0
Dipendenti permanenti a tempo parziale 307 -4 -1,2 -11 -11 16 -10 -3,5 -3,3 5,3 -3,3
Autonomi a tempo parziale 199 -15 -7,0 -32 -23 5 -11 -14,5 -9,6 2,4 -5,2
Atipici 1.223 -125 -9,2 -111 -160 -175 -52 -8,8 -11,5 -12,2 -4,0
Dipendenti a tempo determinato 1.052 -93 -8,1 -56 -134 -142 -38 -5,4 -11,2 -11,5 -3,4
Collaboratori 171 -32 -15,7 -55 -26 -32 -14 -24,8 -13,3 -16,2 -7,4
Totale 13.789 -274 -2,0 -163 -312 -350 -273 -1,2 -2,2 -2,5 -1,9
Standard 5.827 -8 -0,1 65 38 -31 -104 1,1 0,7 -0,5 -1,8
Dipendenti permanenti a tempo pieno 4.665 32 0,7 79 85 20 -58 1,7 1,8 0,4 -1,2
Autonomi a tempo pieno 1.163 -40 -3,3 -14 -47 -52 -47 -1,2 -3,9 -4,3 -3,9
Parzialmente standard 2.084 18 0,9 43 29 -39 41 2,1 1,4 -1,9 2,0
Dipendenti permanenti a tempo parziale 1.764 38 2,2 67 52 -35 67 3,9 3,0 -2,0 3,9
Autonomi a tempo parziale 320 -19 -5,7 -24 -23 -4 -26 -6,7 -6,4 -1,2 -8,4
Atipici 1.325 -116 -8,0 -149 -134 -87 -92 -10,5 -8,9 -6,2 -6,5
Dipendenti a tempo determinato 1.101 -78 -6,6 -97 -94 -77 -43 -8,5 -7,6 -6,6 -3,8
Collaboratori 224 -38 -14,4 -52 -40 -9 -48 -18,9 -14,8 -4,0 -18,3
Totale 9.236 -105 -1,1 -42 -68 -158 -155 -0,4 -0,7 -1,7 -1,7
Standard 17.887 -139 -0,8 56 -81 -228 -304 0,3 -0,4 -1,3 -1,7
Dipendenti permanenti a tempo pieno 13.053 -33 -0,2 164 23 -88 -229 1,3 0,2 -0,7 -1,7
Autonomi a tempo pieno 4.833 -107 -2,2 -107 -104 -140 -75 -2,2 -2,1 -2,9 -1,6
Parzialmente standard 2.590 .. .. 0,3 -4 -18 20 0,0 -0,2 -0,7 0,8
Dipendenti permanenti a tempo parziale 2.071 34 1,7 56 41 -19 57 2,8 2,0 -0,9 2,8
Autonomi a tempo parziale 520 -34 -6,2 -56 -46 1 -37 -9,7 -7,7 0,1 -7,1
Atipici 2.548 -240 -8,6 -261 -295 -261 -144 -9,7 -10,1 -9,2 -5,3
Dipendenti a tempo determinato 2.153 -171 -7,3 -154 -228 -220 -81 -7,0 -9,3 -9,1 -3,6
Collaboratori 396 -70 -14,9 -107 -67 -42 -63 -21,6 -14,2 -9,6 -13,6
TOTALE 23.025 -380 -1,6 -204 -380 -507 -428 -0,9 -1,6 -2,2 -1,8
MASCHI
FEMMINE
TOTALE
TIPOLOGIE LAVORATIVE Variazioni percentuali
Trimestri Anno
Variazioni assolute Valori Variazioni
Tavola 3.3 - Occupati per sesso e tipologia lavorativa - Anno 2009 (valori assoluti in migliaia, variazioni tendenziali
assolute in migliaia e percentuali)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
2In La mobilità del mercato del lavoro sono stati diffusi i dati longitudinali relativi al periodo 2004-2008. In questa sede sono anche utilizzati i dati provvisori relativi al primo trimestre 2008-primo tri-mestre 2009. Istat, Approfondimento, La mobilità del mercato del lavoro, 1 febbraio 2010, Roma: Istat, 2010.
Oltre il 60 per cento della caduta occupazionale riguarda i lavoratori atipici
-2,5 -2,0 -1,5 -1,0 -0,5 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 I II III IV I II III IV 2008 2009 Dipendenti permanenti a tempo pieno Autonomi a tempo pieno Parzialmente standard Atipici
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
Figura 3.2 - Occupati per tipologia lavorativa - Anni 2008-2009 (contributi percentuali
alla variazione tendenziale dell’occupazione)
Dipendenti Autonomi Parzialmente Atipici Totale Disoccupati Inattivi Totale permanenti a a tempo standard occupati
tempo pieno pieno
Dipendenti permanenti a
tempo pieno 91,4 1,2 0,6 1,7 94,9 1,8 3,3 100,0
Autonomi a tempo pieno 2,7 90,0 1,5 0,9 95,0 1,0 4,0 100,0
Parzialmente standard 12,1 9,9 50,8 4,1 76,9 3,1 20,0 100,0 Atipici 20,4 3,4 3,5 50,2 77,5 8,6 13,9 100,0 Totale occupati 58,2 25,8 3,0 5,8 92,7 2,2 5,0 100,0 Disoccupati 9,9 3,7 2,7 14,2 30,6 37,7 31,7 100,0 Inattivi 1,2 1,2 0,9 2,3 5,5 3,2 91,3 100,0 Totale 34,4 15,5 2,1 4,7 56,7 3,8 39,5 100,0 Dipendenti permanenti a tempo pieno 88,6 0,8 3,6 1,7 94,7 1,3 4,0 100,0
Autonomi a tempo pieno 3,0 81,7 5,7 0,9 91,3 0,9 7,8 100,0
Parzialmente standard 6,5 2,7 75,6 3,0 87,9 2,8 9,3 100,0 Atipici 14,9 1,1 6,4 53,8 76,1 8,0 15,8 100,0 Totale occupati 48,0 11,5 20,6 9,8 89,9 2,6 7,5 100,0 Disoccupati 4,1 2,3 6,2 14,8 27,4 28,3 44,2 100,0 Inattivi 0,6 0,4 1,1 1,4 3,4 2,6 94,0 100,0 Totale 17,5 4,4 8,2 4,8 34,9 3,5 61,6 100,0 Dipendenti permanenti a tempo pieno 90,3 1,1 1,7 1,7 94,8 1,6 3,6 100,0
Autonomi a tempo pieno 2,7 88,1 2,5 0,9 94,1 1,0 4,9 100,0
Parzialmente standard 7,6 4,1 70,8 3,2 85,7 2,9 11,4 100,0 Atipici 17,4 2,2 5,1 52,1 76,8 8,3 14,9 100,0 Totale occupati 54,1 20,1 10,0 7,4 91,6 2,4 6,0 100,0 Disoccupati 6,9 3,0 4,6 14,5 28,9 32,8 38,3 100,0 Inattivi 0,8 0,7 1,0 1,7 4,2 2,8 93,0 100,0 TOTALE 25,5 9,7 5,3 4,8 45,3 3,7 51,0 100,0 TOTALE
Condizione a fine periodo CONDIZIONE A INIZIO
PERIODO
MASCHI
FEMMINE
Tavola 3.4 - Flussi in uscita per condizione - Primo trimestre 2008-primo trimestre 2009
(a) (composizioni percentuali)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
Tra i lavoratori atipici, i dipendenti a termine (con orario a tempo pieno o par-ziale) passano dai 2.323 mila del 2008 ai 2.153 mila del 2009 (-7,3 per cento), con una contrazione tendenziale particolarmente sostenuta nel secondo e terzo trimestre. La flessione dei collaboratori (coordinati e continuativi, a progetto od occasionali), avviatasi nel secondo trimestre 2008, è pari al 15 per cento nella media 2009 (-70 mila unità) e porta l’aggregato su un livello di 396 mila unità (Tavola 3.5).
La pesante contrazione del lavoro atipico determina, per la prima volta dopo quattro anni, un abbassamento dell’incidenza relativa di questo aggregato sul to-tale degli occupati (dall’11,9 per cento del 2008 all’11,1 del 2009) e i dati longi-tudinali confermano che tale calo è dovuto alla riduzione dei lavoratori tempora-nei, piuttosto che alla trasformazione di una parte di contratti atipici in posizioni lavorative a tempo indeterminato. Su 100 occupati con un contratto atipico nel primo trimestre 2008, a un anno di distanza 77 restano occupati, 8 si ritrovano di-soccupati e 15 inattivi (un anno prima le quote di didi-soccupati e inattivi erano ri-spettivamente 5 e 11 per cento). La dinamica negativa interessa entrambi i sessi e tutte le ripartizioni. In particolare, nel Mezzogiorno il tasso di permanenza nel-l’occupazione degli atipici, già più basso, diminuisce tra il primo trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2009 fino a raggiungere il 72,1 per cento.
Oltre alla minore probabilità di restare occupati, gli atipici vedono ridursi an-che le occasioni di approdare a un’occupazione stabile: mentre tra il 2004 e il 2008 la quota di lavoratori temporanei che a un anno di distanza passa a un con-tratto a tempo indeterminato (pieno o parziale) era andata crescendo, nel 2009 la tendenza s’interrompe e l’incidenza sul totale scende dal 25,7 per cento del pri-mo trimestre 2008 al 21,9 dell’analogo periodo dell’anno successivo. La diminu-zione è più accentuata per gli uomini (dal 30,4 al 23,6 per cento) rispetto alle donne (dal 21,6 al 20,6 per cento), che presentano un tasso di stabilizzazione si-stematicamente più basso.
La discesa del lavoro atipico nel 2009 non risparmia nessuno: gli uomini e le donne (-9,2 e -8,0 per cento), l’intero territorio (seppur con differente intensità: -9,1 nel Nord, -9,9 nel Centro e -7,1 per cento nel Mezzogiorno), le diverse clas-si di età (-9,8 per cento i giovani di 15-29 anni, -8,3 per cento gli individui tra i 30 e i 49 anni), gli occupati presenti nel mercato del lavoro da non più di cinque anni (-9,3 per cento) e infine coloro che hanno iniziato a lavorare da più di dieci anni (-7,3 per cento). Neppure un buon livello di istruzione protegge dalla dimi-nuzione del lavoro atipico, che interessa, oltre ai meno istruiti, anche i diploma-ti e soprattutto i laureadiploma-ti, che contribuiscono per il 32 per cento alla caduta com-plessiva di questo aggregato.
La riduzione del lavoro temporaneo è diffusa tra i settori e i gruppi professio-nali. Nel 2009 l’industria in senso stretto assorbe il 42 per cento della flessione del lavoro temporaneo: la contrazione riguarda nella quasi totalità dei casi i dipen-denti a termine (90 mila su un calo complessivo di 100 mila unità) e in otto casi su dieci le imprese con più di 15 addetti. Si tratta di un risultato speculare a quel-lo del lavoro standard: mentre nelle imprese di maggiori dimensioni la riduzione dell’input di lavoro utilizza il serbatoio dei contratti a termine, optando per il ri-dimensionamento dei rinnovi dei contratti in scadenza, le piccole imprese riduco-no sia l’occupazione a termine sia quella a tempo indeterminato. Tra i dipendenti a termine assume particolare rilievo la flessione del numero dei lavoratori interi-nali, passati da 118 mila unità nel 2008 a 82 mila nel 2009, con una riduzione del 30 per cento, che interessa prevalentemente l’industria in senso stretto.
Nel terziario la flessione riguarda sia i dipendenti a termine (-5,8 per cento, 90 mila unità) sia, soprattutto, i collaboratori (-14,9 per cento, 58 mila unità). La di-minuzione dei dipendenti a termine si concentra nel commercio, nell’istruzione e nella sanità. Nei due ultimi comparti il calo diviene particolarmente critico in chiusura d’anno, quando si registra una caduta dell’11,2 per cento (49 mila unità
3. GLI EFFETTI DELLA CRISI SU INDIVIDUI E FAMIGLIE
La quota degli atipici cala per la prima volta dopo quattro anni
Quasi un terzo della contrazione del lavoro atipico interessa i laureati
La diminuzione dei lavoratori interinali arriva al 30 per cento
Dipendenti a Dipendenti a tempo determinato tempo determinato
RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Nord 1.135 946 189 44,5 43,9 47,8 Centro 540 431 109 21,2 20,0 27,6 Mezzogiorno 873 775 97 34,3 36,0 24,6 CLASSI DI ETÀ 15-29 anni 1.035 911 125 40,6 42,3 31,5 30-49 anni 1.207 1.014 194 47,4 47,1 48,9 50 anni e più 305 228 77 12,0 10,6 19,6 TITOLI DI STUDIO
Fino alla licenza media 860 787 73 33,8 36,5 18,6
Diploma 1.174 984 190 46,1 45,7 48,0
Laurea 514 382 132 20,2 17,7 33,4
SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA
Agricoltura 223 214 9 8,8 10,0 2,3
Industria 529 474 55 20,8 22,0 13,8
Industria in senso stretto 360 316 43 14,1 14,7 11,0
Costruzioni 169 158 11 6,6 7,3 2,8
Servizi 1.796 1.464 332 70,5 68,0 83,9
di cui:
Commercio, alberghi e ristoranti 526 472 54 20,6 21,9 13,6
Servizi alle imprese (a) 301 205 96 11,8 9,5 24,2
Istruzione e sanità 481 398 83 18,9 18,5 21,0
PROFESSIONI (b)
Qualificate e tecniche 744 523 221 29,2 24,3 55,8
Impiegati e addetti al commercio e ai servizi 839 717 123 32,9 33,3 31,0
Operai e artigiani 488 461 27 19,1 21,4 6,8 Non qualificate 458 433 25 18,0 20,1 6,4 Totale 2.548 2.153 396 100,0 100,0 100,0 RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Nord -114 -75 -39 -9,1 -7,4 -17,0 Centro -60 -37 -23 -9,9 -7,9 -17,2 Mezzogiorno -66 -58 -8 -7,1 -7,0 -7,6 CLASSI DI ETÀ 15-29 anni -112 -94 -19 -9,8 -9,3 -13,1 30-49 anni -110 -77 -32 -8,3 -7,1 -14,4 50 anni e più -18 1 -18 -5,5 0,2 -19,2 TITOLI DI STUDIO
Fino alla licenza media -94 -78 -16 -9,9 -9,0 -18,1
Diploma -69 -46 -23 -5,6 -4,5 -10,8
Laurea -77 -46 -30 -13,0 -10,8 -18,7
SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA
Agricoltura 9 9 .. 4,1 4,2 2,2
Industria -101 -90 -11 -16,0 -15,9 -17,3
Industria in senso stretto -100 -90 -10 -21,8 -22,2 -19,2
Costruzioni -1 1 -1 -0,3 0,4 -9,0
Servizi -148 -90 -58 -7,6 -5,8 -14,9
di cui:
Commercio, alberghi e ristoranti -13 -18 4 -2,5 -3,6 8,3
Servizi alle imprese (a) -35 -6 -29 -10,4 -2,6 -23,4
Istruzione e sanità -50 -38 -12 -9,4 -8,8 -12,5
PROFESSIONI (b)
Qualificate e tecniche -118 -67 -51 -13,7 -11,4 -18,8
Impiegati e addetti al commercio e ai servizi -46 -34 -11 -5,1 -4,6 -8,4
Operai e artigiani -79 -73 -6 -14,0 -13,6 -19,2
Non qualificate 4 4 -1 0,8 1,0 -2,3
Totale -240 -171 -70 -8,6 -7,3 -14,9
VARIAZIONI ASSOLUTE 2009/2008 VARIAZIONI % 2009/2008 Collaboratori
CARATTERISTICHE Totale Collaboratori Totale
2009 Composizioni percentuali
Tavola 3.5 - Principali caratteristiche dei lavoratori atipici - Anni 2008-2009 (valori assoluti in migliaia, composizioni
percentuali, variazioni tendenziali assolute in migliaia e percentuali)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
(a) I servizi alle imprese comprendono l’insieme delle attività del comparto “Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese”. (b) Le professioni qualificate e tecniche comprendono i gruppi I, II e III della “Classificazione delle professioni 2001”; gli impiegati e addetti al
in termini assoluti). La riduzione dei collaboratori è particolarmente intensa nei servizi alle imprese (- 23,4 per cento, 29 mila unità in media d’anno).
La contrazione del lavoro atipico coinvolge tutti: le professioni più qualifi-cate (insegnanti, disegnatori industriali, psicologi, eccetera), gli impiegati d’uf-ficio, gli addetti nel commercio, alberghi e ristorazione, gli operatori di call cen-ter e gli operai. La caduta del numero di dipendenti a cen-termine incen-teressa per ol-tre la metà dei casi le professioni impiegatizie e gli operai; la flessione del nu-mero di collaboratori riguarda, invece, le professioni più qualificate in tre quar-ti dei casi (nell’ulquar-timo trimestre si raggiunge l’88 per cento). I collaboratori che possiedono una laurea o un titolo superiore diminuiscono del 18,7 per cento (-30 mila unità) rispetto al 2008.
La caduta del lavoro temporaneo è particolarmente significativa per coloro che hanno contratti molto brevi, pari o inferiori ai 6 mesi (-12,1 per cento, 122 mila unità). La quota di atipici che hanno un contratto di durata inferiore ai 36 mesi, pur svolgendo lo stesso lavoro da almeno tre anni, rimane sostanzialmente inva-riata e pari al 19,5 per cento (quasi 500 mila occupati). Questo segmento è parti-colarmente presente nei comparti dell’istruzione (33,5 per cento) e della pubblica amministrazione (28,6 per cento).
Se la riduzione del lavoro temporaneo colpisce maggiormente i soggetti più de-boli con incarichi marginali e di breve durata, la situazione permane critica anche per chi è già da molti anni nell’area dell’instabilità. Per questi, esclusi dagli