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Cambiamenti e persistenze del sistema produttivo italiano negli

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 64-72)

Capitolo 2 - Gli effetti della crisi sulle imprese

2.2 Il sistema produttivo italiano verso l’uscita dalla crisi

2.2.2 Cambiamenti e persistenze del sistema produttivo italiano negli

Come si è già visto, la forte caduta dei livelli di attività nel biennio 2008-2009 è stata in Italia (-3,4 per cento del valore aggiunto in termini reali) quasi doppia rispet-to alla media dei paesi dell’Unione europea (-1,8 per cenrispet-to). La riduzione manifesta-tasi nel nostro Paese è stata più diffusa a livello settoriale (Tavola 2.3), pur mostrando tratti comuni all’andamento continentale, quali il forte calo dell’industria (-9,5 per cento in Italia e -6,7 nell’Ue) e delle costruzioni (-4,6 e -3,2 per cento, rispettivamen-te), e quello più contenuto per l’insieme dei servizi (-1,6 e -0,3 per cento).

Un elemento di differenza con la situazione del resto d’Europa è rappresenta-to dal fatrappresenta-to che la crisi recente dell’economia italiana è arrivata dopo un periodo di crescita economica stentata (2001-2007), con un incremento del valore ag-giunto italiano dell’1,2 per cento l’anno (un punto in meno rispetto alla media Ue), in presenza di una ricomposizione tra servizi (che danno un contributo po-sitivo di un punto percentuale alla variazione media annua) e industria (con un contributo quasi nullo). Il risultato finale del decennio 2000-2009 è quindi quel-lo di una crescita delquel-lo 0,1 per cento all’anno in termini di vaquel-lore aggiunto tota-le, che ha fatto scendere l’Italia di varie posizioni nella classifica di reddito pro ca-pite dei paesi europei.

Val. Contri- Val. Contri- Val. Contri- Val. Contri- Val. Contri- Val. Contri-agg. buto agg. buto agg. buto agg. buto agg. buto agg. buto

Agricoltura -0,6 0,0 -0,6 0,0 -0,2 0,0 0,4 0,0 -0,8 0,0 -0,2 0,0 Industria in senso stretto 0,4 0,1 1,1 0,2 1,9 0,5 -0,5 -0,1 1,4 0,3 1,6 0,4 Costruzioni 2,3 0,1 1,7 0,1 -3,3 -0,1 2,8 0,1 5,2 0,5 1,8 0,1

Servizi 1,4 1,0 2,0 1,5 1,6 1,1 3,3 2,4 3,9 2,6 2,5 1,7

Commercio, alberghi e trasporti 1,2 0,3 2,2 0,4 1,7 0,3 3,3 0,8 2,8 0,7 2,7 0,6

Finanza e servizi alle imprese 1,8 0,5 2,6 0,8 2,1 0,6 4,4 1,3 5,4 1,1 3,1 0,8

Altri servizi 1,1 0,2 1,1 0,3 0,9 0,2 1,8 0,4 3,7 0,8 1,5 0,3

Totale 1,2 1,2 1,8 1,8 1,4 1,4 2,5 2,5 3,3 3,3 2,2 2,2

Agricoltura -1,1 0,0 …. …. 2,1 0,0 -3,3 0,0 -1,6 -0,1 1,6 0,0 Industria in senso stretto -9,5 -2,0 …. …. -8,9 -2,2 -6,7 -1,2 -7,8 -1,4 -6,7 -1,4 Costruzioni -4,6 -0,2 …. …. 1,2 0,0 -5,1 -0,3 -3,9 -0,4 -3,2 -0,2

Servizi -1,6 -1,1 …. …. 0,0 0,0 -1,2 -0,9 0,6 0,4 -0,3 -0,2

Commercio, alberghi e trasporti -3,8 -0,9 …. …. -1,8 -0,3 -2,4 -0,6 -0,7 -0,2 -2,0 -0,4

Finanza e servizi alle imprese -0,9 -0,2 …. …. 0,0 0,0 -1,2 -0,4 -0,2 0,0 -0,2 -0,1

Altri servizi 0,0 0,0 …. …. 1,4 0,3 0,1 0,0 3,0 0,6 1,3 0,3

Totale -3,4 -3,4 …. …. -2,2 -2,2 -2,4 -2,4 -1,4 -1,4 -1,8 -1,8

Agricoltura -0,7 0,0 …. …. 0,3 0,0 -0,4 0,0 -1,0 0,0 0,2 0,0

Industria in senso stretto -1,9 -0,4 …. …. -0,6 -0,1 -2,0 -0,4 -0,7 -0,1 -0,3 -0,1

Costruzioni 0,7 0,0 …. …. -2,3 -0,1 1,0 0,1 3,1 0,3 0,6 0,0

Servizi 0,7 0,5 …. …. 1,2 0,9 2,3 1,7 3,1 2,2 1,8 1,3

Commercio, alberghi e trasporti 0,1 0,0 …. …. 0,9 0,2 2,0 0,5 2,0 0,5 1,6 0,4

Finanza e servizi alle imprese 1,2 0,3 …. …. 1,6 0,5 3,2 0,9 4,1 0,9 2,4 0,6

Altri servizi 0,9 0,2 …. …. 1,0 0,2 1,4 0,3 3,5 0,8 1,4 0,3 Totale 0,1 0,1 …. …. 0,6 0,6 1,4 1,4 2,3 2,3 1,3 12,2 ANNI 2001-2007 ANNI 2008-2009 ANNI 2001-2009 ATTIVITÀ ECONOMICHE Francia (a)

Italia Germania Regno Unito Spagna Ue27

Tavola 2.3 - Valore aggiunto per macrosettore nei principali paesi dell’Unione europea - Anni 2001-2009

(varia-zioni medie annue di periodo su valori concatenati - anno base 2000; contributi alla variazione totale)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, National Accounts

(a) Dati 2009 non disponibili.

Italia: dieci anni di crescita economica debole

È utile, a fini interpretativi, suddividere il periodo antecedente la crisi in due fa-si: la prima, fino al 2005, caratterizzata da una crescita del valore aggiunto molto lenta (+0,9 per cento l’anno), la seconda, tra il 2006 e il 2007, nella quale la cre-scita è raddoppiata (+1,8 per cento in media annua). In ambedue le fasi l’apporto dei servizi è stato sistematicamente positivo (un punto l’anno), mentre il valore ag-giunto della manifattura si contrae nel primo quinquennio (-0,5 per cento l’anno contro +1,1 per cento dell’Ue), ma è in netta ripresa nel biennio successivo (+2,5 rispetto a +3,1 per cento dell’Ue). Peraltro, nel periodo 2001-2007 l’apporto del terziario alla crescita è stato decisamente più elevato negli altri principali paesi eu-ropei tranne che in Germania, dove però l’industria da sola ha offerto un contri-buto di 0,5 punti percentuali. Per questo, in Italia come in Germania, la struttura produttiva, in termini di peso relativo dei macrosettori, è cambiata meno che nel-le altre grandi economie dell’area (Figura 2.10).

Nello stesso periodo, anche la produttività oraria (misurata dal rapporto tra va-lore aggiunto ai prezzi base e ore lavorate) è cresciuta in Italia a un tasso netta-mente inferiore (+0,2 per cento l’anno) rispetto a quello, compreso tra lo 0,8 e l’1,6 per cento, sperimentato dai principali partner europei.4 La dinamica della produttività è stata anzi negativa proprio nei settori che hanno conseguito gli in-crementi di valore aggiunto maggiori, segno del permanere dei tratti

labour-inten-sive nel modello italiano (Figura 2.11).

Fatalmente, quindi, il divario di produttività del lavoro tra Italia e principali partner europei è andato ampliandosi, in particolare nel settore manifatturiero ( Fi-gura 2.12). Alcuni importanti fattori che spiegano queste tendenze – come ampia-mente noto e come illustrato nelle precedenti edizioni del Rapporto annuale – risie-dono nelle caratteristiche dimensionali e di specializzazione del nostro sistema pro-duttivo: sotto il primo aspetto, è più elevata in Italia l’incidenza delle microimpre-se,5caratterizzate da livelli di produttività più bassi e da una sua dinamica più len-ta rispetto agli altri segmenti dimensionali; sotto il secondo, il modello ilen-taliano è

Valore aggiunto 3,5 2,5 1,5 0,5 0,5 1,5 2,5 3,5

Italia Francia Germania Spagna Regno Unito 2001-2007 2008-2009 2001-2009

Occupazione

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, National Accounts

(a) Per la Francia i dati del 2009 non sono disponibili. (b) Semisomma delle variazioni nelle quote sul totale economia.

Figura 2.10 - Indici sintetici di cambiamento strutturale nei principali paesi dell’Ue (a), misurati su valore aggiunto e occupazione (b) - Anni 2001-2009

4Si veda il paragrafo 1.3.

5Si veda nel glossario la voce “Classificazione delle imprese per classe di addetti”.

Le cause del divario di produttività tra Italia e resto d’Europa sono strutturali

decisamente orientato nella manifattura verso produzioni a bassa tecnologia, a più lenta crescita della domanda mondiale, e in servizi labour-intensive nel terziario.

Per valutare l’effetto della specializzazione e della dimensione, con riferimento agli anni 2000 e 2007, il differenziale di produttività relativo (misurato sui dati a prezzi correnti) tra le imprese manifatturiere italiane e quelle francesi, spagnole e tedesche è stato scomposto con una tecnica di tipo shift-share utilizzando i dati del-le statistiche strutturali suldel-le imprese (Tavola 2.4). Questi consentono di prendere in considerazione la dimensione delle imprese (5 classi di addetti) e di scendere a un dettaglio settoriale molto fine (oltre 200 comparti produttivi). La tecnica uti-lizzata consente di considerare isolatamente gli effetti delle caratteristiche

dimen-2. GLI EFFETTI DELLA CRISI SULLE IMPRESE

-1,5 -0,5 0,5 1,5 2,5 3,5

Italia Francia Germania Spagna Regno Unito (a)

Agricoltura Industria Costruzioni

Commercio, alberghi e ristoranti Servizi alle imprese Servizi pubblici e personali Totale

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, National Accounts

(a) Prodotto per occupato.

Figura 2.11 - Prodotto per ora lavorata per macrosettore nei principali paesi europei - Anni 2001-2007

(variazioni medie annue di periodo su valori concatenati - anno base 2000)

18 22 26 30 34 38 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Italia Germania Totale economia 20 25 30 35 40 45 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Spagna Francia Manifattura

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, National Accounts; Ocse

Figura 2.12 - Prodotto per ora lavorata nei maggiori paesi Uem - Anni 2000-2009 (valori concatenati in euro

sionali e della composizione settoriale, ma anche la loro interazione.6

Nel 2000, il differenziale di produttività era spiegato per il 43,8 per cento dal-le caratteristiche dimensionali prese isolatamente e per il 58,7 per cento dalla com-binazione di effetti settoriali e dimensionali: il primo di questi effetti può essere ri-ferito alla minore dimensione delle imprese italiane, a parità di settore, rispetto a quelle dei nostri principali partner; la seconda, alla specializzazione in settori di per sé caratterizzati dalla dimensione (sotto il profilo tecnologico-organizzativo), al netto dell’effetto positivo della specializzazione. In questo contesto, l’effetto re-siduo – legato alle caratteristiche del Paese – giocava positivamente, a riduzione del differenziale negativo di produttività.

Nel 2007, il contributo dei diversi effetti nello spiegare il differenziale di pro-duttività si è modificato sensibilmente: quello legato alla specificità dimensionale si è accentuato, salendo al 46,8 per cento, mentre quello più legato alla specializ-zazione si è ridotto al 45,2 per cento. Nel periodo, cioè, la composizione settoria-le del sistema manifatturiero italiano si è andata allineando maggiormente a quel-la dei nostri maggiori partner, a testimonianza di processi di ristrutturazione pro-duttiva; al tempo stesso, però, si sono aggravati gli effetti del deficit dimensionale “assoluto” delle imprese italiane e il made in Italy ha perso attrattività (l’apporto dell’effetto paese diventa, infatti, negativo).

La situazione e la dinamica della produttività delle imprese italiane prima del-la crisi possono essere comprese meglio analizzando il comportamento di segmen-ti produtsegmen-tivi omogenei per settore e dimensione aziendale7 (Figura 2.13). Tutti i comparti manifatturieri, ad eccezione dell’offerta specializzata di medie dimensio-ni, hanno sperimentato dinamiche della produttività inferiori alla media. Le pic-cole e medie imprese, però, presentano livelli di performance relativamente mi-gliori, anche nei comparti ad alta intensità tecnologica (R&S), dove si osserva una divaricazione tra la buona performance della media impresa rispetto a quelle della classe con 250 addetti e oltre. Anche i comparti delle costruzioni hanno recupera-to in termini di produttività, con le piccole imprese che raggiungono i livelli me-di italiani me-di valore aggiunto per addetto. Se, quinme-di le piccole e meme-die imprese presentano ancora segni interessanti di dinamismo, performance decisamente ne-gative, anche in termini dinamici, vengono registrate dalle microimprese (1-9 ad-detti), che hanno ulteriormente ampliato il gap negativo di produttività rispetto alle più grandi, eccezion fatta per le costruzioni e i servizi alle imprese.

6Si veda nel glossario la voce “Analisi shift-share”.

7Per le disaggregazioni utilizzate si vedano nel glossario le voci “Classificazione delle attività mani-fatturiere per intensità tecnologica, caratteristiche della produzione e dei mercati”.

Migliaia di euro Comp. % Migliaia di euro Comp. %

Composizione dimensionale -3,6 43,8 -5,8 46,8

Specializzazione / Interazione

tra specializzazione e dimensione -4,8 58,7 -5,6 45,2

Residuo 0,2 -2,5 -1,0 7,9

Totale -8,2 100,0 -12,3 100,0

2000 2007

EFFETTI

Tavola 2.4 - Scomposizione del differenziale di produttività del lavoro tra imprese ita-liane e franco-ispano-tedesche nel settore manifatturiero (a) - Anni 2000 e 2007 (migliaia di euro e composizioni percentuali)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Structural Business Statistics

(a) Si veda nel glossario la voce “Analisi shift-share”.

La dimensione micro gioca a sfavore della produttività

51 2. G LI EFFETTI DELLA CRISI SULLE IMPRESE

Figura 2.13 - Performance produttiva dei diversi segmenti di impresa (a) per settore di attività (b) e dimensione (c) - Anni 2001-2007 (valori in migliaia di eu-ro e variazioni percentuali)

Fonte: Istat, Rilevazione sui risultati economici delle piccole e medie imprese; Sistema dei conti di impresa

(a) La dimensione delle bolle indica il peso in termini di addetti impiegati nel 2007.

(b) Manifattura (Mt: Tradizionale; Os: Offerta specializzata; R&S: Ricerca & Sviluppo; ES: Economie di Scala) Cos: Costruzioni

Servizi (Com: Commercio; Hr: Alberghi e ristoranti; Tc: Trasporti e telecomunicazioni; Si: Immobiliari, noleggio, informatica e altri servizi alle imprese; Sf: Servizi alle famiglie)

7 Mt-1 Os-1 R&s-1 Es-1 TotM-1 Cos-1 Com-1 Hr-1 Tc-1 Si-1 Sf-1 Mt-2 Os-2 R&s-2 Es-2 TotM-2 Cos-2 Com-2 Hr-2 Tc-2 Si-2 Sf-2 Mt-3 Os-3 R&s-3 Es-3 TotM-3 Cos-3 Com-3 Hr-3 Tc-3 Si-3 Sf-3 Mt-4 Os-4 R&s-4 Es-4 TotM-4 Cos-4 Com-4 Hr-4 Si-4 Sf-4 -15 5 25 45 65 85 10 20 30 40 50 60 70 80 90

Produttività del lavoro (2007)

V

ari

azi

one percentual

Il dibattito sui problemi di crescita dell’industria italiana ha individuato da tempo nelle caratteristiche strutturali del nostro apparato produttivo, con partico-lare riferimento agli aspetti dimensionali e di specializ-zazione, uno dei fattori esplicativi più importanti. Questo tema ha trovato ampi spazi di analisi empirica all’interno di numerose edizioni del Rapporto

annua-le, realizzata sfruttando le crescenti potenzialità offerte

dalla base informativa solida e armonizzata rappresen-tata dal sistema europeo delle statistiche strutturali (Structural Business Statistics, Sbs).

Nel 2007, ultimo anno per il quale si hanno con-fronti europei omogenei, in Italia erano attive poco più di 510 mila imprese manifatturiere, molte più che negli altri paesi europei, in ragione della presenza rilevante di microimprese (1-9 addetti). In Italia questo segmento comprende poco meno di 430 mila imprese (Francia 212 mila, Spagna 173 mila, Germania 118 mila).

Il più alto numero di imprese in Italia interessa an-che i diversi segmenti delle piccole e medie imprese: per le prime si rileva una presenza nettamente più consistente rispetto agli altri paesi (76 mila unità contro le 58 mila della Germania, le 40 mila della Spagna e le 33 mila della Francia). Anche per il segmento delle medie impre-se l’Italia si conferma ai primi posti, con poco più di 10 mila unità, seconda solo alla Germania (circa 17 mila). Le grandi imprese sono 1.400, molto meno che in Ger-mania (4 mila) e in Francia (2 mila unità).

Dimensione e performance delle imprese

manifatturiere italiane nel contesto europeo

Questa struttura dimensionale si riflette su quella dell’occupazione che vede, in Italia, concentrarsi nelle microimprese oltre un quarto degli addetti manifattu-rieri (circa 1,2 milioni), mentre nella media Ue la quota di addetti assorbita dalle microimprese è del 13,9 per cento (Figura 2.14). D’altra parte, il peso oc-cupazionale delle grandi imprese è, in Italia, pari al 22 per cento, poco più della metà di quello medio Ue (40,6 per cento), assai inferiore a quello di Germania (53,2 per cento) e Francia (46,3 per cento), e ben al di sotto di quello della Spagna (26 per cento).

Naturalmente, il grado di integrazione verticale è tanto più elevato quanto minore è la dimensione azien-dale: il rapporto tra valore aggiunto e fatturato era pari, nel 2007, al 31,9 per cento nelle microimprese, al 26,3 per cento nelle piccole, al 23,0 per cento nelle medie e al 19,3 per cento nelle unità di maggiore dimensione. La diminuzione del grado di integrazione verticale delle imprese riscontrata tra 2001 e 2007 risulta particolar-mente rilevante per le piccole e per le medie imprese e, sotto il profilo settoriale, per i comparti ad alta intensità di R&S e per quelli dell’offerta specializzata.

Un ulteriore elemento di differenziazione rispetto agli altri maggiori paesi dell’Unione è la forte polariz-zazione nella specializpolariz-zazione produttiva e commer-ciale dell’industria manifatturiera, con una prevalen-za dei settori “tradizionali” delle industrie del sistema persona-casa e di quelle metalmeccaniche, e una pre-N 18,8 17,9 11,2 12,6 25,6 6,6 31,8 13,0 19,2 19,1 31,0 15,8 23,4 28,7 26,0 22,0 21,4 24,5 26,0 40,4 43,5 46,3 22,0 53,2 0 1.000.000 2.000.000 3.000.000 4.000.000 5.000.000 6.000.000 7.000.000 Germani a Italia Franci a R egno U n it o Po lo n ia S pagna R omani a

Rep. Ceca Portogal

lo Sve zia P aesi B a ssi U ngheri a B ul gari a A u stria Be lg io D a ni marca S lovacchia Finl andi a Grecia -5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55

Micro Piccola Media Grande Addetti medi (sc. dx)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Structural Business Statistics

Figura 2.14 - Addetti delle imprese manifatturiere per classe di addetti in alcuni paesi Ue - Anno 2007

2. GLI EFFETTI DELLA CRISI SULLE IMPRESE

senza rilevante in comparti di “nicchia” dell’offerta specializzata (Figura 2.15). Questa struttura produt-tiva vede le imprese italiane di piccola dimensione as-sorbire quote di occupazione e di valore aggiunto net-tamente superiori a quella della media dell’Ue e dei maggiori paesi.

Le imprese manifatturiere italiane hanno realiz-zato, tra il 2001 e il 2007, una crescita del valore ag-giunto nominale del 15,1 per cento, in un contesto di riduzione dell’occupazione di poco inferiore al 5 per cento. La crescita si è manifestata in modo differente nei diversi settori, con una dinamica dei comparti a offerta specializzata e di quelli di scala nettamente superiore a quella della manifattura tradizionale e dei comparti ad alta intensità di R&S. La dinamica aggregata del valore aggiunto nasconde anche diffe-renze dimensionali notevoli, con un incremento del 19,8 per cento nelle piccole imprese, del 18,9 per cen-to nelle medie, del 12,1 per cencen-to nelle grandi e del 6,5 per cento nelle microimprese.

Una dinamica contenuta del valore aggiunto è comune alle microimprese di tutti i comparti. Anche le piccole e le medie imprese registrano una notevole omogeneità dei tassi di crescita settoriali, bassi solo nella manifattura tradizionale, la cui dinamica complessiva domina le tendenze dei segmenti di-mensionali. Le grandi imprese, invece, hanno tassi di crescita elevati nei settori con economie di scala e dell’offerta specializzata, e aumenti molto più ridot-ti nella manifattura tradizionale e nei settori ad al-ta intensità di R&S.

Un’altra chiave interpretativa – accanto a quelle della dimensione e della specializzazione – risiede nel-la distinzione tra imprese esportatrici e imprese

orien-tate esclusivamente al mercato interno. Tra il 2001 e il 2007, le prime aumentano il valore aggiunto del 19,1 per cento, le seconde del 7,6 per cento. Forti, anche in questo caso, sono le differenze dimensionali, con un nu-mero medio di addetti pari a 30 per le imprese esporta-trici e a cinque per le altre: per tutte le classi dimensio-nali il differenziale di crescita a favore delle unità esportatrici è comunque netto. Le imprese esportatrici presentano anche un minor grado di integrazione ver-ticale, soprattutto per le dimensioni minori, che svolgo-no un ruolo “intermedio” nelle filiere produttive.

La produttività nominale del lavoro è aumentata del 20,9 per cento tra il 2001 e il 2007, con incre-menti simili tra piccole (+25,0 per cento), medie (+23,2 per cento) e grandi imprese (+21,8 per cento). Nelle microimprese la produttività è aumentata solo del 10,6 per cento. Per le imprese esportatrici la cre-scita della produttività è stata pari al 25 per cento.

Complessivamente, quindi, le piccole e medie im-prese hanno determinato quasi tre quarti della cresci-ta della produttività del lavoro nella manifattura (34,1 e 29,9 per cento rispettivamente) (Figura 2.16), assorbendo poco più della metà dell’occupazio-ne. Le grandi imprese contribuiscono alla crescita del-la produttività per il 27,6 per cento, mentre le mi-croimprese mostrano un contributo pari all’8,4 per cento, esprimendo risultati economici nettamente in-feriori agli altri segmenti dimensionali.

Un confronto fra la performance produttiva delle imprese manifatturiere italiane e la media di quelle dei principali paesi dell’Uem mostra, da un lato, una perdita di competitività complessiva del sistema indu-striale italiano; dall’altro, l’esistenza di segmenti di imprese che risultano in una posizione migliore

ri-0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 1,4 1,6

Italia Francia Germania Spagna

Alta intensità R&S Economie di scala Offerta specializzata Tradizionale

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Structural Business Statistics

Figura 2.15 - Valore aggiunto della manifattura per intensità tecnologica e caratteristiche dei mercati nei principali paesi Uem (coefficienti di localizzazione)

spetto agli altri paesi (Figura 2.17). Infatti, tra il 2001 e il 2007 il divario di produttività del lavoro tra le imprese italiane e quelle degli altri paesi si è ampliato dal 20,1 al 22,0 per cento, soprattutto per effetto dell’allargarsi del differenziale negativo delle microimprese (dal 22,7 al 27,9 per cento) e delle grandi unità (dall’8,5 al 12,4 per cento). L’anda-mento favorevole della produttività nelle imprese pic-cole (che tra 2001 e 2007 colmano un gap negativo del 5,1 per cento) e medie (che incrementano lieve-mente il loro vantaggio) non è sufficiente a colmare lo svantaggio del complesso delle imprese italiane.

Ciononostante, le imprese italiane mostravano nel 2001 un livello di redditività lorda superiore a quel-lo delle imprese degli altri principali paesi, sia in me-dia, sia per le piccole (soprattutto), le medie e le

gran-di imprese. Tale risultato gran-dipendeva da un livello gran-di costo unitario del lavoro inferiore, in Italia, del 23,6 per cento rispetto a quello medio degli altri quattro paesi. Tra il 2001 e il 2007, però, l’ampliamento del gap di produttività, insieme a un ridimensionamen-to del differenziale negativo di cosridimensionamen-to del lavoro (da -23,6 a -19,0 per cento), ha determinato un netto peggioramento delle condizioni (assolute e relative) di redditività delle imprese italiane, passata da un livello del 31 per cento (27,9 per gli altri paesi) al 29,9 per cento (32,6 per cento). Questo peggiora-mento relativo coinvolge tutti i segmenti dimensio-nali, ma consentiva ancora, nel 2007, alle medie e piccole imprese italiane di conseguire livelli di reddi-tività superiori a quelli delle corrispondenti imprese di Germania, Francia e Spagna.

N 3,8 3,3 8,4 8,5 6,1 18,0 34,1 3,7 11,6 12,1 29,9 8,1 18,1 27,6 -5 15 35 55 75 95 Manifattura tradizionale Offerta specializzata Alta intensità R&S Economie di scala Totale Manifattura Micro Piccole Medie Grandi

Fonte: Istat, Rilevazione sui risultati economici delle piccole e medie imprese; Sistema dei conti di impresa

Figura 2.16 - Produttività nominale del lavoro per settore e classe di addetti - Anni 2001-2007 (contributi

alla crescita e valori percentuali)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat, Structural Business Statistics

Figura 2.17 - Indicatori di performance della manifattura italiana per classe di addetti - Anni 2001 e 2007

(rapporti rispetto alla media dei quattro principali paesi Uem)

0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 Anno 2007 0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2

Micro Piccole Medie Grandi Totale

(meno micro)

Totale Produttività Costo del lavoro per dipendente Redditività lorda

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 64-72)