Capitolo 2 Società digitale, partecipazione e civic engagement
2.7 Cittadinanza e civic engagement nel Web 2
2.7.3 Capitale sociale e civic engagement
Nell'ambito dei rapporti tra cittadini e società civile nella società contemporanea si rilevano, con sempre più frequenza, forme di partecipazione al dibattito pubblico mediante l’aggregazione tra più soggetti e la creazione di reti di relazioni. Partecipare, in tal senso, prevede anche il possesso di strumenti, conoscenze adeguate, competenze “civiche” e relazionali che permettono di agire nella società civile, con l'obiettivo di portare la propria voce e di avere visibilità nell'ambito dell’arena pubblica e cooperare con le istituzioni mediando tra l’interesse collettivo e quello privato, coadiuvando la (co)creazione di capitale sociale.
Il concetto di capitale sociale viene definito da diversi autori in modi che, frequentemente, si integrano vicendevolmente. Coleman, tra gli altri, afferma che: «[…] l’organizzazione sociale costituisce il capitale sociale, rendendo possibile l’ottenimento di obiettivi che in sua assenza non potrebbero essere conseguiti, se non a un costo molto superiore.» (2005, p. 390). Secondo il sociologo statunitense, a cui è da attribuire la formalizzazione di questa definizione che si riallaccia al modello
142 Come dichiarato da Boccia Artieri, tale elenco è la risultante di alcuni adattamenti da Henry Jenkins, Katie Clinton, Ravy
Purushotma, Alice J. Robinson e Margaret Weigel, Confronting the Challenges of Participatory Culture: Media Education for the 21st Century, MacArthur Foundation, 2006.
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dell'attore razionale, fattori sociali quali l'autorità, la fiducia e le norme concorrono a creare il capitale sociale, cioè una struttura sociale appropriabile (Coleman, 1990). All'interno di questa, per Coleman, l'individuo, considerato come attore razionale, ottimizza secondo preferenze date le sue scelte. Il capitale sociale appropriabile si dispiega in svariate forme, è sottoposto a mutazioni e rappresenta una risorsa individuale e collettiva. Può favorire un singolo attore, un gruppo o la collettività. Spesso i livelli micro e macro si integrano: il capitale sociale collettivo, infatti, si rafforza attraverso pratiche condotte a livello individuale. Viceversa, un tessuto sociale ricco di capitale sociale collettivo accresce quel complesso di risorse che sono disponibili a un attore data la sua collocazione in un particolare sistema di relazioni sociali (Coleman 1990; Bagnasco 1999).
Putnam fornisce due riflessioni sul capitale sociale ascrivibili a distinti momenti dei suoi studi; in base alla prima il capitale sociale è: «[…] l'insieme di quegli elementi dell'organizzazione sociale, come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali, che possono migliorare l'efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l'azione coordinata degli individui» (Putnam 1993, p. 169). In seguito aggiunge che esso può essere specificato come il risultato di: «connessioni fra individui-reti sociali e le norme di reciprocità e fedeltà che nascono da loro» (ed. it. 2004, p. 9). La virtù civica, ovvero il senso socialmente diffuso di bene collettivo e pubblico, è più accentuata se è radicata in una rete sociale di relazioni di reciprocità (Putnam 1993 e 2000). Fiducia, reciprocità, informazione, comunicazione e cooperazione possono dare vita a benefici per le persone coinvolte nella rete di relazioni, ma anche per le persone esterne a questa rete. Putnam sottolinea con particolare attenzione gli aspetti culturali e politici dei contesti quali fattori in grado di stimolare principi di reciprocità, fiducia, affidabilità e tolleranza. Si tratta di quei “relational assets” la cui esistenza e la cui entità dipendono dal numero, dalla qualità, dall'intensità delle precedenti interazioni avvenute tra specifici individui e che, secondo Putnam, alimentano la civicness o coscienza civica.
Un approccio di tipo individualista è quello espresso da Bourdieu secondo il quale:«le capital social est l’ensemble des ressources actuelles ou potentielles qui sont liées à la possession d’un réseau durable de relations plus ou moins institutionnalisées d’interconnaissance et d’interreconnaissance: ou […] à l’appartenance à un groupe». (1980, p. 2)
Recentemente in ambito sociologico si è cercato di analizzare il concetto di capitale sociale riprendendo la riflessione di Simmel (1996), secondo il quale la società nel suo complesso è caratterizzata da un costante processo di differenziazione sociale e moltiplicazione delle “cerchie sociali”143. Si cerca, in questo modo, di fare un parallelismo con lo studio delle “reti sociali”.
Un'ulteriore riflessione è quella presentata da Donati (2006) che, concordemente all'approccio “relazionale” col quale introduce il concetto di “cittadinanza societaria”, propone un concetto di capitale sociale come “qualità delle relazioni sociali” piuttosto che come una qualità individuale o di altre strutture sociali.
In particolare Donati afferma che: «Capitale Sociale, allora è quella forma di relazione che opera la valorizzazione di beni o servizi attraverso scambi che non sono né monetari, né politici, né clientelari, né di puro dono, ma scambi sociali di reciprocità. Laddove la reciprocità non è un “dare per avere” (do ut des), ma è uno scambio simbolico» (2006).
Dalle definizioni considerate emerge una prospettiva comune, quella che considera il capitale sociale come un aspetto qualitativo delle relazioni sociali che caratterizzano la struttura della società civile. Essa stessa a sua volta è caratterizzata dalla presenza di reti di gruppi e di relazioni che utilizzano il capitale sociale per poter agire all’interno di quegli spazi pubblici di discussione, nei quali i cittadini si confrontano su opinioni e convinzioni (Habermas 1994). In queste considerazioni emerge con forza la dimensione di “valore” legata alle relazioni che concorrono alla costruzione di reti di condivisione di contenuti e pratiche che si inseriscono nel dibattito pubblico.
La possibilità di agire nello spazio pubblico è legata strettamente alla dimensione comunicativa, attraverso la parola, ed a quella relazionale, garantita da una reciprocità dialogica.
Ma le reti di relazione e di partecipazione possono indebolirsi laddove il capitale sociale non sia adeguatamente sviluppato, come nel caso di alcune regioni italiane individuate da Putnam (1993) nel corso della sua indagine sulla tradizione civica nel contesto italiano.
Le reti sono meccanismi che permettono di raggiungere meglio obiettivi comuni o, comunque, possono agevolare atteggiamenti e comportamenti cooperativi. Delle reti vanno considerate tanto la struttura quanto le funzioni; in alcuni casi prevalgono motivi strumentali, in altri istanze di fiducia, come
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Tornando all'analisi di Coleman, tra i fattori che incidono sulla crescita o sulla diminuzione del capitale sociale vanno considerati, oltre alla convenienza al suo mantenimento:
a) la densità delle relazioni del network, che aumentano il controllo sulle relazioni e di conseguenza la fiducia e le aspettative reciproche. diminuendo le occasioni di comportamenti opportunistici e, all'opposto, aumentando le occasioni di cooperazione;
b) la stabilità delle relazioni nel tempo; c) l'orientamento ideologico.
Tutti questi elementi mettono in evidenza come il capitale sociale reticolare sia tanto maggiore quanto più è elevata la dipendenza reciproca degli attori coinvolti.
Putnam, tra gli altri, è stato tra i primi studiosi ad analizzare le eventuali relazioni tra il concetto di capitale sociale e quello di tecnologie comunicative, nello specifico nella ricerca pubblicata nell'anno 2000 contenuta nel volume “Bowling Alone. The collapse and revival of American community”. Scopo di Putnam è capire se la "tecnologia sociale" (Castells, 1996, Wellman, 2001), in particolar modo il telefono e Internet, possa implicare una nuova forma di “social capital”, a vantaggio sia dei singoli individui ma anche dell'intera comunità.
Per ciò che riguarda il capitale sociale in Rete Putnam ritiene che bisognerebbe superare almeno cinque sfide: garantire l’accesso allo spazio cibernetico a tutti; sconfiggere la depersonalizzazione attraverso la costruzione della fiducia anche nello spazio cibernetico (ibidem); superare la balcanizzazione cibernetica (ibidem) (non limitare la nostra comunicazione alle sole persone che condividono esattamente i nostri interessi); cercare di capire se Internet è uno strumento di comunicazione sociale o «un mezzo di divertimento passivo e privato» (ibidem). Nonostante queste considerazioni, lo studioso americano è certo che Internet non sia la causa dello “sgretolamento” delle relazioni sociali che egli ha analizzato, poiché lo “sbriciolamento” dei legami sociali è avvenuto ben prima che internet si diffondesse.
Fatte queste osservazioni Putnam si sofferma a considerare alcuni possibili vantaggi e svantaggi che possono derivare della comunicazione mediata dal computer:
- Internet ha la capacità di trasmettere informazioni tra persone fisicamente distanti ma anche tra gruppi ampi;
- Internet offre la possibilità agli individui di organizzarsi su “interessi condivisi”, ossia permettere di partecipare a network formati da persone che condividono le stesse attrattive, ideali, passioni, etc. ;
- Internet permette che le relazioni siano più sincere e ugualitarie degli incontri faccia a faccia, favorendo lo scambio comunicativo orizzontale e meno gerarchico, come avviene invece, ad esempio, negli scambi comunicativi sul luogo di lavoro.
Dal lato opposto ci sono anche degli svantaggi che possono essere riassunti come:
1. Presenza del digitai divide ovvero la disparità sociale nell'accesso allo “spazio cibernetico”; 2. Impossibilità di trasmettere informazioni non verbali;
3. Incapacità di creare maggiore fiducia tra le persone soprattutto quando l'interazione avviene in un contesto anonimo ed emerge la difficoltà a raggiungere un accordo a causa della mancanza di segnali di solidarietà;
4. Maggiore opportunismo che può essere causa della suddetta mancanza di fiducia.
Il legame, o meglio l'impatto, che le nuove tecnologie hanno sul capitale sociale è stato analizzato anche da Pippa Norris , la quale si è chiesta, nello specifico, se la partecipazione online accresce il capitale sociale, ampliando le reti di relazioni sociali nelle quali sono inserite le persone.
Assumendo la definizione di capitale sociale formulata da Putnam, l'autrice, tenta di sviluppare alcune ipotesi circa il ruolo che le nuove tecnologie informative hanno sulle relazioni di capitale sociale di tipo bridging e bonding. Il risultato che emerge dall'analisi dei dati (riferiti ai soli Stati Uniti) è che le “relazioni virtuali” creano delle tipologie di gruppi e permettono il rafforzamento sia dei legami bonding che bridging, ma creano anche altri due modelli definiti “mixed” che si identificano nelle “comunità virtuali” composte da soggetti che hanno rispettivamente caratteristiche sociali diverse ma omogeneità nell'ideologia e omogeneità negli aspetti sociali ma diversità nei tratti sociali (2011).
Il collegamento tra capitale sociale e Internet è stato evidenziato anche da Wellman et al. (2001), in un saggio nel quale gli autori constatando una chiara influenza di Internet sul capitale sociale, sottolineano invece la mancanza di comprensione del fenomeno che produce la relazione causale. L'intreccio di reti sociali e reti tecnologiche, secondo Wellman e i suoi collaboratori, può ulteriormente incidere sulle caratteristiche e sulla qualità del capitale sociale e sul ruolo degli attori (Wellman et al. 2001). Infatti, la rete costituisce la somma delle risorse virtuali o reali o entrambe che derivano da un
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individuo, un gruppo, un'organizzazione dal possedere relazioni, conoscenze, riconoscimenti reciproci più o meno istituzionalizzati.
Le reti telematiche, in sintesi, sono uno strumento che, promuovendo forme di interrelazione sociale fra individui, attori sociali e istituzioni, possono favorire la crescita del capitale sociale. Si tratta di un capitale sociale reticolare che si articola in modo diverso nei vari contesti e ha implicazioni differenti sul piano sociale, economico e politico. Le diverse caratteristiche delle reti e delle funzioni, le norme, i riferimenti istituzionali e valoriali connessi al loro funzionamento, i livelli di accessibilità, i gradi di inclusività ed esclusività, le risorse derivabili, i risultati, le caratteristiche degli attori e delle organizzazioni consentono di individuare sia il capitale sociale che si crea sia chi se ne avvantaggia.