Capitolo 2 Società digitale, partecipazione e civic engagement
2.1 La “Società in rete”
Il termine “rete” come strumento di organizzazione è polisemico e si riferisce a processi e applicazioni diverse: dalle reti telematiche alle reti di relazioni, dalle reti di imprese alle reti di territori e di città, dalle reti dei processi organizzativi e produttivi alle reti di creazione di conoscenza (Powell, Smith-Doerr 1994). Le reti sono intrinsecamente descritte e determinate da relazioni, fisiche e umane.
Mettere in collegamento fra loro due nodi di una rete significa metterli in relazione. Sostanzialmente, una rete è un insieme di nodi reciprocamente uniti da connessioni. Nessuno dei nodi risulta gerarchicamente più importante degli altri e non esiste un centro con funzioni di ordinamento e di controllo. Ogni nodo è potenzialmente in connessione con tutti gli altri, nel contesto di un interscambio continuo di informazioni. La rete non è semplicemente la somma degli elementi che la compongono, ma è ciò che nasce dalle relazioni che li connettono vicendevolmente (Castells, 2002).
I nodi, in particolare, partecipano alle dinamiche che contraddistinguono sia le relazioni microsociali sia quelle macrosociali, come ad esempio quelle economiche: è tra i nodi che si stabiliscono i legami che permettono il passaggio di flussi, con l’obiettivo di estendere la rete di relazioni all’interno dell’organizzazione e dare vita, conseguentemente, a processi inclusivi che, tutt’altro che scontati, sono frutto di dinamiche competitive che contribuiscono a ridisegnare costantemente le relazioni tra i nodi.
Nell'analisi delle reti sociali si considerano i legami più o meno stretti in base al livello di densità della rete stessa. Sul piano delle relazioni sociali, una rete a maglia stretta indica quanto le persone che un individuo conosce, si conoscono tra loro stessi (Piselli 1995). Sulla base dei legami fra i nodi o le persone di una rete lo psicologo statunitense Stanley Milgram (1967) ha elaborato la “Teoria dei sei gradi di separazione”, secondo la quale sono al massimo sei i rimbalzi, ossia le comunicazioni dirette uno a uno, che consentono la trasmissione di un messaggio tra una persona e qualsiasi altra nel mondo.
Internet, da questo punto di vista, è stato il primo medium ad essere in grado di collegare ogni cosa a partire da ogni punto e di ricombinarle insieme, rendendolo un'innovazione sociale più che tecnologica: cooperazione e collaborazione grazie a Internet sono riuscite a superare i limiti spaziali e temporali a cui erano costrette76. Il disporre di un linguaggio comunicativo condiviso ha rappresentato lo strumento principale per la diffusione di Internet e l’accesso per un numero sempre maggiore di utenti. Avere in comune lo stesso codice e avvalersi della sua grammatica e della sua sintassi vuol dire usufruire di un mezzo comune per relazionarsi con l’altro da sé, sia con chi è vicino che con chi è lontano e quindi per soddisfare un’esigenza inalienabile della natura umana, quella di aprirsi alla comunicazione.
Con il termine “informazionale” Castells intende un assetto sociale in cui per la prima volta lo sviluppo, l’elaborazione e la trasmissione delle informazioni diventano fonti basilari di produttività e potere grazie alle nuove condizioni tecnologiche. L’informazione non è più soltanto un fattore centrale, determinante: è l’elemento chiave della nostra società. Le tecnologie di elaborazione e comunicazione delle informazioni oggi disponibili sono parte di un sistema integrato, penetrano in tutti i campi dell’attività umana non come un semplice strumento ma perché li riorganizzano secondo il proprio funzionamento. Chi le utilizza deve tradurre ciò che fa e che pensa in informazioni che entrano in circolazione nel sistema. Perciò la produzione, il potere, gli scambi e la varietà delle relazioni sociali sono ricondotti alla generazione e al trattamento di informazioni (Castells, 1999).
76 Per una trattazione esaustiva della storia di Internet si rimanda a K. Hafner, M. Lyon (1998), La storia del futuro: le
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La rete nella società informazionale (Castells, 2001) diventa la logica adottata in molteplici ambiti dell’attività umana: lavoro, cultura, economia, politica, e la stessa esperienza del vivere associato ne risulta profondamente modificata. Questi processi di cambiamento, tuttavia, non hanno luogo in modo meccanico e standardizzato, in quanto «lo sviluppo tecnologico è fortemente interattivo con la società producendo, in modalità combinatoria, risultati imprevedibili». Questa riflessione di Castells non è, evidentemente, tecno-determinista, poiché sottolinea in seguito che «i primi passi storici delle società informazionali sembrano caratterizzate dalla prevalenza dell’identità come principio organizzativo» (2002). Questo sottintende che la tecnologia può determinare la “modalità” secondo cui si svolgono le relazioni sociali, ma il loro contenuto e gli effetti che producono sono funzione delle convinzioni, valori, interpretazioni della realtà, che specificano l’identità personale e culturale.
Lo scambio di e-mail, la partecipazione a un forum, la connessione a un sito, la lettura di un documento online, un acquisto effettuato per via telematica sono comportamenti nei quali gli attori entrano in relazione con altri attraverso uno scambio di informazioni. E siccome ogni informazione risente dell’identità del soggetto che la produce, dei significati che attribuisce alla realtà, la comunicazione mediata dal computer (CMC, Computer Mediated Communication) è uno scambio di significati.
La struttura a rete che permea molteplici ambiti e aspetti della società contemporanea, proprio per la mancanza di un centro ordinatore, fa sì che i diversi soggetti che entrano in connessione possano immettervi i propri interessi, valori, affinità, progetti e così via. Non c’è una concezione prevalente, universalmente accettata, come è accaduto ad esempio nella società industriale, dove era generalizzata la fede in un progresso materiale portato dalle fabbriche e dal lavoro meccanizzato. La rete, da questo punto di vista, è uno spazio di circolazione e di condivisione di tutti i valori e di tutti i messaggi disponibili.
Internet, difatti, è una tecnologia che abilita una relazionalità intersoggettiva che prende forma in una dimensione spazio-temporale relativistica, che dà vita a comunità semantiche tra persone distanti che percepiscono di far parte di un gruppo nonostante vivano e operino in contesti diversi; la tecnologia non è solo uno strumento di comunicazione, ma è anche l'ambito in cui gli stessi utenti sperimentano le loro capacità innovative rielaborando e ridefinendo la tecnologia stessa. Come afferma Manuel Castells: «Le nuove tecnologie dell’informazione non sono semplicemente strumenti da applicare, ma processi da sviluppare. Chi utilizza e chi produce sono spesso la stessa persona» (2002a). Si indebolisce, in questo modo, il ruolo delle grandi istituzioni che tradizionalmente regolano il processo di socializzazione trasmettendo agli individui valori e significati in base ai quali orientare la propria vita. A tal riguardo Provasi pone l’accento sulle conseguenze di questi processi «si rende così concretamente possibile una progressiva individualizzazione dell’azione sociale, che tende però a trasformarsi in frammentazione culturale e in perdita di significati socialmente condivisi» (2011).
L’informazione e la comunicazione in rete hanno progressivamente evidenziato la loro natura “sociale”, facendo sì che il “World Wide Web”, nato ai primordi degli anni '90, evolvesse gradualmente in senso comunitario, il cosiddetto Web 2.0. L’informazione, quindi, rappresenta un valore aggiunto perché in grado d’influenzare la tecnologia che, sottoposta a rielaborazione da parte degli utenti, produce conseguentemente uno stretto rapporto tra i processi sociali di creazione e manipolazione dei simboli e la capacità di produrre ed erogare beni e servizi, cioè tra la cultura della società e le forze produttive: «La peculiarità della rivoluzione tecnologica attuale consiste non nella centralità della conoscenza e dell'informazione, ma nell’applicazione della conoscenza e della informazione a dispositivi per la generazione della conoscenza e per l’elaborazione/comunicazione dell’informazione, in un ciclo di feedback cumulativo tra innovazione e usi dell’innovazione» (Castells, 1999).
Secondo la teoria della “Network society” di Castells (1999, 2002), le caratteristiche principali della società in rete sono ascrivibili a:
uno shift delle economie capitalistiche da una base industriale ad una informazionale; un'organizzazione dell’economia capitalistica globalmente attiva sul modello del network;
un riposizionamento delle attività umane dal punto di vista dell’organizzazione spaziale e temporale come conseguenza delle tecnologie che consentono la comunicazione in tempo reale su distanze rilevanti;
una distribuzione del potere che è funzione dell’accesso alle reti e al controllo dei flussi.
La centralità delle reti e la pervasività di questa tipologia di morfologia sociale in molti ambiti della società sono enfatizzati da Castells: «L'esplorazione delle strutture emergenti in diverse aree dell'attività e dell'esperienza umana conduce ad una conclusione: le funzioni e i processi dominanti nell'età
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dell'informazione sono sempre più organizzati intorno ai networks. I networks costituiscono la nuova morfologia sociale delle nostre società, e la diffusione della logica del networking modifica sostanzialmente l'operazione e i risultati nei processi di produzione, dell'esperienza, del potere e della cultura» (Castells 1996, p.469).
Una prospettiva più utilitaristica del networking è quella delineata da van Dijk, secondo il quale è la convenienza della relazione che determina l’estromissione o meno di un nodo dalla rete, mettendo in evidenza l'aspetto individualistico presente in un modello sociale di questo tipo (2003). Lo studioso olandese afferma che nella rete le relazioni sono di natura strumentale e la loro sopravvivenza è direttamente correlata ai benefici per i soggetti coinvolti: in assenza di questi benefici le relazioni vengono interrotte e altre allacciate (Bentivegna, 2009).
L'innovazione tecnologica può incidere profondamente sulle reti sociali collegando reti materiali già esistenti (Bott 1957), ampliandole, creandone di nuove, sopprimendone altre, facendole evolvere e trasformandole. Internet ha dato visibilità alle reti sociali, le ha rese più flessibili e ne ha permesso un'estensione anche planetaria liberandole dai vincoli spazio-temporali: reti sociali e telematiche si collegano in un incessante e mutevole processo di reciproca interazione.
La rete, intesa come sistema socio-tecnico, rappresenta al contempo sia mezzo che contenuto. Il mezzo è costituito dal canale trasmissivo e dalle unità di elaborazione. I contenuti sono le informazioni che circolano, le relazioni che si costruiscono fra partecipanti e utilizzatori delle reti, la natura delle relazioni stesse e le risorse che vengono scambiate (Bentivegna, 2009).
Quando una rete è formata da singole persone i nodi o i partecipanti sono attori individuali. Ad esempio singoli individui che partecipano a gruppi in rete come chat o newsgroup. La rete si converte in attore collettivo nel caso in cui si prospetti un meccanismo decisionale di gruppo che influenza le libertà di azione di un individuo. È il caso, per esempio, delle comunità virtuali caratterizzate da scopi chiaramente individuabili e riconosciuti, che costituiscono strutture di attori collettivi semplici e, spesso, omogenei. Quando, poi, l'aggregazione delle comunità risulta composta da diversi attori individuali e collettivi, gli attori saranno eterogenei e composti. Questi attori individuali, collettivi, semplici ed eterogenei stabiliscono fra loro relazioni diverse per natura, qualità, intensità e scopi, come accade ad esempio nei siti dei social networks (SNS, Social Networks Sites, cfr. par. 2.4).
La teoria dei social networks (Boissevain, 1973), con l'ausilio di una cospicua analisi empirica, ha evidenziato come le relazioni e i legami che si stabiliscono nella rete acquisiscano una valenza maggiore degli attributi e dei comportamenti dei singoli individui.
Mai come oggi la relazione sociale, esaltata dalle tecnologie telematiche, ha assunto tanta importanza sul piano sociale, economico e politico. Per definire il concetto di relazione sociale il riferimento d'obbligo è Max Weber: «La relazione sociale consiste in un comportamento di più individui instaurato reciprocamente, secondo il suo contenuto di senso e orientato in conformità, cioè secondo il significato intenzionale che l'attore sociale da al suo agire» (Weber 1961, p. 23). Per Weber la relazione sociale rispetto al contenuto di senso può essere unilaterale, quando il contenuto di senso della relazione sociale fra due attori è diverso, o bilaterale, quando i contenuti di senso sono eguali per entrambi. Essa, infine, può cambiare nel tempo.
I quattro tipi ideali dell'agire, identificati da Weber, e le loro combinazioni costituiscono valide dimensioni per leggere le motivazioni e le diverse finalità che inducono alla creazione delle reti sociali e tecnologiche. Gli scopi possono variare per natura: un attore persegue l'utilità economica, un altro il potere, un altro il prestigio, un altro ancora la solidarietà, oppure la combinazione di tutti questi elementi. Gli obiettivi possono essere gli stessi, ma perseguiti per finalità differenti (Berra 2007).
La morfologia della rete è determinata, inoltre, dall'intensità dei legami. Le reti telematiche, difatti, allargano il range di possibilità, già insite nelle reti sociali, di dare vita a legami deboli e forti fra gli individui, i gruppi e le sottoreti a prescindere dalla distanza o dalla vicinanza. Il concetto di legame debole traduce l'espressione inglese “loosely coupled” utilizzata da Karl Weick, studioso di processi e strutture organizzative, al quale si deve anche l'espressione “sensemaking”, che è il processo attraverso il quale le persone danno un significato all'esperienza. L'idea di legame debole da conto del fatto che le parti di un sistema non siano coordinate in maniera rigida. Questa modalità di coordinamento sciolto si applica alle reti organizzative, sociali ed economiche caratterizzate da gradi di autonomia e libertà di accesso e partecipazione da parte degli attori coinvolti (Weick 1993). Nella rete le relazioni di controllo organizzate secondo una linea verticale di gerarchia, infatti, tendono a essere sostituite da flussi di comunicazione laterali e orizzontali. La struttura della rete facilita, quindi, il crearsi e l'intrecciarsi di relazioni le più svariate, basate sulla convenienza, sulla curiosità, sull'amicizia, sulla reputazione, su un ideale o un interesse comune. Da queste possono derivare molti vantaggi rispetto a una collaborazione
60 più formalizzata e ristretta (Powell, Smith e Doerr 1994).
Non vi è solo una semplicistica dicotomia debole/forte ma esistono diverse tipologie di legami che caraterizzano le reti sociali, come quelli messi in evidenza da Pichierri che definisce i legami “falsamente” deboli, caratteristici ad esempio di istituzioni fortemente normative come gli ordini religiosi, ma anche di molte comunità di pratica di sviluppatori di software che operano su Internet (Pichierri 2005). Le componenti periferiche oppure i partecipanti sono autonomi, ma la socializzazione e l'interiorizzazione di valori producono comportamenti conformi e prevedibili che rendono la struttura organizzativa tendenzialmente stabile e coesa.
A differenza di strutture gerarchiche o accentrate, che vedono la prevalenza di legami forti o falsamente deboli, nella struttura a rete non orientata s'intrecciano tutti e tre questi tipi di legami. In particolare la struttura a rete facilita l'attivazione di quei legami deboli che, a differenza dei legami forti e radicati nelle tradizioni o strutturati da regole organizzative, prendono vita all'interno di relazioni sociali più superficiali e anche casuali. Tuttavia, spesso presentano una maggiore efficacia in quanto connettono porzioni più ampie del mondo sociale (Weick 1993; Granovetter 1998).
Granovetter (1998) orienta il focus della sua analisi sui vantaggi dei network fondati su legami deboli i quali, agevolando l'apertura dei gruppi e l'estensione delle relazioni esterne ad essi, potrebbero rinvigorire e creare col tempo forme più ampie e profonde di coesione sociale rispetto ai legami forti, che, invece, tendono a vincolare le appartenenze di gruppo. I legami deboli svolgono anche la funzione di collegare fra loro reti a legami forti e possono quindi limitare la frammentazione sociale. Va ricordato come i legami forti si riferiscano a relazioni tendenzialmente stabili, mentre quelli deboli a relazioni dinamiche, che, grazie a Internet, si sono enormemente estese.
Rispetto alla funzionalità dei legami deboli e forti le opinioni degli studiosi sono discordanti. Secondo una visione tradizionale, una rete di relazioni a maglie strette, molto coesa, favorisce il rinsaldarsi di relazioni e lo sviluppo di pratiche di cooperazione tra gli attori.
Secondo altri autori, come il già citato Granovetter, i benefici delle relazioni reticolari sono maggiori in una rete a “buchi strutturali” che, grazie a forme e funzioni di intermediazione intelligente, estende e amplia i collegamenti (Burt 1992). Rispetto, poi, all'apertura o chiusura verso l'esterno è utile distinguere tra funzioni di bonding (legame, solidarietà), proprie di associazioni o reti a struttura chiusa, e di bridging (collegamento, avvicinamento) (Putnam 2000), che definiscono le capacità dei gruppi di relazionarsi all'esterno con altri attori, organizzazioni e istituzioni che caratterizzano per lo più reti eterogenee, meno coese di reti omogenee. Ad esempio, le reti che legano le collettività alle istituzioni pubbliche, che ampliano le sfere di azione degli individui, che permettono di superare le barriere etniche e linguistiche e rendono disponibile un patrimonio di risorse, possono creare un capitale sociale utile per indurre cambiamenti positivi nelle condizioni di vita di un gruppo, una comunità o un territorio.
Lee Rainie e Barry Wellman con il loro “Networked - The New Social Operating System”(2012) applicano le teorie dei network a differenti livelli dell'esperienza sociale, se non addirittura alla società in una scala più ampia. I due studiosi definiscono “connesso” il nuovo “sistema operativo sociale”, riprendendo la riflessione teorica di Castells e dello stesso Wellman che, in particolare, aveva già individuato oltre un decennio prima dell’uscita del testo in cui lo tematizza, la forma sociale emergente racchiusa nell'etichetta “networked individualism”, cioè l'idea che nelle società avanzate le persone operino come individui connessi più che come membri integrati di un gruppo. L'ancoraggio al concetto di network, come dimensione che struttura la forma sociale, impone che al centro dell'analisi sia posto il concetto di “relazione”, nella specifica accezione di legame di tipo connettivo. Individualizzazione, inoltre, non comporta isolamento o chiusura competitiva nei confronti degli altri. Rainie e Wellman contrappongono il “networked individualism” al sistema operativo sociale precedente, formato intorno ad ampie burocrazie gerarchiche e a piccoli gruppi fortemente interconnessi, come i nuclei familiari, le comunità e i gruppi di lavoro.
Per definire il networked individualism gli autori usano l'espressione “sistema operativo” perché descrive il modo in cui le persone si connettono tra loro, comunicano e scambiano informazione, oltre al fatto che sottolinea come le società, al pari dei sistemi informatici, hanno strutture basate sui network, che offrono opportunità e vincoli, regole e procedure. Questa definizione richiama le caratteristiche delle tecnologie della comunicazione più diffuse: oggi, la gran parte delle persone gioca, si relaziona, lavora con computer e con dispositivi mobili che funzionano grazie a sistemi operativi. Come molti dei sistemi operativi dei computer, e come la totalità dei sistemi operativi mobili, il sistema operativo che gestisce la rete sociale è personale, l'individuo si trova al centro in modo autonomo esattamente come quando opera attraverso il suo personal computer; multiutente, in quanto le persone interagiscono con interlocutori numerosi e differenziati; multitasking, poiché siamo sempre più coinvolti in attività
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eterogenee tra loro e, di frequente, multi-traccia, quindi più o meno simultaneamente.
La cultura dell'individualismo, asserisce Castells, non implica l'isolamento ma cambia le traiettorie di costruzione della socialità, soprattutto in termini di contatti sempre più selettivi e autodiretti; in pratica la socialità che emerge è basata sui network: «Il medium di questa forma di socialità può variare [...] La questione cruciale non è la tecnologia, ma lo sviluppo di network di socialità basati sulla scelta e l'affinità, che rompono i confini organizzativi e spaziali delle relazionalità» (Castells et al. 2006, p. 16). L'avvento della network society induce un diverso equilibrio tra legami fondati sull'appartenenza e la solidarietà e legami che prendono forma all'interno di reti sociali spazialmente distribuite. Le tecnologie della comunicazione agiscono su questo processo rendendo più agevole e funzionale l'accesso e la gestione dei diversi network relazionali dando modo, al contempo, di percepire l’assenza di soluzione di continuità tra le pratiche di interazione offline e quelle online. Allo stesso tempo, le tecnologie del web sociale non rappresentano il fattore decisivo ma il substrato abilitante, separabile solo sul piano analitico, delle grandi trasformazioni inerenti la sfera dei comportamenti sociali (Marinelli, 2012). La diffusione delle tecnologie di comunicazione di rete, a parere di Wellman, sembra consentire l'espandersi delle possibilità partecipative e di condivisione delle risorse, di messa in comune delle passioni e dei contesti emozionali, sia nella sfera delle relazioni interpersonali sia nell'ambito delle relazioni di lavoro o di studio e in contesti di tipo culturale, sociale e politico.
Gli individui networked si muovono all'interno di un ambiente sociale caratterizzato da un alto livello di fluidità: dai network si entra e si esce con estrema facilità e semplicità per cui subiscono frequenti cambiamenti nella composizione, da cui ne deriva che i singoli imparano a fare affidamento su forme di "appartenenza parziale" a una molteplicità di reti di relazione. La relativa insicurezza rispetto all'affievolirsi di punti di riferimento stabili è compensata dalla possibilità di modellare, operando all'interno dei diversi network, identità complesse e in costante ridefinizione sulla base delle passioni,