Capitolo 2 Società digitale, partecipazione e civic engagement
3.3 L'evoluzione degli studi su Internet
3.3.2 Gli strumenti della Netnografia e dell'Etnografia digitale
La netnografia nasce negli anni '90 sulla scorta dei cultural, prima, e poi degli audience e user studies nel mondo anglosassone e in generale nel resto d’Europa, allorquando prese forma quella che è stata definita la generazione dei Cyberculture Studies, orientati verso lo studio delle comunità virtuali e delle identità online160. Il focus epistemologico è orientato, infatti, sui comportamenti collettivi degli utenti dei media, intesi questi ultimi in termini di doppia articolazione, in base alle riflessioni di Silvestone (veicoli di contenuti, ma anche apparecchiature, oggetti, parti dell’ambiente), e di svelarne il
160 Per approfondimenti cfr. H. Rheingold, The Virtual Community: Homesteading on the Electronic Frontier, MIT press,
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radicamento nelle identità collettive, negli stili di vita, nei comportamenti e naturalmente nella partecipazione alla sfera simbolica.
È invece datato 2000 il libro “Virtual Ethnography” di Christine Hine, nel quale l’autrice si interroga sull’universo della rete, cercando di comprendere come applicare la ricerca a questo campo di studio. Nel volume Hine delinea una distinzione andando a definire Internet sia come cultura sia come artefatto culturale. Nella prima accezione ella sostiene che «the first view of the internet is that it’s represents a place, a cyberspace, where culture is formed and reformed. Early approaches to computer mediated- communication (Cmc), conducted largely in experimental mode, suggested that it was an impoverished medium of communication». L’autrice dunque sottolinea come nei primi studi sul tema fosse avvertito il timore di un impoverimento dei contenuti e del processo comunicativo: «Aggression and misunderstandings could be expected where people were limiteded to a text based communications, and the transmission of social cues vital to communication would be constrained»161.
La Hine evidenzia come gli studi più recenti sul tema abbiano superato l’empasse dovuto al rischio di una banalizzazione del cyberspazio, legittimando l’importanza delle comunicazione mediate dal computer162. Hine analizza successivamente l’accezione di Internet come artefatto culturale, inteso quindi come prodotto e non più come produttore di cultura.
Le complessità, secondo la studiosa anglosassone, sono molteplici e sono legate alla liquidità del campo di analisi, all’anonimato dei suoi fruitori e alla modificazione dei concetti di spazio e tempo, a differenza di ciò che avviene in una ricerca etnografica classica163.
Quello che emerge, difatti, è un ossimoro metodologico di fondo: si vuole applicare un metodo di analisi che ha come oggetto specifici luoghi sociali ben delineati ad un campo di analisi che è per natura non circoscrivibile, non ha confini geografici. La Hine va oltre questo paradosso metodologico suggerendo di utilizzare entrambi gli approcci attraverso un ripensamento ed un riadattamento dei concetti di spazio ed etnografia.
Il tema della definizione del campo etnografico, e le sue implicazioni sull'oggetto di indagine, quindi si sono poste con analoga forza nel momento in cui a fronte dell'emergere della rilevanza delle attività relazionali svolte online l'etnografia si è interrogata su come trasferire i propri strumenti all'interno degli spazi sociali della Rete. La netnografia, infatti, è un metodo “ibrido e multi-metodologico” che, in ambito sociologico, rappresenta una tecnica di ricerca che ha lo scopo descrivere e interpretare le relazioni umane a partire dall'osservazione delle stesse all'interno del loro contesto sociale.
Le prime applicazioni dell'etnografia agli ambienti delia Rete, sottolinea Hine nel 2008, «si sono focalizzati sulla semplice dimostrazione di quanto le relazioni comunicative basate su Internet fossero ricche e socialmente modellate» (Hine 2008. p. 266). Un'etnografia che ha cercato di individuare quale tipo di morfologia sociale sì sviluppa all'interno degli spazi virtuali. Di rispondere cioè ad alcune domande sollevate dalla contemporanea riflessione, di carattere macrosociale, attorno alla morfologia (appunto) della società contemporanea e al ruolo svolto al suo interno dall'evoluzione tecnologica. Basti ricordare l'emergere nel dibattito di nozioni come quella di relazioni disancorate dal tempo e dallo spazio proposta da Giddens (1990) a quella, proposta da Castells proprio agli inizi degli anni 2000, di network society e di spaces of fIows, in cui il significato e la funzione dello spazio (distinto dal luogo) dipende dai flussi comunicativi che lo attraversano (2000).
La Sade-Beck pone l'accento sulla necessità di integrare diversi strumenti empirici con l'etnografia digitale, anche se questo comporta un'ulteriore complessificazione. La ricercatrice riscontra, ad esempio, un ulteriore livello di difficoltà nell'intervista online in quanto, diversamente dall’esperienza face to face, tale modalità priverebbe l’intervistatore del fondamentale contributo del linguaggio non verbale (espressioni facciali, linguaggio del corpo etc.) e della spontaneità, che vengono a mancare quando l’intervistato ha tempo per organizzare e modificare più volte le risposte.
Queste complessità hanno spinto la Sade-Beck a riflettere sulla metodologia più adatta per indagare la rete, poiché un'etnografia unicamente basata sulla vita digitale non permette una comprensione esaustiva dell’oggetto di studio, per cui giunge alla conclusione che una distinzione tra la vita reale e la vita digitale non sia attuabile nel momento in cui l’obiettivo è di comprendere la complessità del campo di studio: «Under these circumstances, the virtual world and the ‘real world’ merge, creating a broader definition of reality. Instead of relating to the features that distinguish the virtual world from the real world, we must adopt an approach focusing on imagination, associations and reciprocity between the
161 Ibidem. 162 Ibidem. 163 Ibidem, p. 7.
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two worlds. This approach can be expressed only through a re-examination of the fieldwork» (2004). La soluzione metodologica adottata dalla ricercatrice israeliana è composta dall’integrazione di tre diversi approcci: «[…] integrated three online and offline methodologies of qualitative data-gathering that complement each other: online observations, offline (in-person) interviews, and analysis of a mixture of documents: traditional, “hard copy” press, the online press, Internet databases, and so forth».
La questione metodologica che ha, quindi, iniziato a porsi e che si configura oggi come cruciale non è solo se e come integrare l'osservazione delle pratiche digitali con interviste e con la raccolta di dati relativi alla vita quotidiana (relazionale e non) degli utenti degli spazi virtuali, già presente in molte ricerche e già indicata come linea guida da Hine nel 2000; ma anche di tenere conto di alcune caratteristiche della socialità mediata e della forma che ha assunto (o co-assunto sotto la pressione degli usi) l'evoluzione delle tecnologie digitali che ha fatto della mobilità, della performatività e della molteplicità degli strumenti a disposizione le sue cifre caratterizzanti (Pasquali, Vittadini 2010).
La cultura della Rete (espressa soprattutto dalla sua dimensione sociale) è andata via via caratterizzandosi per l'emergere di situazioni comunicative e pratiche di tipo tecno-sociali (Ito, Okabe 2005; Castells 2001) in cui è presente un costante attraversamento dei confini tra luoghi reali e virtuali da parte dei flussi comunicativi propri di un gruppo sociale. Contemporaneamente è emersa con forza la dimensione performativa della comunicazione tecnologicamente mediata. Performatività ben espressa da quello che Sundén definisce «write oneself into being» (Sundén 2003) ovvero la necessità dell'auto- descrizione e auto-rappresentazione online per poter acquisire uno statuto di esistenza all'interno dei flussi comunicativi che sostengono le reti sociali mediate dal computer. Una performatività spesso multimediale (composta da tetti, immagini, fotografie, video).
Le stesse ricerche sulle virtual communities hanno messo a fuoco il baricentrarsi delle reti di relazioni mediate dalla tecnologia sull'individuo (reti io-centrate) o sulle reti di relazioni sociali esistenti in real life. Gli strumenti per studiare questa specifica cultura della Rete e le pratiche che la costituiscono sono stati oggetto di un ripensamento critico e, soprattutto a partire dagli studi sui dispositivi mobili (Dietmar, Kircher, Schlote, 2009; Ito, Okabe, 2005) e sulle culture giovanili (Johnson, Nicoli 2011; Mallan, Ashford, Singh 2010; Fields, Kafai 2009; Leander, Mckim 2003) è emersa la necessità di disegnare un campo etnografico non più ancorato a un unico spazio-piattaforma-tool digitale, ma definito a partire dai soggetti e dalle loro reti di relazioni (Beneito-Montagut 2011). Un campo etnografico, cioè, capace di includere la molteplicità di spazi reali e virtuali connessi dalle pratiche di comunicazione mediata dal computer, la molteplicità di luoghi abitati dalla medesima Rete di relazioni. La risposta risiede innanzitutto nella combinazione di diverse metodologie di indagine qualitativa che mettano in campo strumenti quali l'intervista, l'etnografia offline e digitale, l'analisi e la raccolta di materiali prodotti o selezionati dagli utenti (Miller, Slater 2000).
L'integrazione di metodi di ricerca virtuali e tradizionali permetterebbe di ottenere una visione multiprospettica dei fenomeni online, più aderente alla realtà. Analizzare le nuove identità che emergono nel web partecipativo significa eseguire anche uno studio particolareggiato della cultura che viene generata dagli intrecci in corrispondenza dei nodi della rete.
Robert Kozinets, pioniere nel metodo netnografico ed autore del saggio “Netnography: Doing Ethnographic Research Online”, sostiene l’importanza dello studio del simbolismo, il significato e i modelli di consumo di gruppi di consumatori on line, per comprendere a fondo queste dinamiche di creazione collettiva di senso (2010). La netnografia è stato definita da Kozinets come un metodo di ricerca qualitativa che monitora e capitalizza le informazioni prodotte ed emergenti dalle interazioni comunicative degli utenti della rete all’interno dei social media, che applica sia al campo della Consumer Culture Theory (CCT) che a quello del Marketing Tribale (Cova 2003; Cova, Giordano, Pallera 2007).
Rispetto a quest'ultimo focus, il riferimento è alle web tribe intese come aggregati conversazionali situati nel contesto digitale dei social media, che si coagula attorno alle discussioni generate dalla rete, siano esse improntate su determinati brand, prodotti o servizi, o siano contesti di creazione partecipata di contenuto.
I dati, così come in molte ricerche qualitative, vengono raccolti in base al principio dell’esaustività: la raccolta dei dati si esaurisce allorché ulteriori dati non aumenterebbero la ricchezza del database.
Una volta raccolti e analizzati i dati, è necessario interpretarli. Nella netnografia, diversamente dall’etnografia, lo studio si basa solamente sull’analisi di un testo; di conseguenza si palesa la problematica dell’identità dell’informatore. Nel Web viene spesso data la possibilità di non rivelare il proprio nome e scegliere uno pseudonimo e questo comporta la possibilità di falsare la propria identità e, non meno importante, creare identità multiple. L’utente, approfittando dell’alto livello di anonimato che il Web garantisce, può fingersi ciò che non è e alterare il proprio pensiero, volendo far passare
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un’immagine diversa di sé. In conseguenza di quanto appena detto, ai fini della corretta analisi dei dati, il ricercatore deve essere consapevole di analizzare il contenuto di un atto comunicativo e non un singolo individuo; di conseguenza, le sue conclusioni, per essere affidabili, devono riflettere le limitazioni delle tecniche utilizzate.
L'etnografo virtuale sceglie di partecipare attivamente o assistere passivamente e silenziosamente, da “lurker”, alle discussioni in rete. Gli approcci allo studio etnografico di Internet sono diversi: alcuni affermano che l'etnografia virtuale comporti un approccio metodologico preciso, altri considerano che la ricerca etnografica su Internet costringa a riflettere sui concetti e le assunzioni prettamente etnografiche, ma non per questo si può considerare una distinta forma di etnografia. I molteplici approcci sono il risultato del modo in cui Internet viene concettualizzato, se come cultura o come contesto sociale (Boni, 2004).
Oltre all'attenzione alla connettività lo studio della socialità online deve individuare strumenti per seguire, tracciare questi percorsi nel loro dipanarsi trasversalmente a diversi luoghi online. E di nuovo, la risposta mette in gioco le domande di ricerca e le scelte epistemologiche prima che i singoli strumenti. Necessariamente questo processo implica un riposizionamento del fuoco dell'indagine non tanto sullo spazio osservato quanto sui soggetti. Se non è possibile individuare un unico contesto in cui hanno luogo le relazioni sociali allora sono i soggetti nei loro percorsi a dover costituire il baricentro dell'osservazione. La seconda possibilità, quindi, è quella di assumere come soggetto da seguire non il singolo ma il gruppo sociale inteso come gruppo di persone connesso da identità o interessi comuni e unito da un obiettivo comune.
Si vogliono, poi, sottolineare alcune differenze sostanziali su quelli che sembrano all'apparenza sinonimi e che, invece, sottendono frame teorici e metodologici alquanto diversi. Da questo punto di vista facciamo riferimento a Caliandro (2014), il quale per definire la Netnografia si rifà a sua volta alle varie definizioni di Kozinets e dei suoi collaboratori, per cui con questa si intende un metodo di ricerca qualitativo di matrice etnografica che, attraverso l’impiego di tecniche d’analisi naturalistiche (ovvero immersive e non intrusive), consente al ricercatore di immergesi in maniera empatica nelle conversazioni e nelle interazioni online dei consumatori. L’enfasi sul consumo è data dal fatto che Kozinets sviluppa questo metodo nell’ambito della Consumer Culture Theory e del Marketing Tribale.
Il campo di studio privilegiato della netnografia è rappresentato dalle comunità di consumatori online, di cui ne esistono fondamentalmente di due tipi: le comunità di marca e le comunità di pratica. Se le interazioni sociali avvengono all’interno delle comunità, ecco che, per la netnografia, l’identità dell’utente/consumatore è concepita in termini di ruolo che questi assume nella propria comunità di riferimento (Kozinets, 2010).
Per quanto riguarda il frame metodologico, la netnografia si colloca nel contesto del paradigma epistemologico dei virtual methods, I quali consistono nell’adattamento di strategie di ricerca tradizionali, sviluppate offline (come le survey o le interviste faccia-a-faccia), all’interno degli ambienti online, combinando tecniche virtuali con tecniche analogiche (es. osservazione partecipate online ed offline).
L'Etnografia Digitale viene definita non tanto come un’etnografia condotta sulla Rete mediante dati digitali ma come un’etnografia: a) interconnessa con i digital methods; e b) orientata a studiare le nuove forme di vita digitali emergenti dalla Rete (Centro Studi di Etnografia Digitale, 2014).
Il campo di studio privilegiato dell’etnografia digitale è rappresentato dal pubblico, ovvero il complesso network di piattaforme digitali (Twitter, Facebook, Blog, Forum, ecc.) attraverso cui gli utenti si trovano a transitare e che costituisce l’ecosistema naturale delle loro interazioni quotidiane sulla Rete. In questo senso, dunque, quello di self-presentation diviene un concetto chiave per l’etnografia digitale, la quale concepisce appunto l’identità sociale online, non tanto come un particolare ruolo giocato all’interno di una community circoscritta, ma piuttosto come un’istanza processuale che emerge, in maniera naturale, dalle diverse strategie di presentazione del Sé che gli utenti agiscono di fronte ad un pubblico digitale.
I digital methods, a differenza dei virtual methods, non cercano di adattare i metodi tradizionali al contesto online (virtualizzandoli), quanto piuttosto di imparare dal medium, ovvero di trarre metodologicamente ispirazione dai metodi naturali che Internet applica a se stesso per raccogliere, ordinare ed analizzare i dati digitali. Ecco perché, più che combinare tecniche qualitative online ed offline, l’etnografia digitale combina tecniche naturalmente digitali, sia di stampo quantitativo (come la network e la co-word analysis), che di stampo qualitativo, (come la sentiment e la content analysis).
154 3.4. Il disegno della ricerca e la cassetta degli attrezzi
Le riflessioni teoriche esposte nei due primi capitoli si propongono come il quadro concettuale di riferimento di un disegno di ricerca volto all’approfondimento, più che alla mera verifica delle ipotesi inziali, nella consapevolezza della complessità delle problematiche indagate.
Come si è visto, il fenomeno che si va ad indagare, il crowdmapping, è molto recente e di rilevante complessità. Molto esigui, inoltre, sono gli studi e le ricerche, di diversa matrice, che lo hanno investigato, e per lo più si tratta di analisi quantitative utili a metterne in luce aspetti economici e geografici.
Sono questi i motivi ci hanno indotto a selezionare una metodologia di ricerca empirica qualitativa, attraverso l’utilizzo del metodo dello studio di casi coadiuvato dall'analisi netnografica, un disegno che si propone di affrontare la complessità cercando di renderla manifesta piuttosto che riducendola drasticamente. La scelta è motivata dall’esigenza di prediligere l’esplorazione alla verifica, la scoperta di nuovi nessi e significati alla generalizzabilità dei risultati, la descrizione alla deduzione.
Sviluppando l’idea secondo cui, nell’affrontare il singolo problema d’indagine «con lo/gli strumenti di volta in volta più adatto/i, senza mai pensare che uno solo, come un passerpartout, consenta l’accesso privilegiato alla conoscenza dei fenomeni oggetto di studio» (Faggiano, 2012), attribuendo pari dignità a ciascuno strumento scientifico senza stabilire alcuna gerarchia, ma prediligendo la disponibilità ad abbinarli in base ai bisogni emergenti (Marradi, 1993, pp. 2), si è ritenuto che il metodo più consono per indagare un fenomeno come quello del crowdmapping fosse il metodo dello studio dei casi, coadiuvata dall’utilizzo della tecniche dell’intervista semi-strutturata ai crowdmappers e ai gestori/fondatori delle relative piattaforme e da strumenti netnografici (Lupton, 2015; Kozinets 2010; Markham e Baym 2009; Hine 2000). La scelta di queste metodologie e tecniche di ricerca deriva dalle considerazioni sulla natura del fenomeno che si va ad indagare, molto eterogenea e con molteplici dimensioni sociali e culturali che si vanno ad incrociare e a sovrapporre. Lo stretto rapporto, poi, delle piattaforme di crowdmapping con i rispettivi canali social conferisce, a nostro parere, ulteriore valenza alla scelta metodologica fatta.
L’indagine, come si è detto, è volta a comprendere quali sono e in che modo si strutturano le forme di partecipazione connesse al crowdmapping e ai discorsi a cui dà vita; uno studio di ispirazione antropologica sulle dinamiche identitarie e sociali, i modelli di comportamento, su aspetti motivazionali e universi cognitivi rispetto al civic engagement, strutturato tramite un metodo empirico di taglio fenomenologico.
Attraverso un’analisi di sfondo del fenomeno indagato, basata sull’analisi della letteratura teorica ed empirica, su un’analisi semantica quali-quantitativa dell’oggetto #crowdmapping sul web e sulla realizzazione di interviste in profondità a testimoni privilegiati, è stato possibile delineare una mappatura generale del fenomeno e individuare 4 best practices oggetto di uno studio approfondito nella seconda fase della ricerca.
Lo studio dei 4 casi selezionati si è basato su un periodo di partecipazione (passiva) alle dinamiche di creazione di significato e contenuto da parte dei crowdmappers all'interno degli ecosistemi digitali più significativi (gruppi e fan page di Facebook) e sulla realizzazione di interviste semi-strutturate ai fondatori delle piattaforme e a un campione qualitativo di crowdmappers.
Nello specifico il disegno della ricerca è stato così strutturato:
1. Analisi di sfondo, atta ad inquadrare e comprendere il fenomeno in oggetto, le diverse accezioni in