Capitolo 2 Società digitale, partecipazione e civic engagement
2. Ricerca sul campo, attraverso la metodologia degli studi di caso: studio approfondito di 4 piattaforme particolarmente significative, selezionate al termine dell’indagine di sfondo sulla base della tipicità,
4.1 Diffusione di Internet, digital divide e scenario digitale
Le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione riducono il divario di conoscenza di cui gli individui dispongono in ragione delle loro provenienze sociali e culturali: questo è ciò che, sin
178 Nei Sns il simbolo # (tag), serve ad etichettare gruppi ed argomenti. Questo simbolo “trasforma” una parola in un cartello
che rappresenta e sintetizza un intero argomento. La sua popolarità è legata alla a nascita di Twitter, che li ha usati fin da subito come modo per contrassegnare le parole chiave, raggruppare i messaggi (tweet) e indicizzare i contenuti in modo semplice. Facebook invece solo dal 2013 ne ha deciso l’introduzione. Su Twitter se si usa un hashtag in account pubblico, chiunque compia una ricerca per l’hashtag appena inserito potrà trovare il post nel quale è contenuto, mentre su Facebook cliccando su un hashtag è possibile visualizzare solo il post dei propri amici o di chi ha impostato un livello di privacy pubblico. Quindi chi vuole essere rintracciato deve pubblicare un hashtag in un messaggio pubblico. Gli hashtag si usano principalmente per seguire o tracciare un evento oppure per incrementare la propria popolarità. Oppure è possibile usare gli hashtag su Facebook per visualizzare tutti i post che sono attinenti o legati ad un argomento, infatti Facebook trasforma automaticamente i tag in link. Con un click è possibile visualizzare una lista di post di altre persone in cui il tag è contenuto (differenza di Facebook rispetto a Twitter).
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dal loro esordio nella società di massa, caratterizza buona parte dei discorsi specialistici e di senso comune sull'impatto dei media nella società. Le narrazioni più diffuse descrivono con larga enfasi le tecnologie e le applicazioni più innovative, presenti o futuribili, prospettando miglioramenti di ampia portata per le società contemporanee, sempre più interconnesse e networked (Castells, 2001).
L’enfasi è tale che lo sviluppo e diffusione delle ICT viene vista come una nuova tappa dell'evoluzione sociale, portando con sé aspettative crescenti anche da parte di organismi internazionali e sovranazionali, che vedono lo sviluppo delle tecnologie digitali come una strada da perseguire per colmare il divario tra aree più o meno industrializzate del mondo.
In origine la chiave di lettura più frequentemente utilizzata per analizzare il rapporto tra le ICT e i sistemi sociali ha fatto ricorso al determinismo tecnologico, dando l'idea che sia la tecnologia a stimolare, orientare o accelerare il mutamento sociale (Innis, McLuhan e la Scuola di Toronto).
Essere parte attiva della rivoluzione digitale riguarderebbe la possibilità o meno di connettersi alle opportunità del cyberspazio, condizione imprescindibile per fruire delle sue immense risorse. È in questo momento che nasce e si sviluppa la discussione sul cosiddetto digital divide, ovvero sul divario esistente tra coloro che hanno accesso alle nuove tecnologie informative e della comunicazione (cosiddetti “haves”) e coloro che, invece, non hanno tali opportunità (gli “have nots”).
Il concetto di digital divide è stato successivamente analizzato attraverso ulteriori dimensioni come l'inclusione sociale e le disuguaglianze digitali (Warschauer, 2003; Bentivegna, 2009). A differenza del digital divide, concetto unidimensionale costruito, appunto, sulla dimensione dell'accesso, i concetti di inclusione sociale e disuguaglianze digitali si caratterizzano per una multidimensionalità basata sulle dimensioni più significative che concorrono a dar vita al rapporto tra gli individui e Internet, come accesso tecnico, autonomia, supporto sociale, competenze, tipi di uso (Hargittai, 2004b p.141). Altri studiosi hanno definito ulteriori dimensioni che danno conto delle disuguaglianze in relazione alla tecnologia: motivazioni, accesso, competenze e uso (van Dijk, 2005), traducibili nell'accessibilità dell'offerta, nella mobilitazione informativa (intesa come capacità di uso delle risorse informative), nella consapevolezza informativa, ovvero la capacità di usare mezzi per ottenere risorse (Kim, Kim, 2001)., Bentivegna, tuttavia, ritiene che sia necessario riconoscere che la disuguaglianza nell'accesso è importante poiché condiziona e rinforza tutte le altre dimensioni del digital divide (2009, p.10), per cui articola il concetto in tre dimensioni: accesso, competenze e uso.
Riguardo alla dimensione dell'accesso, a differenza del passato, quando si intendeva principalmente la connessione a Internet, oggi è declinata come qualità e autonomia della connessione. In termini operativi, ciò significa continuare a prestare attenzione ai dati sulla diffusione delle connessioni a Internet e alla presenza o meno di un collegamento a banda larga. Numerosi studi e ricerche, infatti, hanno mostrato come la banda larga consenta, tramite l'opportunità di sfruttare la gran parte dell'offerta presente in Internet, di ricavare una maggiore soddisfazione di uso da parte degli individui che ne dispongono. Ricerche empiriche implementate negli USA e in Europa fanno emergere una tipologia di soggetti che possiedono il collegamento a banda larga e sono ritenuti utenti “forti” per la disponibilità di un ampio ventaglio di opportunità, spesso impegnati nella produzione di contenuti, praticamente “always on” (Davison, Cotten, 2003; Dutton et al., 2004; Horrigan, Rainie, 2002; Fox, 2005). Non a caso, questi soggetti sono stati definiti come appartenenti alla “élite della banda larga” (Horrigan, Rainie, 2002).
Un interessante supplemento informativo ci viene fornito, poi, dall’indicazione del luogo dove ci si connette alla rete: casa propria, il luogo di lavoro, il luogo di studio, un luogo pubblico, possono influire significativamente sulla qualità del rapporto con Internet (Bimber, 2000). Ciò che potrebbe cambiare, infatti, è l'autonomia d’uso dei soggetti (DiMaggio et al, 2004). D'altro canto, si può facilmente intuire che una connessione realizzata sul luogo di lavoro viene condizionata, ad un primo livello, dai software disponibili, da eventuali sistemi di accesso e protezione dei dati e dalla struttura gerarchica presente all'interno dell'organizzazione.
Anche quando la connessione avviene in casa propria, il grado di autonomia può cambiare in maniera significativa. Da questa prospettiva molteplici studi riconducibili al filone della “domestication of Internet” hanno offerto convincenti dati a sostegno di una lettura che individua nell'uso di Internet in ambito familiare l'intrecciarsi di dinamiche relazionali e strutturali che coinvolgono tutti i membri della famiglia (Bakardjieva, 2005; Berker et al., 2006; Haddon, 2007). Un ulteriore elemento connesso alla dimensione dell'autonomia d’uso è quello che afferisce all'acquisizione DiMaggiori competenze digitali. Chi è nella condizione di disporre a proprio piacimento di una connessione di “buona qualità” è anche, sottolinea Bentivegna, nella condizione di poter migliorare le proprie competenze digitali attraverso quel processo definito di “learning by doing”, una delle modalità di alfabetizzazione
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tecnologica più utilizzate dai soggetti in rete, fortemente connessa a quel processo di appropriazione delle tecnologie che è alla base della reale capacità di sfruttare le opportunità di Internet.
Da tenere in considerazione, inoltre, il problema dell'accesso ai contenuti, che continuano ad essere prodotti prevalentemente in lingua inglese e, a parere di Warschauer (2003. p. 81) a non rappresentare istanze e culture estranee a quelle della classe media americana.
La disponibilità di una connessione ad Internet e l'interesse verso determinate tematiche sono i primi elementi che conducono a un'appropriazione di Internet tale da produrre elementi di soddisfazione e gratificazione nell'utente, la quale può ulteriormente crescere se gli individui posseggono quelle competenze utili a migliorare la propria performance man mano che fanno esperienza di Internet.
Per comprendere appieno la rilevanza dì tali competenze è sufficiente pensare all'enorme quantità di informazioni disponibili online con le quali entra in contatto l'internauta in una continua attività di ricerca e selezione, tanto da parlare di “information overload” (Lovink, 2012), il sovraccarico cognitivo che si verifica quando si ricevono troppe informazioni per riuscire a prendere una decisione o sceglierne una specifica sulla quale focalizzare l'attenzione (Lavenia, 2007). Per sfruttare appieno le opportunità offerte da Internet, quindi, è necessario disporre di competenze, definite di volta in volta come “computer literacy”, “electronic literacy”, “digital literacy”, “multimedia literacy”. Queste forme di alfabetizzazione dipendono dalle caratteristiche proprie della tecnologia ma, al contempo, riflettono molti tratti dell'ambiente sociale nel quale si manifestano, per cui le competenze delle quali si sta parlando producono disuguaglianze, nella capacità di uso e applicazione, e, nello stesso tempo, sono prodotto di altre disuguaglianze di natura sociale e culturale (Bentivegna, 2009).
Centrando l'attenzione sui tratti che compongono questo insieme di conoscenze e competenze, può essere utile adottare la definizione di “competenze digitali” elaborata da van Dijk (2005, p. 73), intese come «l'insieme delle competenze necessarie per operare con il computer e la rete, cercare e selezionare informazioni presenti in essa e usare tali informazioni per raggiungere i propri obiettivi». Secondo van Dijk (2005, 2006), le competenze digitali possono essere articolate su tre livelli: “competenze operative”, quelle usate dagli individui per operare con il computer nonché con il software e l'hardware della rete, “competenze informazionali”, quelle utilizzate per cercare, selezionare e processare informazioni tratte dal computer e dalla rete, e le “competenze strategiche”, quelle che consentono di raggiungere specifici obiettivi e, in termini generali, di migliorare la propria posizione nella società.
Un tentativo ancora più dettagliato di articolazione delle competenze digitali viene offerto, infine, da Hargittai (2007a) e si traduce nell'individuazione di ben undici dimensioni: modalità sicure ed efficaci di comunicazione con gli altri; conoscenza circa le modalità di partecipazione a gruppi di conversazione e di condivisione di contenuti; conoscenza e uso degli strumenti, conoscenza di ciò che è disponibile online e capacità di trovare contenuti; efficacia nella navigazione nel web; abilità nella valutazione della fonte e dei contenuti dei messaggi; comprensione di temi relativi alla privacy; comprensione di temi relativi alla sicurezza; conoscenza sulle fonti di assistenza; capacità di personalizzazione. È presumibile che una diseguale distribuzione di competenze tra gli individui si tradurrà in un'ulteriore fonte di disuguaglianze.
Dal «chi ha e chi non ha Internet», quindi, a «che cosa fanno le persone, e cosa sono capaci di fare, quando si connettono» (DiMaggio, Hargittai, 2001). Una volta ottenuto infatti l'accesso alla rete, donne e uomini, giovani e anziani, istruiti e meno istruiti svolgono attività molto diverse tra loro, più orientate allo svago o alla comunicazione, al lavoro o all'arricchimento culturale, come testimoniano diversi studi condotti recentemente, dai quali emerge che (Censis, 2015):
- le giovani generazioni usano di più il pc e Internet di quanto non facciano gli adulti e, soprattutto, gli anziani;
- a causa dei costi di connessione, intere fasce della popolazione non usano, o usano meno, la rete di coloro che appartengono alle classi più abbienti;
- le persone maggiormente scolarizzate si collegano per più tempo e per svolgere attività più varie rispetto ai meno istruiti;
- le donne sono più escluse degli uomini.
Lo studio del digital divide, in ogni caso, anche nella più banale classificazione tra have e have-nots, è utile in quanto rivelatore dei limiti propri della società dell'informazione, dalla quale sono escluse quote rilevanti della popolazione e per la quale da tempo sono state avviate specifiche politiche pubbliche di e-inclusion (Sartori, 2011). Un divario che, tuttavia, non riguarda la sola mancanza di tecnologia ma che è sostenuto da più significative, per gli effetti che producono, variabili socio-culturali e relazionali. Sartori (2006), concettualizza il fenomeno delle nuove disuguaglianze sociali collegate ad Internet come un continuum che va dalla totale esclusione all’uso ricco e autonomo delle tecnologie
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dell’informazione. L’uso, in particolare, viene scomposto lungo cinque dimensioni: la qualità dei mezzi tecnologici a disposizione, la competenza digitale, la disponibilità di reti sociali di stimolo e di eventuale consulenza, l’autonomia (ossia la possibilità di utilizzare internet per soddisfare i propri interessi personali), la varietà d’usi (studio e lavoro, svago e divertimento, acquisto di beni e servizi, ecc.).
Accesso e uso possono poi essere declinati a diversi livelli, per cui si distingue tra i livelli di diffusione raggiunti nei differenti stati (divario globale) e i gradi di disuguaglianza all’interno dei singoli paesi (divario sociale).
Questo ci induce ad affermare che sia ancora semplicistico affermare che il divario digitale sia stato colmato nella gran parte dei paesi industrializzati, tenendo conto anche del fatto che, tornando alla dimensione dell'accesso, si può notare come questa sia mutevole anche all'interno dello stesso paese o, addirittura, nella stessa area urbana. Come ricorda Castells (2002. p. 232), «l'accesso da solo non risolve il problema, ma è un prerequisito per superare le disuguaglianze in una società le cui funzioni e i gruppi sociali dominanti sono sempre più organizzati intorno a Internet».
La network society, che gravita attorno alla rete, ha un problema infrastrutturale, legato all'effettiva disponibilità della connessione in molte parti del globo. Per quanto non sempre attendibili, poiché provenienti da fonti spesso discordi e non completamente confrontabili, i dati sul global digital divide offrono comunque l'occasione di ragionare sulle dimensioni dell'esclusione dalle reti digitali di intere aree geografiche. I parametri tradizionalmente utilizzati per ricostruire la geografia di Internet, sono due: 1. La dimensione di Internet, ovvero il numero totale assoluto degli utenti di un determinato paese. 2. La penetrazione (o distribuzione) di Internet: cioè il tasso di accesso di Internet all'interno di un dato paese o area geografica, calcolato come percentuale degli utenti della rete sul totale della popolazione.
Da una rielaborazione179 dal sito Internet World Stats180 (dati aggiornati al 30 giugno 2016), si evince il differente tasso di diffusione e penetrazione di Internet nelle grandi regioni del mondo, mostrando con chiarezza la disparità esistente di opportunità di connessione tra le aree più industrializzate e i cosiddetti Paesi in via di sviluppo. In termini di dimensione, il continente asiatico è il bacino più grande di utenza di Internet con il numero di fruitori che si attesta intorno al miliardo e novecento milioni, che rappresentano circa il 50,2% dell'utenza globale, seguito dal continente americano che somma oltre 700 milioni di utenti, equivalenti a circa il 19,3% del totale, sopra l'Europa che rappresenta il 16,7% del totale mondiale di utenti della rete. Al vertice opposto della graduatoria troviamo l'Africa che, con quasi 341 milioni di utenti, rappresenta il 9,3 % della popolazione mondiale di utenti di Internet; il Medio Oriente (3,8%) e l'Oceania quasi l'1%.
Per comprendere meglio come si distribuiscono gli utenti di Internet dobbiamo rapportare il loro numero assoluto con la popolazione totale delle differenti regioni, ovvero soffermarci sulla penetrazione della rete, il dato che più riesce a rappresentare lo squilibrio reale nella distribuzione degli utenti di Internet. Il dato di penetrazione di Internet del 2016, sul totale della popolazione mondiale, è del 46% (nel 2015 era del 42%), per cui si evince immediatamente che alla cosiddetta Network Society appartiene, quindi, circa metà del pianeta, mentre oltre tre miliardi e mezzo ne sono escluse. Il tasso di penetrazione, poi, ci dice che il più basso è quello africano con il 28,7%, mentre quello più alto è presente in nord America con l'89%. In Europa il tasso di penetrazione si attesta intorno al 73,9%.
Risulta particolarmente complesso avanzare ipotesi sulle potenzialità di crescita di quelle aree emergenti sul piano del confronto economico e geopolitico con i tradizionali paesi occidentali e su come, quindi alcuni equilibri potrebbero ulteriormente mutare. Scendendo su un più specifico piano nazionale, nella graduatoria sugli utenti di Internet e della telefonia mobile, in percentuale rispetto alla popolazione, agli ultimi posti permangono paesi che affrontano gravi problemi di sottosviluppo e conflittualità interne.
Evidentemente, ogni Paese o realtà nazionale riflette fattori abbastanza singolari e ciascuno potrebbe essere considerato, a suo modo, un caso di studio. In molti stati africani, ad esempio, si assiste negli ultimi anni ad un’accelerazione del percorso di sviluppo delle tecnologie, grazie anche agli aiuti mondiali che si sono concentrati proprio su questo tipo di infrastrutture della comunicazione e dell’informazione, altrove, come in Cina, le azioni di censura governativa a scopo di controllo dei flussi comunicativi, frenano l'uso delle reti digitali.
Da un'analisi e confronto dei report 2015 e 2016 pubblicati annualmente dal sito “We are social181”
179 I dati della tabella e dei grafici sono protetti da copyright dal Miniwatts marketing group. 180 http://www.internetworldstats.com/stats.htm
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dove sono riportati dati, trend e statistiche su tutto ciò che riguarda lo scenario digitale a livello globale e con focus approfonditi sui singoli paesi, si evince che tutti i dati di utilizzo al gennaio del 2016 sono, come prevedibile, in crescita rispetto al gennaio 2015, quando erano 3 miliardi le persone ad accedere a internet (contro i circa 3.4 miliardi di oggi).
Dall’infografica riportata sopra a destra, invece, emergono gli incrementi, in percentuale e in valore assoluto, del numero di utenti attivi di Internet e dei Social media, rilevati a gennaio 2016 e comparati con quelli di gennaio 2015. Nello specifico:
il numero di utenti internet totali è cresciuto del 10%;
il numero di utenti attivi sui canali social è aumentato di 219 milioni di unità (+10%); il numero di persone che usano dispositivi mobile è cresciuto del 4% (+141 milioni);
il dato maggiormente in crescita riguarda il numero di persone che accedono a social media da dispositivi mobile: +17% (l’incremento è di 283 milioni di persone).
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Gli account attivi sui Social media sono oggi oltre i 2.3 miliardi, dando conto di una penetrazione intorno al 31%, segnando un incremento rispetto a 12 mesi fa del 12%.
Osservando i dati relativi al mobile, si può notare come a fronte di un incremento della diffusione del 5% di utenti mobile, si assista ad un incremento decisamente maggiore del numero di persone che usano attivamente Social media dai propri smartphone (313 milioni di persone in più, per un aumento del 23%).
Come abbiamo anticipato, la penetrazione media dei social media nel mondo è del 31%, per un totale di 2,3 miliardi di utenti.
I tassi di penetrazione più alti sono in Nord America, Europa, Sud America e Asia, anche se i singoli Paesi dove sono più utilizzati i social sono Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti e Hong Kong.
Le piattaforme social più utilizzate a livello globale sono Facebook, con un numero di utenti che ha raggiunto la soglia di 1,5 miliardi, con l’83% degli utenti che vi accede da mobile (circa 1,3 miliardi di utenti), mentre solo la metà vi accede anche da desktop. Qzone, il più popolare social network cinese, annovera oltre 800 milioni di utenti attivi. Gli incrementi più sostanziosi, tuttavia, sono appannaggio delle applicazioni (app) di messaggistica istantanea: Whatsapp, ad esempio, nel 2015 contava 600 milioni di utenti, mentre nel 2016 sono arrivati a 900 milioni; anche Facebook Messenger sta conoscendo un livello di diffusione molto rilevante, passando dai 500 milioni di utenti del 2015 agli 800 del 2016. Snapchat, un'applicazione per inviare foto e video che si autodistruggono e molto popolare tra i teenagers, ha raddoppiato la sua base utenti, passando da 100 a 200 milioni. WeChat ha quasi raddoppiato la sua user-base, raggiungendo oggi i 468 milioni di utilizzatori.
Nel grafico seguente è riportata la mappa mondiale dove ogni paese è rappresentato da un colore che indica il SNS più utilizzato182:
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In questo seguente sono riportati i paesi tematizzati cromaticamente in base al secondo SNS più diffuso a livello nazionale.
La matrice che segue, creata da Cosenza183, è un tentativo di rappresentazione schematica, di tipo qualitativo, dello stato attuale dell'universo delle forme di comunicazione online riferita ai SNS, attraverso una coppia di assi dove sono rappresentate tre dimensioni: il tipo di comunicazione (da uno- a-molti a uno-a-uno), la natura dei messaggi (effimero vs permanente) e la dimensione di ogni comunità184 (in termini di utenti attivi mensili). Questo grafico, aggiornato all'aprile 2015, certifica in qualche modo l'espansione delle app di messaggistica istantanea (WhatsApp e Messenger) e l'affacciarsi di quelle con cui è possibile scambiarsi messaggi di durata determinata (Snapchat), oltre all’evidente preminenza di Facebook, a metà tra strada tra una comunicazione broadcasting e una socialcasting (Bennato, 2010).
183 https://vincos.it/social-media-statistics/
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Per quanto riguarda lo scenario italiano, viene evidenziato, anche in questa circostanza, il deciso incremento che riguarda l’utilizzo di canali social da dispositivi mobile: nel 2015 erano 22 milioni gli account ad accedere da smartphone, a settembre 2016 si è giunti ai 24 milioni. Per ciò che concerne il livello di penetrazione, pur essendo superiore alla media globale (oltre il 73% contro il 46%), si riscontra un tempo speso online, relativo all’accesso a internet da desktop, di poco superiore alla media mondiale, mentre quello legato alla navigazione da mobile è decisamente inferiore (2.2 ore al giorno, contro una media di 2.7 ore). Comparata alla media europea, la penetrazione di Internet in Italia è leggermente inferiore essendo intorno al 63%, pari a circa 38 milioni di persone connesse.
In Italia il 62% delle persone ha uno smartphone, e il 75% delle connessioni da mobile sono a banda larga (3G o 4G). Per quanto riguarda l'utilizzo, il 43% della popolazione utilizza le applicazioni di messaggistica istantanea, mentre il 34% degli italiani utilizza applicazioni di geolocalizzazione, in