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La VGI e il modello Wiki: il crowdmapping

L’utilizzo da parte di un numero sempre maggiore di cittadini non esperti di tecnologie basate sul Web, adatte a creare e condividere visioni del territorio collettive e informazioni georeferenziate di diversa natura, certifica la funzione abilitativa e di supporto alla partecipazione del web, nelle sue articolate versioni. Volendo avallare la tendenza diffusa a suddividere il periodo che corre dalla nascita di Internet in “ere”, possiamo dire di trovarci, oggi, all’inizio di un nuovo tempo nel quale le vecchie categorie di informazione, fruizione e soggetti vengono parzialmente soppiantate dal cosiddetto Web 3.0: dalla maglia planetaria di computer cui dobbiamo la nascita di questa infrastruttura siamo passati ad un ecosistema connettivo non più univoco che lega luoghi, uomini, macchine di calcolo e oggetti della più svariata natura (stazioni metereologiche, rilevatori di flussi, sensori, apparati di videocontrollo, etc.).

Applicazioni e strumenti collaborativi, siti di social network di vario genere, insieme all’evoluzione in senso partecipativo dei media “tradizionali” della comunicazione, hanno contribuito a far crescere le potenzialità sociali, politiche e culturali dei pubblici connessi (Boccia Artieri, 2012).

Il Web 2.0 e i media partecipativi in generale, hanno dunque consentito la definizione di un nuovo modello di organizzazione del lavoro basato sul coinvolgimento del pubblico: il crowdsourcing. Il

21 Self-mapping: esplorazioni e cartografia partecipata – è il progetto di ricerca risultato vincitore di ISATOPIC 2010 promosso

dall’Istituto degli Studi Avanzati dell’Università di Bologna – che mirava a promuovere il coinvolgimento dei cittadini bolognesi nella rappresentazione dell’identità della loro città a partire dai loro percorsi e dai loro processi di significazione (Musarò 2012).

22 www.wikitravel.org. 23 www.43places.com.

24 http://www.wheredoyougo.net/

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termine crowdsourcing è un neologismo (da crowd, gente comune, e outsourcing, esternalizzare una parte delle proprie attività) di “internettiana” generazione coniato da Jeff Howe, ex-giornalista della rivista Wired, in un articolo del 2006 (“The rise of crowdsourcing”) per indicare un modello organizzativo e di business con cui un’azienda o un’istituzione delega a un insieme di persone, non già organizzate in un team, lo sviluppo di un prodotto, un servizio, o la realizzazione di intere attività produttive o fasi della catena del valore precedentemente svolte all’interno dell’impresa o affidate a singoli partner esterni (outsourcing). Nel suo libro “Crowdsourcing. Il valore partecipativo come risorsa per il futuro del business” (2010), Howe prende in esame l’affermarsi del fenomeno, collocandolo in una fase di rinascita delle attività amatoriali in tutto il mondo.

Inizialmente applicato all’interno delle comunità web per la creazione e condivisione di informazioni, ne sono un esempio Wikipedia e Youtube, il modello/principio del crowdsourcing è stato via via adottato anche dalle imprese per chiedere suggerimenti, soluzioni e anche idee creative, attingendo direttamente alla “intelligenza collettiva della rete” (Levy, 1997). Nel settembre 2010, Henk van Ess ha fornito una definizione meno “commerciale” del termine; secondo lo studioso olandese, infatti, il crowdsourcing consiste nell'indirizzare il desiderio degli esperti di risolvere un problema e poi condividere liberamente la risposta con chiunque.

Sono oltre quaranta le definizioni distinte di crowdsourcing presenti nella letteratura scientifica, tanto da arrivare al punto in cui il complesso delle attività collaborative, online o meno, sono state identificate con il crowdsourcing in maniera erronea. Estellés e González (2012), avendo effettuato uno studio approfondito di oltre quaranta definizioni del termine crowdsourcing propongono una nuova definizione integratrice: «Il crowdsourcing è una tipologia di attività online partecipativa nella quale una persona, istituzione, organizzazione non a scopo di lucro o azienda propone ad un gruppo di individui, mediante un annuncio aperto e flessibile, la realizzazione libera e volontaria di un compito specifico. La realizzazione di tale compito, di complessità e modularità variabile, e nella quale il gruppo di riferimento deve partecipare apportando lavoro, denaro, conoscenze e/o esperienza, implica sempre un beneficio per ambe le parti. L'utente otterrà, a cambio della sua partecipazione, il soddisfacimento di una concreta necessità, economica, di riconoscimento sociale, di autostima, o di sviluppo di capacità personali, il crowdsourcer d'altro canto, otterrà e utilizzerà a proprio beneficio il contributo offerto dall'utente, la cui forma dipenderà dal tipo di attività realizzata».

Al di là delle varie declinazioni del crowdsourcing, queste hanno, in ogni caso, un comune denominatore: dipendono tutti dal sapere diffuso della folla. Il sapere diffuso di molti può essere, infatti, utilizzato per compiere attività che un tempo erano territorio di pochi specializzati. La folla è più funzionale del singolo: possiede talento, creatività ed è straordinariamente produttiva. L’aumento esponenziale dell’istruzione, l'emergere di nuove modalità di produzione attraverso software e database open source e l'affermarsi del piú grande meccanismo di costruzione e distribuzione della conoscenza che il mondo abbia mai visto, Internet, hanno contribuito a una improvvisa abbondanza creativa e favorito esperienze di collaborazioni di massa, parcellizzata e distribuita (cfr. par.2.4).

Nel caso del crowdmapping (crowd, che significa “folla”, e “mapping”, mappare) non si tratta di trovare soluzioni, ma di raccogliere informazioni georeferenziate. In ogni caso non esiste crowdmapping senza crowdsourcing: la folla è sorgente di informazione, che viene poi tradotta e geolocalizzata su mappe. I progetti di mappatura o di cartografia “crowdsourced”26 sono, in ogni caso, realizzati attraverso il contributo collettivo di persone che collaborano volontariamente, rispondendo ad un invito e condividendone gli obiettivi.

Goodchild analizza i processi che hanno portato milioni di persone non solo a partecipare alla costruzione del Web 2.0 aderendo a fenomeni quali Blogs, Wikis27 e SNS, dunque creare contenuti o modificare quelli creati da altri, ma anche a fornire volontariamente informazioni geografiche su piattaforme collaborative in qualità di “cittadini come sensori”. Oltre ad analizzare le innovazioni tecnologiche che hanno reso possibile la diffusione della pratica della VGI, Goodchild si pone alcuni

26All'interno del fenomeno del crowdmapping intendiamo con mappatura il processo di segnalazione di un fenomeno, processo,

oggetto, mediante la giustapposizione su uno sfondo cartografico di un marker resa possibile grazie ad un'API (Application Programming Interface) di un dataset cartografico (Google Maps, Bing Maps, Yahoo! Maps o la open souce OpenStreetMap) come ad esempio le applicazioni di crowdmapping di Ushaidi. Esiste anche un crowdmapping dove si produce cartografia, inteso come un processo il cui obiettivo è la costruzione di primitive geometriche (punto, linea, polilinea, poligono) geolocalizzate e di un database di informazioni a queste collegate, come ad esempio OpenStreetMap.

27 Un sito web è detto wiki se costruito appoggiandosi su una piattaforma o software collaborativo detto software wiki o

semplicemente Wiki, che permette ai propri utenti di aggiungere, modificare o cancellare contenuti attraverso un browser web, in genere utilizzando un linguaggio di markup semplificato o un editor di testo online.

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interrogativi, oltre che sulle implicazioni metodologiche ed epistemologiche del fenomeno, sugli aspetti motivazionali che sottendono il fenomeno. La domanda che si pone il geografo statunitense è semplice e diretta: «cosa spinge così tante persone a impiegare parte del proprio tempo per creare questo tipo di contenuti senza un incentivo materiale?» Se il fenomeno dei blogs e dei SNS può trovare parte della spiegazione del suo successo nel meccanismo di autopromozione, i progetti di crowdmapping sono essenzialmente anonimi e si nutrono della soddisfazione personale che l’utente riceve nel vedere il proprio contributo andare a far parte del patchwork che progressivamente cresce in termini di ampiezza e dettaglio.

L'aspetto più interessante di queste applicazioni di crowdmapping che abbiamo riportato sinteticamente sopra e che vorremmo mettere in luce in questa sede, riguarda la produzione di informazioni geografiche offerte indirettamente dalle rappresentazioni cartografiche: fenomeni, eventi, itinerari “raccontati” attraverso fonti spesso non ufficiali o molto frammentate che contribuiscono al processo di scoperta geografica odierna.

HealthMap28, ad esempio, è la crowdmap per le emergenze sanitarie. Questo progetto offre una mappa utilizzata per monitorare epidemie e informazioni sulla salute in tutto il mondo: la mappa, rappresenta i tipi di malattia e luoghi in cui si manifestano, il numero di casi, gli avvisi e gli avvertimenti di eventuali epidemie. Lo strumento include anche informazioni sui sintomi della malattia, così come una serie di dati sulla salute degli animali e dell’ambiente. I dati vengono estratti da diverse fonti aperte, relazioni dei testimoni oculari, aggregatori di notizie on-line e rapporti ufficiali validati.

Si possono annoverare, inoltre, attività di reporting e di advocacy (Harassmap29, Egitto), attività di riqualificazione e rigenerazione del territorio (Crowdmapping Mirafiori Sud30, Torino, Italia), oppure quelle dove si invitano i cittadini a segnalare dissesto e degrado urbano e, più in generale, problemi locali (FixMyStreet31, UK).

Un altro esempio di applicazione di crowdmapping è il progetto Use-it, paradigmatico della costruzione della narrazione dal basso da parte, in particolare, di chi un territorio lo vive ed intende dargli visibilità. USE-IT è un circuito di viaggio, un insieme di informazioni turistiche pensato per stimolare la mobilità turistica e soprattutto per promuovere l’empowerment dei giovani europei, la loro partecipazione attiva nella società e lo scambio culturale di opinioni e di modus vivendi: una mappa fatta dai giovani che vivono la città per i giovani turisti che vengono a visitarla.

Altra esperienza di mappatura “crowdsourced” è il progetto “Orto diffuso” a Milano, il cui intento è dare visibilità e promuovere l'orticoltura urbana attraverso la costruzione collaborativa di una mappa degli orti all'interno dello spazio urbano della città meneghina. Si tratta di un progetto non profit, emerso nell’ambito di un Gruppo di Acquisto Solidale che fa della mappatura del verde urbano coltivato e coltivabile, sia tradizionale che innovativo, una modalità di advocacy dell'orticoltura urbana, «per dimostrare la richiesta di verde»32. La mappa, la cui prima versione viene creata nell’giugno del 2009, si pone l'obiettivo di censire sia le aree coltivabili, attualmente abbandonate ma destinabili alla coltivazione, sia le aree già occupate da forme di coltivazione urbana (prevalentemente orti urbani, tradizionali, comunitari o domestici). Scopo dei promotori del progetto è la valutazione quantitativa e la misurazione della superficie complessiva delle aree urbane destinate alla coltivazione, in modo tale da offrire un indicatore della domanda di verde in città, quindi uno strumento per ottenere legittimazione e riconoscimento da parte degli stakeholder del territorio (Musarò, Bartoletti, 2012).

Il progetto “[im]possible living. Rethinking the abandoned world”33 è il frutto di una start up dedicata agli edifici abbandonati di tutto il mondo, che fornisce servizi alle persone che a scala locale cercano di sollevare, discutere e, potenzialmente, risolvere in maniera creativa problemi di degrado urbano connesso all’abbandono delle strutture edili. L'idea di base è quella di non solo di mappare edifici abbandonati di varie tipologie, ma anche di creare relazioni tra architetti, urbanisti, ingegneri, designer ecc. per progettare la loro riqualificazione e trovare finanziamenti per realizzare tali progetti attraverso il crowdfunding.

Questi progetti si rifanno ad alcune piattaforme pionieristiche, ma ancora oggi tra le più utilizzate

28 www.healthmap.org

29 Dal sito www.harassmapp.org “We are working to engage all of Egyptian society to create an environment that does not

tolerate sexual harassment. All our activities are geared towards encouraging bystanders and institutions to speak up against harassers and have a zero-tolerance attitude towards sexual harassment”.

30 http://areeweb.polito.it/mapmirafiorisud/ 31 https://www.fixmystreet.com/#

32 http://ortodiffuso.noblogs.org/post/2009/10/20/orto-diffuso/, ultimo accesso 10 dicembre 2012. 33 www.impossibleliving.com.

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per il crowdmapping e che ne rappresentano, in pratica, tre macro-categorie: Ushahidi (in Swahili “testimonianza”), una piattaforma sviluppata da un’organizzazione non-profit Keniota dopo le violenze legate alle elezioni presidenziali del 2008, che si basa su un software open source che abilita gli utenti ad assemblare ed incorporare all'interno di siti e blog dei mash-up34, il cui scopo è quello di raccogliere informazioni georeferenziate su vari temi di attivismo sociale. Wikimapia35, un progetto fondato nel 2006 che consiste in una mappa web che integra le caratteristiche di Google Maps36 e Google Earth37 con quelle dei Wiki38, consentendo agli utenti di aggiungere informazioni sotto forma di nota su qualsiasi località del mondo. OpenStreetMap, una piattaforma open source fondata nel 2004 che è diventata un’enorme comunità globale di mappatori volontari.

L’ampia e diffusa disponibilità di dati volontariamente georeferenziati ha incentivato l’utilizzo degli stessi in processi collaborativi che vanno oltre quelli della prima diffusione della neogeografia (cooperazione, co-pianificazione, resilienza) e riguardano tutti gli aspetti concernenti la vita quotidiana individuale e collettiva (viaggiare, spostarsi, mangiare, trovare alloggio, ecc.).

Per quanto attiene al primo gruppo la prima esperienza di crowdmapping prende vita a Kibera (uno slum di Nairobi, Kenia) nel 2008, e nasce con l'idea di raccogliere in una mappa online le segnalazioni dei cittadini che denunciavano le violenze post elettorali, così come, con modalità simili ma in un contesto completamente diverso, gli abitanti di un quartiere di Torino sono stati invitati a segnalare online le barriere architettoniche che ogni giorno incontrano sotto casa. Diversi, infatti, sono i contesti e le situazioni di utilizzo di queste crowdmap interattive, grazie alle quali i cittadini hanno potuto segnalare la situazione della viabilità, dei servizi pubblici, dei trasporti pubblici, delle emergenze e dell’impegno di enti locali e ufficiali e degli interventi apportati. In questo modo altri cittadini hanno potuto avere informazioni in tempo reale, spesso prima di quelle fornite dagli organi ufficiali.

Ushahidi fu creata in quel periodo da Ushahidi Inc., una non-profit company che decise di sviluppare un software free e open source per raccogliere informazioni e visualizzare in una mappa (all'epoca Google Maps) quello che stava accadendo nel paese grazie all’aiuto dei cittadini. Sms, mms, pc i mezzi per testimoniare e la piattaforma di crowdmapping di Ushahidi un’unico aggregatore per raccogliere le informazioni. Il progetto, nato dalla collaborazione di alcuni blogger e citizen journalist kenioti capitanati dall’attivista e avvocatessa keniota Ory Okolloh, fu realizzato in uno dei periodi più bui della storia del Paese africano. Il sito fu usato per geolocalizzare e monitorare gli episodi di violenza con l’obiettivo di facilitare il lavoro dei soccoritori e delle organizzazioni pacifiste. E’ stato possibile, in pratica, poter seguire l’evolversi della situazione in tempo reale in maniera indipendente, perché le fonti erano le persone stesse che la stavano vivendo. La piattaforma fu utilizzata da 45.000 cittadini in Kenya e il successo dell’operazione fece percepire al team la necessità di una piattaforma standard che potesse essere utilizzata anche da altri nel mondo.

Nel 2008 è stata utilizzata per tracciare le violenze contro gli immigrati in Sud Africa, poi (sempre per tracciare violenze) in Congo Est, in Kenya, in Malawi, Uganda e Zambia. Nel 2009 per documentare l’assenza di medicinali in diversi paesi africani, per monitorare le elezioni in Messico e India, ma anche da Al Jazeera39 per raccogliere testimonianze durante una serie di disordini nella Striscia di Gaza tra il 2008 e il 2009. Nel 2010 fu l’anno dell’uso dopo il terremoto in Haiti e in Cile, le tempeste di neve a Washington D.C. e gli incendi in Russia. Lo scopo principale di Ushahidi è sempre quello delle prime iniziative in cui è stata utilizzata: raccogliere informazioni per aiutare i soccorsi, come successe poi nel 2011 per il terremoto in Nuova Zelanda, per le alluvioni in Australia, in Missouri, nel Veneto, in Liguria e per l’emergenza neve nei Balcani e in Italia nel 2012. Ushaidi, tuttavia, non è solo una piattaforma per documentare tragedie umanitarie, in India è stata usata per mappare la qualità del segnale 3G e degli hotspot wi-fi e in Russia come pratica anti-corruzione.

Le piattaforme di crowdmapping sul modello di Ushahidi, in pratica, consentono di trasformare input informativi in output visuali da analizzare, una modalità grazie alla quale si chiede a un gruppo di persone di trasmettere delle informazioni su quello che sta succedendo in un certo luogo, in modo da avere in un’unica immagine la panoramica di un dato fenomeno. In questo senso, Ushahidi permette

34Mash-up, in termini informatici, indica un'applicazione che usa il contenuto di più sorgenti per creare un nuovo prodotto. 35 http://wikimapia.org/#lang=it&lat=40.833294&lon=14.249954&z=12&m=b

36 https://www.google.it/maps?hl=it&tab=wl

37 https://www.google.it/maps/@44.4355049,10.9767865,263431m/data=!3m1!1e3?hl=it

38 Un sito web è detto wiki se costruito appoggiandosi su una piattaforma o software collaborativo detto software wiki o

semplicemente Wiki, che permette ai propri utenti di aggiungere, modificare o cancellare contenuti attraverso un browser web, in genere utilizzando un linguaggio di markup semplificato o un editor di testo online (fonte: Wikipedia)

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agli osservatori locali di inviare informazioni, tramite i loro telefoni cellulari o internet, che vengono raccolte, organizzate e visualizzate in un archivio temporale e geospaziale online accessibile da chiunque disponga di una connessione a internet. Le attività abilitate da Ushaidi sono accomunate dalla facilità di utilizzo che rende superfluo il possesso di particolari abilità tecniche o cartografiche, che sono totalmente integrate nel software. L’utente, di conseguenza, non deve prendere alcuna decisione (e d’altronde nemmeno gli è consentito) riguardante, per esempio, la proiezione cartografica o la simbologia da utilizzare in quanto tali decisioni sono state già prese dagli sviluppatori del software40 (Goodchild, 2007).

Al secondo gruppo appartiene Wikimapia, che potremmo definire una modalità di crowdmapping ibrida rispetto alla prima e alla terza categoria di cui sopra, in quanto presenta delle caratteristiche riconducibili agli altri due gruppi. Come afferma il suo logo, nasce con l’obiettivo di “descrivere il mondo intero”. Si tratta un’applicazione cartografica collettiva che combina Google Maps e Google Earth con il sistema wiki permettendo agli utenti di aggiungere informazioni, in forma di note, di “tag” (etichetta) e di elementi cartografici come le primitive geometriche (punti, linee, polilinee, poligoni) riguardanti qualunque luogo del mondo. Wikimapia utilizza lo stesso procedimento per l’immissione dei dati e la correzione degli errori utilizzato da Wikipedia. Creata da Alexandre Koriakine e Evgeniy Saveliev e lanciata il 24 maggio del 2006, al 24 gennaio 2010 possedeva 11.742.000 di voci, dimostrandosi una delle più ampie iniziative di mappatura collaborativa del Web 2.0. Wikimapia sfrutta le mappe di Google attraverso le quali permette di cercare località e percorsi; grazie, poi, all'integrazione con Wikipedia è in grado di fornire un ampio ventaglio di informazioni su un altrettanto ampio range di luoghi del mondo. Wikimapia da un punto di vista organizzativo non è collegato con Wikipedia e la Wikimedia Foundation, ma gli autori sostengono di essersi, in ogni caso, «ispirati a Wikipedia». Al 30 aprile 2016 sono stati creati circa 2.5 milioni di account41 (un numero simile a quello di OpenStreetMap), e più di 20 milioni di luoghi sono stati aggiunti al suo DataBase42.

Wikimapia, nonostante le notevoli dimensioni e il livello di diffusione del progetto, spesso non viene ritenuto un esempio di VGI, neanche negli studi più prominenti sulla “Geografia Volontaria” (Cinnamon e Schuurman 2013; Crampton 2009; Elwood 2008b, p. 133; Goodchild 2007, p. 212; Sui 2008, p. 3). Negli studi più tecnicamente orientati, Wikimapia gioca un ruolo più affine alla risorsa di informazione giornalistica (Cardoso et al. 2014), oppure è utilizzato per il rilevamento automatico di punti di interesse (Mummidi e Krumm 2008).

Comparando Wikimapia ad OSM, mentre la comunità di quest'ultima è caratterizzata da gerarchie orizzontali piuttosto informali, gli utenti di Wikimapia hanno un sistema che attribuisce loro una sorta di punteggio che permette di classificarli43. La posizione nella classifica di un utente è il risultato della somma tra i punti derivanti dalle diverse esperienze di mappatura e quelli supplementari generati attraverso un sistema di classificazione e premi speciali. Wikimapia, proprio come Wikipedia, richiede dai propri utenti un punto di vista neutrale «Wikimapia demands from its members a “neutral point of view” which omits feelings, opinions, experiences, politics and publicity or advertising» (Wikimapia 2014).

Al terzo gruppo di tipologie di crowdmapping appartiene OpenStreetMap. Si tratta di una mappa partecipativa basata sulla collaborazione di tutti gli utenti (in tal senso riflette un approccio di tipo “wiki”), per realizzare mappe e cartografie di tutte le aree del mondo che possano essere costantemente aggiornate. Dal sito ufficiale è riportata la seguente dicitura «OpenStreetMap è una mappa liberamente modificabile dell’intero pianeta. È realizzata da persone come te. I dati possono essere scaricati liberamente e utilizzati in accordo alla licenza libera»44. Le mappe realizzate in questa modalità sono rilasciate con licenza Creative Commons (Aliprandi, 2008, pp. 27), la quale permette di liberalizzare alcuni diritti, come quello di riproduzione delle mappe e di eventuale loro modifica, purché venga citata