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Caratteristiche e variabili del clima organizzativo

2.1. Il clima organizzativo

2.1.5. Caratteristiche e variabili del clima organizzativo

Il clima organizzativo è quindi un “fenomeno autenticamente gruppale” (Quaglino et al., 1992 : 165). Il gruppo è formato da più individui, i quali contribuiscono alla formazione del clima mediante le loro interazioni, ma anche perché portano con sé tensioni, ostilità, soddisfazioni e insoddisfazioni che dipendono dai bisogni degli individui stessi. In generale, un clima è positivo quando gli individui provano una sensazione di “stare bene” con gli altri membri del gruppo, mentre in un clima negativo vi è una “fatica del lavorare con gli altri” (Quaglino, Cortese, 2003 : 106). Quaglino et al. (1992) ritengono che vi siano alcune caratteristiche che permettono una

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descrizione accurata del clima organizzativo ma che consentono, allo stesso tempo, una misurazione adeguata della sua complessità4. Tra le caratteristiche/variabili di primaria

importanza vi sono il sostegno, il calore, il riconoscimento dei ruoli e l’apertura e feedback. Il sostegno fa riferimento alla fiducia che un membro ha nei confronti dei colleghi e del leader per lo svolgimento delle attività. La fiducia si esplica in aiuti (materiali e non) e nel reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del compito. Il leader, quindi, ha il compito di fornire gli aiuti necessari agli altri membri, ponendo costantemente attenzione ai loro bisogni individuali. Il fatto è che la mancanza di sostegno può provocare sentimenti di abbandono nei membri da parte dell’organizzazione di lavoro, ma anche un clima caratterizzato da sfiducia relativa alle capacità del gruppo stesso di realizzare le attività (Quaglino et al., 1992).

Il calore descrive “la qualità della relazione e la distanza interpersonale tra i membri del gruppo” (ibid. : 159). Una atmosfera amichevole è caratterizzata dal fatto che l’organizzazione e il gruppo riesce a porre attenzione sia al compito sia alle relazioni. Si tratta di un gruppo in cui “c’è lo spazio per la battuta, per la chiacchera che sdrammatizza, senza compromettere la qualità del lavoro” (ibid.). Si evince che un clima organizzativo caratterizzato da calore sia molto positivo per i membri del gruppo, i quali saranno in grado di lavorare con serenità, potendo contare anche sulla presenza e l’empatia degli altri. Infine, il calore risulta centrale perché permette una relazione positiva tra membri e leader e ciò significa “di essere insieme sul problema e di lavorare insieme per risolverlo senza il timore di veder scaricare gli uni sugli altri la responsabilità e le colpe” (ibid.). In assenza di calore, possono prevalere il sospetto e atteggiamenti di difesa e il gruppo non sarà in grado di sviluppare il senso di appartenenza, e conseguentemente sarà difficile

4 A tal riguardo vi è il contributo di Spaltro (1977) che pensa al clima organizzativo in maniera “concreta”.

Ciò significa definire il concetto secondo una visione di tipo operativo e, dunque, prendere in considerazione le dimensioni di una organizzazione e le concrete possibilità della loro misura. A livello teorico, le variabili che è possibile prendere in considerazione per cercare di definire il clima organizzativo, sono infinite. Se andiamo ad analizzare la dimensione pluralistica di una organizzazione, sostiene Spaltro, le variabili che possiamo prendere in considerazione sono, ad esempio, il modo in cui i soggetti esprimono il loro parere sui problemi quotidiani dell’organizzazione (utilizzando la loro voce), come essi si esprimono in termini speranza di cambiamento delle condizioni attuali oppure, viceversa, in termini di “paura” di cambiamento dalle condizioni che ci sono in questo momento, i livelli di fiducia che i membri hanno nei confronti della direzione, del sindacato o del proprio gruppo di lavoro; è importante anche considerare ciò che i soggetti pensano riguardo lo stile di leadership che è adottato e il livello di socializzazione, il quale si riferisce ai livelli di sensibilità raggiunti riguardanti i problemi (individuali, sociali e collettivi); ciò permette di comprendere il tipo di comportamento che risulta prevalente, cioè se è prevalente il comportamento di un singolo, di un gruppo oppure quello «collettivo-conflittuale-coalizzabile ed organizzativo» (Spaltro, 1977).

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anche per il «gruppo di lavoro» svolgere un «lavoro di gruppo»5 (Muti, 1986 cit. in Francescato et al., 2011).

Una ulteriore variabile che viene presa in considerazione da Quaglino et al. (1992) è quella del

riconoscimento dei ruoli che essenzialmente riguarda il livello di accettazione delle differenze

individuali. Il riconoscimento di certe competenze e capacità per un soggetto rappresenta la conferma della sua identità nel gruppo. Tutti hanno qualcosa da offrire al gruppo per il suo funzionamento e questo grazie alla differenziazione interna allo stesso, la quale si basa appunto su un sistema di competenze e capacità; pertanto “la differenziazione rafforza il sistema di competenze del gruppo, valorizzando quello di ciascun membro” (Quaglino et al., 1992 : 160). Infine, vi sono l’apertura e il feedback, due indicatori strettamente correlati alla comunicazione. L’apertura fa riferimento alla possibilità, da parte dei membri del gruppo, di poter esprimere ciò che pensano, le proprie idee, dubbi e timori, quindi la possibilità di “manifestare nel gruppo il proprio consenso e dissenso” (ibid. : 161). Dunque, in un clima caratterizzato da apertura, i lavoratori si sentiranno liberi di poter esprimere ciò che pensano, ad esempio relativamente alle modalità delle attività lavorative, perché sanno che non ci saranno ritorsioni contro di loro. Il dialogo e il confronto sono due caratteristiche necessarie e fondamentali per un lavoro di gruppo. Il feedback, invece, concerne le informazioni di ritorno, le quali permettono una comprensione di ciò che i membri esprimono all’interno del gruppo. Dunque, se viene meno l’apertura, il clima organizzativo sarà caratterizzato da un basso livello di fiducia e di sostegno tra i membri, e quindi, da chiusura. Un clima caratterizzato da chiusura è quello in cui dominano “la paura di sbagliare, di esporsi, essere valutati” (ibid.).

Un buon clima di gruppo si ha quando sono presenti sostegno reciproco tra i membri e calore, quando vi è un riconoscimento delle capacità dei membri e una loro valorizzazione che conduce alla differenziazione dei ruoli, quando vi è un processo comunicativo aperto, trasparente e caratterizzato da un sistema di feedback chiari sui comportamenti e sui risultati (Quaglino et al., 1992). Risulta dunque centrale “the extent to which group climate is typified by psychological safety, high levels of within-group trust, and so on” (De Dreu, 2008 : 8). Maggiori sono i livelli

5 Muti (1986) sottolinea la differenza la lavoro di gruppo e gruppo di lavoro. Il primo fa riferimento ad un

metodo che il gruppo segue per raggiungere l’obiettivo da realizzare, mediante l’azione di coordinamento dei membri e i loro scopi, bisogni e desideri; il gruppo di lavoro è invece inteso come un gruppo, più o meno formale, di persone che vanno a costituire una unità organizzativa, che hanno un certo grado di autonomia decisionale e operativa per raggiungere l’obiettivo. Accade che alcuni gruppi formali che comunque hanno degli obiettivi da raggiungere, non riescano a fare lavoro di gruppo perché non è presente la volontà o necessità di fare coordinamento delle azioni membri del gruppo per il raggiungimento dell’obiettivo, pertanto può esserci un gruppo di lavoro che però non fa lavoro di gruppo (Francescato et

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di queste caratteristiche, con più facilità un gruppo sarà caratterizzato da un buon clima, tenendo sempre conto della centralità che hanno le interazioni tra i membri del gruppo in questo processo di formazione del clima organizzativo.

Il sostegno, il calore, la differenziazione di ruolo e l’apertura e i feedback non sono gli unici elementi che possono essere presi in considerazione per comprendere le «condizioni climatiche»6;

la leadership, in effetti, rappresenta uno dei fattori fondamentali per lo studio del clima. Questo venne osservato e documentato da Lewin, Lippit e White (1939) attraverso le loro ricerche sulla dinamica dei piccoli gruppi. Nel capitolo primo, abbiamo descritto i tre tipi di stile di leadership (autoritario, democratico e permissivo o laissez-faire) che un soggetto può adottare all’interno di un gruppo. Ma la peculiarità degli studi dei tre psicologi sta nel fatto che, mediante la conduzione dei loro esperimenti, intrapresi presso la Iowa Child Welfare Research Station, arrivarono a stabilire una sorta di relazione tra stile di leadership e atmosfera di gruppo, pur senza fornire una definizione esplicita di quest’ultima. In particolare, Lippitt effettuò una ricerca con lo scopo di comprendere le dinamiche di gruppo e per farlo effettuò il confronto tra due tipologie di atmosfere: una democratica e una autocratica. I partecipanti scelti furono dei ragazzi, i quali andarono a formare due gruppi il cui compito era quello di fabbricare maschere teatrali. Ad ogni gruppo venne affidato un leader che, appunto, seguiva uno stile di conduzione differente (democratico versus autocratico). Alcune caratteristiche dell’esperimento riguardano il fatto che il gruppo democratico si riuniva sempre qualche giorno prima del gruppo autocratico; inoltre, il gruppo democratico sceglieva liberamente le attività che i membri stessi volevano svolgere. Invece, al gruppo autocratico veniva imposto di svolgere quelle stesse attività e compiti che il gruppo democratico aveva scelto di realizzare precedentemente; ed è in questo modo che le attività risultavano le stesse e “ogni cosa rimaneva costante, eccetto l’atmosfera di gruppo” (Lewin, 2005 : 248). I due leader seguivano, dunque, linee di condotta differenti: nel gruppo il cui leader era democratico, la linea di condotta era scelta dal gruppo stesso, mentre nell’altro gruppo, era il leader che prendeva tale decisione. Il partecipante dell’esperimento poteva anche essere in grado di scegliere da solo e di prendere una decisione per raggiungere uno scopo, ma il leader forzava in qualche modo il suo scopo verso una diversa direzione (ciò prende il nome di scopo indotto). Di conseguenza, è possibile osservare differenze anche per quanto concerne la spiegazione, da parte del leader, del compito che i membri del gruppo dovevano svolgere: il leader 6 Spesso gli studiosi ricorrono alla metafora del clima meteorologico per descrivere quello organizzativo.

Ad esempio, Quaglino et al. (1992) quando parlano del clima organizzativo utilizzano con frequenza termini quali “zone d’ombra”, “aree soleggiate”, “caldo soffocante”. Spaltro (1977) invece afferma che il clima organizzativo è un concetto simile a quello meteorologico di clima atmosferico, pertanto “così come si parla di clima montano, di clima artico, di clima equatoriale, di clima marino e di clima tropicale, si può parlare in senso organizzativo di clima cordiale, di clima repressivo, di clima permissivo, di clima autoritario e di clima partecipatorio” (Spaltro, 1977 : 20).

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democratico si impegnava a spiegare i possibili procedimenti da seguire tra i quali il gruppo doveva scegliere, mentre nel caso del gruppo con il leader autocratico, quest’ultimo dettava le regole e i procedimenti da seguire in quanto l’obiettivo finale era proprio quello di ottenere uno scopo, di raggiungere l’obiettivo. Importante è anche ciò che concerne la scelta del compagno di lavoro: scelta possibile nel primo gruppo, inesistente nel secondo; infatti, il leader autocratico stabiliva il compagno di lavoro di ciascuno senza prendere in considerazione le potenziali richieste dei membri. Infine, il leader democratico, nonostante la sua poca partecipazione al lavoro effettivo del gruppo, cercava di essere membro dello stesso, lodando e criticando obiettivamente il lavoro che i membri del gruppo svolgevano. Contrariamente, il leader autocratico lodava o criticava i ragazzi ma lo faceva senza obiettive spiegazioni, ed infine, si mostrava completamente indifferente, come se fosse un soggetto “esterno” del gruppo. Ciò che venne osservato fu che il leader autocratico interveniva maggiormente nei confronti dei membri, faceva il doppio degli interventi rispetto al leader democratico ed esercitava una forte pressione sui membri del gruppo; dalla situazione sperimentale si è potuto evincere che “l’atmosfera autocratica determina un dominio più marcato e più aggressivo da parte del leader, e una riduzione del movimento libero dei membri, con un correlativo indebolirsi degli ambiti del loro potere” (Lewin, 2005 : 251). È quindi possibile affermare che lo stile di conduzione di un gruppo va a determinare l’atmosfera dello stesso, cioè la personalità del leader diviene un fattore di creazione dell’atmosfera di gruppo (Lewin et al., 1939). L’atmosfera è intesa come un qualcosa di intangibile e come “una proprietà della situazione sociale complessiva, e potrà essere valutata scientificamente soltanto se verrà valutata da questo punto di vista” (Lewin, 2005 : 248).

È possibile osservare, inoltre, ciò che lo stile di leadership adottato produce in termini di rapporto membri-membri e membri-leader. Per quanto riguarda il rapporto tra ragazzi e leader, gli studiosi capirono che le cose cambiavano a seconda del tipo di atmosfera. I ragazzi del gruppo autocratico mostravano atteggiamenti più conflittuali rispetto a quelli appartenenti al gruppo democratico, avevano una maggior tendenza a dominare e si verificavano frequentemente richieste di attenzione; al contrario, nel gruppo democratico prevalevano la cooperazione e la lode reciproca. La cooperazione caratterizzava il gruppo democratico, mentre nell’altro gruppo prevalevano ostilità ed egoismo. Se osserviamo, invece, il rapporto tra i membri del gruppo e il proprio leader, si evince che i membri del gruppo autocratico erano molto remissivi nei confronti del leader; in particolare, le azioni dei membri di tale gruppo erano da intendersi come una mera risposta al comando del leader, infatti i ragazzi “apparivano meno pratici, meno cooperanti e meno docili verso i loro eguali, ma più remissivi nei confronti del leader” (ibid. : 252). Infine, appare importante sottolineare come fosse differente anche il livello di tensione, inevitabilmente maggiore nel gruppo autoritario.

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Nel capitolo primo abbiamo posto attenzione alla struttura di un gruppo, con riferimento allo status e al ruolo che ricopre un soggetto all’interno di un gruppo. È possibile osservare una differenza sostanziale tra i due tipi di gruppi: nel gruppo autocratico il leader occupava la posizione più elevata all’interno del gruppo e, parallelamente, i ragazzi ricoprivano una posizione di livello inferiore. Nel caso del gruppo democratico, non esistevano ostacoli al fatto di poter ricoprire il ruolo di leader, da parte degli altri membri, in un qualsiasi momento. Questo ricorda la leadership di servizio descritta da Quaglino et al. (1992); in effetti, possiamo pensare a questo tipo di leader come quello che contribuisce positivamente alla creazione del clima di gruppo, che garantisce alti livelli di scambio e di comunicazione tra i membri e che, infine, permette l’integrazione e la soddisfazione dei bisogni sia del gruppo sia degli individui al suo interno (groupship e membership). Gli autori affermano che “il potere di influenzamento del ruolo del leader è inversamente proporzionale alla crescita del gruppo. Quanto più ci si avvina a un gruppo di lavoro, tanto più la responsabilità sul clima è condivisa tra i membri” (Quaglino et al., 1992 : 163).

Il clima organizzativo appare quindi fondamentale per la vita del gruppo; Lewin afferma che

Il clima sociale in cui il bambino vive è tanto importante per il suo sviluppo quanto l’aria che respira. Il gruppo a cui appartiene è il terreno sul quale poggia. La sua sicurezza e la sua insicurezza dipenderanno in grandissima misura dai suoi rapporti e dal suo status in esso. Non deve meravigliare che il gruppo a cui la persona appartiene e la cultura in cui vive ne determini a tal punto il comportamento e il carattere: essi stabiliscono, infatti, di quanto spazio di movimento libero l’individuo può usufruire e quanto lontano nel futuro può guardare con una certa chiarezza (Lewin, 2005 : 255).

Gli studi e contributi di Lewin, Lippitt e White, maturati nell’ambito della psicologia sperimentale, sono stati fondamentali per lo studio del comportamento organizzativo e per la gestione delle risorse umane, in quanto hanno fatto sì che, successivamente, sia stata posta l’attenzione alle decisioni che vengono prese all’interno delle organizzazioni, al rapporto membri- leader, ai conflitti sociali, alla frustrazione e alla motivazione. Gli studi sperimentali della scuola di Lewin sono stati determinanti anche per interventi all’interno delle organizzazioni, il cui scopo era quello di migliorare le capacità sociali e di migliorare le capacità di adattamento al cambiamento dello stile di leadership (Fontana, 1999).

Ciò che emerge dai loro studi è la relazione tra stile di leadership e interazioni tra i membri e clima organizzativo. Lo stile adottato dal leader determinerà i modi di interazione tra gli attori in gioco. Si tratta di una relazione circolare secondo cui clima e interazioni tra i membri subiscono influenze reciproche. Interazioni tra i membri che a loro volta subiscono variazioni a seconda

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dello stile che il leader ha adottato. Il leader deve adottare lo stile adatto per la situazione che si trova a dover, in qualche modo, coordinare. Questo perché se ciò non accade, lo stile adottato risulterà inadatto, o addirittura «nevrotico» e conseguentemente distruttivo per il gruppo e il suo funzionamento (Schein, 1985). Ciò richiama l’approccio della leader situazionale (Hersey e Blanchard), secondo il quale il leader valuterà che tipo di comportamento adottare in base al livello di maturità degli altri membri del gruppo. È quel soggetto che è in grado di comprendere la situazione e comportarsi di conseguenza. Ma è importante che il leader, oltre che alla situazione, ponga la giusta attenzione all’emotività del gruppo, quindi alle emozioni e percezioni che i membri hanno. Si evince uno stretto legame tra stile di leadership, clima organizzativo ed emozioni dei membri del gruppo. Se un leader non si preoccupa degli aspetti emotivi degli altri soggetti del gruppo e si preoccupa unicamente dell’obiettivo da raggiungere, gli altri potranno sentirsi come “abbandonati” perché non destinatari di quelle attenzioni lavorative di cui necessitano per essere motivati nello svolgimento dei propri compiti. In effetti, vi è uno stretto legame tra clima e motivazione e soddisfazione del dipendente. Spesso i tre concetti vengono confusi tra loro, ma questo non è possibile (Gabassi, 2006). Un interrogativo concerne la relazione tra motivazione/soddisfazione e clima: è possibile chiedersi se sono la motivazione e la soddisfazione a generare un buon clima oppure è il clima organizzativo che determina la motivazione o la soddisfazione dei lavoratori. La soddisfazione implica una valutazione della realtà lavorativa e si riferisce alla percezione che un membro ha rispetto alle emozioni che prova, le quali saranno filtrate da un sistema di valori e norme. Il clima si riferisce, invece, a quelle percezioni di tipo organizzativo-descrittivo perché permettono la descrizione di eventi che hanno luogo nell’organizzazione. È da sottolineare il fatto che individui che fanno parte della medesima organizzazione danno dei giudizi sul clima organizzativo della stessa che non coincidono con quelli che danno sulla soddisfazione al lavoro, la quale è misurata in termini di soddisfazione in base alla retribuzione, alla mansione che viene svolta, ai rapporti con i colleghi e alle opportunità di carriera (Schenider, Snyder, 1975 cit. in Gabassi, 2006). Vi sono altre ricerche sul clima (Gordon, Cummins, 1979) che hanno evidenziato come un ambiente organizzativo soddisfacente sia caratterizzato da certi elementi, quali l’attenzione alle risorse umane, la consapevolezza degli obiettivi, una comunicazione interna all’organizzazione flessibile, cooperazione e capacità e velocità decisionale (Gabassi, 2006). Si potrebbe pensare quindi, che se un clima organizzativo presenta queste caratteristiche e quindi fornisce ai membri dell’organizzazione una serie di stimoli e condizioni positive, allora i lavoratori saranno maggiormente soddisfatti e, di conseguenza, motivati nello svolgimento delle proprie attività. Si percepisce una reciprocità nella relazione tra clima e motivazione in quanto “i vissuti individuali positivi contribuiscono a incrementare la spinta motivazionale, la quale, a sua volta, in virtù dei risultati ottenuti, alimenta vissuti

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organizzativi positivi e dunque un clima migliore” (Quaglino, 1999 : 103 cit. in Gabassi, 2006 : 86).