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1.3. Il leader in un gruppo

1.3.5. La leadership trasformazionale

Abbiamo deciso, infine, di prendere in considerazione il concetto di leadership trasformazionale introdotto da Bass nel 1985. Esso fa parte del filone di studi chiamato new leadership theories, ossia quelle teorie che pongono al centro dell’attenzione il ruolo della percezione in riferimento alle caratteristiche del leader (Gabassi, 2006).

Bass descrive questo tipo di leadership contrapponendola ad un altro tipo: la leadership transazionale. Quest’ultima è orientata al mantenimento della stabilità dell’organizzazione; lo scopo del leader transazionale è quello di instaurare un rapporto con i dipendenti di tipo causa- effetto, tramite, ad esempio, l’utilizzo di gratificazioni, ricompense o punizioni (Gabassi, 2006). Vi è appunto uno scambio, una «transazione» mediante il quale il leader conquista la credibilità e la stima dei suoi collaboratori. Accade, dunque, che i leader si impegnino in una transazione con i propri collaboratori, spiegando cioè i compiti che devono svolgere e quale ricompensa sarà loro data nel caso in cui soddisfino le richieste (Bass, 2007). Bass sostiene poi che il leader fa delle promesse ai collaboratori e se questi svolgono le proprie attività, raggiungendo il risultato previsto, saranno premiati; al contrario, se non svolgeranno un buon lavoro, saranno penalizzati. Lo scambio si esplica in una ricompensa per le buone prestazioni oppure in una minaccia per le cattive prestazioni. Bass afferma che spesso questo tipo di leadership sia “una ricetta per la mediocrità” (ibid. : 303, tradotto dall’autrice) soprattutto nei casi in cui il leader si affida ad una gestione passiva ed interviene con i collaboratori quando questi non rispettano le regole per lo svolgimento delle attività. Tendenzialmente, sostiene Bass, un leader di questo tipo utilizza minacce disciplinari per far sì che gli altri membri del gruppo portino le prestazioni ai livelli richiesti ma si tratta di una tecnica inefficace e, a lungo termine, controproducente. Inoltre, ciò implicherebbe che il leader abbia il controllo su tali ricompense e sanzioni, ma in molte organizzazioni accade che le promozioni, ad esempio, dipendono dalle qualifiche che una persona

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ha maturato nel tempo e dalle politiche dell’organizzazione e quindi su cose sulle quali il leader non ha alcun potere.

La leadership trasformazionale, invece, si ha quando i leader elevano gli interessi dei dipendenti, quando generano consapevolezza e accettazione degli scopi del gruppo e quando stimolano i dipendenti a guardare oltre il proprio benessere per il bene del gruppo.

Il leader trasformazionale può essere carismatico per i suoi followers9, i quali si sentono da lui ispirati; oppure, può trattarsi di una persona che riesce a soddisfare le esigenze emotive dei dipendenti oppure può stimolarli a livello intellettuale. Bass, infatti, sostiene che le caratteristiche di un leader trasformazionale siano il carisma10, l’ispirazione, la stimolazione intellettuale e la

considerazione individualizzata. Vengono messe in atto delle strategie volte all’incoraggiamento e allo sviluppo professionale delle risorse umane ed è per questo che “il soggetto è protagonista del suo stesso processo di apprendimento, trasformando costantemente, in un continuo gioco di scambio, l’esperienza in conoscenza” (Gabassi, 2006 : 161). Il carisma è fondamentale in quanto un leader carismatico ha un grande potere; i dipendenti si identificano con il leader carismatico e hanno fiducia nelle sue azioni. I leader carismatici incoraggiano i propri dipendenti con l’idea che possono fare grandi cose con uno sforzo in più11. Ma ancora più interessante è il fatto che un

leader trasformazionale-carismatico accompagna i propri collaboratori, si preoccupa per loro, per le loro necessità e soprattutto si occupa di potenziare le loro capacità; si tratta di un leader che pone attenzione alle differenze tra i dipendenti, che agisce come mentore per chi ha bisogno di crescere. Ricopre il ruolo di guida e di motivatore.

Altri autori ritengono però che una leadership carismatica positiva possa causare conseguenze negative per i collaboratori (Yukl, 1998 cit. in Bodega, 2002). Potrebbe esserci il rischio per i collaboratori di perdere la propria “strada”, il proprio equilibrio a causa del leader carismatico che ha generato un forte senso di realizzazione e i collaboratori “potrebbero desiderare di mettersi

9 Con il termine followers si fa riferimento ai “seguaci”, o meglio dire, ai collaboratori del leader. Il termine

deriva dalla parola inglese follower, che a sua volta deriva dal verbo to follow, ossia seguire. Ma non dobbiamo pensare ai followers come quei soggetti che seguono tout court il proprio leader, che fanno tutto ciò che dice e ordina di fare (potremmo dire, in questo caso, che si tratterebbe di una followership che risponde ad un leader autoritario, in termini di Lewin, Lippitt e White).

10 Il concetto di carisma è stato introdotto da Max Weber, il quale identificò tre tipologie di autorità:

razionale, tradizionale e appunto, carismatica. L’autorità razionale-legale è quella legittimata da leggi,

norme e regolamenti; il potere è delimitato da norme in quanto può essere ottenuto solo seguendo quelle procedure che ne regolano l’accesso. L’autorità tradizionale si basa su usanze e credenze del passato che legittimano il comando; generalmente chi ricopre tali posizioni le ha ereditate. L’autorità carismatica concerne qualità e valori personali di un individuo che acquisisce la fiducia e la stima dei subordinati proprio grazie alle sue qualità (Morgan, 2002).

11 Interessante il riferimento di Bass (2007) per spiegare la leadership trasformazionale: egli parla di Lorenz

Iversen, un ex presidente della Mesta Machine Company, una industria con sede a Pittsburgh, che disse ai suoi dipendenti: “Abbiamo ottenuto questo lavoro perché voi siete i migliori meccanici del mondo!”

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al servizio della missione dell’organizzazione a cui appartengono, con conseguenze negative per la loro salute e la qualità della vita” (Bodega, 2002 : 157). Un altro rischio concerne una manipolazione del leader trasformazionale nei confronti dei propri collaboratori. Il leader può arrivare a influenzare il comportamento dei membri del gruppo in maniera molto più pervasiva di quanto lo possano fare le norme o la gerarchia formale (Morgan, 2002).

Vi è comunque una altra qualità della leadership carismatica, ossia quella di essere stimolante a livello intellettuale e ciò significa che il leader deve essere in grado di mostrare ai propri collaboratori nuovi modi di vedere i problemi e nuove soluzioni razionali per risolvere gli stessi (Bass, 2007).

Egli trasforma i propri collaboratori e ciò fa sì che essi si autorealizzino (tale autorealizzazione andrà a coincidere con il raggiungimento degli obiettivi del gruppo); ciò rimanda all’idea che il leader trasformazionale si impegni in termini di empowerment dei propri dipendenti. Il leader trasformazionale, inoltre, va inteso come parte del gruppo, e del processo organizzativo, e non il facilitatore dello stesso: non si occupa solo di trasformare i collaboratori, ma trasforma anche se stesso (Castellucci, 2017).

Una ulteriore peculiarità della leader trasformazionale è che questa può essere appresa; Bass ritiene che essa dovrebbe essere oggetto di formazione manageriale. Dunque, non si tratta di una caratteristica che la persona ha a prescindere della sua formazione, esperienza e capacità di apprendimento.

Bass evince dalle sue ricerche che un manager che adotta uno stile di leadership trasformazionale sia percepito dai dipendenti come maggiormente soddisfacente ed efficace rispetto ad un manager che adotta uno stile di leadership transazionale. Infatti, i leader trasformazionali hanno rapporti migliori con i loro collaboratori e danno un contributo maggiore all’organizzazione rispetto a quelli che sono solo transazionali. Inoltre, i dipendenti dicono di esercitare uno sforzo extra per conto dei leader trasformazionali; Bass ritiene che le organizzazioni, in cui i leader sono transazionali, siano meno efficaci rispetto a quelle in cui i leader adottano uno stile trasformazionale e, come già accennato, ciò accade particolarmente in quelle situazioni in cui i leader sono passivi: i dipendenti dicono che per questi leader fanno degli sforzi minimi nello svolgimento delle loro attività (Bass, 2007).

È importante sottolineare, però, che a volte la leadership trasformazionale può risultare inappropriata; di conseguenza, si rende più adatta l’adozione di uno stile di leadership transazionale. Generalmente, se la tecnologia utilizzata e le risorse umane di una organizzazione e l’ambiente entro cui essa opera sono stabili, allora le cose possono andare bene anche con la

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presenza di un leader transazionale, dunque con un leader “who simply promise and deliver rewards to employees for carrying out assignments” (Bass, 2007 : 316). Ma nel caso contrario, ovvero con un ambiente turbolento, quando i prodotti dell’azienda nascono, vivono e muoiono nel giro di pochi anni e quando la sua tecnologia probabilmente presto sarà superata, si rende necessaria la presenza di una leadership trasformazionale, capace di soddisfare le nuove richieste e di far fronte ai cambiamenti.

A mio avviso, questo tipo di leadership risulta interessante in quanto pone l’attenzione a quello che è il rapporto tra leader e i propri collaboratori; rientra, infatti, in quello che prende il nome di

approccio relazionale: il processo di leadership è un qualcosa di dinamico che nasce, cresce e si

sviluppa proprio grazie alla relazione che si crea tra gli attori in gioco. Studiare la leadership implica necessariamente studiare le relazioni tra le persone, in termini di apprezzamento, interazione, motivazione. Abbiamo visto, infatti, come la leadership possa essere concepita come un processo attraverso cui un individuo influenza, motiva e rende possibile la realizzazione dell’obiettivo del gruppo e di conseguenza il successo dell’organizzazione (Bodega, 2002). L’intento di concludere il capitolo primo con la descrizione di tale visione è nato proprio dal fatto che successivamente si andranno ad esaminare quelle che sono i potenziali comportamenti e le relazioni tra gli attori di una organizzazione.