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PROFILI TIPOLOGICI E STRUTTURALI

3. Dinamiche ermeneutiche nella giurisprudenza sovranazionale

3.5. Caso Ferreira Santos Pardal c. Portogallo

Con il caso Ferreira Santos Pardal c. Portogallo del 2015 192, la Corte EDU ha affrontato, invece, il problema della prevedibilità nel caso in cui i contrasti interpretativi siano interni alla Corte nazionale di ultimo grado. Anche se relativa all’applicazione di una norma di diritto civile, la sentenza ha contribuito a chiarire la portata del prin-cipio europeo di “certezza” del diritto, riconoscendo la violazione del-la garanzia nel caso di perduranti contrasti giurisprudenziali interni alla medesima Corte, soprattutto se di ultima istanza.

La vicenda traeva origine dalla sentenza di rigetto, nella causa in-tentata a fini risarcitori contro la propria società assicuratrice nel 1998 dal cittadino portoghese J.L. Ferreira Santos Pardal, a seguito dei danni riportati in un incidente stradale di cui era stato vittima. La sentenza era stata pronunciata dalla Suprema Corte portoghese in forza di un’interpretazione della direttiva 90/232/EEC, nonostante nello stesso periodo di tempo fossero state pronunciate da parte del medesimo organo giurisdizionale sentenze di segno opposto. A segui-to di tale pronuncia, il ricorrente ha intentasegui-to una causa contro lo Stato portoghese (poi respinta), chiedendo il risarcimento del danno da errore giudiziario circa l’interpretazione della Direttiva.

Adita la Corte EDU, si giungeva alla pronuncia della sentenza Pardal, con la quale la Corte ha ritenuto integrata la violazione del principio di cui all’art. 6 CEDU, a causa dell’assenza di rimedi interni per far valere la responsabilità dello Stato in caso di incertezza del diritto per contrasti giurisprudenziale (nel caso di specie, la Corte eu-ropea aveva accertato l’inesperibilità del rimedio del c.d. ricorso straordinario). Pur ammettendo, in linea di massima, che i contrasti giurisprudenziali possono rappresentare una conseguenza fisiologica di ogni sistema articolato in più gradi di giudizio, la Corte ha

ritenu-192 Corte EDU, sez. I, 30.7.2015, Ferreira Santos Pardal c. Portogallo, ric. n.

30123/10, in hudoc.echr.coe.int.

to che l’esistenza di precedenti contraddittori all’interno del medesi-mo organo di ultima istanza conducesse a risultati imprevedibili, pri-vando i consociati della protezione effettiva dei loro diritti. Ferma re-stando l’autonomia del giudice nazionale rispetto all’interpretazione del diritto interno, non sarebbero quindi tollerabili, in virtù del prin-cipio di certezza, interpretazioni divergenti all’interno dello stesso organo cui è attribuito il compito di assicurare l’uniformità interpre-tativa. In questo senso, sarebbe contraria al diritto di accesso alla giustizia sancito dall’art. 6 CEDU la possibilità di rimettere in discus-sione le decisioni dell’autorità giudiziaria di ultima istanza 193, dando luogo ad indirizzi giurisprudenziali contrastanti.

Nel caso di contrasti interpretativi riguardanti gradi giurisdizionali diversi, la Grande Camera, con la precedente sentenza Nejdet Şahin e Perihan Şahin c. Turchia del 2011 194, aveva, invece, escluso la violazio-ne dell’art. 6 CEDU, rilevando che un semplice conflitto fra decisioni di organi di grado diverso non è sufficiente a determinare una situazione di instabilità tale da compromettere il principio di certezza del diritto.

Riconoscendo l’importanza del contributo ermeneutico al fine di assi-curare la “concretizzazione” del diritto, sulla base di un approccio evo-lutivo, la stessa Corte EDU ha, infatti, sempre ritenuto ammissibile il formarsi per brevi periodi di tempo di contrasti giurisprudenziali tra le Corti non di ultima istanza. Se ne può dedurre che, nella prospettiva sovranazionale, alla garanzia di “certezza” del diritto non corrisponde uno speculare diritto alla “coerenza” giurisprudenziale ed all’unifor-mità applicativa; anzi, si potrebbe dire che la realizzazione dell’obbiet-tivo della certezza implichi – sia pur per brevi periodi – una fisiologica e tollerabile “incoerenza” applicativa, almeno fin tanto che tale situa-zione di instabilità non si cronicizzi a tal punto (come nel caso Pardal, caratterizzato da perduranti contrasti interni alla Corte di ultima istanza) da rendere “imprevedibile” l’applicazione del diritto.

3.6. Caso E.K. c. Turchia

In occasione della pronuncia E.K. c. Turchia del 2002 195, la Corte EDU ha riconosciuto il diritto alla prevedibilità della pena come

193 Tale principio era stato già affermato nel precedente Corte EDU, 18.1.2012, Penias et Ortmair c. Austria, in hudoc.echr.coe.int.

194 Corte EDU, Grande Camera, 20.10.2011, Nejdet Şahin e Perihan Şahin c.

Turchia, ric. n. 13279/05, in hudoc.echr.coe.int.

195 Corte EDU, 7.2.2002, E.K. c. Turchia, ric. n. 28496/1995, in hudoc.echr.

principio fondamentale e autonomo rispetto a quello della prevedibi-lità del precetto. Nel principio di legaprevedibi-lità europea, è, così, emersa la garanzia della certezza della pena, nitidamente distinta rispetto a quella del precetto.

Nel caso di specie, la casa editrice di un libro sull’identità del po-polo curdo era stata condannata ad una pena detentiva, congiunta ad una pena pecuniaria, in riferimento al reato di “propaganda contro l’unità indivisibile della nazione turca”. In particolare, era stato ap-plicato l’aumento di pena previsto, esclusivamente per i capo-redattori di pubblicazioni periodiche, dalla seconda parte dell’art. 8, 2° co., l. 12.4.1991, n. 3713.

La ricorrente aveva adito la Corte EDU, lamentando di aver ingiu-stamente subito l’applicazione dell’aumento di pena riservato ai ca-po-redattori di pubblicazioni periodiche, in forza di un’interpreta-zione analogica in malam partem. Nella sentenza europea, è stata di-chiarata la violazione dell’art. 7 CEDU: la Corte ha ritenuto prevedi-bile la condanna, ma non l’applicazione della pena detentiva, frutto di un’imprevedibile interpretazione analogica.

coe.int. Nello stesso senso, v. anche il precedente Corte EDU, 8.7.1999, Baskaya e Oçkuoglu c. Turchia, ric. nn. 23536/94 e 24408/94, in hudoc.echr.coe.int. Il caso riguardava il reato di “propaganda contro l’unità indivisibile della nazione turca”

per cui erano stati condannati, a seguito della pubblicazione di un libro critico nei confronti dell’ideologia ufficiale dello Stato turco, sia l’autore del libro che il proprietario della casa editrice. Nel ricorso alla Corte EDU, mentre il primo la-mentava l’indeterminatezza delle espressioni quali «propaganda contro l’integrità territoriale dello Stato della Repubblica turca e l’unità indivisibile della nazione»; il secondo invece lamentava l’ingiusta applicazione della pena detentiva, nonostante la norma incriminatrice prevedesse per gli editori di pubblicazioni periodiche so-lo una pena pecuniaria. Per ciò che attiene alla prima doglianza, dopo aver riba-dito la difficoltà di elaborare leggi di una precisione assoluta e la necessità di im-piegare espressioni ampie in modo da consentire agli organi giurisdizionali inter-ni di contribuire alla specificazione ed all’evoluzione del diritto penale, la Corte europea ha ritenuto il delitto di propaganda redatto in termini sufficientemente precisi, tali da soddisfare il criterio di prevedibilità di cui all’art. 7 CEDU. Nono-stante oggi, come abbiamo visto, la Corte EDU ritenga il principio di determina-tezza astratta un criterio non sufficiente a giustificare l’addebito in assenza di una giurisprudenza uniforme, all’epoca invece – sulla base dell’impostazione più tra-dizionale – faceva ancora riferimento alla determinatezza della formulazione te-stuale, senza appigliarsi ad argomentazioni ulteriori quali l’esistenza di una giuri-sprudenza interna consolidata, la rilevanza dello status professionale del reo o la coerenza con la sostanza dell’illecito. Per quanto riguarda la doglianza del secon-do ricorrente, invece, la Corte EDU ha dichiarato la violazione dell’art. 7 CEDU per l’imprevedibilità del trattamento sanzionatorio concretamente applicato. V. in commento alla sentenza A. GUIDI, Art. 7 Cedu e interpretazione ragionevole nella giurisprudenza di Strasburgo, in Cass. pen., 2013, 12, 4720B ss.

Il diritto alla prevedibilità dell’intero trattamento sanzionatorio (e non solo del quantum di pena) è stato successivamente confermato:

anche se nell’ambito di un mutamento legislativo e non di un overru-ling giurisprudenziale, nel caso Kafkaris c. Cipro del 2008 196, è stato es-pressamente riconosciuto – sulla base della legalità europea – il diritto alla prevedibilità di tutte le norme inerenti al trattamento sanzionato-rio, ossia di quelle norme che disciplinano non solo l’applicazione della pena principale, ma anche delle sanzioni accessorie, sostitutive, alter-native ecc., ovvero che regolano il trattamento sanzionatorio in sede esecutiva (prevedendo liberazioni anticipate o altri benefici penitenzia-ri). Nel caso specifico, in particolare, si è trattato della disposizione che disciplina il beneficio della liberazione condizionale, disposizione vi-gente al momento della commissione del fatto, ma abrogata da una legge successiva, in base alla quale si escludeva la concessione di tale beneficio per i soggetti condannati alla pena dell’ergastolo.

Il diritto alla prevedibilità si estende, altresì, alle misure di pre-venzione, come chiarito nel caso De Tommaso c. Italia 197. Nello spe-cifico, nell’ambito delle misure di prevenzione personali di cui alla l.

27.12.1956, n. 1423, la Corte EDU ha ritenuto che – nonostante i ten-tativi di chiarimento ad opera della Corte costituzionale e della Cas-sazione – l’applicazione al ricorrente di misure di prevenzione non fosse sufficientemente prevedibile (§ 124), data la genericità del con-cetto di c.d. “pericolosità generica” nonché delle prescrizioni del “vi-vere onestamente”, di “rispettare le leggi” e di “non dare ragione al-cuna a sospetti”.

La garanzia in esame concerne, dunque, non solo la pena, ma an-che l’applicazione delle misure preventive.