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PROFILI TIPOLOGICI E STRUTTURALI

3. Dinamiche ermeneutiche nella giurisprudenza sovranazionale

3.8. Caso Navalnyy c. Russia

Nel caso Navalnyy c. Russia 204 del 2017, la Corte EDU è tornata ad affermare l’importanza del criterio valoriale della conformità del tipo criminoso quale parametro essenziale per valutare la prevedibili-tà del risultato ermeneutico.

La vicenda traeva origine dalla condanna dei fratelli Navalnyy per i reati di truffa contrattuale e di riciclaggio. Nel caso di specie, sfruttando le informazioni privilegiate di cui disponeva in qualità di direttore del “Main Centre for Long Distance Mail”, Oleg Navalnyy costituiva una società “fantoccio”, c.d. “GPA”, controllata da un’ul-teriore società di famiglia, al fine di poter stipulare dei contratti di fornitura con alcuni clienti (le società Yves Rocher Vostok e MPK).

Attraverso tale operazione, i fratelli incassavano il corrispettivo de-rivante dal contratto di fornitura, per poi subappaltare – ai fini

204 C. EDU, sez. III, sent. 17.10.2017, Navalnyye c. Russia, ric. n. 101/15, in www.penalecontemporaneo.it, con nota di S. BERNARDI, Una nuova pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di imprevedibilità della con-danna penale: il caso Navalnyye c. Russia, 16.1.2018.

dell’adempimento – i servizi ad altre società specializzate, che pa-gavano a prezzo inferiore, realizzando così un profitto di oltre 430.000 Euro. Nonostante l’art. 159.4 del codice penale russo, in tema di frode contrattuale, includa alcuni requisiti – nel caso di spe-cie insussistenti – come l’inadempimento di un’obbligazione con-trattuale, l’illiceità della condotta e la realizzazione di un danno patrimoniale, i giudici nazionali dichiaravano integrato il reato. I ricorrenti adivano la Corte europea, lamentando, tra l’altro, la vio-lazione dell’art. 7 CEDU perché la condanna era frutto di una nuo-va interpretazione giurisprudenziale, in contrasto con il dato lette-rale ed in assenza di precedenti. La Corte accoglieva il ricorso.

Non si può sottacere la connotazione “politica” della decisione europea. Infatti, essendo uno dei due fratelli, Aleksey Navalnyy, il leader del principale partito d’opposizione, nell’opinione pubblica in-ternazionale è sorto il sospetto che la condanna da parte dei giudici russi avesse il solo scopo di ostacolarne l’attività politica. Ebbene, sotto il profilo dell’elaborazione europea in tema di prevedibilità, la sentenza Navalnyy si pone in linea di continuità con i precedenti inse-gnamenti. Il principio di legalità assicura l’accessibilità e la prevedibili-tà della legge, da intendersi non solo come chiarezza del dato testuale, ma anche come della sua interpretazione, così equiparando – quanto alle garanzie – il formante giurisprudenziale a quello legislativo.

Il contrasto con il dato letterale della disposizione determina l’im-prevedibilità della condanna. Se la previsione incriminatrice (l’art.

154 del codice penale russo) prescrive – tra i vari requisiti – l’ina-dempimento contrattuale, è illegittima la condanna che si basi su di un’interpretazione che prescinda dall’accertamento di tale requi-sito.

La Corte europea ha, altresì, accertato l’imprevedibilità del risulta-to ermeneutico sotrisulta-to il profilo della non conformità con il contenurisulta-to di disvalore del tipo criminoso. Come già chiarito nel caso S.W. e C.

R. c. Regno Unito, l’imprevedibilità del risultato ermeneutico non dipende solo dall’aderenza o meno al dato testuale, ma anche dalla coerenza con la sostanza dell’incriminazione, secondo una valuta-zione contenutistica-valoriale correlata al piano dell’offensività. Il fatto che i ricorrenti avessero concluso un contratto vantaggioso, conseguendo un «personal gain» 205 ricorrendo a pratiche negoziali

205 C. EDU, sez. III, sent. 17.10.2017, Navalnyye c. Russia, ric. n. 101/15, in www.penalecontemporaneo.it, § 66: chiarisce, infatti, la Corte che la «GPA was set up for profit-making purposes and the applicants thus pursued the same goal as any other founder of a commercial entity».

lecite e sfruttandone le potenzialità, non permetterebbe in alcun modo di equiparare tale pratica all’ipotesi in cui i contraenti con-seguano il medesimo risultato attraverso condotte illecite. Per que-sto motivo, l’interpretazione in malam partem dell’autorità giudi-ziaria russa non rappresenta un «development consistent with the essence of the offence» 206. La Corte ha dichiarato così la violazione dell’art. 7 CEDU, prescindendo dalla verifica dell’eventuale sussi-stenza di precedenti conformi – questione che non è stata nemme-no accennata nella sentenza, ritenendosi probabilmente assorbita dagli altri rilievi.

3.9. Sintesi

In sintesi, la “legalità europea” elaborata dalle Corti sovranaziona-li è improntata alla tutela della prevedibisovranaziona-lità: si tende a valorizzare soprattutto l’aspetto personalistico della libertà di autodeterminazio-ne, piuttosto che la dimensione democratica della riserva di legge come garanzia di giustizia: come rilevato in dottrina, «ciò che davvero importa è che il cittadino sia posto in condizioni di calcolare in antici-po il concreto rischio penale, a tutela della certezza di libere scelte d’azione: non è, invece, necessario che i presupposti contenutistici della responsabilità penale vengano deliberati mediante un atto normativo espressione della volontà popolare» 207.

Anche se si riconosce che solo la “legge” penale può definire un reato e prescrivere una pena 208, occorre ricordare che nel concetto sovranazionale di “law” non rientra solo la fonte scritta, ma anche quella di matrice giurisprudenziale. Nella prospettiva europea, dun-que, il divieto di analogia in sé non costituirebbe un limite.

206 C. EDU, sez. III, sent. 17.10.2017, Navalnyye c. Russia, cit.

207 G. FIANDACA, Legalità penale e democrazia, in Quad. fior., 2007, 36, II, 1274.

208 Il principio per cui solo la “legge penale” può definire un reato e prescrivere una pena risale al precedente Corte EDU, 25.5.1993, Kokkinakis c. Grecia, ric.

n.14307/88, in www.hudoc.echr.coe.int, con cui la Corte EDU ha chiarito appunto che, in base all’art. 7 CEDU, «only the law can define a crime and prescribe a penal-ty (nullum crimen, nulla poena sine lege)». La Corte EDU precisava inoltre che, da tale presupposto, discende il corollario del divieto di analogia in materia penale, chiarendo che «the criminal law must not be extensively construed to an accused’s detriment, for instance by analogy». Il divieto di analogia cui fa riferimento la Cor-te deve però essere inCor-teso non secondo il paradigma della legalità italiana, ma se-condo quello della legalità europea, e cioè come divieto di discostarsi dal diritto vivente.

Il ridimensionamento del divieto di analogia non significa assenza di limiti. Come è stato osservato, il principio della legalità europea postula pur sempre l’obbligo, gravante sui giudici comuni, di rispet-tare almeno il c.d. «contenuto essenziale dell’incriminazione» 209, inte-so come contenuto di disvalore del tipo criminointe-so. Al fine di assicu-rare la conoscibilità del precetto, il limite al contributo “creativo” del-la giurisprudenza sembra consistere neldel-la corrispondenza al “tipo”

criminoso sostanziale, in quanto reale portatore del contenuto di di-svalore selezionato dall’ordinamento e delle relative esigenze di tute-la. Il confine tra attività interpretativa consentita e vietata si dovreb-be collocare non già sul piano formale del rispetto del dato linguisti-co, ma su quello sostanziale del contenuto di disvalore dell’illecito, in quanto più rispettoso della garanzia di autodeterminazione. L’unica preclusione sembrerebbe riguardare le interpretazioni – estensive o analogiche – che appaiano ex ante imprevedibili, alla luce della prassi applicativa, dato il loro contrasto con il contenuto essenziale dell’in-criminazione.

La prospettiva europea segna così un punto di rottura rispetto all’impostazione del nostro ordinamento, postulando il ricorso a pa-rametri interpretativi – quali, appunto, la conformità al disvalore dell’illecito – estranei alla tradizione dell’ermeneutica penalistica.