PROFILI TIPOLOGICI E STRUTTURALI
2. Dinamiche ermeneutiche nella giurisprudenza interna
2.3. Le oscillazioni interpretative incidenti su di una norma extra- extra-penale integrativa
2.3.3. L’esperienza applicativa in materia di reati sessuali
Ulteriori e significativi problemi interpretativi sono sorti in rela-zione ad elementi integrativi delle fattispecie di reati sessuali. La giu-risprudenza ha, infatti, progressivamente esteso l’ambito di applica-zione delle fattispecie, con effetti in malam partem. I problemi sono sorti in particolar modo nel corso dei vent’anni successivi all’introdu-zione degli artt. 609-bis ss. c.p., tramite la l. 15.2.1996, n. 66, con la quale il legislatore ha ritenuto più opportuno collocare i delitti ses-suali nell’ambito dei delitti contro la persona e, più segnatamente, contro la «libertà personale» 163.
161 Cass., S.U., 29.9.2011, n. 155, Rossi, in Cass. pen., 2012, 2410.
162 V. Cass., sez. II, 27.10.2015, n. 46096, in Cass. pen., 2016, 6, 2429; Cass., sez. VI, 24.6.2014, n. 37373, in www.dejure.it; Cass., sez. VI, 2.4.2015, n. 27816, in CED Cass. pen., 2015.
163 In occasione della riforma, la dottrina aveva evidenziato il doveroso
ade-Com’è noto, mentre prima della riforma, erano previsti due auto-nomi titoli di reato rispettivamente per la «violenza carnale» (art. 519 c.p.) e gli «atti di libidine violenti» (art. 521 c.p.), il legislatore del 1996 ha unificato le condotte sotto l’unica previsione della «violenza sessuale» di cui all’art. 609-bis c.p., con conseguente equiparazione del trattamento quoad poenam. Nella descrizione della fattispecie, ha però destato non poche perplessità – tanto da richiedere anche l’in-tervento della Corte costituzionale 164 – la scelta del legislatore di fare ricorso alla generica nozione di «atto sessuale», piuttosto che ai con-solidati concetti di «congiunzione carnale» e di «atti di libidine». Il primo problema che si è posto, subito dopo l’entrata in vigore della riforma, ha riguardato la decifrazione del concetto di «atto sessuale»:
si trattava di verificare se tale nozione coincidesse, anche solo par-zialmente, con le condotte precedentemente ricomprese nei due titoli autonomi di reato. In assenza di indicazioni espresse nella fattispecie incriminatrice, erano sorti dubbi in ordine ai presupposti necessari affinché un atto possa in effetti dirsi “sessuale”, soprattutto nei casi
“di confine”, in cui, pur senza congiunzione carnale, la condotta è comunque idonea ad assumere una connotazione sessuale (struscia-menti, abbracci, baci, ecc.).
Secondo una prima impostazione dottrinale “soggettivo-finali-stica” 165, la nozione di “atto sessuale” coinciderebbe con ogni condot-ta avente un significato “erotico” per l’agente e sarebbe, quindi, ido-nea a ricomprendere anche gli atti di libidine, nel caso in cui que-st’ultimi vengano compiuti con finalità di soddisfacimento sessuale.
Soprattutto nei primi anni successivi alla riforma, anche un indirizzo giurisprudenziale 166, oggi definitivamente superato, ha aderito alla
guamento culturale nella tutela della libertà sessuale: v. F. ROMANO, La violenza sessuale, luci ed ombre nella normativa vigente e nelle prospettive di riforma, in Giur. merito, 1991, IV, 436 ss.
164 Corte cost., ord. 17.7.2000, n. 295, in www.dejure.it. Con la pronuncia, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in relazione alla generica locu-zione «atti sessuali» di cui all’art. 609-bis c.p. Successivamente, v. anche Corte cost., sent. 22.6.2005, n. 325, in www.dejure.it, secondo cui gli atti sessuali «ab-bracciano ora una gamma assai vasta di comportamenti, caratterizzati dall’idoneità a incidere comunque sulle facoltà della persona offesa di autodeterminarsi libera-mente nella propria sfera sessuale».
165 V. F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte speciale, vol. I, Milano, 2016, 223 ss.; P. PISA, Delitti contro la persona. Le nuove norme contro la violenza sessuale – Il commento, in Dir. pen. proc., 1996, 285 ss.; A. NAPPI, Commento alle nuove norme contro la violenza sessuale, in Gazz. giur., 1996, 8, 3 ss.
166 Come pronuncia “capostipite” di tale filone giurisprudenziale, v. Cass., sez.
III, ord. 11.11.1996, Rotella, in Ind. pen., 1996, 199 ss., secondo cui nella
defini-teoria “soggettivo-finalistica”, dando rilevanza alle finalità perseguite dall’agente al momento della commissione dell’atto.
A fronte degli eccessivi margini di discrezionalità della concezione soggettivistica, oltre che della difficoltà di poter compiere un reale accertamento sulle intenzioni e sulle motivazioni interiori dell’agen-te, parte della dottrina 167 ha sottolineato l’esigenza di rintracciare una soglia minima di rilevanza degli atti sessuali, comune a tutte le fattispecie. Si è, così, diffuso, un secondo indirizzo in base al quale la condotta ex art. 609-bis c.p. ricomprenderebbe solo gli atti che, in vir-tù di un criterio “oggettivo-anatomico”, siano idonei a porre in peri-colo la libera autodeterminazione della sfera sessuale della vittima.
Ne discende la limitazione della nozione di atti sessuali ai compor-tamenti in grado di assumere un oggettivo ed univoco significato ses-suale, in quanto rivolti a zone del corpo ritenute “erogene” dalla scienza medica, psicologica ed antropologica e sociologica. In tal senso, anche in giurisprudenza 168 – almeno fino agli inizi degli anni
zione di “atto sessuale” sono ricompresi i comportamenti che, nell’ambito di un rapporto fisico interpersonale, sono diretti al soddisfacimento all’istinto sessuale (nel caso concreto, comunque, si trattava di un atto che aveva coinvolto diretta-mente le zone genitali). V., anche Cass., sez. III, 15.11.1996, Coro, in Guida dir., 1997, 8, 76 ss., secondo cui l’atto è sessuale se diretto all’appagamento del deside-rio sessuale dell’agente. Per tal via, in un altro caso, la Cassazione ha addirittura ritenuto integrato il reato nel caso del c.d. “bacio aberrante”, del bacio cioè diret-to alla bocca, ma – per scostamendiret-to della persona offesa, ricevudiret-to sulla guancia:
Cass., sez. III, 27.4.1998, n. 6651, Di Francia, in Foro it., 1998, II, 510. Tale orien-tamento in giurisprudenza è ormai definitivamente superato, come risulta, ad es., da Cass., sez. III, 8.6.2006, in www.cittadinolex.kataweb.it, ove si afferma che non assumono rilievo la finalità dell’agente, non potendo qualificarsi come sessuali gli atti che, pur essendo espressione di concupiscenza sessuale, non siano idonei ad intaccare la sfera della sessualità della vittima.
167 In dottrina, a favore della teoria “oggettivo-anatomica”, v. A. CADOPPI, Com-mento art. 609-bis c.p., in Commentario delle norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, a cura di A. Cadoppi, Padova, 2006, 458 ss.; del medesimo av-viso, S.R. PALUMBIERI, Violenza sessuale, in A. CADOPPI-S. CANESTRARI-M. PAPA, I reati contro la persona, vol. III, Torino, 2006, 36 ss.; nonché G. BALBI, voce Violen-za sessuale, in Enc. giur. Treccani, vol. VII, 1999, 6, il quale però manifesta scetti-cismo rispetto alla possibilità di predeterminare l’area degli atti sessuali.
168 In adesione alla teoria “oggettiva-anatomica”, ex multis, Cass., sez. III, 11.10.1995, n. 11318, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1997, 3, 962 ss., secondo cui il semplice bacio (non coinvolgendo zone erogene) non costituisce atto sessuale. V.
anche Cass., sez. III, 11.10.1995, De Logu, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1997, 962 ss., con ivi nota di S. TABARELLI DE FATIS, Sulla rilevanza penale del “bacio” come atto di libidine prima e dopo la riforma dei reati sessuali. Nello stesso senso, anche se non in riferimento alla condotta del bacio, v. Cass., sez. III, 27.1.2000, Colafem-mina, in Riv. pen., 2000, 470; Cass., sez. III, 30.3.2000, Delle Donne, in Giust.
Duemila – si è diffuso il convincimento che la nozione di atti sessuali debba essere limitata solo ai contatti che implicano un coinvolgimen-to delle zone erogene, ancorché fugaci ed estemporanei.
In verità, l’applicazione del criterio “oggettivo-anatomico” portava, in alcuni casi, ad escludere la rilevanza penale di quelle condotte che, per quanto non dirette a zone erogene, sono comunque idonee a compromettere il bene giuridico della libertà sessuale.
Sulla scorta di tali osservazioni, si è quindi diffuso in dottrina 169 un terzo orientamento interpretativo c.d. “contestuale”, in base al quale l’individuazione del significato sessuale dell’atto non potrebbe prescindere dalla complessiva valutazione della dinamica del caso concreto. Indipendentemente dalla finalità sessuale del reo, che po-trebbe anche mancare come ad es. nei casi di violenza per vendetta o sadismo, e dalla zona del corpo coinvolto, l’atto assumerebbe natura
“sessuale” quando vi sia una “manifestazione esterna” (äußeres Er-scheinigungsbild) della sua attinenza alla dimensione sessuale (Se-xualbezogenheit) 170. La natura dell’atto dovrebbe essere valutata se-condo il suo significato “sociale”, avuto riguardo al contesto in cui l’azione si svolge, ai rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte e ad ogni altro elemento eventualmente sintomatico di una compro-missione della libertà sessuale, oggettivamente e socialmente perce-pibile. In tal modo, si assicurerebbe la rilevanza di tutti quegli atti (come, ad es. il bacio) che, per quanto non direttamente indirizzati a zone erogene, in concreto – in considerazione delle specifiche circo-stanze contestuali – sono comunque idonei a compromettere il bene giuridico della libertà sessuale.
Il dibattito dottrinale ha influenzato anche l’applicazione giuri-sprudenziale, che è stata caratterizzata da oscillazioni, con profili di incertezza che invero permangono a tutt’oggi sulla definizione di “at-to sessuale”. Dopo gli anni di “assestamen“at-to” post-riforma, la giuri-sprudenza ha progressivamente esteso – soprattutto nell’ultimo de-cennio – per via interpretativa la nozione di atti sessuali, per effetto della commistione tra il criterio “oggettivo-anatomico” ed il criterio
pen., 2000, 685 ss.; Cass., sez. III, 4.4.2000, Chiarello, in Guida dir., 2000, 8, 122 ss.; Cass., sez. III, 16.12.2003, Albano, in Guida dir., 2004, 34, 74 ss.
169 La tesi “oggettivo-contestuale” è stata teorizzata in dottrina, tra gli altri, da G. FIANDACA, voce Violenza sessuale, in Enc. dir., vol. IV, Milano, 2000, 1153 ss.;
S. MARUOTTI, Delitti contro la libertà sessuale, in A. MANNA, (a cura di), Reati con-tro la persona, Torino, 2007, 659 ss.
170 Con riferimenti all’elaborazione nella dottrina tedesca, v. M. VIZZARDI, Ba-cio sulle labbra e diritto penale: ancora sulla nozione di atto sessuale, in Cass. pen., 2008, 2, 755 ss.
“contestuale”. La rilevanza penale è stata così estesa anche al com-pimento di atti difficilmente inquadrabili nella fattispecie sulla base di parametri meramente anatomici, ma comunque idonei a ledere la libertà sessuale 171. L’interpretazione estensiva è stata giustificata dal-la giurisprudenza con dal-la necessità di non escludere dal-la punibilità di quelle condotte capaci di assumere un chiaro significato sessuale, al-la luce delle circostanze e dell’eventuale contesto coartante concre-tamente verificatosi.
Un altro problema applicativo ha, poi, riguardato l’interpretazione dei concetti di violenza, minaccia ed abuso di autorità. Seguendo l’esempio di altri ordinamenti dell’Europa continentale e sulla falsa-riga dei principali ordinamenti di common law, il legislatore del 1996 non ha adottato un modello di tipizzazione basato sulla centralità del consenso della vittima, preferendo fondare la tipicità delle aggressio-ni sessuali c.d. costrittive su precise modalità della condotta 172.
La giurisprudenza ha mostrato, invece, una spiccata vocazione
“consensualistica”, attraverso la progressiva esegesi estensiva delle modalità costrittive basata sulla valorizzazione del vulnus alla volon-tà del soggetto passivo. Infatti, soprattutto a partire dagli anni Due-mila, la Cassazione 173 ha ritenuto integrato il requisito della violenza, anche in ipotesi in cui il soggetto passivo, pur dissentendo, non si oppone agli atti sessuali a causa dell’incidenza di fattori ambientali, come lo stato di «prostrazione, angoscia o diminuita resistenza» 174 del-la vittima non determinata da una violenza o da una minaccia in
at-171 V. Cass., sez. III, 26.11.2014, n. 964, in www.italgiure.giustizia.it, relativa al caso di un medico che aveva baciato sulla bocca un’operatrice sanitaria. «Non essendo possibile classificare aprioristicamente» gli atti come sessuali, occorre te-ner conto «del contesto in cui l’azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte ed ogni altro elemento eventualmente sintomatico di una indebita compromissione della libera determinazione della sessualità del soggetto passivo».
V., nello stesso senso, anche Cass., sez. III, 12.2.2014, n. 10248, in Guida dir., 2014, 16, 94, in cui, per lo specifico contesto, è stata riconosciuta la natura di atto sessuale dell’abbraccio.
172 Cfr. sul punto, l’analisi di C. PAVARANI, Il mero dissenso della vittima nella violenza sessuale: profili di diritto italiano e anglosassone, in Ind. pen., II, 2002, 771 ss.
173 V. Cass., 11.7.2006, n. 35242, sez. III, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 4, 1492 ss., con ivi nota di F. MACRÌ, Costrizione ‘ambientale’ agli atti sessuali: la tutela del dissenso tra legalità ed esigenze repressive in un raffronto tra codice penale italiano e STGB tedesco. V. anche Cass., sez. III, 25.9.1999, Lorè, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, 967 ss., secondo cui ricorrerebbe un’ipotesi di costrizione ambientale anche nell’ipotesi in cui la vittima ceda per una forma di soggezione psicologica.
174 Cass., sez. III, 20.5.2015, n. 21452, in www.italgiure.giustizia.it.
to, ma da altre cause, quali la consapevolezza di passate minacce o violenze particolarmente incisive, e/o la condotta aggressiva e preva-ricatrice dell’agente. (c.d. costrizione ambientale). Con un’operazione interpretativa che tende a trasmodare nell’analogia in malam partem, la costrizione ambientale – qualificabile al più come “minaccia puta-tiva”, cioè presente solo soggettivamente nella mente della vittima, in mancanza di un’esplicita ed attuale prospettazione di un male ingiu-sto – è diventata così un’ulteriore modalità della condotta nel reato (a forma vincolata) di violenza sessuale.
Inoltre, anche riguardo alle altre ipotesi di violenza costrittiva, la giurisprudenza ha ampliato progressivamente l’ambito applicativo:
così, ad esempio, sempre a partire dagli anni Duemila, si è ritenuto integrato l’elemento dell’“abuso di autorità” a prescindere dalla natu-ra pubblica del potere autoritativo esercitato dall’agente 175. La terza sezione della Cassazione ha infatti ritenuto, in contrasto con quanto statuito dalle Sezioni Unite con una pronuncia del 2000 176, che l’abuso di autorità ex art. 609-bis c.p. ricomprenda non solo le posi-zioni autoritative di tipo pubblicistico, ma anche ogni potere di su-premazia di natura privata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali. Anche in relazio-ne all’ulteriore modalità della condotta dell’abuso di inferiorità fisica si è registrata la tendenza – in atto già da alcuni anni – a rafforzare la tutela dei soggetti più deboli, svincolando il concetto di inferiorità psichica dalla sussistenza di patologie psichiche accertate 177. Pur
po-175 V. Cass., sez. III, 10.4.2013, n. 37135, in www.dejure.it, per cui «vi è abuso di autorità se l’imputato (…) si è oggettivamente avvalso nei confronti delle parti offese della sua posizione apicale nel gruppo che si era costituito attorno alla sua attività di istruttore d’arti marziali»; Cass., sez. III, 27.3.2014, n. 36704, in www.dejure.it, secondo cui l’abuso di autorità «ricomprende non solo le posizioni autoritative di tipo pubblicistico, ma anche ogni potere di supremazia di natura pri-vata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali». Contra, tuttavia, per il perdurare del contrasto interpretativo v.
Cass., sez. III, 24.3.2015, n. 16107, in Cass. pen., 2015, 12, 4476.
176 Cass., S.U., 31.5.2000, n. 13, in Cass. pen., 2001, 427, secondo cui l’abuso di autorità di cui all’art. 609-bis c.p. presuppone nell’agente una posizione autorita-tiva di tipo formale e pubblicistico.
177 V. Cass., sez. III, 9.2.2015, n. 5728, in www.italgiure.giustizia.it: il caso di spe-cie riguardava due sorelle affette da ritardi mentali non gravissimi. La Cassazione ha confermato le condanne, ponendo in primo piano le esigenze di tutela delle vit-time e rifiutando una ricostruzione “meramente clinica” del concetto di “condizioni di inferiorità fisica o psichica”. Tale interpretazione si pone in linea di continuità la precedente sentenza Cass., sez. III, 13.3.2013, n. 36896, in www.dejure.it, secondo cui l’abuso consiste nell’«approfittamento delle condizioni di menomazione della
per-tendosi condividere la ratio del mutamento e le ragioni a tutela della vittima, tale indirizzo ha ecceduto i limiti dell’interpretazione esten-siva, inserendosi nel filone della “giurisprudenza creativa”, con cui si è “creato” per via interpretativa una nuova fattispecie di violenza ses-suale, consistente nell’uso di artifizi e raggiri volti a carpire fraudo-lentemente il consenso di soggetti in stato di debolezza e/o prostra-zione psicologica (difficilmente qualificabile come “inferiorità psi-chica” in senso clinico).
Infine, si è assistito ad un mutamento interpretativo anche in re-lazione alla locuzione «più persone riunite» nel reato di violenza ses-suale di gruppo di cui all’art. 609-octies c.p., elemento che costituisce peraltro l’unico discrimine rispetto al concorso di persone nella vio-lenza sessuale di cui all’art. 609-bis c.p. A livello di prassi giurispru-denziale, tale locuzione ha dato luogo ad incertezze ricostruttive 178, in quanto il concetto di “luogo” è caratterizzato di per sé da una certa elasticità. Sul punto, specie negli ultimi anni, la giurisprudenza di le-gittimità 179 ha palesato una tendenza “estensiva”, applicando l’art.
609-octies c.p. anche a casi in cui le più persone non fossero mate-rialmente presenti nello stesso luogo.