IL MODELLO POLICENTRICO
1. La legalità nelle tradizioni comuni
1.1. I criteri di integrazione
La “costruzione” di una democrazia costituzionale stabile, nel se-condo dopoguerra, non è stato un fenomeno circoscritto all’Italia, ma ha riguardato tutta l’Europa. Pur provenendo da sistemi giuridici profondamente diversi, le tradizioni costituzionali rimandano pro-prio al patrimonio di regole che i singoli ordinamenti condividono e che sono esposte ad «una circolazione concettuale fatta di imitazioni reciproche ed ibridazioni» 1. Le tradizioni costituzionali comuni sul
1 V. MANES, Introduzione, cit., 8.
piano della tutela del nullum crimen possono essere richiamate nel processo di integrazione ed armonizzazione 2 sulla base di vari criteri, tra cui il più consolidato è quello del maximum standard, volto ad in-dividuare la disciplina che garantisca la tutela più ampia. Invece, il criterio del minimo comune denominatore consente di individuare – di fronte ad una pluralità di regolamentazioni differenti – quale sia il contenuto minimo che possa ritenersi comune; mentre, secondo il metodo del bilanciamento degli interessi o della comparazione critica, la disciplina più “funzionale” è quella più idonea al raggiungimento degli scopi prefissati.
1.2. L’irretroattività
È discutibile che la tutela dell’irretroattività costituisca un minimo comune denominatore.
Nell’ordinamento scozzese, l’irretroattività può essere violata nel caso di esercizio da parte dell’Alta Corte di Edimburgo del c.d. declaratory power, ossia del potere di punire retroattivamente una «conduct which was not, at the time was committed, subject to a criminal sanction» 3.
In Inghilterra, un passo in avanti verso la tutela dell’irretroat-tività è avvenuto nel 1972 quando la House of Lords, nel celebre ca-so Knuller v. DPP 4, rinnegando quanto statuito nel precedente caso
2 Si pensi al richiamo contenuto nei Considerata della CEDU alla «concezione comune e un comune rispetto dei diritti dell’uomo», oltre che al «patrimonio co-mune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza del di-ritto» ai fini della formulazione dei principi contenuti nella Convenzione. Anche il Trattato di Lisbona ha richiamato le «eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa», stabilendo che l’Unione Europea rispetta i diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario (art. 6, 3 par., del Trattato di Lisbona).
3 S. CHRISTIE, Introduction to Scots Criminal Law, Glasgow, 2003, 6. In gene-rale, l’estensione retroattiva ha per lo più riguardato comportamenti percepiti come eticamente “immorali”: si pensi alla creazione del reato di shameless indecen-cy (“indecenza spudorata”), all’estensione del reato di calunnia ai casi di “wasting the time of the police”, all’introduzione della fattispecie di “breach of the peace”.
4 House of Lords, caso Knuller v. DPP, 1972, citato da S. VINCIGUERRA, Intro-duzione allo studio del diritto penale inglese. I principi, Padova, 1992, 463 ss. e suc-cessivamente ripreso anche da V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale. Logi-che continentali ed ermeneutica europea, Milano, 2012, 160. Nel caso in cui la sen-tenza si applichi a fatti nuovi (new offence) ovvero sia diretta a correggere il «mi-staken approach of a previous court to existing principles» (overrulling), essa non potrebbe operare retroattivamente.
Shaw 5, enunciò la c.d. declaratory theory, in base alla quale i giudici britannici non avrebbero potuto creare o dilatare retroattivamente le incriminazioni («do not make law»), ma si sarebbero dovuti limitare a
“dichiararne” l’applicazione. La teoria dichiarativa è stata criticata 6 in quanto negava tout court la possibilità per la Corte di introdurre nuove fattispecie incriminatrici; possibilità di cui nella pratica non si è mai realmente privata 7. Del resto, nell’ordinamento inglese, il principio d’irretroattività è stato concepito più che come un valore di per sé, co-me uno struco-mento per assicurare la prevedibilità del diritto, il quale a sua volta rimanda all’idea giusnaturalistica secondo la quale la materia penale deriverebbe dalla violazione di norme preesistenti (ancor prima della loro positivizzazione) e che rispecchiebbero le Kulturnormen 8. Ne è conseguito che – nei casi in cui un mutamento interpretativo sfavo-revole fosse comunque prevedibile dai consociati – non si è ritenuto violato il principio di irretroattività. È ciò che è avvenuto in relazione al caso dell’overrulling sfavorevole verificatosi in Inghilterra in relazio-ne al marital rape (lett. “stupro coniugale”) 9, ossia alla violenza sessua-le tra coniugi, con cui si ritenne la precedente giurisprudenza (che ri-conosceva una speciale causa di non punibilità a favore del marito) anacronistica e del tutto superata dal mutamento della coscienza so-ciale.
5 Caso Shaw v. DPP, 1962, in MOLAN, Cases and materials on criminal law, London-New York, 2008, 6.
6 V. J. FINNIS, The FairyTale’s Moral, in Law Quarterly Review, 115, 1999, 170 ss.
7 Si pensi ai reati di conspiracy to corrupt public morals e di stalking.
8 Per tale definizione v. M.E. MAYER, Rechtsnormen und Kulturnormen, Schletter, 1903, nonché, nella dottrina italiana, anche A. CADOPPI, Il ruolo delle Kulturnormen nella “opzione penale” con particolare riferimento agli illeciti econo-mici, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1989, 289 ss.; entrambi richiamati da E. D’IP -POLITO, Kulturnormen ed inevitabilità dell’errore sul divieto: la Corte di cassazione riconosce l’errore determinato da “fattori culturali” come causa di esclusione della colpevolezza, in Cass. pen., 2012, 11, 3711 ss.
9 Invero, come in Inghilterra, anche in Italia si è verificato un overulling inter-pretativo in malam partem, a seguito del quale è stata riconosciuta la rilevanza penale del c.d. marital rape. La svolta interpretativa, in dottrina e giurisprudenza, è avvenuta nel 1976 (non a caso l’anno successivo a quello della riforma del dirit-to di famiglia), grazie alla sentenza Cass. 16.2.1976, n. 12855, Macario, in Riv.
pen., 1977, 281 ss., la quale per la prima volta ritenne che «commette il delitto di violenza carnale il coniuge che costringa con violenza o minaccia l’altro coniuge an-che non separato, a congiunzione carnale». Il mutamento interpretativo fu poi con-fermato da altre conformi pronunce (v., ad esempio, Cass., 13.7.1982, n. 10488, Drudi, CED,n. 155990; Cass., 16.11.1988, n. 11243, Camerini, CED,n. 179754) e dalla dottrina: cfr. G. FIANDACA, Violenza sessuale, in Enc. dir., Milano, 1993, XLVI.
1.3. La determinatezza
Se il principio di irretroattività di per sé non assurge a connotato indefettibile, il principio di determinatezza costituisce una tradizione comune sia agli ordinamenti di common law, sia a quelli di civil law.
Nell’ordinamento inglese, la determinatezza è garantita dal diritto giurisprudenziale, ritenuto qualitativamente superiore rispetto allo statute law, soprattutto nel caso di legislazioni caotiche e mal formu-late. La fonte legislativa è stata criticata dalla dottrina britannica, la quale non ha mancato «di stigmatizzare le recenti tendenze legislative, lamentando che (…) alla consolidata stabilità e chiarezza del common law si è sostituita una prosa legislativa torrentizia, capace solo di pro-durre incertezza ed arbitrio applicativo» 10.
La “qualité de redaction de la loi” ha costituito, invece, uno dei
«cavalli di battaglia» 11 dell’ordinamento francese. È diffuso il convin-cimento che dal principio del nullum crimen discenda «la nécéssité pour le législateur de définir les infractions en termes suffisamment clairs et précis pour exclure l’arbitraire» 12. A differenza dell’atteggia-mento prudenziale dimostrato dalla Corte costituzionale italiana 13, il Conseil constitutionnel, con la sentenza 19.1.1981, n. 127 – c.d. “Sécu-rité-Liberté” – ha esercitato un rigoroso controllo sulla
determinatez-10 F. PALAZZO-M. PAPA, Lezioni di diritto penale comparato, 3a ed., Torino, 2013, 220.
11 S. SANTINI, Diritti umani e materia penale nella giurisprudenza del Conseil Constitutionnel, 31.7.2015, in www.penalecontemporaneo.it, cui si rimanda per un’analisi recente sulla tutela del principio di legalità nel sistema di giustizia co-stituzionale francese.
12 W. BENESSIANO, Légalité pénale et droits fondamentaux, Aix-Marseille, 2011, 171 ss. In Francia, il principio di legalità esprime innanzitutto l’esigenza di assi-curare l’accessibilità e la prevedibilità del precetto e della sanzione; per questo motivo, con il codice del 1994 furono favorite tutta una serie di iniziative – come la divulgazione tramite pubblicazioni economiche – volte ad assicurarne la più ampia diffusione.
13 Per i casi di intervento della Corte costituzionale volti a “sanzionare” la cat-tiva qualità legislacat-tiva per violazioni dell’art. 25 Cost., si pensi alla ben nota sent.
8.6.1981, n. 96, in www.cortecostituzionale.it, che dichiarò l’incostituzionalità del-l’art. 603 c.p. (reato di plagio) per «l’impossibilità di attribuire ad essa un contenu-to oggettivo, coerente e razionale e pertancontenu-to l’assoluta arbitrarietà della sua concreta applicazione». Per un altro caso, v. sent. n. 185/1992, con la quale la Corte costitu-zionale corresse, mediante la tecnica delle sentenze c.d. sostitutive, un «errore ma-teriale di redazione», precisando comunque che l’errore di redazione «costituisce per il cittadino una vera e propria insidia, palesemente idonea ad impedirgli la com-prensione del precetto penale, o, quanto meno, a fuorviarlo».
za, fino a provocare in alcuni casi una riforma legislativa delle norme i cui contorni apparivano troppo incerti 14.
Anche l’ordinamento spagnolo ha mostrato particolare attenzione a tale corollario, soprattutto attraverso il controllo delle leggi penali in bianco, ritenute potenzialmente lesive (non tanto della riserva di legge come in Italia, quanto piuttosto) del requisito di determinatez-za 15.