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PROFILI TIPOLOGICI E STRUTTURALI

2. Dinamiche ermeneutiche nella giurisprudenza interna

2.2. Le oscillazioni interpretative incidenti su di un elemento del fat- fat-to tipico

2.2.5. La punibilità del tentativo nella rapina impropria

In tema di ammissibilità del tentativo nel reato di rapina impro-pria (art. 628, 2° co., c.p.), si è assistito ad una vera e proimpro-pria evolu-zione ad effetti aggravanti in ordine all’interpretaevolu-zione di un elemen-to del fatelemen-to tipico.

Come è noto, la c.d. rapina impropria ricorre allorquando l’agente usi violenza o minaccia non già come mezzo per impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, bensì, «immediata-mente dopo la sottrazione», come mezzo per assicurarsi il possesso della cosa sottratta ovvero per procurare a sé o ad altri l’impunità.

Mentre è pacifica la configurabilità del tentativo di rapina impro-pria nell’ipotesi in cui, realizzata la sottrazione, l’agente tenti di usare violenza o minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso della co-sa sottratta o l’impunità, è più controverco-sa la configurabilità del ten-tativo qualora l’agente adoperi violenza o minaccia senza aver prece-dentemente sottratto la res. In tali casi, l’agente non riesce a portare a compimento il reato di furto, ed immediatamente dopo, adopera la violenza o la minaccia al fine di procurare a sé o ad altri l’impunità.

La giurisprudenza 91 ha inizialmente a ritenuto che anche in tali ipotesi fosse configurabile il tentativo. Nonostante l’art. 628, 2° co., c.p. letteralmente richieda che la violenza o la minaccia avvengano

«dopo la sottrazione» e, quindi, sembri presupporre la consumazione del furto, la giurisprudenza ha ritenuto integrato il tentativo di rapi-na impropria anche nel caso in cui la violenza o la mirapi-naccia vengano poste in essere per assicurarsi l’impunità e non l’impossessamento. Il motivo di tale overulling è da ricercarsi nella necessità di adattare la disposizione legislativa all’accresciuta sensibilità sociale verso la

tute-91 Ex multis, v. Cass., sez. II, 13.1.2011, n. 6479, in www.dejure.it; Cass., sez.

VI, 29.4.2009, n. 25100, in www.dejure.it; Cass., sez. V, 13.4.2007, n. 32551, in Riv.

pen., 2007, 12, 1209. Più risalente, v. Cass., sez. I, 6.2.1979, in Giust. pen., 1979, 696, II, secondo cui «sussiste tentativo di rapina impropria quando il reo abbia po-sto in essere la violenza o la minaccia per assicurarsi l’impunità dopo il compimen-to di atti esecutivi diretti alla commissione del furcompimen-to, arrestatisi “in itinere” per cau-se estranee alla sua volontà»; nello stesso cau-senso Cass., cau-sez. I, 23.11.1976, in Cass.

pen., 1978, 1339.

la del bene giuridico dell’incolumità individuale: pur non essendosi consumato il reato contro il patrimonio, il nesso di contiguità tempo-rale tra tentativo di furto ed il reato di violenza privata giustifiche-rebbe – secondo la giurisprudenza – l’inquadramento giuridico più afflittivo. Si è, quindi, registrato un mutamento con effetti “modifica-tivi” in malam partem, in quanto, prima della diffusione dell’indirizzo ermeneutico, tali fatti erano puniti sulla base di un diverso – e più fa-vorevole – inquadramento normativo (si riteneva cioè integrato il ten-tativo di furto in continuazione con altro reato consumato di violenza o minaccia) 92.

Soprattutto nel corso degli anni Duemila, si sono invero registrate anche pronunce di segno opposto 93, le quali hanno invece escluso in tali casi la configurabilità del tentativo di rapina impropria, facendo leva sull’elemento letterale della norma, in particolare sull’inciso

«immediatamente dopo la sottrazione», che implicherebbe claris verbis la consumazione del furto. La mancanza della sottrazione della cosa impedirebbe che la violenza successiva possa assurgere al rango di

«atto idoneo diretto in modo non equivoco alla commissione di una rapina impropria» 94.

Investite della questione, le Sezioni Unite, con la sentenza Reina del 2012 95, hanno, invece, ritenuto ammissibile in tali ipotesi la

pu-92 La tesi della configurabilità del concorso materiale di reati tra il tentativo di furto e il reato consumato è stata sostenuta in dottrina, tra gli altri, da T. P ADO-VANI, Tentativo di sottrazione e tentativo di rapina impropria, in Giur. it., 1977, II, 229, cui si rimanda per la ricostruzione storica della querelle. Secondo l’A., il furto (primo segmento della condotta), pur essendo un antecedente necessario, non è strumentale rispetto al compimento della violenza o minaccia (secondo segmento della condotta). L’agente pone in essere una condotta violenta o minacciosa, dopo il tentativo di furto, al solo scopo di assicurarsi l’impunità, non per impossessarsi della res. In assenza del nesso di strumentalità tra le due azioni, l’inquadramento legislativo dovrebbe rispecchiare l’autonomia concettuale del tentativo di furto rispetto alla successiva violenza o minaccia sulla persona.

93 L’orientamento restrittivo risale a Cass., sez. V, 12.7.1999, n. 3796, in Riv.

pen., 2000, 30, secondo cui deve ritenersi «integrato il tentativo di furto, in concor-so con la minaccia o la resistenza al pubblico ufficiale, quando manchi il presuppo-sto della sottrazione». Inizialmente isolata, detta interpretazione è stata, successi-vamente, seguita anche da Cass., sez. V, 13.4.2007, n. 32551, in Riv. pen., 2007, 12, 1209; Cass., sez. VI, 10.12.2008, n. 4264, in Cass. pen., 2010, 2, 633; Cass., sez.

VI, 30.10.2008, n. 43773, in Cass. pen., 2010, 1, 231.

94 Cass., sez. V, n. 3796/1999, cit.

95 Cass., S.U., 19.4.2012, n. 34952, Reina, in Riv. pen., 2012, 11, 1091, con commenti di D. BRUNELLI, Tentativo della rapina impropria: le Sezioni Unite liqui-dano sul nascere i segnali di enforcement del precedente, in Cass. pen., 2013, 1, 61 ss.; R. BARTOLI, Configurabilità del tentativo di rapina impropria finalizzata

all’im-nibilità a titolo di tentativo, confermando l’orientamento interpreta-tivo “estensivo”. Il dato testuale non farebbe riferimento alla natura, consumata o tentata, della sottrazione, ma si limiterebbe a stabilire il nesso temporale rispetto alla condotta della violenza o della minac-cia. In altre parole, secondo le Sezioni Unite, il riferimento legislativo esprimerebbe solo la necessità che, tra le condotte di aggressione al patrimonio e di aggressione alla persona, non intercorra un arco temporale tale da interrompere la contestualità dell’azione nel suo complesso.

La sentenza Reina è particolarmente significativa, perché è una delle poche pronunce in cui la giurisprudenza, oltre ad analizzare le ragioni del mutamento interpretativo, si è espressamente soffermata sulle giustificazioni a sostegno della prevedibilità dell’overruling. Ri-chiamando la ratio della fattispecie incriminatrice, le Sezioni Unite hanno, infatti, giustificato il mutamento sulla base di specifiche ra-gioni di politica criminale, avallando una costruzione del tipo crimi-noso basata sul disvalore dell’aggressione alla persona rispetto a quel-la del patrimonio. Il legame strumentale tra il tentativo di furto e quel-la violenza al fine di conseguire l’impunità esprimerebbe il maggior di-svalore della condotta, a prescindere che l’intento si sia realizzato o meno. Se, con il delitto di rapina, il legislatore ha inteso sanzionare in maniera più severa le condotte di per sé autonomamente punibili della violenza o minaccia e del furto, in forza del nesso di contestua-lità che unisce le due offese, è apparso “ragionevole” ipotizzare che tale ratio sussista anche nel caso in cui l’agente non sia riuscito a sot-trarre la res. L’inquadramento giuridico in peius è apparso, pertanto, ragionevolmente prevedibile proprio in virtù del legame di conse-quenzialità tra offesa alla persona e offesa al patrimonio: legame che permarrebbe anche nel caso di mancata consumazione del furto.

Per queste ragioni, le Sezioni Unite hanno ritenuto l’overruling sfavorevole compatibile con la legalità europea: la conformità di tale mutamento –sostenuto dalla giurisprudenza che è stata definita “gra-nitica” sul punto 96– alla ratio della fattispecie incriminatrice

garanti-punità: tra legalismo, teleologia e Costituzione, in Cass. pen., 2013, 1, 80 ss. Nel ca-so di specie, due uomini si erano introdotti in un appartamento per realizzare un furto, che non erano riusciti a consumare perché, nel frattempo, era entrata nel-l’abitazione la proprietaria, nei cui confronti gli stessi avevano adoperato violenza e minaccia per guadagnare la fuga e l’impunità. Le S.U. hanno ritenuto «configu-rabile il tentativo di rapina impropria».

96 Si tratta di uno dei passaggi più significativi della sentenza Reina. Infatti, si è sostenuto che «non vi è dubbio che nel caso in esame la prevedibilità del risultato interpretativo con riferimento al “diritto vivente” è rappresentata da una

giurispru-rebbe la possibilità da parte dei consociati di prevedere l’interpreta-zione evolutiva della norma.

Permane, comunque, più di un dubbio sulla fondatezza di questa motivazione, incentrata sulla ratio della fattispecie incriminatrice. La corrispondenza del mutamento interpretativo alla ratio dell’istituto, per quanto ragionevole, non potrebbe in alcun caso legittimare la prevedibilità di operazioni interpretative in contrasto con il dato let-terale. La punibilità del tentativo di rapina impropria è stata ricono-sciuta nonostante l’art. 628, 2° co., c.p. expressis verbis richieda che la violenza o la minaccia avvengano «dopo la sottrazione». Inoltre, costi-tuisce già di per sé un significativo “campanello di allarme” il fatto che le Sezioni Unite abbiano definito “granitica” l’interpretazione ac-colta, disconoscendo l’indirizzo minoritario difforme, che ha, per l’appunto, posto la necessità di un intervento della composizione uni-ficata per dirimere il contrasto.

In seguito, la Cassazione 97 si è uniformata all’interpretazione delle Sezioni Unite, respingendo con un’eccezione di inammissibilità, la questione di legittimità costituzionale proposta relativamente alla compatibilità di tale interpretazione estensiva con il principio di lega-lità ed, in particolare, con il divieto di analogia.

2.2.6. Il mutamento innovativo in tema di disastro innominato