PROFILI TIPOLOGICI E STRUTTURALI
2. Dinamiche ermeneutiche nella giurisprudenza interna
2.2. Le oscillazioni interpretative incidenti su di un elemento del fat- fat-to tipico
2.2.6. Il mutamento innovativo in tema di disastro innominato Un ulteriore caso di mutamento in ordine ad un elemento del fatto
tipico ha avuto ad oggetto la nozione di «altro disastro» nella fattispe-cie di cui all’art. 434 c.p. (disastro innominato).
Come è noto, il bene giuridico tutelato dalla fattispecie di disastro innominato è l’incolumità pubblica, ossia la vita o l’incolumità di una pluralità indeterminata di consociati. Strutturata secondo il modello
denza addirittura granitica, per molti decenni, fino alla pronuncia di alcune senten-ze difformi». L’esistenza di una giurisprudenza “granitica” è sufficiente – ad opi-nione dei giudici – per giustificare la previdibilità dell’interpretazione estensiva, qui intesa come “stabilità”, anche se l’esegesi non risultasse “strettamente” ade-rente al testo letterale della norma. La tutela delle garanzie individuali è ritenuta, quindi, recessiva rispetto all’esigenza di certezza e di stabilità del diritto (v. M.
SINISCALCO, “Ratio” di “certezza” e “ratio” di “garanzia” nella riserva di legge dell’art.
25, comma 2, della Costituzione, in Giur. cost., 1969, 992 ss. S. MAZZAMUTO, Cer-tezza e prevedibilità: nuove frontiere della nomofilachia e tentativi di enforcement del precedente, in Pol. dir., 2003, p. 157 ss.; G. GOMETZ, La certezza giuridica come prevedibilità, Torino, 2005).
97 Cass., sez. II, 16.4.2015, n. 17827, in www.dejure.it, ritenendo «manifesta-mente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale degli artt. 56 e 628, comma secondo, cod. pen. per violazione degli artt. 3 e 25 Cost.».
di reato di pericolo astratto, la ratio della disposizione incriminatrice si fonda sull’esigenza di prevenzione e di anticipazione della tutela, postulando la diffusività del danno e l’indeterminatezza delle vittime potenziali.
Prima degli anni Ottanta, la fattispecie era stata oggetto (anche nella variante colposa di cui all’art. 449 c.p.) solo di sporadiche appli-cazioni, in chiave residuale 98. In mancanza di una definizione legisla-tiva, l’interpretazione della nozione di “altro disastro” di cui all’art.
434 c.p. era stata desunta in via sistematica: attraverso l’analisi com-parativa delle varie figure legislative di disastro tipizzate, i caratteri qualificanti erano stati identificati nella gravità, nell’estensione e nel-la diffusività dell’evento. Sulnel-la base di tali caratteristiche, il disastro coincideva con la verificazione di un “macro-evento” (come ad es.
crollo, naufragio, deragliamento, ecc.) tendenzialmente istantaneo, puntualmente collocabile in un preciso spazio-temporale.
A partire dagli anni Novanta, tuttavia, si è registrata l’estensione innovativa del concetto di disastro, polarizzato sull’offesa in sé al be-ne collettivo, a prescindere dai profili modali di realizzaziobe-ne del-l’evento. L’obbiettivo era quello di assicurare una “copertura” penale (c.d. efficacia incriminatoria del mutamento) alle inedite fenomeno-logie di danno e di pericolo, avuto riguardo soprattutto al settore dell’inquinamento ambientale e dell’esposizione di lavoratori a so-stanze tossiche.
I primi segnali si sono registrati in relazione alla fattispecie di rimozione od omissione di cautele contro infortuni sul lavoro ex art. 437 c.p. Come reato di pericolo, la disposizione mira a tutelare la pubblica incolumità nello specifico ambiente di lavor o nell’i-potesi di omissioni, rimozioni o danneggiamenti di apparecchi an-tinfortunistici, dalle quali può derivare un disastro o un infortunio (art. 437, 2° co., c.p.) 99. La giurisprudenza ha ritenuto che, tra gli eventi dannosi, potessero rientrare, oltre alle malattie professionali in senso stretto contratte nell’esercizio e a causa di lavoro, anche le malattie professionali prodotte da “agenti esterni” di natura
elettri-98 Cfr. Cass., sez. II, 8.6.1954, Pulvirenti, in Giust. pen., 1954, 998; Cass., 3.6.1955, Artano, in Giust. pen., 1955, 726; Cass., sez. IV, 9.4.1965, Collalto, in CED Cass., n. 99818; Cass., sez. IV, 23.2.1981, Schweitzer, in Riv. pen., 1992, 185.
99 La realizzazione del disastro o dell’infortunio costituisce, secondo la tesi prevalente, una circostanza aggravante (v. Cass., 29.4.1981, Knòpfler, in Riv. pen., 1982, 203; su cui poi è intervenuta, in senso conf., Cass., S.U., 24.4.2014, n.
38343, in Giur. it., 2014, 11, 2565). In dottrina, aderisce a tale tesi C. SMURAGLIA, La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale, Milano, 1972, 3165).
ca, radioattiva, chimica, ecc. (c.d. “malattia-infortunio”) 100.
Inoltre, sempre allo scopo di approntare un’adeguata tutela al be-ne ambientale e, di riflesso, al bebe-ne della salute, la giurisprudenza ha esteso progressivamente il campo di applicazione della contravven-zione di cui all’art. 674 c.p., «getto pericoloso di cose» 101 sino a ricom-prendere i casi di inquinamento elettromagnetico. Sul finire degli anni Novanta, si è cominciato a ritenere che anche «le onde elettro-magnetiche generate dagli elettrodotti ad alta tensione devono farsi rien-trare nella nozione di “cose” penalmente rilevante e poiché sono teori-camente idonee a ledere o ad infastidire persone sono riconducibili al getto pericoloso di cose di cui all’art. 674 c.p.» 102. In verità, al
momen-100 Le malattie-infortunio consistono in «tutte le possibili forme di lesività tali da produrre un danno al lavoratore»: così Cass., sez. I, 9.7.1990 in www.dejure.it.
V. altresì Cass., sez. I, 6.2.2002, n. 11894, in Dir. e pratica pav., 2002, 1388, secon-do cui le «“malattie-infortunio”, che – a differenza delle malattie professionali in senso stretto consistenti in manifestazioni morbose contratte nell’esercizio e a causa di lavoro, e non prodotte da agenti esterni – sono sindromi morbose insorte in ese-cuzione di lavoro e prodotte da agenti esterni di varia natura (…) evitabili con de-terminati accorgimenti». Contra, nella giurisprudenza di merito Trib. Padova, 3.11.1984, in Riv. pen., 1984, 932.
101 In base all’art. 674 c.p. è punito «chiunque getta o versa, in un luogo di pub-blico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offen-dere o imbrattare o molestare persone ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, pro-voca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti». Sotto lo speci-fico problema della rilevanza delle onde elettromagnetiche, v. i commenti di E.
CALCAGNO, Elettrosmog: illecito penale o amministrativo?, in Riv. trim. dir. pen.
econ., 2002, 255; L. GIZZI, La rilevanza penale dell’emissione di onde elettromagneti-che ai sensi dell’art. 674 c.p.: interpretazione estensiva o applicazione analogica della norma incriminatrice?, in Cass. pen., 2009, 969 ss.; ID., Osservazioni a Corte di cassa-zione, 24 febbraio 2011, n. 23262, in Cass. pen., 2011, 12, 4232;L.RAMACCI, Inqui-namento elettromagnetico: nuovi interventi della Cassazione, in Riv. amb., 2002, 446.
102 Cass., sez. I, 14.10.1999, n. 5626, in Cass. pen., 2001, 145, con nota di G.
FALCO, Una nuova stagione per l’art. 674 c.p.: strumento di tutela contro l’inqui-namento elettromagnetico, ivi. Con tale pronuncia, per la prima volta, la Cassazio-ne ha esteso l’interpretazioCassazio-ne della nozioCassazio-ne di “cose” alle onde elettromagCassazio-netiche.
Conf., v. Cass., sez. I, 13.10.1999, Pareschi, in Foro it., 2001, 38, con nota di AMENDOLA, Inquinamento elettromagnetico, d.m. 381/98 e art. 674 c.p., ivi; Cass., sez. III, 11.12.2013, n. 3679, in www.dejure.it, la quale richiama a sua volta in or-dine alla riconducibilità delle onde elettromagnetiche al concetto di “cose”, Cass., sez. III, 9.1.2009, n. 15707, in www.dejure.it e altre. Si noti che tale orientamento estensivo ha affrontato non solo la questione dell’interpretazione della nozione di
“cose”, ma anche il problema delle concrete modalità della condotta, in relazione alla questione se il concetto di “gettare o riversare” ricomprendesse anche la “dif-fusione” delle onde elettromagnetiche. In senso affernativo, la giurisprudenza ha inteso il concetto di gettare nel senso di “lanciare” qualcosa, in modo da com-prendere il “mandar fuori”, l’“emettere”, il “produrre”.
to della formulazione, il legislatore non aveva nemmeno preso in considerazione la possibilità di riferire la fattispecie incriminatrice alle onde elettromagnetiche e, più in generale, ai danni da elettro-smog: la norma si riferiva solo al gettito di res “materiali” (mozziconi di sigarette, vasi, ecc.). Ciò nonostante, la giurisprudenza ha giustifi-cato il mutamento estensivo sulla base di argomentazioni di natura logico-sistematica ed, in particolare, dell’equiparazione, ad opera dell’art. 624, 2° co., c.p. in tema di furto, dell’energia elettrica e delle altre energie aventi valore economico alle cose mobili. Per questo motivo, si è ritenuto che la nozione di “cose” di cui all’art.674 c.p.
comprenda, oltre alle res materiali, anche le onde elettromagnetiche, e che tale esegesi non comporti un’estensione analogica in malam partem.
In un simile contesto, a partire dalla sentenza Seveso del 1986 103, in poi, la Cassazione 104 ha scoperto le virtualità espansive della no-zione dell’«altro disastro» di cui all’art. 434 c.p., ritenendo sussumibi-le nella fattispecie non solo i macro-eventi di proporzioni immani e immediatamente percepibili, ma anche quelli a formazione progres-siva, apprezzabili a distanza di tempo, in conseguenza di una siste-matica attività industriale lecita a c.d. “rischio consentito” 105. In di-fetto di una fattispecie ad hoc in tema di “disastri ambientali”, l’hor-ror vacui ha spinto la giurisprudenza ad estendere l’area di applica-zione della fattispecie, sfruttandone l’intrinseca indeterminatezza.
La nota sentenza del 2006 sul caso del Petrolchimico di Porto Marghera 106 ne costituisce una significativa testimonianza: la
Cassa-103 Cass., sez. IV, 23.5.1986, in Riv. it. med. leg., 1989, 652. Il fatto originava dall’esplosione, nel luglio 1976, del reattore chimico della fabbrica ICMESA, a seguito della quale si era diffusa in tutto il circostante territorio un’ingente quan-tità di diossina, provocando danni alle colture e lesioni varie agli animali e alle persone.
104 Cfr. Cass., sez. I, 9.7.1990, in Cass. pen., 1992, 664; Cass., sez. IV, 16.7.1993, n. 10048, in Mass. pen. Cass., 1994, 2, 30; Cass., sez. I, 20.4. 2006, n. 20370, in Cass. pen., 2007, 2503.
105 In dottrina, riflette sul carattere indeterminato del contesto e delle modalità di verificazione dell’«altro disastro» di cui all’art. 434 c.p. A. GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, I, in C.F. GROSSO-T. PADOVANI-A. PAGLIARO (a cura di), Trattato diritto penale – parte speciale, IX, Milano, 2008, 575 ss.
106 Il caso concerneva il problema della rilevanza penale del c.d. disastro interno, relativo all’esposizione dei lavoratori a sostanze chimiche che ne avevano provocato morti e lesioni e il c.d. “disastro esterno”, diversamente riferito alla situazione di inquinamento ambientale dei luoghi su cui insisteva l’impianto, nonché di quelli prossimi allo stesso e delle falde acquifere, delle acque lagunari e dell’atmosfera.
zione ha ritenuto che il disastro innominato «può realizzarsi in un ar-co di tempo anche molto prolungato, senza che si verifichi un evento disastroso immediatamente percepibile» 107. Con un’articolata motiva-zione, la S.C. ha ratificato l’interpretazione contenuta nella sentenza di merito della Corte di appello di Venezia secondo cui, per poter configurare il reato di disastro innominato, non si sarebbe potuto prescindere «dall’esistenza di un “macroevento” di danno con potenzia-lità gravemente lesiva per la pubblica incolumità (l’incendio devastante, il naufragio della nave, la caduta di un aeromobile, il deragliamento di un treno, il crollo di un edificio, ecc.)» 108. In tal modo, la sezione quar-ta della Cassazione ha ricondotto il disastro ambienquar-tale all’ipotesi de-littuosa del disastro innominato.
Diverse sono le cause del mutamento interpretativo che ha portato la giurisprudenza ad estendere l’ambito di applicazione del disastro innominato di cui all’art. 434 c.p., nel caso in cui il macro-evento non sia rappresentato da un evento istantaneo e immediatamente perce-pibile (es. crollo, naufragio, deragliamento, ecc.), bensì da un evento in fieri, di natura permanente, dovuto alla sistematica realizzazione di attività produttive a c.d. “rischio consentito”. Il mutamento è stato indotto, da un lato, dalla necessità di adattare la legislazione all’im-prevista evoluzione scientifico-tecnologica e, dall’altro, dall’indeter-minatezza della fattispecie incriminatrice.
Proprio in relazione al difetto di determinatezza della norma, con la sentenza 30.7.2008, n. 327 109, la stessa Corte costituzionale ha ri-tenuto l’interpretazione estensiva compatibile con il principio di lega-lità. Sebbene il concetto di «altro disastro» sia un’espressione capace di assumere, nel linguaggio comune, una gamma di significati diver-si, la collocazione sistematica della fattispecie incriminatrice ed, in particolare, l’inserimento in chiave residuale nell’ambito dei delitti contro la pubblica incolumità, assicurerebbe la tenuta della legalità.
Infatti, il rispetto del principio di legalità dovrebbe essere valutato non già considerando «isolatamente il singolo elemento descrittivo dell’illecito, ma raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fat-tispecie e con la disciplina in cui questa si inserisce» 110. Nella parte in cui punisce il disastro innominato, l’art. 434 c.p. assolve ad una fun-zione di “chiusura”, giacché mira «a colmare ogni eventuale lacuna,
107 Cass., sez. IV, 17.5.2006, n. 4675, in Foro it., 2007, 10, II, 550.
108 Cass., sez. IV, 17.5.2006, n. 4675, ult. cit.
109 Corte cost., 30.7.2008, n. 327, in Giur. cost., 2008, 3259 ss.
110 Corte cost., 30.7.2008, n. 327, in Giur. cost., 2008, 3259 ss.
che di fronte alla multiforme varietà dei fatti possa presentarsi nelle norme (...) concernenti la tutela della pubblica incolumità» 111.
Per queste ragioni, la lettura estensiva della fattispecie sarebbe le-gittima, in quanto rispettosa del criterio logico-sistematico, il quale, nel ricostruire il significato dell’enunciato legislativo, impone agli in-terpreti di tener conto anche della collocazione sistematica della pre-visione incriminatrice. Inoltre, l’esistenza di un’interpretazione giuri-sprudenziale costituisce – secondo i giudici costituzionali – un ele-mento di “conferma” del significato da attribuire a tale eleele-mento del fatto tipico, anche al fine di «colmare ogni eventuale lacuna» 112, so-prattutto in correlazione all’incessante progresso tecnologico, che fa continuamente affiorare nuove fonti di rischio e, con esse, ulteriori e non preventivabili modalità di aggressione del bene protetto.
La sentenza della Corte costituzionale è stata accolta dalla giuri-sprudenza non solo come la “legittimazione” ex post dell’interpre-tazione in malam partem, ma, come osservato in dottrina,come il
«“nulla-osta” all’approfondimento delle ulteriori potenzialità applicative dell’art. 434 c.p.» 113.
In dottrina 114 sono stati sollevati dubbi e perplessità circa
l’am-111 Corte cost., 30.7.2008, n. 327, cit., 3259 ss. In particolare, «l’inclusione nella formula descrittiva dell’illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovve-ro […] di clausole generali o concetti “elastici”, non comporta un vulnus del para-metro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incrimina-to consenta comunque al giudice – avuincrimina-to riguardo alle finalità perseguite dall’in-criminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca – di sta-bilire il significato di tale elemento mediante un’operazione interpretativa non esor-bitante dall’ordinario compito a lui affidato» (Corte cost., sent. 13.1.2004, n. 5 in www.dejure.it, alla cui giurisprudenza citata si rimanda).
112 Corte cost., 30.7.2008, n. 327, cit., 3259 ss.
113 A. GARGANI, Le plurime figure di disastro: modelli e involuzioni, in Cass. pen., 7-8, 2016, 2707.
114 Contro la sussumibilità nell’art. 434 c.p. dei disastri ambientali non origina-ti da evento catastrofico determinato v., tra gli altri, A. GARGANI, Reati contro l’in-columità pubblica, cit., 575 ss. Tali preoccupazioni erano state indirettamente evidenziate anche dalla giurisprudenza costituzionale che, con una pronuncia successiva a quella del 2008, nel 2013 è sembrata criticare la forza espansiva del-l’orientamento in malam partem, basato sulla ratio di colmare i vuoti di tutela dell’insaziabile diritto alla salute (Corte cost., sent. 9.4.2013, n. 85). Pronunciata in merito al caso Ilva e alla normativa d’urgenza adottata per consentire la prose-cuzione delle attività produttive presso lo stabilimento di Taranto, la Corte – per-venendo ad una dichiarazione in parte di inammissibilità ed in parte di infonda-tezza – ha ricordato la doverosa bilanciabilità del diritto alla tutela ambientale e alla salute con gli altri diritti fondamentali del nostro ordinamento quale, in pri-mis, quello di legalità.
missibilità di tale interpretazione, nel timore che l’interpretazione estensiva mascherasse la creazione giurisprudenziale di nuovi tipi di disastro, come se l’art. 434 c.p. fosse un “tipo penale aperto”, con possibile estensione a “casi simili”. In particolare, il riconoscimento della natura permanente o “a consumazione prolungata” del reato ed il ricorso alla nozione generica di “disastro” (fondata più sulla perce-zione sociale dell’offesa che sull’individuaperce-zione di precise coordinate spazio-temporali) legittimerebbe il sospetto che la dilatazione del-l’ambito della fattispecie incriminatrice sia avvenuta in violazione del principio della riserva di legge e dei suoi corollari, in vista del rag-giungimento in sede applicativa di un obbiettivo di “giustizia” so-stanziale.
Tali preoccupazioni sono state recepite dalla giurisprudenza nel caso Eternit del 2014 115. Invero, la pronuncia non ha negato la ricon-ducibilità della previsione incriminatrice di cui all’art. 434 c.p. all’i-potesi del disastro ambientale ed, anzi, implicitamente ne ha ricono-sciuto la fondatezza. Addirittura, il riferimento, nella sentenza di se-condo grado 116, agli effetti dannosi sulla salute dei lavoratori e degli abitanti per la prolungata inalazione delle fibre di amianto diffuse nell’ambiente ha fatto ipotizzare in dottrina 117 la creazione giuri-sprudenziale di una nuova forma di disastro c.d. “sanitario”, come ulteriore estensione interpretativa del campo di applicabilità del di-sastro innominato.
Sebbene non contesti la correttezza dell’interpretazione a favore dell’inquadramento legislativo del disastro ambientale sotto l’alveo dell’art. 434 c.p. e recepisca gli approdi del diritto vivente, la pronun-cia Eternit sembra individuare dei limiti alla portata estensiva dell’interpretazione in malam partem. Anche se esclusivamente ai fini dell’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescri-zionale, la Cassazione ha ritenuto corretto, sulla base del principio di legalità/precisione, qualificare il disastro innominato come reato i-stantaneo, piuttosto che a formazione progressiva, facendo coincide-re la consumazione con la cessazione della condotta e non degli effet-ti (malateffet-tie/moreffet-ti). Al fine della decorrenza del termine prescriziona-le, è necessario poter individuare il preciso momento temporale in
115 Cass., sez. I, 19.11.2014, n. 7941, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 3, 1542. La Cassazione ha dichiarato prescritto il reato, nonostante la dispersione nell’am-biente di polveri di amianto o di sostanze tossiche e inquinanti si fosse protratta per un lungo arco temporale successivo alla chiusura degli impianti.
116 V. Corte d’App. Torino, 3.6.2013, in www.penalecontemporaneo.it.
117 V. in tal senso, A. GARGANI, Le plurime figure di disastro, cit., 2705 ss.
cui può dirsi consumato il reato, nel momento cioè di verificazione del macro-evento. Quindi, anche nel caso di gravi fatti d’inquina-mento ambientale connessi alle attività d’impresa (come la dispersio-ne prolungata delle fibre di amianto), sarebbe comunque dispersio-necessario, ai fini dell’incriminazione, un accadimento naturalistico a carattere istantaneo che inneschi il verificarsi dell’evento, con un inizio e una fine determinati, il cui manifestarsi – come nel caso dell’incendio, della frana, della valanga, ecc. – sia ictu oculi percepibile.
Del resto, proprio al fine di individuare imiti alle derive giurispru-denziali estensive, il caso Eternit del 2014 118 è noto per la requisitoria del procuratore generale presso la Cassazione, che, nel chiedere il proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione del reato di disastro innominato, ha evidenziato come «piegare il diritto alla giustizia oggi può fare giustizia, ma è un precedente che domani pro-durrà mille ingiustizie [...] il giudice deve sempre tentare di calare la giustizia nel diritto [...] ma quando il giudice è posto di fronte alla scel-ta drammatica tra diritto e giustizia non ha alternativa. E un giudice sottoposto alla legge, tra diritto e giustizia deve scegliere il diritto» 119.
Nel tentativo di superare le predette incertezze e difficoltà interpre-tative, il legislatore ha emanato la l. 22.5.2015, n. 68 120, introducendo, oltre al reato di inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.), la nuova fattispecie di disastro ambientale (art. 452-quater c.p.), che prevede espressamente la punibilità di fatti che abbiano cagionato danni am-bientali anche in assenza della verificazione di macro-eventi confinabili in precise coordinate spazio-temporali, dando così un fondamento legi-slativo all’orientamento giurisprudenziale sfavorevole che aveva già consentito la repressione di tali fatti, sebbene sulla base del differente titolo di reato del disastro innominato. A seguito del mutamento inter-pretativo diffusosi sul finire degli anni Ottanta, è stato quindi il legislato-re del 2015 ad introdurlegislato-re una disciplina ad hoc, attraverso la plegislato-revisione di due nuove fattispecie di reato (il delitto di inquinamento ambientale di cui all’art. 452-bis c.p. ed il delitto di disastro ambientale di cui all’art.
452-quater c.p. 121), al fine di rimuovere ogni incertezza applicativa.
118 Cass., sez. I, 19.11.2014, n. 7941, cit., 1542.
119 F.M. IACOVELLO, Requisitoria d’udienza 19.11.2014, in www.penalecontem poraneo.it, 21.11.2014. In proposito si veda anche G.L. GATTA, Il diritto e la giusti-zia penale davanti al dramma dell’amianto: riflettendo sull’epilogo del caso Eternit, ivi, 24.11.2014.
120 La novella si collega alla Direttiva dell’Unione Europea 2008/99/CE del 19.11.2008 sulla protezione dell’ambiente mediante il diritto penale.
121 L’art. 452-quater c.p. identifica tre tipologie, distinte ed alternative, di
disa-Tuttavia, sono state mosse critiche 122 in ordine alla formulazione delle nuove fattispecie incriminatrici, soprattutto sotto il profilo del rispetto del principio di tassatività e della tendenza a “trascendere” i confini della nozione di disastro. Il difetto di tipicità è emerso sia per l’indefinito riferimento da parte dei nn. 1 e 2 dell’art. 452-quater c.p.
alla nozione omnicomprensiva di “ecosistema”, sia per l’assenza del
alla nozione omnicomprensiva di “ecosistema”, sia per l’assenza del