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gli attori locali

1.5.2 Scandali a Trieste: il caso della Lega Nazionale

1.5.2.2 Il caso Gino Monaco

A dare nuance però ancora più controverse all’intera vicenda del cosiddetto “scandalo dello zucchero” sarebbe stata un’indagine collaterale condotta dalla Questura di Trieste a carico di Gino Monaco, tesoriere della Lega. La notizia del suo arresto, avvenuto a Mestre nel novembre del 1949, era passata in sordina nella stampa giuliana, facendo registrare solo uno scarno e prudente articolo sul Corriere di Trieste,286 che rendeva noto il fatto che a carico di Monaco pendeva l’accusa di essersi appropriato di 7 milioni di lire provenienti dai fondi della Lega attraverso l’alterazione dei bilanci.

Qualche giorno più tardi il quotidiano avrebbe chiarito che la denuncia a carico di Monaco era stata sporta dal neoeletto presidente della LN Marino Szombathely, che lo aveva segnalato dopo aver scoperto evidenti manomissioni nei libri contabili. Il quotidiano sarebbe tornato sulla questione pochi giorni dopo, riportando i contenuti emersi dai primi interrogatori sostenuti dall’ex amministratore della LN, il quale si era difeso dicendo che «se alcune voci non risultavano sufficientemente documentate, lo si doveva al fatto che i fondi erano stati destinati al conseguimento di scopi patriottici da non rendersi di pubblica ragione».287 La presenza del caso Monaco sulla stampa si sarebbe momentaneamente esaurita il 23 novembre, con uno stringato articolo del Corriere che esprimeva le proprie perplessità alla notizia che tutti gli incartamenti sarebbero stati trasmessi alla procura di Venezia, dove si sarebbe poi svolto effettivamente il processo. Né al redattore dell’articolo né all’opinione pubblica sarebbero mai state chiarite le ragioni del trasferimento del processo e del silenzio che in generale avvolse l’intera vicenda, almeno per quanto riguardava la stampa italiana.

Il processo Monaco si sarebbe tenuto nel mese di marzo e si sarebbe risolto nel giro di pochi giorni con la condanna dell’imputato a tre anni di reclusione e al pagamento di 7.000 L. di multa, che però, per effetto immediato di un condono, finirono per ridursi ad un anno di reclusione. Sono estremamente scarne le notizie reperibili sull’andamento della vicenda, dal momento che dell’intero fascicolo processuale, destinato allo scarto d’archivio alcuni anni fa, è rimasta solamente la sentenza, la quale permette di confermare in generale quanto sostenuto dal Corriere di Trieste. Monaco infatti, fin dal momento del suo arresto, aveva

284

“La Voce del Popolo”, 11 gennaio, 1953. Si tratta di un articolo che in sé sintetizza anni di polemiche

portate avanti dalla stampa jugoslava, la cui ampiezza non consente in questa sede una rassegna completa.

285 Ritrovamento sul quale la stampa italiana aveva taciuto e che non risulta mai citato sia negli incartamenti

del processo per lo “scandalo dello zucchero” che in generale nelle corrispondenze governative.

286

“Corriere di Trieste”, 18 novembre 1949. 287 “Corriere di Trieste”, 20 novembre 1949.

confessato la manomissione dei libri contabili e l’appropriazione dei 7 milioni di lire, sottratti dal complessivo finanziamento di 35 milioni stanziati dal Ministero della Pubblica Istruzione per la LN al fine di realizzare attività educative e di propaganda nel TLT. L’amministratore aveva giustificato le sue azioni dichiarando di aver in quel modo aiutato «l’attività di gruppi di cittadini italiani aventi fini nazionali»,288 senza però fornire alcuna prova concreta in grado di dimostrare la veridicità di quanto affermato.

Un resoconto sommario del processo è reperibile in una lettera spedita da Marino Szombathely, presidente della LN, a Innocenti:

«L’andamento del processo è stato rapido e senza impedimenti di particolare rilievo; l’avvocato difensore del Monaco, Sergio Strudthoff si è opposto prima dell’inizio del dibattimento alla costituzione di parte civile della Lega Nazionale, adducendo il motivo che la Lega è tuttora una società di mero fatto; […]

A difesa dell’imputato fu prodotto un unico teste, certo Alessio Livaditi, che affermò di essere tuttora alle dipendenze del Monaco; egli disse di aver veduto, più volte, costui dare del denaro a persone probabilmente incaricate di azioni patriottiche, ma non potè precisare il numero o il nome delle persone, né l’entità delle somme.

Il signor Canarutto che, affermandosi comandante delle squadre d’azione, aveva sottoscritto ed avvallato la lettera difensiva del Monaco, benché regolarmente citato, non comparve. Il rag. Libutti riassunse brevemente lo svolgimento dell’inchiesta da lui compiuta con l’ausilio anche del rag. Sisto Landi del Ministero P.I.-

Il Monaco all’inizio del processo fece le sue difese che io non potevo ascoltare, dovendo rimanere fuori dall’aula come teste da discutere. […]

Io, invitato dal Presidente, ricordai in brevi parole quale fosse la natura e la funzione della Lega antica prima della guerra di redenzione […].

Volli precisare che la natura e i fini della Lega Nazionale sono di difesa della lingua e della cultura e di propaganda educativa ricreativa e culturale e non altri. Mi rendevo conto della necessità di insistere su questa affermazione affinché non si desse argomento agli svariati avversari di sostenere che la Lega avesse organizzato o favorito azioni di guerriglia o comunque attivistiche.

Perciò anche ricusai di rispondere alla richiesta postami da uno dei giudici, se cioè nell’ipotesi che una richiesta o uno storno di 7 milioni per aiuti a bande armate o squadre d’azione fossero venuti durante la mia gestione, io avrei avuto il proposito di concedere. Io feci osservare che durante la mia gestione ciò non era avvenuto e non poteva avvenire e che come teste avevo da rispondere a domande precise e non ad ipotesi irreali. L’avv. Amigoni su mio consiglio fece di nuovo risaltare le finalità della Lega e i danni non solo materiali, ma anche morali dell’inconsulto asporto del Monaco erano derivate al sodalizio. […]

Il difensore, avvocato Strudthoff cominciò con l’osservare che del reato di appropriazione indebita sono elementi essenziali il profitto personale e il dolo, nessuno dei quali ricorre nel caso Monaco, perché questi del denaro ritirato a nome della Lega e devoluto per altri fini patriottici non ritrasse alcun profitto e non vi fu in lui l’intenzione di nuocere o di compiere un atto illecito. […]»289

288

ASV, Corte d’Appello di Venezia, sentenza n. 684, n. 363/50 del Reg. Gen. 289 AMAE, Affari Politici, 1950-1957, b. 513, corrispondenza del 09.03.1950.

Il presidente, sporgendo per primo denuncia a carico di Gino Monaco e facendo costituire il sodalizio come parte civile al processo, aveva tentato di circoscrivere le responsabilità di quanto accaduto all’iniziativa privata dell’amministratore, cercando di salvare il sodalizio da ulteriori accuse che avrebbero finito per assommarsi al grave colpo di immagine provocatole dallo scandalo dello zucchero, che sentite preoccupazioni stava suscitando a livello governativo. Lo stesso processo in realtà, per come illustrato da Szombathely, ebbe come obiettivo più quello di scagionare la Lega dal ruolo di mandante o complice delle iniziative di Monaco che non quello di stabilire le reali responsabilità dell’imputato. Il processo infatti non chiarì, almeno stando alla sentenza, come e dove venne investita l’ingente liquidità sottratta dal Monaco, così come poco analizzati furono i risvolti della “relazione Libutti”, che, a quanto è dato capire, era stata commissionata da Szombathely per accertare le attività del Monaco. La relazione, allegata al processo e finita molto probabilmente in mano alla stampa jugoslava che ne fece immediato oggetto di un’accesa campagna di accuse contro il governo italiano, sembrava infatti contenere indicazioni interessanti per capire se e come il Monaco avesse effettivamente preso parte al finanziamento di attività paramilitari. Così si esprime la rappresentanza italiana a Trieste su quel documento in una lettera inviata all’UZC:

«Altro elemento degno di considerazione è la precisione delle notizie che il giornale titino “Primorski Dnevik” ha pubblicato sul Monaco e le sue attività; chi avrà mai potuto fornir loro informazioni così dettagliate e riservate? In fatto sono stati citati i colloqui che il Monaco ebbe con il Generale Marras, con l’ex ministro della Difesa Jacini, con il maresciallo Messe, ed è stata resa di pubblica ragione la pretesa del Monaco di aver stornato i fondi a favore di squadre clandestine “armate” per combattere lo slavismo. Si direbbe, in sostanza, che il sopracitato giornale sia entrato in possesso della “relazione Libutti” e soprattutto della lettera in data 21 settembre 1949 del Monaco, che vi è allegata.»290

Queste parole, pur non consentendo alcun tipo di conclusione, fanno intendere la situazione estremamente intricata di cui Monaco si era reso protagonista, con o senza l’effettiva accondiscendenza della LN.

L’unico elemento tangibile di tale vicenda fu senza ombra di dubbio l’impegno profuso dal MAE, tramite la Rappresentanza italiana, e dall’UZC, nei suoi contatti con la Presidenza della LN, nel tentativo di prevenire le gravi ripercussioni che un simile processo avrebbe potuto avere sul destino della prestigiosa associazione. A prescindere però dalla riuscita o meno di tali intenti, scandali e processi avevano fatto della LN un elemento assai debole nel sistema di rapporti costruiti tra governo ed enti locali triestini, debolezza che avrebbe finito per eliminarla definitivamente dai giochi per la gestione della popolazione italiana nella Zona B del TLT.