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gli attori locali

1.5.2 Scandali a Trieste: il caso della Lega Nazionale

1.5.2.1 Lo “scandalo dello zucchero”

Nell’aprile del 1948 il GMA, con licenza n. 2067 del 29.04.1948, aveva concesso alla Lega Nazionale l’importazione in franchigia doganale di 40.000 pacchi alimentari contenenti ciascuno 10 kg di zucchero, uno di caffè e uno di cacao in polvere. I termini della franchigia erano stati stabiliti affinché i pacchi importati potessero essere distribuiti a prezzo agevolato esclusivamente ai soci del sodalizio residenti nella Zona A del TLT, senza dunque essere immessi nel mercato corrente. Per il ritiro, i beneficiari del servizio avrebbero dovuto dimostrare agli uffici della LN di essere effettivamente titolari della tessera di iscrizione per l’anno in corso, ottenendo così un buono per il ritiro da presentare presso i magazzini incaricati della distribuzione della merce. Per verificare la regolarità delle operazioni di ritiro, era stata istituita presso i magazzini la figura di un controllore, che aveva il compito di monitorare la regolarità dei documenti (della tessera e del buono ricevuto) e di invalidare

il buono utilizzato per il ritiro del pacco con un timbro, evitando che uno stesso socio avesse accesso a più distribuzioni.

La distribuzione dei pacchi era iniziata il 21 luglio e i magazzini coinvolti nell’operazione erano due, uno presso la ditta Perinetti di via Massimo d’Azeglio e uno presso la Fritz Egel di piazza Vittorio Veneto. Ben presto però il Comando della Sezione Tributaria Investigativa ebbe il sentore di qualche irregolarità, dato che a curare la distribuzione dei pacchi venne scoperta una terza ditta, la Primic, che non figurava in nessun elenco ufficiale. A seguito dell’irruzione della polizia tributaria, vennero posti sotto sequestro 148 kg d zucchero, 27 di caffè e 26 di cacao presenti nel magazzino. Il 23 settembre in quegli stessi uffici sarebbe poi giunta una lettera di denuncia firmata da don Marzari in persona che, allegando una tessera e un buono falso, segnalava «attività delittuosa a carattere speculativo commessa da persone non identificate.»276

A quel punto venne aperto a carico della LN un fascicolo d’inchiesta, che portò all’accertamento dei seguenti fatti:

«Nell’aprile del 1948 i Gruppi Istriani della L.N. nelle persone di Francesco ZOPPOLATO, Silvio e Remigio URIZIO, e Aldo DUDINE, promossero l’iniziativa della distribuzione di pacchi alimentari ai soci della L.N. […]

La licenza di importazione fu intestata alla L.N.

Siccome la L.N. ha un numero di iscritti molto superiore al quantitativo dei pacchi richiesti, i Gruppi Istriani stabilirono di effettuare la distribuzione in base a prenotazione. […]

Seguendo procedure difformi da quelle prestabilite, un considerevole numero di persone non iscritte alla L.N. ha illegalmente ottenuto il pacco, persone iscritte sono venute in possesso di più pacchi e molti aventi diritto non hanno ricevuto il pacco. […]

Malgrado le più attive indagini non è stato possibile identificare gli autori materiali ne i beneficiari dei buoni falsi. […]

Numerosi buoni sono stati rilasciati intestandoli a esuli e mai consegnati agli interessati; parte di questi buoni sono stati venduti a titolo speculativo da Urizio Silvio, ricavando un utile di L. 900 per ogni buono. […]

Il Circolo Felluga i cui componenti sono soci della L.N., prelevò tra l’altro 250 pacchi per i propri soci e ne affidò la distribuzione alla ditta Primic di Largo Panfili n. 1 – Trieste.- Senonché la ditta Primic approfittando del suo incarico effettuò un certo commercio coi beneficiari dei pacchi, tanto che, nel magazzino furono rinvenuti e sequestrati zucchero, caffè, e cacao fuori dai pacchi. […]

Un laborioso e difficoltoso controllo è stato eseguito su tutti i documenti ed i buoni messi a disposizione della L.N., in relazione all’elenco che era stato consegnato in dogana. Da tale controllo è risultato:

N. 6959 buoni non trovavano riscontro nell’elenco; N. 1131 buoni sono duplicati.

In totale quindi N. 8090 pacchi hanno trovato destinazione diversa da quella per cui era stata concessa la franchigia e pertanto sono stati contrabbandati Kg. 80.900 di zucchero, Kg. 8090 di caffè, Kg. 8090 di cacao la cui responsabilità va attribuita come precisato in seguito per ciascun denunciato.

Inoltre, come si è detto innanzi, dal controllo N. 110 buoni sono risultati falsi.»277

Questo sarebbe stato l’inizio di una lunga vicenda giudiziaria che si sarebbe conclusa in appello solamente nel 1953 e che avrebbe coinvolto oltre una trentina di imputati. Il principale reato contestato alla totalità dei nomi coinvolti nel processo, al di là delle singole imputazioni, era quello di contrabbando, concretizzatosi nella modificata destinazione d’uso della merce introdotta in stato di franchigia doganale. In questa sede sarebbe impossibile ripercorrere nel dettaglio tutti gli aspetti di tale vicenda, che avrebbe coinvolto elementi di spicco del sodalizio e una parte della rete di relazioni che essa aveva costruito in città. È però interessante porre l’attenzione su di un caso specifico, ossia quello di Glauco Gaber, leader del circolo operaio “Felluga”, noto per essere uno dei punti di riferimento per la militanza di estrema destra del capoluogo giuliano. Il percorso giudiziario di Gaber permette infatti di fare parzialmente luce sui contatti intercorsi fino al 1948 tra le associazioni triestine legate alla LN e gli italiani della Zona B, rapporti che da questo processo risultano essere stati sì concreti e probabilmente continuativi, ma al contempo scarsamente ricostruibili a causa del segreto che li avvolse.

L’accusa fatta a Gaber era quella di aver distratto 190 pacchi dono destinati ai soci del circolo “Felluga” con lo scopo di rivenderli a proprio esclusivo vantaggio. I soci del circolo operaio infatti, al momento della sottoscrizione delle tessere, venivano inseriti nell’elenco dei soci della LN, e, in quanto tali, erano stati riconosciuti come beneficiari della distribuzione dei pacchi importati con franchigia. La direzione della LN aveva destinato al “Felluga” 250 pacchi da consegnare ad alcuni dei suoi soci, 190 dei quali erano stati effettivamente prelevati dai magazzini Primic per essere distribuiti. In sede di indagine però gli inquirenti verificarono che i pacchi ritirati risultavano essere stati consegnati a persone i cui nominativi non coincidevano con gli elenchi degli iscritti al circolo trasmessi alla LN da Gaber per segnalare coloro che erano stati individuati per la distribuzione.

Gaber, in sede di istruttoria e dibattimento, avrebbe risposto all’accusa di aver venduto i pacchi a persone non comprese negli elenchi degli aventi diritto ricavandone un tornaconto personale dicendo che i pacchi finirono per essere distribuiti ad iscritti del “Felluga” residenti in Zona B e che si erano registrati con nomi fittizi:

«L’elenco dei soci da me consegnato […] conteneva i nomi reali di persone appartenenti al circolo “Felluga”, fatta eccezione per un numero imprecisato di persone che erano bensì soci del circolo “Felluga” ma con nome fittizio perché residenti in Zona B o per altri motivi. Però feci ritirare soltanto 250 pacchi, dei quali 190 vennero consegnati a persone della Zona B, che naturalmente non posso nominare, e che vennero da me inviate alla ditta Primic.»278

«Gli appartenenti al Circolo Felluga, che si è sempre mantenuto al di fuori di ogni organizzazione politica di parte, sono noti – e più ancora lo erano al tempo delle dimostrazioni e manifestazioni nazionali – come i più decisi (e talvolta anche i più violenti) oppositori dell’invadenza slavo-comunista. […] Così pure il Circolo prese

277

Ibidem. 278 Ivi, p. 186.

piede clandestinamente in Zona B, per cui molti istriani, costretti a rimanere sotto il tallone titino, nelle loro visite a Trieste, si ritrovavano al Circolo, in un ampiente [sic] che più si confaceva alla loro mentalità esasperata.

Naturalmente tutti gli istriani e molti altri soci residenti a Trieste, che per la loro posizione sociale e per la particolare mentalità del Circolo, non potevano comparire con il proprio nome, continuando l’uso della lotta clandestina, figuravano ufficialmente iscritti sotto altro nome di comodo.»279

La versione di Gaber sarebbe stata confermata da più testimoni, tra cui Aldo Dudine, incaricato per conto dei Gruppi Istriani della LN nella distribuzione dei pacchi:

«I soci del circolo “Felluga” erano residenti sia a Trieste che nella Zona B; quest’ultimi iscritti con nomi fittizi. Un tanto è a mia conoscenza perché io stesso risiedevo in Zona B, ad Isola, ed io stesso, finché risiedevo ad Isola, fui iscritto al nominato circolo con nome fittizio.

Alcuni dei soci del circolo “Felluga” residenti in Zona B mi dissero di aver ricevuto il pacco dalla Lega e di contare di portarselo al loro paese. […] Gli assegnatari dei pacchi residenti in Zona B in un modo o nell’altro si portavano detti pacchi nella loro zona.»280

A confermare la presenza di iscritti sotto pseudonimo fu anche l’avvocato Mario Adami, componente del direttivo della LN:

«Circa la composizione del circolo “Felluga” di mia scienza nulla so, però nei circoli da me frequentati ho sentito dire che vi facevano parte anche istriani residenti in Zona B. Ritengo che alla LN non siano stati iscritti soci con pseudonimi, mentre ho sentito dire al circolo “Felluga” ed altri circoli del genere vi erano degli iscritti con pseudonimi, e ciò per sfuggire a rappresaglie, trattandosi di persone residenti in Zona B. […] Nulla mi consta circa il ricevimento dei pacchi di dette persone, giacché non mi occupai della distribuzione dei pacchi.»281

Sulla questione venne interpellato anche don Marzari, testimone al processo, che chiarì come il problema dei nomi fittizi e della distribuzione in Zona B fosse stato discusso anche in seno alla Lega:

«Vi erano molti soci residenti in zona A che si recavano in zona B e viceversa. Questi soci non potevano portare con sé la tessera e quindi si era discussa la possibilità di conservargliela in un luogo non facilmente accessibile, però non so cosa sia stato deciso o fatto. […]

Io non mi posi il quesito se fosse lecita o meno la consegna di pacchi a persone residenti in zona B e non iscritte alla Lega (cioè formalmente non tesserate – inquantoché si trattava di italiani e quindi si consideravano come soci o come figli di ex soci della Lega) in quanto tale difficoltà poteva essere senz’altro superata col

279 Ivi, p. 161. 280 Ivi, p. 203 verso. 281 Ivi, p. 213.

rilasciare agli stessi le tessere della Lega Nazionale. In tal senso si è parlato al consiglio direttivo. Non ricordo se siano state prese decisioni formali in proposito.»

In realtà la spedizione di pacchi nella Zona B avrebbe in ogni caso rappresentato una modifica della destinazione d’uso della merce, dal momento che la franchigia era stata concessa per la vendita agevolata dei pacchi esclusivamente nella Zona A del TLT. Ovviamente, nel caso di Gaber, nell’impossibilità di negare l’avvenuta irregolare distribuzione, puntare la propria strategia difensiva nella direzione di una attività di assistenza e distribuzione rivolta agli italiani della Zona B significava mettere in gioco la variante della difesa dei diritti nazionali nei territori contesi, portando la propria posizione al di fuori delle accuse di tornaconto personale. Le indagini e il dibattimento non chiarirono mai se i 190 pacchi presi in carico da Gaber finirono o meno nella Zona jugoslava, lasciando un pesante interrogativo sull’esistenza effettiva dei rapporti tra Gaber e gli istriani della Zona B iscritti al “Felluga”.

Durante l’istruttoria e il dibattimento emerse però a più riprese la questione dei pacchi inviati nella Zona B, a prescindere dai collegamenti con il “Felluga”:

Francesco Tagliapietra, socio della LN avrebbe infatti reso la seguente deposizione: «Posso affermare che durante le mie funzioni di controllo nessuno ha ricevuto il pacco senza esibire il buono e la tessera della L.N. – si è fatta eccezione per gli esuli residenti in Zona B, i quali non avevano il tesserino della L.N. però mi esibivano la carta d’identità della Zona B.–»282

Anche Mario D’Osmo, imputato al processo in quanto animatore dei Circoli Istriani e coinvolto nell’organizzazione della distribuzione dei pacchi e nella compilazione delle liste dei beneficiari, disse di aver concesso in un caso la spedizione dei pacchi nella Zona B:

«Mi ricordo in una sola occasione di aver concesso un numero limitato di buoni, verso presentazione di una lista, ad un prete di Capodistria presentatomi come garanzia dal sig. Dudine Aldo le cui informazioni assunte mi avevano garantito la sua integrità morale ed onestà, nonché sulla sua attività assistenziale che più volte aveva fatto verso gli istriani ancora residenti in Istria.»283

Tali affermazioni consentono di verificare ancora una volta che dei canali di scambio tra la LN e la Zona B erano effettivamente stati aperti, giustificando così le preoccupazioni del CLNI. In ogni caso, però, la clandestinità che copriva le identità di quegli istriani che mantenevano contatti con i circoli della LN e la scarsa trasparenza delle operazioni condotte tra la Zona A e quella B rende ancora oggi difficilmente qualificabile la portata delle relazioni che il sodalizio manteneva con la zona jugoslava.

Al di là della difficile determinazione della natura di tali rapporti, lo scandalo dello zucchero avrebbe comunque fornito alla stampa filo-jugoslava materiale sufficiente per avviare una dura campagna durata anni contro il governo italiano, accusato di finanziare

282

Ivi, p. 198, processo verbale di interrogatorio. 283 Ivi, p. 114, processo verbale di interrogatorio.

tramite «l’Ufficio Terre di Confine» attività di spionaggio e contrabbando nella Zona B, arrivando anche a prefigurare la progettazione di una «Marcia sulla Zona B»284 da parte del Circolo “Felluga” a seguito del ritrovamento di armi ed esplosivo nella sede del circolo operaio.285 Tra accuse e mistificazioni bilaterali il caso della LN avrebbe dunque finito per tenere banco sui giornali locali in corrispondenza dei vari momenti del processo, compromettendo definitivamente il prestigio del sodalizio e le sue discusse iniziative in territorio istriano.