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Venezia Giulia

1.2.4 I contatti diretti con gli attori locali

1.2.4.1 La rete dei CLN

A partire dalla seconda metà del 1945 i CLN sorti nella Venezia Giulia durante la guerra di liberazione dal nazifascismo, e andati incontro a vicende quanto meno tortuose durante i giorni della ritirata germanica,92 divennero importanti canali di collegamento tra la PCM e i territori giuliani. Erano stati soprattutto i comandi locali ad aver cercato abboccamenti con il governo italiano, nella speranza di ricevere sostegno, non solo politico, alla propria azione, che a partire dal maggio del 1945 era andata dispiegandosi in difesa delle teorie annessioniste italiane. I CLN ebbero da subito una funzione centrale nell’invio di materiale informativo al governo italiano su quanto accadeva per mano dell’esercito jugoslavo. È il caso per esempio del CLN della città di Fiume, che già dal luglio del 1945 era in contatto con l’Ufficio informazioni del Regio Esercito per inoltrare relazioni dettagliate su quanto stava accadendo in città e nelle zone limitrofe.93 Fin dall’inizio non mancarono però anche accorati appelli di natura politica che avevano come riferimento il governo. È del settembre 1945 per esempio questo telegramma inviato a Ferruccio Parri dal CLN di Pola:

«Emissari governo jugoslavo anche armati costringono popolazioni istriane usando mezzi intimidatori formare schede adesione federativa Jugoslavia. Indignati per tale

91

ACS, PCM, Gabinetto, 1944-1946, b. 3721. 92

C. Colummi, Guerra, occupazione nazista e resistenza nella Venezia Giulia: un preambolo necessario, in

«Storia di un esodo», cit., P. De Simone, Memorie sull’Istria della resistenza e dell’esodo, Busin, Gorizia, 1971, L. Drndić, Le armi e la libertà dell’Istria. 1941-1943, Edit, Fiume, 1981, G. Fogar, Sotto l’occupazione nazista nelle provincie orientali, Del Bianco, Udine, 1968, L. Martini, Parlano i protagonisti. Memorie e documenti raccolti per una storia di Fiume nella Lotta popolare di liberazione fino al 1943. Il “Battaglione fiumano” e il “Battaglione Garibaldi”, Monografie V, CRSR, Pola, 1976, ID., I protagonisti raccontano. Tra cronaca e storia. Diari, ricordi e testimonianze di combattenti italiani nella lotta popolare di liberazione della Jugoslavia, Monografie VI, CRSR, Pola, 1983, M. Pacor, La collaborazione tra antifascisti italiani e slavi nella Venezia Giulia 1943-1944, in «Il Movimento di Liberazione in Italia», n. 69/1962, P. Sema, La lotta in Istria 1890-145, il movimento socialista e il partito comunista italiano- La sezione di Pirano, CLUET, Trieste, 1971, G. Scotti, L. Giuricin, Rossa una stella, Storie del battaglione “Pino Budicin” e degli italiani dell’Istria e di Fiume nell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, Monografie IV, CRSR, Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume, Pola, 1975, G. Nemec, Un paese perfetto, cit., pp. 137-157.

forzoso plebiscito cui male possono opporsi gli istriani soggetti rappresaglie truppe jugoslave di occupazione protestiamo energicamente in nome della libertà invochiamo intervento Governo italiano presso commissione alleata onde sia stroncata subdola manovra.»94

Era la prima di una lunga serie di invocazioni che erano giunte sulle scrivanie dei vari rappresentanti del governo e che avevano visto costantemente mobilitati i CLN locali alla sensibilizzazione delle autorità romane ai problemi della Venezia Giulia. Non mancarono nelle informative spunti di discussione politici mirati ad illustrare la posizione dei singoli CLN operativi sul territorio, come nel caso di una relazione sulla situazione del capodistriano inviata nell’aprile del 1946 alla Prefettura di Trieste dal CLN Clandestino di Capodistria, e successivamente inoltrata alla PCM, che iniziava con le seguenti osservazioni:

«Per giustificare e per ben comprendere la situazione di Capodistria dal I maggio 1945 ad oggi, è necessario premettere che il nostro paese vanta una tradizione d’italianità ed una gloriosa serie di uomini illustri che per lunghi secoli tennero viva la fiaccola della cultura e del patriottismo della primogenita di S. Marco. […]

Capodistria ancora vanta il più antico ginnasio italiano, dal quale uscì una lunga schiera di uomini resisi benemeriti della causa d’italianità nell’Istria intera.

Dati questi precedenti si può ben capire come non solo nel ceto colto, ma anche nelle classi degli artigiani, degli agricoltori, dei pescatori e degli operai si sia formata quella salda coscienza italiana, che si adombrò il primo giorno in cui le bande di Tito entrarono in città.

Né il primo giorno, né in nessun altro, con nessun mezzo i titini riuscirono ad avere il popolo di Capodistria presente alle loro manifestazioni. Grazie anche al Comitato di Liberazione Nazionale (clandestino) sempre vigile e sempre coraggioso, l’inganno non riuscì mai, né valsero lusinghe e minacce. Il popolo tutto rimase compattamente ostile. La prova la si ha nel fatto che per reggere le sorti della città gli jugoslavi non trovarono mai una persona per bene, ma solo qualche venduto senza credito e senza cultura. […]»95

È chiaro che l’obiettivo, anche se non dichiarato, di tali scritti era quello di convincere le autorità governative italiane di una presenza radicata sul territorio di forze pronte alla resistenza contro i poteri popolari. Le informative dunque non nascevano dalla volontà di svolgere funzioni di intelligence, ma avevano come obiettivo quello di creare mobilitazione attorno ad una causa percepita come cruciale per le forze organizzate sul territorio. La speranza era quella di ottenere quanto prima un supporto logistico e materiale alle proprie attività, vitale per gruppi di resistenza che spesso agivano in maniera scollegata e del tutto improvvisata. I CLN rappresentavano per il governo italiano delle piccole roccaforti politiche ed ideologiche assai preziose: erano infatti composti da personaggi politici già da tempo noti sul territorio, in grado di mantenere contatti diretti con la popolazione e che rendevano possibile una sua mobilitazione a sostegno della politica del governo italiano. Rappresentavano dunque un anello di congiunzione fondamentale tra Roma e la Venezia

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Ivi, telegramma n. 11743. 95 UZC, Sez. II, FVG, Trieste, b. 69.

Giulia. Le modalità con cui il governo italiano decise di sfruttare la prontezza alla lotta politica dei locali CLN finì però spesso per collidere e danneggiare queste realtà locali in fondo fragili e impreparate a sostenere la complessità delle combinazioni di gioco che si stavano articolando attorno al confine orientale italiano. Sì è già avuto modo di rilevare come Roma avesse tentato di polarizzare notevolmente l’opinione pubblica, incitando i suoi attori locali ad atteggiamenti sempre più oltranzisti. Le divergenze sulle modalità di intervento del centro nei confronti della sua periferia non si fecero dunque attendere a lungo. Lo dimostra questa lettera firmata da Antonio Fonda Savio inviata alla PCM il 28 dicembre del 1945:

«Questo CLN della Venezia Giulia regge da mesi le sorti della Regione e vi segue una politica che credo la più adatta ad assicurare una equa soluzione del problema nazionale che è al vertice di tutte le nostre aspirazioni. Credo opportuno di esporre le idee in merito e la linea di condotta finora seguita per avere da codesta Presidenza qualche direttiva. Sinora infatti i contatti fra questo C.L.N. e codesta Presidenza sono stati piuttosto rari e indiretti, per tramite di inviati che hanno comunque confortato il nostro operato della loro approvazione. In questi giorni però emissari di altri Ministeri, giunti a Trieste in occasione dell’anniversario del sacrificio di Guglielmo Oberdan, riferendo circa un mancato comizio o/e una manifestazione contenuta volutamente in limiti molto sobrii, [sic] hanno espresso sul conto del C.L.N. un’opinione tutt’altro che favorevole accusandolo a quanto mi consta, di essere filocomunista e troppo asservito agli Alleati, e di fare addirittura opera antitaliana.

La politica finora seguita dal C.L.N. è stata quella di contenere tutte le manifestazioni e tutte le attività della parte italiana nei limiti della più stretta legalità e di dare alle stesse il tono più moderato possibile onde distinguere nettamente il contegno di detta parte, da quello estremista e in un certo senso fascista, perché nettamente autoritario, della parte avversa. Il C.L.N. è persuaso di impressionare così favorevolmente il Governo Alleato, il quale è qui arbitro delle nostre sorti, e potrebbe, se dal nostro comportamento fosse confortato nella opinione di alcuni suoi membri, essere il contegno del C.L.N. e della parte italiana della popolazione di intonazione sciovinista, avviare la soluzione del nostro problema a un esito a noi sfavorevole. […]

La manifestazione del 20 per esempio si limitò ad un commosso omaggio alle rappresentanze giovanili che deposero alcune corone alla cella del martire.

Elementi venuti da Roma avevano invece fin dal giorno 18 cercato di organizzare all’ultimo momento una dimostrazione piuttosto numerosa, chiedendo l’ausilio di organizzazioni locali che non fu dato; […] Credo assolutamente inopportuno un intervento del genere di elementi provenienti all’ultimo momento dal di fuori, quindi non perfettamente orientati sulla situazione locale e sulla politica da seguire; […] Questo C.L.N. ha potuto contare soltanto su aiuti molto limitati da parte del Governo Italiano e sulle proprie modesta risorse. Con tutto ciò qualche cosa si è fatto, ma occorre assolutamente che il Governo d’Italia e l’Italia in genere ci aiutino maggiormente per permetterci di esplicare tutta quella minuta opera di assistenza sia nella Zona “A” che in quella “B” tanto più disgraziata, la quale rappresenta la propaganda maggiore e più efficace. […]

Ho creduto esporre quanto sopra a codesta Presidenza, con la preghiera di prendere le disposizioni necessarie per agevolare la sistemazione di tutti i problemi regionali. Spero

che la linea seguita sinora da questo C.L.N. sia approvata da codesto governo; nel caso contrario, prego esserne avvertito, e mi sieno [sic] date chiare direttive […].»96

Come si è già avuto modo di rilevare, tale appello finì col cadere nel vuoto, dato che le missioni inviate da Roma avevano avuto come scopo diretto quello di incitare tutta la compagine locale, ed in primis il CLN, ad assumere posizioni più rigide e linee di intervento assai più determinate, in assonanza con la presenza delle squadre addestrate dal Ministero dell’Interno. Le pressioni sul CLN della Venezia Giulia vennero riscontrate persino dagli Alleati, i cui servizi informativi facevano presente che “Radio Venezia Giulia”, con una campagna «virulenta e nazionalista», stava tentando di imporre sul quadro locale l’idea di un necessario innalzamento dei toni dello scontro in città e in tutta la regione.97 Nell’ottica dello scouting avviato da Roma a Trieste nel tentativo di individuare attori sensibili alle sue direttive, il CLN della Venezia Giulia si dimostrò da subito un ente scarsamente malleabile e fermo nel non voler ricorrere alle agitazioni di piazza per rendere più appetibile all’opinione pubblica la propria azione. La sua riottosità nel recepire le invadenti prospettive romane e le pressioni esercitate contro di lui dalle varie missioni finirono per spaccarlo al suo interno, rendendolo quel soggetto politicamente debole e ampliamente denigrato nelle relazioni degli agenti del Ministero dell’Interno. Tale stato di cose avrebbe successivamente portato al suo scioglimento, facendo progressivamente affievolire la spinta rappresentata dalla rete dei vari CLN giuliani ancora attivi.

Se buona parte di essi scomparvero, uno riuscì a sopravvivere, costituendo un’interessante eccezione: si trattava del GEI, Gruppo Esuli Istriani, che seppe fare della sua perfetta aderenza alle progettualità romane la chiave del proprio successo.

1.2.4.1.1 Il GEI

La storia del GEI affonda le radici nella convulsa situazione venutasi a creare dopo i “40 giorni” dell’esercito jugoslavo a Trieste. Le forze antifasciste istriane, contrarie all’annessione della regione giuliana da parte della Jugoslavia, di fronte all’assestamento degli equilibri attorno alla linea Morgan, decisero di riorganizzarsi facendo leva sui personaggi che avevano tentato, nonostante i difficili rapporti con la componente jugoslava, di svolgere attività resistenziali in Istria contro il nazifascismo durante il periodo dell’occupazione.98 Tali gruppi, osteggiati dai comitati popolari per le loro posizioni politiche, da subito entrarono in clandestinità per proteggere la propria attività e i propri militanti. Nel giro di poco tempo però esponenti importanti di tali gruppi optarono per l’abbandono dell’Istria, scegliendo come destinazione Trieste, città dalla quale avrebbero potuto continuare a svolgere attività politica, mantenere i contatti con i loro compagni ancora operativi in incognito oltre la Morgan e ricongiungersi con quegli attivisti del PdA

96

ACS, PCM, Gabinetto, 1944-1946, b. 3721, n. 1403/III. 97

G. Valdevit, La Questione di Trieste 1941-1954, cit., p. 134.

98 Per una riflessione sull’esperienza resistenziale in Istria vedere Cristiana Colummi, Guerra, occupazione

nazista e Resistenza nella Venezia Giulia: un preambolo necessario, in «Storia di un esodo. Istria 1945-1956» a cura di Cristiana Colummi, Liliana Ferrari, Gianna Nassisi, Giorgio Trani, IRSML, Trieste, 1980, pp. 11-47.

e del PRI che nel frattempo a Trieste avevano condotto attività politiche clandestine all’insegna della difesa dell’italianità della città e dell’intera Venezia Giulia.99 Nel luglio del 1945, tra gli istriani che avevano raggiunto Trieste e che si erano messi sotto l’ala politica del CLN della Venezia Giulia, per iniziativa soprattutto del Partito d’Azione e del Partito repubblicano, venne fondato un Comitato Istriano (indicato frequentemente nella documentazione anche come CLN dell’Istria), i cui i principali animatori furono Ruggero Rovatti e Rinaldo Fragiacomo100, entrambi esponenti del PRI. L’obiettivo dichiarato di tale comitato era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ai temi degli italiani rimasti al di là della linea Morgan, il cui destino si giocava sui tavoli delle trattative diplomatiche. Parallelamente al Comitato Istriano si sviluppò anche il GEI, Gruppo Esuli Istriani, che dichiarò da subito la propria intenzione di voler strutturare attività di assistenza a favore sia degli istriani che stavano lasciando la Zona B sia di quelli che invece avevano deciso di rimanervi. Tali strutture si diedero però da subito obiettivi piuttosto chiari, non limitati a una mera attività politica ed assistenziale, ma orientati al coordinamento dell’attività dei CLN clandestini che si erano rifondati nel maggio del 1945 e che tentavano di portare avanti interventi finalizzati alla propaganda e alle azioni di sabotaggio sul territorio, in piena adesione alle modalità operative dei CLN nati durante l’occupazione nazista.101

Una svolta decisiva nel delineare il profilo di questo gruppo la si ebbe nel gennaio del 1946, quando il GEI unì la sua struttura operativa a quella del Comitato Istriano, divenendo il principale organo di collegamento con i gruppi attivi di resistenza presenti in Istria tramite i CLN clandestini. Il verbale di costituzione risale alla giornata dell’11 gennaio:

«Dopo laboriose consultazioni, si è proceduto alla costituzione del Comitato Istriano per il coordinamento dell’attività dei Comitati di Liberazione clandestini in Istria. Parteciperanno rappresentanti di Capodistria, Pirano, Umago, Parenzo, Rovigno e Pinguente. […]

Il G.E.I. continua nella sua attività sin qui svolta senza alcun mutamento notevole e riceverà ordini diretti dal Comitato Istriano. […]

Tanto l’assistenza da svolgere in Istria, quanto quella a favore degli esuli verrà espletata da un unico ente a capo del quale dovrà rimanere il segretario Violi [Ermanno].

Dovrà essere portato allo sviluppo massimo a cura del sig. Bassi [Francesco]102 con l’ausilio del sig. Baldi [Gino]. A tal fine il capo del servizio compilerà dei talloncini con

99 Sergio Cella, La liberazione negata. L’azione del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria, Del Bianco, Udine, 1990, p.67.

100 Per dare alcune indicazioni biografiche di massima, si rimanda ad un appunto inglese del 1949: «Rinaldo

Fragiacomo: Born at Pirano in 1903. Obtained his doctorate in economics and commerce in 1926. 1928 employed by Standard Oil Company in Trieste. When the Istrian C.L.N. was formed in 1947 he was invited to be president. Is a member of the Republican Party but does not hold any party office. An honest and hardworking individual, not remarkable. He is not free from blame for the irresponsible tendencies of the Istrian C.L.N.». National Archives UK, FO 482-4, Biographical notes, n. 41, leading personalities in Trieste, RT 1012/1.

101

Andrea Vezzà, Dalla caduta del fascismo al trattato di pace: il caso del primo CLN dell’Istria, in «Istria

Fiume Dalmazia – Tempi e cultura», n. 22, Istituto Regionale Cultura Istriano-fiumano-dalmata, Trieste, 2008, Mario Bonifacio, La seconda resistenza del CLN di Pirano d’Istria nel dopoguerra (1945-1946), IRSML-FVG, Trieste, 2006, pp. 70-73.

relativo questionario da inviarsi in Istria per essere completati dei dati necessari alla stesura di una periodica relazione per il nostro Governo. […]

Dovrà essere trasmessa al C.L.N. Venezia Giulia una richiesta di fondi per soddisfare le necessità di tutti i servizi e le sezioni. I fondi dovranno essere tenuti da Presidente, il quale, ad ogni prelevamento, consegnerà le somme spettanti all’ufficio assistenza esuli al sig. Violi, al servizio stampa al sig. Bassi.

Per le somme da inviare in Istria deciderà il comitato.

Prima di togliere la seduta si è deciso di conservare per massima clandestinità e di adottare -pertanto- nomi di battaglia.»103

Come presidente e segretario vennero nominati rispettivamente Rinaldo Fragiacomo, nome in codice Fulvio Coffe, e Ruggero Rovatti, citato nel documento con il nome di Ermanno Violi. Il primo verbale del GEI unificato al Comitato Istriano getta da subito una luce chiara sul profilo di intervento adottato dal gruppo. Si trattava innanzitutto di un’associazione a tutti gli effetti clandestina, con l’intento di agire in incognito non solo in Istria in relazione ai CLN presenti nei vari capoluoghi istriani, ma anche a Trieste, reale centro di coordinamento per tutta l’azione destinata ai territori sotto amministrazione jugoslava. Sin dalle prime battute si rilevava la necessità di agire in collegamento con il governo italiano, il cui ruolo andava letto secondo una duplice prospettiva: Roma rappresentava l’orbita all’interno della quale gravitare al fine di dare pregnanza alla propria attività politica, ma era a sua volta un centro da dover rendere edotto delle effettive condizioni del territorio, per sensibilizzarlo alle cause portate avanti dagli enti locali. Da qui l’importanza di una concreta attività informativa, svolta attraverso i comitati clandestini, un’attività in grado di giocare però in chiave funzionale al conseguimento di scopi politici ben definiti dall’obiettivo di rivendicare l’italianità dei territori contesi. Non mancava poi la dimensione dell’assistenza destinata agli esuli istriani, che evidentemente andava ad integrarsi armoniosamente con l’attività politica svolta in Istria, a Trieste e a Roma, secondo un raggio di azione articolato e assai vasto in grado di venire incontro alle ambizioni del GEI, da subito votato alla causa della difesa della Venezia Giulia e pronto a candidarsi come rappresentante della popolazione italiana rimasta in Istria. Come assistenza, politica e informazioni avrebbero finito per giocare in chiave funzionale ai progetti della PCM lo si vedrà in seguito, ma è da subito importante rilevare che il GEI, fin dalla sua nascita, lavorava secondo modalità affini a quelle della Presidenza.

Il GEI si era dotato nel frattempo anche di un organo di propaganda assai prezioso, ossia il giornale clandestino “Il Grido dell’Istria”, distribuito gratuitamente tra mille pericoli nei territori istriani ad opera dei CLN lì operativi. La pubblicazione del giornale era iniziata già nel luglio del 1945 a seguito della costituzione del Comitato Istriano. Si trattava di un foglio che aveva poco a che fare con la necessità di fare informazione sui fatti accaduti, dato che rispondeva ad una logica di puro orientamento dell’opinione pubblica istriana in senso anti-jugoslavo e anti-comunista, proponendo punti di vista e spunti retorici di sapore fortemente irredentista, volutamente e coscientemente votati alla radicalità delle proprie posizioni, in netta antitesi all’ipotesi annessionista jugoslava. Il proposito di partenza era quello di rifarsi ad un afflato ideologico di retaggio mazziniano, poco incline

a cedere il passo ad opinioni di tipo nazionalistico. In realtà, nonostante le buone intenzioni, il linguaggio tarato da vent’anni di propaganda fascista e l’accoglimento di progetti politici realizzabili solo in un clima assimilabile a quello del primo dopoguerra faceva assumere a tutto il giornale un taglio sentimentalista e rivendicativo che lasciava intendere atteggiamenti poco costruttivi, che fecero entrare il giornale nel mirino dei poteri popolari, i quali tentarono di osteggiarne in tutti i modi la diffusione.104 Al di là dei contenuti politici, il giornale rappresentava comunque un perfetto strumento di contatto con gli italiani rimasti in Istria, che attraverso quel foglio clandestino recepivano le direttive consigliate dal GEI, che suggeriva per esempio quale contegno tenere a seconda delle notizie che sulle trattative