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gli attori locali

1.3.1 Un nuovo quadro politico per Trieste: La Giunta d’Intesa dei partiti italiani

1.3.1.1 Risposte politiche: i casi della Lega Nazionale e del CLNI

La costituzione della Giunta d’Intesa avrebbe impattato con notevole vigore sulla dimensione politica locale. La volontà romana di imporre il proprio controllo politico sugli attori presenti in campo avrebbe scatenato infatti reazioni discordanti. I casi di maggior rilievo per quanto riguarda il successivo evolversi dei rapporti di forza che avrebbero interessato la Zona B del TLT sono rappresentati dalla Lega Nazionale e dal CLNI-GEI.

La Lega Nazionale da poco rifondata chiarì nel giro di breve tempo la propria posizione rispetto ai cambiamenti avvenuti in una lettera inviata alla PCM:

«Gli ultimi sviluppi politici della città, in particolare lo scioglimento del Comitato di Liberazione Nazionale e la formazione di tre blocchi di partito: destra – centro – sinistra consigliano il Consiglio Direttivo della Lega di precisare il Suo pensiero sulla posizione che la Lega intende assumere nella vita della regione.

In forma della tradizione storica, delle sue finalità e dell’attuale situazione politica, la Lega Nazionale desidera sottolineare che l’attività politica, nel senso di funzione contingente, non rientra nella sua competenza.

Come fine ad oggi la Lega ha riconosciuto in questo campo la supremazia del C.L.N. così riconoscerà domani l’ente che riconosciuto dal Governo Italiano, erediterà le sue funzioni.

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Ovviamente quando si parla di Trieste si deve intendere collateralmente anche la Zona B, dal momento

che tutti gli enti impegnati a fronteggiarne i problemi si muovevano in ambito triestino, l’unico capace di dare ospitalità a gruppi e associazioni che altrimenti in territorio istriano sarebbero stati costretti alla clandestinità o ad una difficilissima convivenza con i poteri popolari.

D’altro canto la Lega dichiara di voler formare l’unità degli italiani all’infuori dei partiti sotto il denominatore comune della coscienza nazionale per mezzo delle attività educativa, assistenziale, sportiva e ricreativa.

Tale richiesta trova la sua piena legittimità nella tradizione storica della Lega che in tale senso operò sotto la monarchia asburgica, ed ancor più della esperienza del momento. [sic] […]

È necessario dunque, a veduta del consiglio direttivo che a Trieste si adivenga fra gli Enti Italiani ad una chiara divisione di competenza.

Alla giunta di coordinamento dei blocchi politici sia demandata la direzione politica e nella sua sfera di competenza rientri anche ogni altra attività che sia emanazione diretta dei singoli partiti (squadre sportive – circoli culturali ecc.)

Alla Lega Nazionale, sia demandata l’attività educativa, assistenziale, sportiva e ricreativa di carattere nazionale apartitico. […]

Ora per iniziare un fecondo lavoro il consiglio Direttivo della lega Nazionale che il Governo di Roma esprima chiaramente la Sua opinione che chiarifichi definitivamente il campo di lavoro di competenza della Lega Nazionale.»136

Il segretario generale della LN Tullio Faraguna si era dunque espresso assai chiaramente. La protestata indipendenza della LN dai partiti viaggiava correndo su due principali binari: da una parte l’impossibilità di trovare espressioni partitiche in grado di dare una rappresentanza accettabile e vicina ai partiti di governo alla gran mole di iscritti alla LN, molti dei quali da subito avevano dimostrato atteggiamenti politici vicini all’estrema destra. Dall’altra la LN aveva esplicitamente richiesto una piena libertà di movimento sul territorio, senza dover dipendere da strutture politiche mal disposte a lasciare margini d’azione agli enti che controllavano. Si trattava di forme di autonomia alle quali l’ente era stato abituato sin dall’inizio della sua secolare vicenda, ma che gli avevano causato lo scioglimento durante il periodo fascista, e che avrebbero finito per danneggiarne in maniera irreparabile i rapporti con il nuovo governo repubblicano, perfettamente convinto di dover esercitare un ruolo egemonico sui territori di frontiera e poco propenso ad accogliere le istanze provenienti dalla dimensione locale.

Assai diversa, anche se non priva di discontinuità, fu la reazione del GEI-CLNI. La necessità di avviare una discussione sul futuro dell’associazione e sulla linea politica de essa seguita si era palesata già nell’agosto del 1946, quando la situazione internazionale alla Conferenza di Pace stava virando verso la soluzione del TLT, inaccettabile per il CLNI. La discussione interna arrivò alle seguenti conclusioni:

«[Bassi]: Da un anno e più lavoriamo, perché abbiamo sempre creduto nostro dovere di assistere i nostri fratelli della zona B sia materialmente che moralmente. Abbiamo assicurato sempre la buona fede, che l’auspicato ritorno alla Madrepatria sarebbe avvenuto. Ma oggi le cose – a mio avviso – sono mutate. Ritengo che la nostra attenzione deve subire un diverso orientamento. Dobbiamo fissarci una scopo da raggiungere, continuare questo sistema di lavoro sarebbe fuori dalla realtà. Cosa resta da fare? Per l’assistenza: la linea sin qui tenuta potrebbe essere buona.

Per la propaganda: è da insistere sulla falsariga tracciata, in considerazione che la soluzione del problema è lontana e che in Italia paurosamente non si conosce il problema stesso. Ma per l’attività politica la cosa è differente. Bisogna scegliere un altro chiodo da battere. Pretendere – a mio criterio – dal Governo, dall’estero, dall’O.N.U., ecc. un controllo internazionale della zona. Con una serie di appelli di telegrammi è necessario far conoscere al mondo le disperate condizioni della nostra terra ed invocare dai reggitori un controllo internazionale della zona.»137

I problemi posti in seno al direttivo, al di là delle soluzioni prospettate da Bassi, fotografavano una situazione delicata per il CLNI, che doveva reimpostare la propria azione sia nei confronti degli italiani presenti nella Zona B, e di cui l’ente si professava il rappresentante, sia nei confronti del Governo. A gravare sulla crisi determinata dall’evolversi della situazione internazionale era però anche la questione dello scioglimento del CLN della Venezia Giulia, dal quale il CLNI formalmente dipendeva. La prima reazione fatta registrare dal direttivo era la ferma volontà di mantenere il funzionamento dell’associazione, dandole un profilo quanto più indipendente. Si trattava di una posizione affine a quella presa contemporaneamente dalla Lega Nazionale e da altri enti triestini, che intravvidero nell’ambito di un contesto tutto in fieri l’opportunità di guadagnare spazi d’intervento e di prestigio più consistenti. Anche nel caso del CLNI il momento attraversato suggeriva di rifarsi ad una linea il più indipendente possibile anche dall’influenza dei partiti:

«Rovatti domanda quale situazione si verrebbe a creare nel C.L.N. Istriano se il C.L.N. Regionale dovesse essere sciolto; Cesare risponde che il C.L.N. Istriano, come i C.L.N. locali delle cittadine istriane continueranno la loro attività ugualmente, in quanto la situazione istriana è del tutto diversa da quella triestina.»138

«Bassi insiste per la nostra piena autonomia da ogni Giunta ed Ente per il finanziamento e sostiene la necessità di avere frequenti contatti con il Comitato Ministeriale per la Venezia Giulia. Circa la necessità di non fondare l’azione del C.L.N. Istriano sui partiti, sono tutti d’accordo […].»139

Nel mese di febbraio andava a sommarsi alla dimensione assi complessa vissuta dal CLNI anche la questione dei finanziamenti. Il GEI-CLNI aveva fino a quel momento ricevuto fondi da Callipari e, in buona parte, dal CLN della Venezia Giulia. In corrispondenza del riassetto da parte governativa della struttura operativa fino a quel momento mantenuta sui territori, le erogazioni erano state sospese, lasciando la maggior parte delle associazioni, CLNI compreso, prive di copertura finanziaria. La soluzione individuata dal direttivo fu quella di mandare un’infuocata lettera all’Ufficio Venezia Giulia, ribadendo l’importanza della propria funzione e dettando le condizioni per la buona continuazione dei rapporti tra il CLNI e le istituzioni centrali:

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IRCI, Fondo CLNI, verbale 30.08.1946. 138

Ivi, verbale 23.01.1947. 139 Ivi, verbale 30.01.1947.

«Il Comitato di Liberazione Nazionale Istriano ed il Gruppo Esuli Istriani, di fronte all’ambiguo rinvio di una forma di auto finanziario e al progettato assorbimento in enti politici o assistenziali locali, hanno deciso all’unanimità:

- Di fare presente, per l’ultima volta, a chi di dovere l’estrema precarietà della situazione dei due enti dovuta al mancato finanziamento da parte del governo; - Eventualmente di procedere allo scioglimento dei due enti di fronte a progettate

soluzioni parziali ed incompatibili con l’attività finora svolta e con la gravità della situazione istriana.

Perché siano ben chiari a tali autorità l’importanza, le funzioni, e la qualità del lavoro svolto in venti mesi, […] si ritiene opportuno esporre a grandi linee la struttura e il funzionamento dei due enti:

- Il C.L.N. per l’Istria di cui l’ufficio assistenza (G.E.I.) diventato nel 1945 l’etichetta atta a coprire una parte del lavoro clandestino e semi clandestino è l’organismo di coordinamento dei vari C.L.N. dei centri istriani […].

- Ha svolto opera di assistenza in zona B per mezzo di un’organizzazione capillare di comitati clandestini e di nuclei informatori che mantengono il contatto continuo tra la zona B e Trieste. […]

- Il C.L.N. – G.E.I. è l’unico ente che sia in grado di fornire informazioni politiche ed economiche sui profughi ed esuli che abbandonano la zona B: la continua corrispondenza con enti ufficiali locali e con tutti i comitati d’Italia conferma l’importanza e la delicatezza di tale attività. – […]

Da quanto sopra emerge che:

- Il C.L.N. – G.E.I. non deve essere minimamente pregiudicato dalla nuova inquadratura di enti assistenziali a Trieste. […] Lo scioglimento del C.L.N. Regionale non può avere alcun peso sull’azione del C.L.N. Istriano – G.E.I., destinato a continuare la su attività dalle particolari esigenze che si vanno aggravando nella zona B.;

- L’attività del C.L.N. – G.E.I. non può essere assorbita e inquadrata in organizzazioni assistenziali o politiche locali che curano solo alcuni dei molti problemi di ogni natura che vengono a maturarsi. […]

Concludendo il C.L.N. Istriano – G.E.I. pone nei seguenti ben chiari termini il problema: - O CONTINUARE A VIVERE AUTONOMO E IN TAL CASO PER IL FUNZIONAMENTO DELLE ATTIVITA’ SOPRA ACCENNATE RICHIEDE UN FINANZIAMENTO MENSILE DI SEI MILIONI. È INTUITIVO CHE L’UNICA DIPENDENZA AMMISSIBILE PUO’ ESSERE QUELLA DI CARATTERE AMMINISTRATIVO NEI RIGUARDI DELL’ENTE FINANZIATORE. […]

- O CESSARE TUTTE LE FORME DI ATTIVITA’ DOPO AVER PORTATO A CONOSCENZA DI TUTTI GLI ISTRIANI DELLA ZONA B E DI TRIESTE LE RAGIONI E LE RESPONSABILITA’ DI TALE CESSAZIONE.

È CHIARO CHE IN TAL CASO IL C.L.N ISTRIANO – G.E.I. NON POTRA’ ASSUMERE ALCUNA RESPONSABILITA’ DI QUANTO L’ESASPERATO DOLORE DEGLI ISTRIANI POTREBBE PROVOCARE.»140

I timori espressi in questa lunga e minacciosa lettera si riferivano soprattutto alla paventata ipotesi di sottoporre l’azione del GEI-CLNI alla direzione del Comitato per l’assistenza agli esuli giuliani e dalmati che era stato istituito nel luglio del 1946 a Trieste sotto la direzione di Gino Palutan, ex dirigente delle ACLI e prefetto della Zona A. Il Comitato era sorto per rendere più diretto l’intervento della Presidenza sulla questione degli esuli, che proprio nell’estate di quell’anno si stava definitivamente rivelando un fenomeno strutturato e non meramente contingente. L’obiettivo era quello di svincolare la questione assistenziale dalle direttive della compagine ciellenista che fino a quel momento aveva collaborato con l’Assistenza Postbellica nella sistemazione dei profughi arrivati a Trieste. Era evidente che la Presidenza mirasse in quel momento ad un più vasto riutilizzo in campo politico del fenomeno, possibile solo attraverso forme di contatto diretto con il problema che non dovessero essere mediate con i gruppi locali, che nel caso del CLN della Venezia Giulia si erano dimostrati ben poco flessibili nell’accettare le imposizioni governative. Il Comitato, che venne a Trieste ben presto chiamato “Comitato Palutan”, dipendeva direttamente dalla Presidenza anche per quanto riguardava la questione dei finanziamenti, che risultavano essere l’aspetto più scottante delle relazioni tra le periferie e Roma, dato che dalle modalità con cui venivano distribuiti e ricevuti i fondi dipendevano gli spazi di autonomia concessi ai vari enti locali.141 È per questa ragione che il CLNI ricercava un finanziamento diretto da parte degli uffici della PCM: per aumentare il proprio prestigio sul territorio, vantando relazioni non subordinate ad altre formazioni politiche e associative locali.

I timori di assorbimento del CLNI erano fondati dalla proposta avanzata da Palutan di fare in modo che si venisse a creare una omogeneità amministrativa tra i vari enti che si occupavano di assistenza agli esuli. Le risposte individuate inizialmente dal CLNI per scongiurare tale ipotesi passarono attraverso due strategie: la prima rivolta alla ridefinizione di alcuni assetti interni e la seconda fondata sulla necessità di individuare nuovi temi sui quali poter battagliare politicamente e attorno ai quali riunire l’azione e le aspirazioni degli istriani. Lo scopo era quello di elaborare nuovi contenuti politici in grado di distinguere l’azione del CLNI rispetto agli altri enti, rendendolo così un nodo irrinunciabile del tessuto giuliano.

Un duro colpo all’assetto originario dell’associazione venne dato attraverso la sospensione delle pubblicazioni del “Grido dell’Istria”, contestuale al totale assorbimento nel CLNI del GEI, trasformato nella sua “Sezione Assistenza”. Lo scopo era quello di abbandonare progressivamente lo schema operativo che sin dall’inizio aveva previsto l’assoluta clandestinità dell’associazione anche a Trieste, virando verso la creazione di un ente in grado di dare pubblica espressione alla propria attività e alle proprie lotte politiche. Il GEI dunque cessava di essere uno strumento “di lotta” sul territorio, delineando più chiaramente la propria linea politica e mettendola al riparo dalle accuse di collusione

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UZC, Sez. II, Comitati e associazioni, b. 4, vol. II, n. 200-6-25.

ideologica con il fascismo, avanzate a causa dell’acceso irredentismo che aveva connotato fino a quel momento le pagine del giornale clandestino.

«Il primo punto del programma del C.L.N. è la “difesa dei diritti umani e nazionali degli istriani”. L’attività politica e propagandistica si svolgerà formalmente su un equilibrio tra le tendenze dei partiti di destra e sinistra, nell’intento di tener conto della realtà politico-sociale della vita del popolo italiano. […]

Il G.E.I. prenderà la sua autentica denominazione in Sezione Assistenza del C.L.N. Istriano […]

Per quanto riguarda la Sezione Stampa e Propaganda il prof. Bassi fa le seguenti dichiarazioni:

“[…] [Bassi] Il “Grido” è stato a testa bassa accusato di fascismo. […] Dovrei dunque andarmene, da questo C.L.N. nel quale le correnti di partito predominano. La mia coscienza me lo impone. Ma per dovere di italiano rimango al mio posto, mantengo la posizione, accetto la cellula di sinistra alla Sezione da me diretta. Prevedo però che questo ente, sulla strada per la quale è avviato, avrà vita breve. […]

Cesare: il prof. Bassi ha usato termini non troppo felici, forse offensivi, quando ha detto che accetta la cellula di sinistra alla Sezione Stampa e Propaganda. Ad ogni modo, in considerazione che il “Grido” è soppresso, non vedo l’utilità di una commissione stampa. Propongo però che i bollettini notizie quindicinali siano approvati preventivamente dal C.L.N. Istriano.

La proposta Cesare è accolta.»142

Da un punto di vista politico, il gruppo optò per l’individuazione di tematiche rivolte in maniera specifica al problema istriano e della Zona B. Lo spunto venne dato dal vuoto normativo che in quei mesi stava interessando la situazione degli esuli istriani, ai quali da un punto di vista ufficiale non era riconosciuto lo status di profugo come nel caso dei polesi, con un conseguente stallo amministrativo nella concessione di assistenza e di aiuti continuativi. Per questo motivo la delegazione che di lì a poche settimane avrebbe raggiunto Roma si ripropose di mettere sul tavolo la necessità di equiparare in termini di assistenza i profughi istriani a quelli polesi, proponendosi come ente in grado di cooperare alla stesura di possibili soluzioni:

«Una delegazione del C.L.N. composta dal Presidente dott. Fragiacomo e dal prof. Moratto partirà martedì prossimo per Roma allo scopo:

- Di sollecitare la somministrazione di fondi necessari senza lesinare nelle tinte fosche della realmente fosca situazione delle abbandonate cittadine istriane. […]

- Di ottenere il riconoscimento governativo della validità delle attestazioni di esodo rilasciate dal C.L.N. Istriano ai fini di un trattamento di assistenza nei confronti degli esuli della zona B in Italia, almeno in parità a quello in uso verso i polesi.»143

Nonostante i rimedi alla situazione individuati dal direttivo, le risposte positive da Roma, che avrebbero dovuto esprimersi attraverso l’erogazione di finanziamenti, si

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IRCI, Fondo CLNI, verbale 02.03.1947. 143 Ibidem.

facevano attendere. Di fronte alle difficoltà, la dirigenza continuò ad insistere sulla necessità di una marcata indipendenza dell’associazione da altri enti o partiti.

«[Bassi] La precisazione dei nostri rapporti verso i partiti politici triestini dell’ex C.L.N. è essenziale per ogni nostro passo. […]

Zoppolatto interviene con un’asserzione che egli si fa premura di sottolineare quale sua personale opinione, confortata […] dalla preoccupazione che avrebbero i partiti nel costituire delle sezioni in zona B destinate ad entrare nel T.L. teme cioè che il C.L.N. venga esautorato qualora i capi sezione clandestini dei partiti politici agirebbero in conformità a disposizioni specifiche delle Federazioni di Trieste, dimenticando o praticamente neglegendo [sic] qualsiasi coordinamento di attività politica del C.L.N. Istriano.

Cesare: ravvisa nei partiti di Trieste l’assoluta mancanza di unità d’intenti che invece è stata la base del nostro C.L.N. e dei clandestini in zona B. Quindi pensa che solo il C.L.N. Istriano può interpretare oggi realmente gli interessi della popolazione istriana, la quale solo in minima parte è inquadrata nei partiti.»144

Se il CLNI rimaneva fermo nelle sue posizioni, Roma continuava a far calare il suo silenzio sui futuri finanziamenti, costringendolo così a forti instabilità interne:

«La discussione viene aperta da Zoppolatto, che propone due formule inerenti la struttura del C.L.N., la prima sulla base dei partiti, la seconda sulla base della rappresentanza per mandamento. La seconda viene accettata da tutti, tranne che da Bassi, il quale si oppone chiedendo la revisione della struttura secondo la costituzione partitica. […] Il prof. Bassi blocca ogni ulteriore discussione costruttiva, incontrando viva reazione fra gli altri membri.»145

Sarebbe seguito un vivace alterco che provocò l’abbandono da parte di molti del consesso e la chiusura della seduta. Era evidente che la situazione fosse giunta al suo capolinea. Per questa ragione agli inizi del mese di agosto il direttivo venne sciolto e a Fragiacomo, riconosciuto come l’esponente più in vista del gruppo, venne dato il mandato di ricostituire su base mandamentale l’associazione, ossia creando una struttura basata sui rappresentanti dei singoli CLN clandestini.

I verbali a questo punto, con la loro assenza, segnano l’interruzione momentanea di tutte le attività del GEI-CLNI. Tale vuoto nella documentazione non consente di risalire alle complesse consultazioni tenute da Fragiacomo sia con i componenti del disciolto CLN Istriano che con i rappresentanti romani presenti a Trieste. Quel che è certo è che il progressivo consolidamento di una struttura verticistica sul territorio ad opera della PCM ebbe le sue ricadute sui progetti dell’associazione, dato che, andando al di là di ogni aspettativa e contro le volontà espresse dall’assemblea, il 7 novembre del 1947, dopo lungo silenzio, il CLN dell’Istria si rifondava su base politica, segnando la sua stretta interdipendenza con i partiti rappresentati al suo interno dai componenti del direttivo:

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Ivi, verbale 21.02.1947. 145 Ivi, verbale 21.07.1947.

«Presenti: Fragiacomo – Macillis (P.R.I d’A); Giuricin – Cesare (Socialista); Bologna – Zacchigna (Democrazia Cristiana); Burian (Liberale). – Rovatti - segretario.

a) Il dott. Fragiacomo annuncia l’avvenuta ricostituzione del C.L.N. istriano su base politica, il cui compito è quello di proseguire l’opera svolta dal precedente organismo in difesa dei diritti umani e nazionali degli istriani. […]

b) Lo statuto viene dunque così fissato:

1- Il C.L.N. dell’Istria è un ente politico composto di nove membri, con quattro voti deliberativi relativi ai quattro partiti politici che ne fanno parte (D.C. – P.L.I. - P.R.I. d’A. - P.S.). Ogni partito politico è rappresentato da due delegati. Sono quindi membri del C.L.N. i signori:

Fragiacomo Rinaldo, Macillis Marco (P.R.I. d’A) Bologna Giacomo, Zacchigna Pellegrino (D.C.) Burian Arturo, Ermanni Venerio (P.L.I)

Giuricin Giovanni, Cesare Giorgio (P.S.)

Viene nuovamente riconosciuto che la presidenza rimane attribuita al dott. Rinaldo Fragiacomo del P.R.I. d’A) […].

4- Il C.L.N. dell’Istria ha alle sue dirette dipendenze una sezione Stampa e Propaganda, il cui organico è composto dal capo ufficio, un impiegato, un fattorino.

5- Il C.L.N. dell’Istria esercita il controllo e mantiene il collegamento con la Sezione Assistenza, il cui compito è di curare gli interessi degli esuli residenti nella città di Trieste, tranne il suo segretario generale.

6- Dal C.L.N. dell’Istria dipendono direttamente tutti i comitati clandestini delle