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gli attori locali

1.4.1 Il CLNI e la Giunta d’intesa: storia di un difficile inizio

I verbali delle sedute del CLNI, riprese nel dicembre del 1947, segnalavano da subito, accanto ad una ripresa delle missioni a Roma, la presenza di alcuni attriti nell’impostazione dei rapporti con la Giunta d’Intesa, della quale il CLNI costituiva una sorta di sezione staccata, ma comunque da essa dipendente, dedicata alla risoluzione della questione istriana e della Zona B. I problemi erano nati a seguito di una richiesta avanzata dal CLNI di ottenere la nomina di due rappresentanti del CLNI all’interno della Giunta. La risposta negativa non si era fatta attendere:

«Il segretario relaziona sugli argomenti trattati in una riunione alla quale egli e Cesare sono intervenuti presso la Giunta d’Intesa dei Partiti Politici. In tale riunione il Presidente della Giunta prof. Dulci ha fatto conoscere che la Giunta stessa in linea di massima si è dichiarata contraria a che due dei nostri rappresentanti abbiano seggio permanente in seno all’organismo, ma ha auspicato una presa di contatto settimanale al fine di discutere gli argomenti di interesse comune.»147

In quel frangente veniva anche reso noto che la Giunta, nonostante gli impegni già presi, non si era dichiarata disponibile nell’immediato ad erogare i fondi per le attività del CLNI. Ad intervenire nella questione molto probabilmente fu lo stesso UZC. Non è possibile risalire alle direttive da esso impartite alla Giunta tramite contatti diretti, ma esso, a seguito delle proteste del CLNI, nel giro di pochi giorni avrebbe finanziato direttamente l’associazione istriana con un milione e mezzo di lire, sufficienti a colmare i vuoti di cassa e al proseguimento delle attività dell’ente. Il gesto ebbe nell’arco di una settimana notevoli ricadute nel contegno tenuto dalla Giunta nei confronti del CLNI, dato che Fragiacomo venne interpellato per fare parte di una speciale commissione istituita con il compito di redigere una dichiarazione destinata al governo italiano sulla questione del TLT e della nomina del suo Governatore. Sbloccati successivamente i fondi per le attività del CLNI, la Giunta avrebbe finito per trovare un compromesso che le consentisse di appianare le divergenze seguite alla mancata nomina al suo interno di due rappresentanti istriani:

«Con lettera del 4 corrente la Giunta comunicava che era stata deliberata la partecipazione di un rappresentante del C.L.N. alle riunioni del lunedì, durante le quali vengono trattati argomenti di interesse comune. Il presidente Fragiacomo, quale membro effettivo e Bologna Giacomo, quale sostituto, vengono delegati quali rappresentanti.»148

147

Ivi, verbale 21.12.1947. 148 Ivi, verbale 11.02.1948.

Quel momento avrebbe segnato un più costruttivo rapporto tra le due entità politiche, che da allora in poi avrebbero collaborato in maniera stretta, soprattutto in vista delle successive manifestazioni pubbliche a favore dell’italianità della Venezia Giulia, volte a mobilitare anche gli istriani ormai stabilitisi a Trieste a seguito dell’abbandono della Zona B e delle aree a sud del Quieto.

Ma le relazioni più fertili il CLNI le mantenne non tanto a Trieste quanto piuttosto a Roma, reale fulcro della sua pianificazione politica.

1.4.2 Nuovi piani operativi per il CLNI: le mozioni per l’ONU

Il notevole salto di qualità fatto registrare dal CLNI nell’ambito dei suoi rapporti con Roma è dimostrabile attraverso i sempre più frequenti e significativi contatti avuti sia con il MAE che con la PCM. Era soprattutto l’ambiente diplomatico ad aver registrato l’importanza del ruolo politico del CLNI, dovuto alla sua posizione di intermediario con gli istriani rimasti nella Zona B, i quali erano oggetto di un interesse che guardava assai più lontano rispetto alla semplice erogazione di servizi assistenziali.149 Il MAE dunque stava per cucire addosso al CLNI un ruolo politico che avrebbe dovuto conformarsi ai progetti governativi, che in quel momento ritenevano prioritario che «l’elemento italiano delle zone da cedere alla Jugoslavia non [subisse] ulteriori sostanziali diminuzioni».150

L’idea di portare ad altri e più elevati livelli le lotte politiche del CLNI era arrivata infatti per la prima volta proprio dal MAE, con il quale il CLNI aveva iniziato ad intrattenere frequenti rapporti anche tramite la Rappresentanza Italiana151 a Trieste, ossia la delegazione ufficiale del MAE nel capoluogo giuliano, alla quale non si era voluto dare la denominazione di “ambasciata” per non riconoscere l’ufficialità del TLT e della Zona A.152

Casardi, a capo della delegazione, aveva, durante un colloquio avvenuto con i rappresentanti del CLNI nel novembre del 1947, paventato l’ipotesi di indirizzare all’ONU una nota di protesta dell’associazione giuliana sulla Zona B:

«Il Presidente riferisce di essere stato ricevuto, assieme a Cesare e Rovatti, dal comm. Casardi della Delegazione Italiana a Trieste, al quale è stata illustrata la situazione dell’Istria (Zona T.L e zona jugoslava). Il rappresentante del nostro governo ha invitato il C.L.N. a presentargli quanto prima una relazione sulle condizioni politiche ed economiche della zona nord Quieto, a prescindere da ogni altro passo che – a suo giudizio – deve venir compiuto direttamente all’O.N.U.»153

Si trattava di un passaggio importante, dato che per la prima volta prendeva forma l’idea di un intervento del CLNI maggiormente strutturato, non più legato al contesto locale e inscritto nella dimensione propria delle conflittualità giuliane. Si parlava dunque non solo

149

AMAE, Affari Politici 1950-1957, b. 507, telespresso n. 02904 del 22.02.1951 150 Ivi, b. 627, telespresso n. 06104 del 28.02.1947.

151

A partire dal 1951 avrebbe poi assunto il nome di Missione Italiana a Trieste. 152

A. Millo, La difficile intesa, cit., p. 33. 153 IRCI, Fondo CLNI, verbale 14.11.1947.

di un riconoscimento importante per il CLNI, ma era stata messa in campo anche la consacrazione del tema della Zona B come spunto politico di discussione a livello internazionale fatto proprio dal governo italiano, che a seguito del Trattato di Pace aveva chiarito definitivamente i punti fermi delle proprie rivendicazioni. Di questo stralcio di relazione non può però sfuggire la non perfetta aderenza degli obiettivi di riferimento tra i soggetti in campo: Fragiacomo era andato da Casardi con lo scopo di sensibilizzarlo ai problemi dell’intera Istria, anche di quella compresa nella zona a sud del fiume Quieto, ossia nei territori già di fatto annessi dalla Jugoslavia e dove concretamente agivano ancora CLN clandestini legati al CLNI. Da sottolineare il modo in cui Casardi glissò il problema, rispondendo solo in merito alla Zona B, lasciando così intendere quello che era già chiaro a tutti, ossia l’impossibilità di mettere in discussione i territori al di fuori del TLT. Si trattava di un particolare importante per capire da subito come attori locali e governo si muovessero su diversi piani di consapevolezza in merito alla situazione reale, secondo dislivelli che, soprattutto nel corso del tempo, si rivelarono insanabili motivi di contese.

Il CLNI si dimostrò immediatamente ricettivo alle sollecitazioni, e per questo motivo mise subito al lavoro le sue menti più brillanti al fine di arrivare in tempi brevi al testo di una mozione da inviare all’ONU:

«Cesare presenta uno schema della relazione alla situazione politico-economica della zona istriana del T.L., relazione che dovrà essere rimessa all’O.N.U. ed al Governo italiano, secondo la raccomandazione di Casardi. […] La nota dovrà richiedere, in attesa della nomina del Governatore, che l’O.N.U. invii sul posto suoi osservatori per accertare la veridicità dei dati esposti.»154

Il progettato intervento internazionale portò il CLNI ad intensificare i suoi contatti con il MAE. Fragiacomo si recò infatti a Roma per conferire con vari funzionari ed infine con il ministro Sforza in persona:

«Fu commentata la compilazione del noto materiale documentato per l’O.N.U. – A questo proposito mi fu fatta rilevare l’inopportunità per il momento di dare pubblicità a questa interessante iniziativa, non era conveniente né opportuno mettere in tal modo sin d’ora sull’avviso l’avversario il quale così avrebbe avuto modo di prepararsi al contrattacco. D’altra parte anche agli effetti propagandistici del problema istriano, l’opinione pubblica ne sarebbe stata così fortemente impressionata oggi, ma al momento opportuno vale a dire quando l’O.N.U. stessa se ne sarebbe interessata e dal Consiglio di Sicurezza l’eco fosse stata rimbalzata sulla stampa mondiale, in Italia l’uomo della strada non ci avrebbe fatto tanto caso […]. Ebbi vive raccomandazioni di continuare costantemente nella raccolta di ogni altra prova o documento del genere».155

Questo primo passaggio della relazione sulla missione a Roma del CLNI si rivela fondamentale per capire non solo il ruolo giocato dalle informazioni nell’ambito dei rapporti diplomatici, ma anche la posizione del CLNI impegnato a raccoglierle. Le informative realizzate dal CLNI non erano un mero strumento esplorativo, necessario a

154

Ivi, verbale 20.11.1947.

prendere il polso della situazione dei territori della Zona B, in fondo già nota agli ambienti governativi che ricevevano quotidianamente segnalazioni fiduciarie sui fatti che vi accadevano e sulla situazione politica ed economica. Le notizie raccolte dal CLNI non avevano il semplice compito di fare informazione, di illustrare in maniera lucida e obiettiva i fatti accaduti e le loro prevedibili ricadute. Le informazioni in questo caso nascevano come strumento di propaganda, creato appositamente per provocare la mobilitazione delle opinioni, e per tenere impegnati nella lotta politica al confine orientale i gruppi sociali e politici che vi si muovevano. Attraverso le notizie si mirava a connotare politicamente le vicende umane di chi abitava nella Zona B, coinvolgendo in un unico e complesso piano politico quei nuclei sia famigliari che politici che avevano scelto di abbandonare la Zona o di restarvici. In secondo luogo, investire di tali compiti informativi un attore locale nato con precisi scopi di lotta politica, fortemente connotati dal punto di vista morale e umano, significava innescare sul territorio l’azione di un soggetto che avrebbe saputo tradurre la propria fedeltà a Roma in una costante azione rivolta ai singoli e alle associazioni locali a lui legati, mettendo in contatto livelli che altrimenti difficilmente avrebbero saputo comunicare. Era in questo modo che il CLNI si era trasformato in una interfaccia capace di far assorbire in profondità al tessuto triestino e, soprattutto, istriano, i programmi romani. Questo ruolo di anello di congiunzione tra Roma e la Zona B sarebbe stato però assai gravoso per un ente forse impreparato politicamente e fortemente coinvolto dal punto di vista emotivo. Non dimentichiamo infatti che la maggior parte dei suoi componenti non solo proveniva dall’Istria, ma lì aveva lasciato famigliari, amici e beni, elementi di una sfera privata che necessariamente finivano per alterarne la lucidità politica. La dirigenza del gruppo non era infatti dotata di quella freddezza richiesta dai delicati compiti che le erano stati affidati e dalla natura dei contatti intrattenuti con personalità istituzionali dotate di ben altro bagaglio, come nel caso del ministro Sforza:

«Puntualmente come preannunciato siamo stati introdotti alle 19 nell’Ufficio del Ministro. Questi si disse ben lieto di sentire i cari amici di Trieste e dell’Istria, in particolar modo si disse ansioso di sentire la voce degli italiani, i quali, ripetè, stanno sopportando l’urto del mondo slavo pervaso dall’ansia febbrile, caratteristica di popolo teso all’espansione, com’è appunto oggi della Jugoslavia ai nostri confini orientali. Mi chiese di Capodistria, di Pirano, del vivere della nostra gente, delle loro difficoltà, delle loro delusioni e delle loro speranze. Capiva benissimo come l’urgere degli Slavi alle porte di Trieste era paragonabile a quello dei Turchi alle porte di Vienna. Purtroppo la nostra generazione dovrà per parecchio tempo vivere nell’angustia di tale situazione. Bisogna che anche gli Slavi smaltiscano la loro febbre di conquista; ne sarete in un primo tempo scossi – ha detto Sforza – ma alla fine il diritto che ci è dato dalla nostra superiore civiltà dai nostri diritti storici, geografici, ecc. avrà la sua riuscita e ciò senza arrivare al conflitto armato che tutti noi dobbiamo deprecare. Bisogna rincuorare i nostri fratelli comunque a resistere ed a restare sul posto, bisognerà studiare il miglior modo di metterli in condizione di un tanto. […]

Il memoriale da noi presentatogli era prova [per lui] della nostra maturità democratica, dell’alto nostro senso di civismo e di un ammirevole sentimento nazionale, talchè [sic] lo qualificava documento da potersi presentare in qualsiasi cancelleria europea. […]

La riorganizzazione dell’Ufficio Venezia Giulia a Roma gli dava poi la piena garanzia che in brevissimo tempo si sarebbe cominciato a fare molto di più che per il passato, anche e soprattutto per la Zona B del futuro T.L.T. […]

Siamo perfettamente consapevoli che ulteriori sacrifici non sono più possibili – ha concluso - sul confine orientale; non dovete pertanto temere ulteriori compromessi di sorta»156

Sulla riproposizione fedele delle parole di Sforza in sede di direttivo possono essere sollevati pochi dubbi, dato che Fragiacomo si era fin dall’inizio distinto per la precisione delle informazioni riportate a seguito dei colloqui romani, le cui parole costituivano per lui e per gli altri componenti delle vere e proprie pietre sulle quali fondare la propria azione, e che per questo motivo andavano registrate con assoluta precisione onde evitare errori e incomprensioni. Al di là delle valutazioni sulle opinioni Sforza, è opportuno soffermarsi sul contegno tenuto dagli uomini delle istituzioni nei confronti di associazioni come il CLNI. Quello che risulta evidente in questa prima fase è il tentativo di far percepire agli attori locali un perfetto allineamento delle intenzioni governative con quelle dei protagonisti delle lotte portate avanti sul territorio. Se il CLNI riteneva di rappresentare il sentimento degli istriani, occorreva fargli percepire la vicinanza delle istituzioni italiane, affinché gli fosse possibile agire con motivazione nel senso di un mantenimento del gruppo italiano sui territori contesi, come chiarito dal già citato appunto del MAE e dallo stesso ministro. Le parole di Sforza vanno interpretate come una sorta di iniezione di fiducia ed entusiasmo al CLNI, il quale avrebbe poi dovuto trasmetterla agli istriani presenti a Trieste e nella Zona B. Quello che però probabilmente a Sforza sfuggiva era la gravità delle conseguenze che tali atteggiamenti avrebbero provocato: comunicare ad un ente come il CLNI la assoluta impossibilità di compromessi sulla Zona B, così come presentare una situazione piena di rosee certezze per la causa italiana avrebbero finito per far muovere il CLNI in una realtà frutto di convinzioni indotte e in buona parte prive di fondamento, innestando meccanismi illusori che, senza dubbio, avrebbero finito con il rendere più entusiasta e positiva l’azione dell’ente sul territorio, ma che d’altro canto sarebbero divenute ingestibili al palesarsi delle prime difficoltà, come di fatto avvenne.

Sforza inoltre si rivelava totalmente miope nella valutazione del materiale presentato dal CLNI, che a stretto giro avrebbe infatti finito per creare complicazioni burocratiche.

Il ministro aveva messo in contatto il CLNI con Mascia, osservatore italiano presso la segreteria dell’ONU, per pianificare la consegna della mozione. Nel frattempo nei primi giorni di febbraio si erano verificati disordini a Cittanova. Si trattava degli ultimi colpi di coda di una serie di agitazioni provocate dalla minacciata espulsione, formulata da parte di alcuni esponenti dei comitati popolari, che aveva colpito nel gennaio 25 persone residenti a Cittanova le quali, temendo violenze, avevano abbandonato la città. Ai disordini erano seguiti vari arresti e la tensione sarebbe ulteriormente salita in corrispondenza dell’omicidio di un sostenitore della causa italiana, Giuseppe Varin, avvenuto nella notte tra il 3 e il 4 febbraio ad opera di non identificati militanti di sinistra. Vennero organizzate immediatamente manifestazioni di protesta, che avevano provocato la reazione della polizia jugoslava con l’arresto di alcuni attivisti italiani, poi successivamente rilasciati. I fatti

avevano scatenato un’accesa campagna stampa contro i poteri popolari, e il CLNI, oltre ad essere intervenuto con sue dichiarazioni sulla questione, colse l’occasione per inserirvi un riferimento anche nella mozione poi inviata all’ONU, con annessa raccolta di documenti sui fatti.

Non erano mancate in merito preoccupazioni negli ambienti diplomatici. Guidotti, della Rappresentanza italiana a Trieste, si esprimeva in questi termini sulla nota:

«Si tratta di un documento […] che forse risente, per alcuni aspetti, della comprensibile passione dei suoi compilatori, ma che dà dimostrazione, nel suo complesso, anche se, per evidenti motivi, le prove addotte non hanno potuto essere precise come era desiderabile, di una realtà che non è possibile ignorare.»157

Critiche molto pesanti al materiale inviato dal CLNI erano state avanzate anche dalla Commissione Confini della Segreteria generale del MAE, dato che il funzionario Fransoni non aveva avuto remore nel giudicare la nota «non […] sufficientemente circostanziata e documentata per lo scopo che si propone».158

Nonostante tutto, nel CLN regnava l’entusiasmo e la convinzione diffusa di aver compiuto un passo importante per la causa istriana, ma una comunicazione di Mascia avrebbe gelato gli animi. Infatti il memoriale sui fatti di Cittanova non era stato inoltrato alla Commissione per i Diritti dell’Uomo:

«Mi permetto di richiamare l’attenzione dell’E.V. sulla risposta datami dal signor Cordier (cittadino americano) [direttore del gabinetto del Segretario Generale], il quale non esita a richiamarsi ad una risoluzione del “Consiglio Economico e Sociale” sui diritti dell’uomo per rifiutare la comunicazione del semplice documento ricevuto dal CLN dell’Istria sugli incidenti di Cittanova d’Istria.

Qualora Cittanova d’Istria fosse malauguratamente compresa nel territorio ceduto dal Trattato di Pace alla Jugoslavia, la procedura adottata dalle NU di “trasmettere per competenza” alla Commissione dei Diritti dell’Uomo l’appello del Comitato Nazionale di Liberazione, avrebbe potuto forse trovare una qualche giustificazione.

Ma Cittanova d’Istria è inclusa nel Territorio Libero di Trieste […] e dunque lo studio dell’Appello andava ricevuto al Consiglio di Sicurezza, e non al “Consiglio Economico e Sociale”»159

Il mancato inoltro degli incartamenti venne successivamente aggravato da alcune osservazioni poste da Mascia sulle modalità di invio dei materiali alle commissioni ONU:

«Prego di voler avvertire il C.L.N. dell’Istria e sezioni triestine dei partiti politici interessati amministrazione zona “B” che eventuali appelli memoriali documenti eccetera destinati all’O.N.U. devono essere specificatamente indirizzati a Presidente del Consiglio di Sicurezza e redatti in lingua inglese. Ciò per ovvii gravi inconvenienti segnalati con mio precedente telespresso.»160

157 AMAE, Affari Politici, 1946-1950, b. 134, telespresso n. 27/21. 158

Ivi, telespresso n. 5/3111. 159

AMAE, Affari Politici, 1946-1950, b. 171, n. 7009. 160Ivi, n. 24897/251.

Tali segnalazioni dimostrano come non solo nel CLNI, ma tra tutte le autorità poste in collegamento con l’ente istriano regnasse sovrana la più totale improvvisazione e impreparazione nell’affrontare situazioni così delicate. La mozione del CLNI, elogiata con magniloquente leggerezza dallo stesso Sforza, e il programmato passo a livello internazionale non trovarono poi risposte del tutto positive nemmeno nei vari uffici della Farnesina, impegnati a valutare fattibilità e conseguenze del gesto sul piano diplomatico.

Infatti, in seguito alle segnalazioni di Mascia, Guidotti della Rappresentanza Italiana a Trieste chiamò a colloquio Fragiacomo, per illustragli i suoi appunti e le sue perplessità:

«Ho subito provveduto a chiamare il dr. Fragiacomo, presidente del C.L.N. Istriano per parlargli della pubblicazione del famoso “memorandum” che ha formato oggetto del mio telespresso […].

Gli ho detto che non potevo certamente impedire a lui ed ai suoi amici questa o analoghe pubblicazioni. Ma se essi volevano dare ascolto al più banale buon senso, doveva loro essere chiaro che la diffusione del materiale di cui essi disponevano circa gli abusi dell’amministrazione jugoslava, serviva molto più ai nostri avversari che a noi. […] Comunque, mi ha promesso formalmente che intemperanze pubblicistiche non avranno più luogo, da parte sua e dei suoi collaboratori e che la loro opera si indirizzerà con speciale cura alla raccolta di materiale e di prove»161

In un primo momento Fragiacomo sembrò dunque seguire i consigli di Guidotti: «[…] Guidotti è stato molto gentile, ha manifestato per altro molti dubbi sull’esito dell’iniziativa, epperò [sic] ci ha assicurati di averne parlato al suo Ministero e che poteva dirci che in linea di massima gli Esteri non erano contrari al nostro passo. Aveva già interpellato le due ambasciate più interessate al problema e queste non avrebbero dimostrato troppa buona disposizione nell’appoggiarci. […] ha voluto farci passare in