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La Missione Giusti del Giardino e l’azione di “Radio Venezia Giulia”73

Venezia Giulia

1.2.2 La Missione Giusti del Giardino e l’azione di “Radio Venezia Giulia”73

Già nella primavera del 1945 negli ambienti legati al MAE serpeggiava l’idea di attivare dispositivi in grado di rendere stabile l’afflusso di informazioni dalla Venezia Giulia, facendo affidamento su di un canale di monitoraggio dipendente in forma esclusiva dal corpo diplomatico italiano. La necessità era probabilmente quella di avere sotto mano relazioni in grado di raggiungere la direzione degli uffici in tempi più rapidi rispetto a quelli dettati dal Ministero dell’Interno, obbligato, nei limiti del possibile, a verificare le informative inoltrate agli altri ministeri, in un sistema di controlli incrociati che rendeva per forza di cose assai meno tempestiva la circuitazione delle notizie riservate. Si trattava inoltre di ottenere delle analisi maggiormente tarate sugli interessi operativi del MAE, che aveva bisogno di strumenti utili al fine di comprendere come inserirsi nel quadro politico locale per armonizzarlo con le proprie strategie diplomatiche. Alla fine dell’aprile 1945 la prima mossa orientata in tal senso di concretizzò nell’invio a Venezia del conte Justo Giusti del Giardino74, incaricato di allestire una missione che avesse come compito quello di raccogliere informative sulla Venezia Giulia. A curare i servizi di intelligence venne chiamato Massimo Casilli d’Aragona, già funzionario delle Colonie e ufficiale dell’Esercito, che orbitava nella Venezia Giulia già da tempo, dove aveva redatto numerose relazioni in merito alla situazione dei rapporti tra le varie formazioni partigiane. Egli tentò di monitorare da vicino soprattutto la situazione politica triestina, in riferimento all’attività del CLN della Venezia Giulia e alle scelte del GMA, senza però trascurare l’invio costante di agenti in collegamento con lui anche nei territori che sarebbero stati successivamente inseriti nella cosiddetta Zona B del TLT. Si trattava di una missione coperta dalla più rigida riservatezza, dato che la sua presenza non venne registrata nemmeno dagli agenti del Ministero dell’Interno e che frequentemente gli stessi uomini di Casilli finirono per essere bloccati alla frontiera proprio dalla polizia italiana. L’obiettivo delle notizie ricercate soprattutto nel territorio istriano era quello di redigere dossier che esulassero dallo svolgere un compito di mero servizio informazioni interno alle istituzioni italiane, già assolto generalmente dalle relazioni del Ministero dell’Interno, cercando di farne il cuore argomentativo di articolati appunti politici che avrebbero finito per circolare tra i vari rappresentanti diplomatici coinvolti nel dibattito internazionale.

La Missione Giusti del Giardino rispondeva all’esigenza di mettere ordine nel quadro politico triestino, che, come abbiamo visto, era foscamente descritto nella sua gravità dai partecipati appunti degli agenti del Ministero dell’Interno. Giusti del Giardino tentò di allacciare una serie di relazioni stabili con quelle che egli riteneva le figure di maggior

73 Per approfondimenti sulla missione e sulle complesse vicende dell’emittente clandestina vedere R.

Spazzali, Radio Venezia Giulia, cit.

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Nato a Padova il 19 marzo del 1903, intraprese la carriera diplomatica nel 1933, ricevendo come primo

incarico quello di vice-console, che mantenne fino al 1935 quando, scoppiata la guerra d’Etiopia, decise di arruolarsi volontario nell’Esercito. Nel 1936 venne inviato a Pechino in qualità di segretario dell’ambasciata, e due anni dopo a San Sebastiano in Spagna, dove rimase fino al 1942, anno in cui venne nominato segretario della rappresentanza diplomatica italiana nella Grecia occupata. Non aderì alla RSI e partecipò alla guerra di Liberazione aderendo alle formazioni Giustizia e Libertà.

prestigio in città, riferendosi soprattutto ad Antonio Fonda Savio, presidente del CLN giuliano, e al vescovo Santin. Alla sua missione sono poi riconducibili i falliti tentativi perpetrati nel senso di una ricomposizione tra il Partito Comunista della Regione Giulia e i partiti parte del CLN, così come i vari passaggi politici che portarono alla fine dell’esperienza ciellenista, confluita successivamente nella Giunta d’Intesa.

Tale aspetto permette dunque di evidenziare al meglio le forti differenze intercorse tra le varie missioni informative intrecciatesi sul territorio giuliano: se al Ministero dell’Interno spettava la registrazione dei fatti che accadevano, al MAE era riconducibile la necessità di un intervento maggiormente sofisticato, finalizzato ad un utilizzo politico delle informazioni e ad un’influenza diretta sull’azione e sul profilo degli attori locali. Alle caratteristiche operative che avevano dato vita alla Missione Giusti del Giardino si sovrappose però anche l’attività di pura propaganda, che aveva come scopo un’operazione mirata a insistere anche sugli umori della popolazione locale, soprattutto nei territori della Venezia Giulia sotto controllo jugoslavo, dove il contro spionaggio rendeva molto difficile un intervento diretto delle forze operative italiane. Per questo motivo fino alla fine della sua storia la Missione si collegò all’attività di un’emittente clandestina, ossia di “Radio Venezia Giulia”. L’idea di creare una radio che svolgesse il compito di documentare a livello internazionale quanto accadeva nella Venezia Giulia e di mobilitare la popolazione italiana alla resistenza contro qualsiasi dominazione straniera era nata in seno al CLN giuliano già nel maggio del 1945, durante i “40 giorni” della presenza jugoslava. La proposta era stata avanzata da diverse delegazioni giuliane inviate dal CLN a Roma, incontrando il favore del Governo e del MAE, il quale assicurò il finanziamento dell’intera operazione. Gli impianti dell’emittente clandestina vennero collocati a Venezia nel Ridotto del Lido, in una struttura di pertinenza della Marina militare, mentre la direzione giornalistica venne affidata ai fratelli Pier Antonio e Alvise Quarantotti Gambini.75 La radio era dotata anche di strumenti di intercettazione dei segnali provenienti dalle emittenti jugoslave, i cui notiziari venivano registrati tempestivamente con l’obiettivo di creare contro-trasmissioni in grado di smentirli e di fornire soprattutto agli ascoltatori istriani la versione dei fatti proposta dalle autorità italiane. La radio divenne in breve così non solo una fonte di informazione attiva sul fronte della comunicazione dei fatti intercorsi sul territorio, ma anche un organo di propaganda a tutti gli effetti, rivolto a far percepire alla popolazione istriana la vicinanza del governo italiano, impegnato nel tentare di risolvere positivamente la sua sorte in ambito internazionale, e cercando di rinvigorire l’umore dei gruppi filo-italiani, segnalati generalmente dalle informative fiduciarie come fortemente provati dagli eventi ma di fatto ben predisposti a coltivare uno spirito di azione e di iniziativa contro i poteri popolari jugoslavi.76 “Radio Venezia Giulia” divenne così, anche grazie alla capacità di coordinamento politico datole dalla Missione, un vero e proprio strumento di politica estera, così come lo ha definito Spazzali nel suo lavoro, in grado di agire sul piano internazionale attraverso la denuncia delle mancanze della classe dirigente

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Ivi, p. 38.

76 Per un’analisi sull’importanza rivestita dalla radio nella propaganda dedicata al confine orientale vedere

Gorazd Bajc, Radio slovena di Trieste e radio Capodistria. Modelli di propaganda a confronto, in «Dopoguerra di confine = Povojni cas ob meji», cit., pp. 247-253 e Guido Botteri, Radio Trieste 1945-1957, in «Dopoguerra di confine = Povojni cas ob meji», cit., pp. 263-268.

jugoslava, e su quello territoriale con l’intento di depotenziare l’azione propagandista dei poteri popolari, minandone alla base i meccanismi di consenso.

L’azione della Radio sarebbe continuata anche oltre il 1946, sopravvivendo di fatto anche al ritiro della Missione di Giusti del Giardino disposta dal MAE nel mese di novembre. Sulle motivazioni della fine della Missione, si avrà modo di tornare più avanti, così come sulle nuove modalità che interessarono la continuazione delle attività da parte dell’emittente clandestina. In questa sede è opportuno ragionare sugli scopi che fecero da sfondo al lavoro di Giusti del Giardino, che chiariscono il diverso rapporto stabilito sul territorio attraverso la raccolta delle informazioni dai vari organi governativi italiani. Il sistema informativo adottato dal MAE e, come si vedrà, dalla PCM era articolato sulla necessità di formare rapporti consolidati con il quadro politico locale e con gli attori che lo costituivano, individuando canali di intervento capaci di rafforzare l’attività governativa attraverso il raggiungimento di una perfetta assonanza di intenti con le forze politiche che si muovevano in quella delicata periferia. Proprio l’accentramento del controllo sulle direttive politiche dei partiti e delle realtà associative locali sarà il cuore dell’azione svolta dalla Presidenza nel corso di tutto il secondo dopoguerra, nel tentativo di ristabilire il prestigio e l’influenza della propria azione nei territori congelati diplomaticamente nel TLT.

1.2.3 La Missione Woditzka

La variegata e convulsa situazione politica giuliana non sfuggiva nella sua complessità nemmeno alla Presidenza del Consiglio, la quale però attese l’evolversi della situazione in ambito internazionale prima di operare sul territorio il suo primo concreto e diretto intervento, che si tradusse nell’invio a Trieste di una missione che avesse come compito quello di compattare il fronte italiano e soprattutto di rinvigorire l’azione del CLN della Venezia Giulia. Come abbiamo visto esso era rimasto impigliato in parte nelle stesse trame intessute dal governo italiano, che l’avevano costretto a fare i conti con una pubblica opinione continuamente eccitata da agenti provocatori capaci di creare un clima decisamente poco favorevole all’azione della compagine antifascista che, al di là dei linguaggi e delle prospettive spesso ristrette della propria visione politica, seguiva una linea di intervento moderata. La missione, che faceva riferimento in maniera diretta alla persona di De Gasperi, venne affidata ad un personaggio dal curriculum notevole.

Giovanni Woditzka, detto “Nino” era nato il 21 agosto del 1898 a Zara. Fin da giovanissimo aveva sviluppato un notevole interesse per il pensiero mazziniano, attivandosi ancora adolescente per l’organizzazione di associazioni culturali clandestine impegnate nella propaganda contro le autorità austriache. Non partecipò in qualità di militare agli eventi della Grande Guerra in quanto esonerato dal servizio di leva per problemi di salute, che non gli impedirono di partecipare però nell’immediato dopoguerra alla presa di Fiume al seguito dei legionari di D’Annunzio. Tra i fondatori del Partito Repubblicano a Zara, si trasferì in seguito a Trieste per ampliare il raggio della sua azione. Nel maggio del 1925 entrò nella rete dei monitorati dalla Prefettura di Trieste per la sua intensa attività politica,

a cui seguì l’apertura di un fascicolo a suo carico nel Casellario Politico Centrale.77 Divenne direttore del giornale “L’Emancipazione”, organo stampa del Partito Repubblicano giuliano, e, a causa delle sue manifeste idee antifasciste, licenziato più volte e fatto oggetto di violenze da parte degli squadristi. Attivo nei gruppi “Giustizia e Libertà” di Carlo Rosselli, collaborò con diversi giornali clandestini italiani. Denunciato al Tribunale Speciale per attività sovversiva, nel 1929 venne condannato una prima volta a tre anni di carcere, pena che non scontò per intero per via della tubercolosi che lo avrebbe afflitto per il resto della sua vita. Nel 1931 prese nuovamente parte alle attività di Giustizia e Libertà, tanto che nel 1932 e nel 1936 venne condannato al confino sull’isola di Ponza.

Nel 1940 vennero accolti gli accorati appelli della madre di Woditzka e del diretto interessato che richiedevano il suo trasferimento a causa dell’aggravarsi della malattia, e fu dunque internato al sanatorio “Villa Marulli” di Cosenza. In Calabria, dove rimase oltre il termine del periodo di confino, contribuì alla propaganda di Giustizia e Libertà e poi del Partito d’Azione, divenendo un leader politico di primordine.78

Nel maggio del 1944, il Centro Meridionale del Partito d’Azione decise di organizzare proprio a Cosenza il suo congresso, premiando così la proficua attività della sezione locale del partito. Durante i lavori congressuali Woditzka sarebbe stato ammesso alla direzione nazionale del Partito d’Azione. Nel settembre dello stesso anno venne nominato vice-commissario dell’INPS, con il compito di organizzare quella gestione commissariale necessaria per avviare il ripristino delle attività amministrative dell’ente all’indomani della guerra. Nel mentre, continuava la sua azione politica e dalle colonne de “L’Emancipazione” aveva dato ampliamente voce alle sue opinioni circa la questione dei confini che andava profilandosi, schierandosi nettamente a favore dell’italianità di tutta la Venezia Giulia e bollando come inaccettabili le richieste jugoslave. È a partire da questo periodo che Woditzka si avvicinò ai palazzi romani, ponendo a gran voce il suo punto di vista sulla questione giuliana. La sua presenza non passò evidentemente inosservata, dato che all’inizio del 1946 De Gasperi in persona decise di metterlo a capo della missione che prese il suo nome, ossia la Missione Woditzka. La missione inizialmente aveva lo scopo di muoversi trasversalmente con il contributo di tutte le istituzioni centrali, comprendendo il Ministero dell’Interno, i cui agenti avrebbero dovuto darle supporto logistico in loco, e il MAE, che garantì il suo appoggio alla Missione attraverso la presenza del dottor Rubino, magistrato e segretario del conte Sforza, in qualità di vice di Woditzka.79 L’invio della Missione a Trieste era contestuale al grande fermento che stava attraversando la regione, scossa dalla notizia dell’arrivo della Commissione alleata. Il suo passaggio era stato interpretato da tutte le forze in campo come una clamorosa occasione per dimostrare l’appoggio della popolazione alle varie teorie annessioniste presenti in campo. Per tentare di contrastare l’azione propagandista delle associazioni culturali jugoslave, la PCM decise dunque di inviare a Trieste la Missione, affidata a Woditzka non solo per il suo ruolo

77

ACS, CPC, b. 5483. 78

Diversi lavori hanno affrontato, anche a latere, l’attività politica di Woditzka: Vanni Clodomiro, La politica

del Partito d’Azione di Cosenza, in «Storia Contemporanea», anno XI, n. 3, Roma, giugno 1980, Fulvio Mazza, Nino Woditzka ed il Partito d’Azione a Cosenza, in «Periferie», n. 12.13, 1982, Il partito d’Azione delle origini all’inizio della Resistenza armata, Atti del Convegno (Bologna 23-25 marzo 1984), FIAP, Archivio Trimestrale, Roma, 1984.

politico e per la chiarezza con cui si era posto sulla questione fino a quel momento, ma anche per le doti di oratore che da sempre gli erano state riconosciute, e che perfettamente si adattavano allo scopo di creare mobilitazione attorno alle parole d’ordine politiche italiane, dando così maggior forza anche alle iniziative promosse dal CLN. La Missione comunque non assolveva esclusivamente a compiti di natura politica, ma anche informativa, dato che fin dalle prime settimane Woditzka di impegnò a realizzare articolate relazioni indirizzate direttamente a De Gasperi sulla situazione dei territori, entrando a far parte del grande insieme dei fiduciari attivi non solo a Trieste ma anche in tutto il territorio istriano.

Come nel caso della Missione Giusti del Giardino, anche quella Woditzka è dunque in grado di illustrare alla perfezione le modalità che stavano alla base dell’attività informativa promossa dal MAE e dalla Presidenza: all’intelligence si sposava sempre l’intervento politico sulla compagine locale e l’orchestrazione delle iniziative promosse dagli attori presenti sul territorio. L’informazione diveniva così strumento dalle molteplici potenzialità: risposta ad esigenze conoscitive e al contempo espressione della capacità di influenza esercitata dal centro nei confronti delle sue periferie. Un meccanismo che avrebbe avuto modo di articolarsi in maniera sempre più definita nel corso del tempo.

Dalle carte del Ministero dell’Interno si ricavano notevoli informazioni sulle caratteristiche della Missione. Il primo a parlarne fu il comandante dei Carabinieri di Udine:

«Si ha notizia che proveniente da Roma è giunto a Udine il 19 febbraio u.s. il dott. WODISKA [sic] Nino, Vice Commissario dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Membro dell’esecutivo del partito d’azione e Presidente dei profughi dalmati, a capo di una speciale commissione che si reca nella Venezia Giulia per ordine del Presidente del Consiglio dei Ministri on. DE GASPERI.

Detta commissione, che viaggia con documenti di copertura, è partita alle ore 12.30 dello stesso giorno alla volta di Trieste ed ha compito di riferire direttamente al Presidente del Consiglio ed al Ministro dell’Interno sulla situazione in quella zona. La commissione si interesserà tra l’altro anche del comportamento e dei sentimenti di elementi italiani e slavofili. […]

Personale di servizio ed automezzi sono stati forniti dal Ministero dell’Interno.

La commissione fa capo a Venezia all’ing. MARTIGNON tramite il direttore dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale Comm. Oscar CELLI, e a Treviso e a Udine alla sede dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.»80

A conferma della stretta collaborazione con il Ministero dell’Interno arrivò puntuale anche l’informativa di De Flora, il quale subito dopo l’arrivo della Missione dichiarò di essersi messo in contatto con Woditzka per garantirgli tutte le informazioni necessarie:

«Ho preso contatto con Vodisca-Rubino [sic], ai quali ho chiarito la situazione ed ho rappresentato le urgenti necessità. […] L’arrivo della Commissione Alleata è ritenuto imminente. In conseguenza riterrei conveniente un urgente ritorno di Vodisca [sic] a Trieste perché possa col suo prestigio e colla sua pronta decisione indirizzare e spronare

il troppo lento C.L.N. durante la permanenza della cennata Commissione nella zona, che è bene che riporti sin dall’inizio favorevoli impressioni.»81

La presenza della Missione a Trieste non passò però affatto inosservata, dato che Sullivan, il futuro consigliere politico britannico della Zona A, in quel momento unità di collegamento tra il GMA e il governo inglese, ne segnalò le attività in una delle sue relazioni periodiche sulla situazione politica triestina e istriana.

«After a period of quiescience the intriguing, irredent Woditzka is reported to be actively planning a nationalist campaign to take effect in Istria in the post-treaty period.»82

Il sintetico appunto britannico permette di verificare che Woditzka non si era recato a Trieste con il compito esclusivo di rafforzare e rendere più pregnante l’azione del CLN a Trieste, ma anche con lo scopo di organizzare l’attività nel territorio istriano, che in quel momento rappresentava un vero e proprio problema per il governo italiano, privo di strumenti di intervento diretto sulla sua situazione. In Istria infatti esistevano per certo gruppi attivi di resistenza, ma che erano costretti ad un’azione caratterizzata da una forte estemporaneità, di fatto priva di forme di collegamento diretto con il CLN della Venezia Giulia, impedite dalle difficoltà di attraversamento tra le due zone, e per l’assenza di direttive politiche provenienti da Roma, che rimaneva un’entità astratta scarsamente capace di far percepire la sua voce nei territori occupati dalle autorità jugoslave. L’impegno della Missione nella Zona B al di là della Morgan è confermato anche da una successiva relazione, inviata ancora una volta dall’arma dei carabinieri di Udine:

«La nota commissione italiana, capeggiata dal dott. Vodisca [sic] che si trova attualmente a Trieste e che non ha ancora ultimato il lavoro organizzativo per l’azione da svolgere sia nella zona “A” che in quella “B” della Venezia Giulia, con messaggio speciale ha comunicato, il 22 febbraio scorso, al Presidente del Consiglio dei Ministri, la notizia secondo la quale, sia nella zona “A” che in quella “B”, si sta organizzando una insurrezione slava, con l’appoggio di elementi italiani slavofili.

Nel giro di pochi giorni la Commissione inviata nella Venezia Giulia dal Governo italiano ha avuto numerose adesioni. Si prevedono, per la sua attività, buoni risultati. Sembra che il C.L.N. di Trieste abbia ricevuto una ingente assegnazione di denaro da parte del Governo italiano83 per sopperire alle spese di detta commissione.»84

La relazione conferma che, in linea generale, la presenza di Woditzka era percepita in maniera positiva a Trieste, dato che venne accolta come una voce carismatica, in grado di imporre vigore e ordine all’attività politica locale. La sua azione infatti non si era espressa solamente attraverso i contatti con le realtà politiche locali e la raccolta di informazioni in

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ACS, MI, DGPS, 1944-1946, b. 59, n. 442/2982. 82

National Archives UK, FO 371/67409, n. 3552/108/92. 83

In data 22 marzo 1946, nella rendicontazione del “Fondo di propaganda di italianità” della PCM, risulta

che la Missione Woditzka aveva ricevuto fino a quel momento un milione di lire e che per il mantenimento della sua attività era prevista l’erogazione di ulteriori 800.000 Lire. ACS, PCM, Gabinetto, 1944-1946, b.