UNA ROTTURA NELLO SCENARIO EUROPEO E DEL MEDITERRANEO?
2.3 Le priorità della Presidenza francese del Consiglio dell’UE (semestre 1° luglio-12 dicembre
2.3.2 La questione del surriscaldamento climatico e l’intervento di Sarkozy nell’ambito Clima Energia
Il surriscaldamento climatico fu una questione che contrappose, fin dall’inizio, gli americani agli europei.
Il Cancelliere tedesco Angela Merkel, nella qualità di Presidente di turno del G8 nel anno 2007, puntò a coinvolgere gli altri capi di governo a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, in modo da contenere l’incremento della temperatura terrestre a non più di due gradi centigradi.310
Le misure suggerite dalla Germania erano le seguenti: la riduzione del 50% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050 e il miglioramento del 20% dell’efficienza energetica entro il 2020.
L’Unione Europea nel suo complesso condivise il piano tedesco, a differenza dell’amministrazione Bush che si mostrò ostile e scettica verso le politiche ambientali.
Tuttavia, prima del vertice del G8 sul clima, il Presidente americano Bush cambiò apparentemente il suo atteggiamento, volendo affrontare immediatamente la questione.311
309 Cfr. Nicolas Sarkozy, Ministre d’État, Ministre de l’Intérieur et de l’Aménagement, « Convention de l’UMP sur l’immigration », 9 juin 2005, http://m.u-m-p.org/sites/default/files/fichiers_joints/ dates_cles/discours_nicolas_sarkozy_3.pdf
310 Cfr. Philip Stephens, “Bush plays for time as the planet begins to burn”, Financial Times, 1 giugno 2007,p.11
311 Cfr. Ettore Greco,Riccardo Alcaro, Osservatorio Transatlantico, Contributi di Istituti di ricerca specializzati, Servizio affari internazionali, n.20, aprile- maggio- giugno 2007, p.33
Propose ai 15 Paesi che inquinavano maggiormente, un nuovo accordo sulla riduzione delle emissioni entro il 2008, pur continuando ad opporsi alla definizione di limiti vincolanti che doveva subentrare nel Protocollo di Kyoto.312
Gli americani preferivano puntare sullo sviluppo di tecnologie più pulite ed efficienti.
L’accordo, raggiunto in seno al G8, condusse ad un parziale avvicinamento degli Stati Uniti alle posizioni europee.
In questo contesto sette Paesi ritennero che il Protocollo di Kyoto fosse un passo in avanti nella lotta al surriscaldamento climatico e condivisero delle misure più rigide per limitare le emissioni di biossido di carbonio. L’Europa, il Giappone e il Canada sostennero la maggior parte del peso delle riduzioni di gas a effetto serra imposte dal Protocollo in questione.313
Gli Stati Uniti preferirono avviare una cooperazione non vincolante con alcuni Paesi asiatici, tra cui il Giappone, la Cina e l’India,per sviluppare energie pulite e ridurre le emissioni.
Così l’incontro del G8 si concluse senza aver risolto completamente la problematica del surriscaldamento climatico, poiché gli americani, pur dichiarando l’intenzione di “prendere seriamente in considerazione” una notevole riduzione della produzione di gas serra entro il 2050, rigettarono l’imposizione dei limiti vincolanti.314
Tale quadro condusse la Presidenza francese del Consiglio dell’UE nel
312 Il Protocollo di Kyoto è stato firmato nel dicembre del 1997 ed è entrato in vigore nel febbraio 2005. Mirava a ridurre del 5,2% le emissioni di gas a effetto serra tra il 2008 e il 2012, rispetto ai livelli del 1990. Questa informazione è riportata da Éric Bussière, Guia Migani, “Les années Barroso 2004- 2014”, Tallandier, 2014, p.159
313 Cfr. Toni Johnson, “G8’s Gradual Move toward Post – Kyoto Climate Change Policy”, Council on Foreign Relations Backgrounder, 22 giugno 2007, link di riferimento www.cfr.org/publication/13640/g8s_gradual_move_toward_postkyoto_climate_change_policy.html?b readcrumb=%2Fbios%2F13408%2Ftoni_johnson
314 Cfr. Sebastian Oberthur, “The EU in international climate policy: the prospect for leadership”, In- tereconomics, marzo/aprile 2007,pp.77-83
2008 ad avviare un dialogo con i partner europei per ricercare una posizione comune in materia di politica energetica e ambientale , in vista della Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico di Copenaghen alla fine del 2009.315
Sarkozy, lavorando a stretto contatto con il Parlamento europeo, propose il Pacchetto “Energia- Cambiamenti climatici”.316
Questo provvedimento comprendeva la revisione del Sistema di scambio delle quote delle emissioni di gas a effetto serra, European Union Emissions Trading Scheme, EU- ETS, attraverso una Direttiva che modificava la Direttiva 2003/87/EC.317
Il Pacchetto si concentrava sull’Effort Sharing, cioè sugli sforzi condivisi al di fuori dell’EU- ETS, finalizzati alle riduzioni del 20% delle emissioni di gas a effetto serra da parte degli Stati membri per adempiere agli impegni di riduzione dell’UE, previsti per il 2020.
Il Pacchetto in questione includeva, anche, la Direttiva sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili e la Direttiva sulla cattura e il confinamento geologico della CO2.318
Il Consiglio europeo sotto l’egida di Sarkozy, 11-12 dicembre 2008, discusse l’attuazione del Pacchetto attraverso una serie di negoziati informali, volti a trovare un compromesso sull’insieme dei testi. I voti in
315 Cfr. Emiliano Alessandri, Osservatorio di Politica Internazionale, “La nuova leadership USA e le relazioni transatlantiche”, Istituto Affari Internazionali, n.18, settembre 2010, p.13
316 Cfr. Antonio Villafranca, “L’Europa di Sarkozy: le speranze della presidenza francese”, ISPI, Istituto per gli Studi di politica internazionale, n.90, giugno 2008,p.4
317 Per ulteriori informazioni, cfr. Villafranca, “Energia e ambiente:il coraggio della Commissione europea”, ISPI Policy Brief, n.73, febbraio 2008. Sul medesimo tema, “Decision of European Parlia- ment and of the Council on the effort of Member States to reduce their greenhouse gas emissions to meet the Community’s greenhouse gas emission reduction commitments up to 2020”, Brussels, 23 January 2008, 2008/0014(COD)
318 Per approfondimenti, Barbara Pozzo, “Il nuovo sistema di emission trading comunitario. Dalla direttiva 2003/87/CE alle novità previste dalla direttiva 2009/29/CE”, Giuffrè, 2010. Cfr. Sergio Matteini Chiari, “Energie rinnovabili e compatibilità ambientale”, Maggioli, 2009, pp.14-15-16
Aula confermarono l’accordo.319
L’UE suggerì un piano di ripresa economica che mirava a ricercare soluzioni a livello europeo e globale nel settore dell’energia e del clima e che reagisse alla crisi finanziaria del 2008.
Il Piano europeo di ripresa economica avrebbe beneficiato, sul breve termine, le imprese, le persone e le banche; sul lungo termine, sviluppato un’economia pulita a basse emissioni di CO2.320
In particolare, delineava gli orientamenti per un approccio europeo coordinato in modo da stimolare la domanda, aiutare le vittime della recessione economica e rendere l’Europa più competitiva e pronta per la crescita futura. Una questione spinosa riguardava il ruolo delle banche, che dovevano ridefinire le loro attività primarie attraverso il rifornimento di liquidità ed il sostegno degli investimenti nell’economia reale, in risposta alla crisi economica.
La Banca Europea per gli Investimenti, BEI, avrebbe dovuto aumentare di circa 15 miliardi di euro i suoi interventi annuali nell’UE, mettendo a disposizione prestiti, garanzie e finanziamenti con ripartizione dei rischi. La ripresa si doveva concentrare nell’ambito del Patto di Stabilità e Crescita, secondo le priorità della Strategia di Lisbona.321
Il piano ribadiva con vigore l’esigenza di dar vita ad un’economia pulita prodotta da nuove imprese e industrie, oltre che da infrastrutture più rispettose.
La Commissione europea pianificò investimenti in progetti di trasporto trans-europeo e la BEI avrebbe dovuto aumentare il finanziamento per investimenti finalizzati alla lotta al cambiamento climatico e alla sicurezza
319 Council of UE, “Energy and climate change – Elements of the final compromise”, Brussels, 12 De- cember 2008, N. 17215/08
320 Comunicazione della Commissione al Consiglio europeo “Un piano europeo di ripresa economica”, 26 novembre 2008, COM(2008)800 def
energetica.
Infine, altro aspetto, importante per Sarkozy e per l’UE, era la necessità di arrivare ad un nuovo accordo sul clima.322
Già nel 2005 si erano riuniti due gruppi di lavoro a Montreal per ridisegnare il futuro del regime internazionale dei cambiamenti climatici: il team sulla cooperazione a lungo termine nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e quello relativo al Protocollo di Kyoto. I due team si riunirono, poi, a Bonn dal 29 marzo fino al 9 aprile 2009 con l’obiettivo di fornire delle indicazioni necessarie per la presentazione della prima bozza di testo del nuovo accordo sul clima agli organi sussidiari, i quali si sarebbero incontrati a giugno nella stessa città.323
Con riferimento all’art.20(2) del Protocollo di Kyoto la bozza di giugno sarebbe stata discussa ed emendata nei mesi antecedenti la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici di Copenaghen del 7-8 dicembre 2009. I temi trattati a Bonn riflettevano il contenuto del nuovo accordo sul clima: l’obiettivo a medio termine di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per i Paesi industrializzati previsto per l’anno 2020, la modifica ed il miglioramento dei meccanismi, la revisione delle norme che regolamentavano l’utilizzo e il monitoraggio delle attività forestali, l’inclusione di nuovi gas a effetto serra. In base al nuovo accordo il protocollo di Kyoto doveva essere aggiornato e revisionato, evidenziando il finanziamento e il trasferimento tecnologico verso gli Stati in via di sviluppo.324
322 Sul tema, cfr. Susanna Quadri, “Energia possibile. Diritto internazionale, dell’Unione europea e interno”, Giappichelli, 2012,p.68
323 Per ulteriori informazioni, Articolo di Carlo Stagnaro, “Il clima europeo nell’era del G2”, Aspenia online, 19 novembre 2009, http://www.aspeninstitute.it/aspen/?q=ar/Stagnaro_Clima_191109 324 Per informazioni ulteriori, Rapporto del Center for Strategic and International Studies (CSIS), “Next
Steps for the Transatlantic Climate Change Partnership”, Washington, dicembre 2009, link http://csis.org/files/publication/091217_Egenhofer_NextStepsClimate_Web.pdf
La Conferenza di Copenaghen del 2009 mise in evidenza l’incapacità degli europei di far accettare agli Stati Uniti l’esigenza di arrivare ad un nuovo accordo internazionale vincolante sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. L’amministrazione Obama preferì la creazione di un quadro condiviso di obiettivi che poteva essere perseguito dai singoli Stati con svariati strumenti, opzione apprezzata dai Paesi BRIC, Brasile, Russia, India e Cina.325
325 Sul mancato ruolo dell’UE a Copenaghen, si veda “Winners and Losers in Copenaghen”, The Econ- omist, 21 dicembre 2009, link http://www.economist.com/blogs/charlemagne/2009/ 12/winners_and_losers_in_copenhag. Cfr. Christian Egenhofer , Anton Georgiev, “Why the transat- lantic climate change partnership matters more than over”, CEPS Commentary, 10 gennaio 2010, http://www.ceps.be/book/why-transatlantic-climate-change-partnership-matters-more-ever