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La promessa per l’avvenire dell’Europa e della Francia: “l’atout de Sarkozy”

UNA ROTTURA NELLO SCENARIO EUROPEO E DEL MEDITERRANEO?

2.1 La pesante eredità di Chirac

2.1.1 La promessa per l’avvenire dell’Europa e della Francia: “l’atout de Sarkozy”

Sarkozy riuscì a sfruttare il contesto della crisi francese per preparare la propria campagna presidenziale nel 2007, presentandosi come un leader autentico, forte e deciso, in grado di indicare al Paese la giusta strada da percorrere e di rassicurare le fasce dei cittadini più esposte alle condizioni di incertezza della società attuale. Voleva essere un leader che si prendeva a carico le problematiche della “Francia esasperata”.236

La campagna presidenziale iniziò all’insegna della mediatizzazione e partì prima dell’ ufficializzazione della sua candidatura alle presidenziali.237

La strategia di Sarkozy ruotò attorno ad una serie di valori semplici, ma concreti ed incisivi al fine di attirare l’attenzione dell’elettorato: il lavoro presentato come un fattore di emancipazione degli individui, il merito che doveva ricompensare lo sforzo, il rispetto e l’autorità che permettevano una buona organizzazione della società.

234 Cfr. Sara Gentile, “Le Elezioni presidenziali francesi tra sindrome del declino e desiderio di grandeur nel contraddittorio rapporto con l’Europa”,in “Quaderni europei”, n.3, agosto 2008, Centro di documentazione europea, Università di Catania, link di riferimento: http://www.lex.unict.it/cde/ quadernieuropei/storiche/03_2008.pdf

235 Cfr. N. Baverez, “Francia: il declino”, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004. La citazione di Baverez è riportata, anche, da Gaetano Quagliariello, “La Francia da Chirac a Sarkozy”, Rubbettino, 2007, p.74 236 Cfr. Baldini, Lazar, op.cit., pp. 104-105

Il tema centrale della sua campagna fu, però, il concetto di “rupture” in politica interna ed estera, intesa come una rivoluzione morale e un nuovo umanesimo, che accantonava l’immobilismo della vecchia classe politica e la sua inettitudine di farsi promotrice di un progetto che pretendeva di potenziare il ruolo della Francia.

La “rottura” con il passato doveva essere una giusta combinazione di modernità e di “patria, ordine e lavoro”.238

Lo slogan scelto per la campagna fu « immaginiamo la Francia di domani », poiché voleva offrire al Paese un progetto alternativo.

Come ha evidenziato Massimo Nava: “La Francia vuole offrire un nuovo modello sociale che rimanga generoso con i più deboli, ma che offra un lavoro a ciascuno e che restituisca a ciascuno la dignità”.239

Così, Sarkozy si presentò come un gollista rivoluzionario con questi termini: “I francesi hanno bisogno di ritrovare un progetto comune, di credere a un grande progetto per la Francia. Vogliono un Paese in cui la promozione sociale sia accessibile a tutti coloro che se la saranno meritata con le proprie forze e con il proprio lavoro…La Francia del futuro ha l’ambizione di mostrare al mondo un cambiamento originale”.240

Un altro tema chiave riguardò l’identità nazionale e la questione dell’integrazione tra le varie culture, per uscire dalla crisi generalizzata di cui ho parlato antecedentemente.

Nel contenuto della sua strategia varie questioni attinenti alla politica interna dovevano essere affrontate e risolte con decisione: il diritto di voto agli immigrati regolari nelle elezioni amministrative e la discriminazione

238 Cfr. Massimo Nava, “Il francese di ferro. Sarkozy e la sfida della nuova Francia”, Gli Struzzi Einaudi, 2007, p.227. Cfr. Parodi, “Temps, mémoire et personnalité politique. Sur quelques enseignements d’une élection de rupture”, in “Revue française de science politique », vol.57, n. 3-4, 2007, pp. 285- 292

239 Massimo Nava, op.cit., p. 230

240 Cfr. Massimo Nava, op.cit., p. 226. Cfr. J. Viard, “Le président a promis…Une France qui change”, Paris, Seuil, 2007

positiva nei confronti degli immigrati, che doveva garantire l’accesso agli studi superiori e ai posti pubblici e privati.

Inoltre, aggiunse il bisogno di assicurare un’immigrazione controllata, secondo un principio di mescolanza ed apertura finalizzato all’utilizzo di competenze ed intelligenze e sottolineò l’importanza dello Stato in quanto promotore dell’interesse generale e dell’equità. Sarkozy, in questo modo, evidenziò la legittimità dello Stato francese, ma iniziò, anche, a pensare all’idea di un’Europa unita, nella quale ogni fisionomia nazionale avesse il suo posto.241

Nel suo programma altre tematiche importanti di politica interna erano, senza dubbio, l’obiettivo di ridurre il livello della disoccupazione in cinque anni, dall’8,2% al 5% attraverso un rilancio della crescita ed una riforma nel mercato del lavoro, la necessità di diminuire le tasse, i tagli nelle spese sanitarie e i cambiamenti nel sistema pensionistico.242

Nella conduzione della campagna presidenziale il tema della “rupture” fu ancora più forte nell’ambito della politica estera.

A tale proposito Sarkozy espose il suo disegno personale per l’Europa: “ attraverso la politica estera, noi francesi, esprimiamo la nostra identità in quanto Nazione, quel che vogliamo fare nel mondo, il ruolo al quale aspiriamo e i valori di cui vogliamo essere i portatori…Al primo posto c’è l’Europa, il continente inceppato che ha messo a nudo la malattia francese, il progetto politico andato in panne nel momento della sua massima ambizione. È l’Europa il motore da riavviare per far ripartire la Francia… Dopo lo choc del referendum del 2005, quando circa il 55 per cento dei francesi respinse il trattato per la Costituzione proposto da Valéry Giscard

241 Per comprendere la formazione e l’ideologia di Sarkozy, cfr. P. Perrineau, “Le vote de rupture, la construction électorale de la victoire de N. Sarkozy”, contenuto nel volume “Le vote de rupture. Les élections présidentielles et législatives d’avril-juin 2000”, Paris, Presse de la Fondation National de Science Po, 2008

d’Estaing, passati altri due anni di tergiversazioni, vissuto il trauma del vertice di Madrid - dove, come non era mai successo in cinquant’anni, diciotto Paesi europei si sono riuniti per parlare dell’avvenire dell’Europa senza la Francia, Paese fondatore -, i francesi hanno capito che non c’è più tempo da perdere .Spetta a loro trovare la via d’uscita dall’impasse in cui si sono cacciati”.243

Parlando a Berlino, alla Fondazione Adenauer, descrisse lo stallo provocato dall’ultimo allargamento dell’Unione Europea: “l’allargamento ha indebolito la volontà comune, ponendo un ostacolo insormontabile all’integrazione politica”.244

In un’altra occasione affermò: “un’Europa così diluita e spoliticizzata da tradire i suoi stessi principi, perché talmente opaca e incomprensibile che le nazioni europee non riescono a seguire le regole, a capirne gli obiettivi; così impersonale che i cittadini non sanno a chi chiedere conto; e a volte così inefficace da essere percepita più come una minaccia che come una protezione… Dobbiamo smettere di fare dell’Europa il capro espiatorio di tutte le nostre difficoltà… Ma l’Europa deve anche smettere di ignorare il grido di rivolta dei popoli che si sentono spossessati del loro destino”.245

Nei discorsi citati, Sarkozy puntò sull’Europa in quanto soggetto centrale e essenziale per la rinascita della Francia, che non doveva rimanere isolata in un momento cruciale di costruzione del progetto europeo.

La sua politica europea risultò, fin dalla campagna presidenziale, un mix di pragmatismo e di tensione ideale e politica. Per Sarkozy, l’Europa era l’unico attore capace di neutralizzare le pretese egemoniche provenienti dal

243 Cfr. Marina Valensise, “Sarkozy. La lezione francese”, Mondadori,2007,pp.134-135 244 Cfr. Valensise, op. cit.,p.136

245 Sui questi discorsi, cfr. Marina Valensise, op. cit., pp.136-137. Per informazioni ulteriori, cfr. Osservatorio Transatlantico, Servizio Affari internazionali, articoli “L’elezione di Sarkozy e il futuro delle relazioni franco-americane”, “Sarkozy non sarà un Blair francese”, “Niente rottura nella politica estera francese , almeno fino al 2008” e “La politica estera di Sarkozy non si distaccherà dal neo- gollismo”, Contributi di Istituti di ricerca specializzati, n.20, aprile-maggio-giugno 2007, pp.36-39

resto del mondo, era portatrice di un progetto di civiltà e di valori al quale la Francia doveva contribuire, ricevendone, in cambio, maggior peso nello scacchiere internazionale.

Di conseguenza, il vero motore dell’Europa a 27 risiedeva in un gruppo di grandi Nazioni, quali la Francia, la Germania, il Regno Unito, la Spagna, l’Italia, il Benelux e la Polonia.246

Nonostante i cambiamenti che voleva apportare alla politica estera, occorre puntualizzare che il futuro Presidente francese rimase un liberale con “un imprinting” gollista, che sognava di fare dell’Europa un trampolino verso e una barriera contro la globalizzazione.

L’Europa non doveva più fondarsi sull’esclusività dell’alleanza franco- tedesca, come avevano dimostrato Adenauer- de Gaulle, Giscard-Schmidt, Kohl-Mitterrand e Chirac-Schröder.

Massimo Nava ha sottolineato che, per Sarkozy: “È uno spazio (l’Europa) in cui operano nuovi e importanti attori: la Spagna e la Polonia. Il motore deve funzionare a più velocità, con un plotone di testa,senza veti e poteri di blocco da parte dei paesi più piccoli”.247

Nei fatti, il futuro Presidente francese riunì le due componenti della politica francese nei confronti dell’Europa: l’anima “sovranista” di Charles de Gaulle, che voleva un’Europa indipendente in grado di esistere da sola sulla scena mondiale, e la visione di Jean Monnet e Robert Schumann dell’integrazione europea, fondata sul trasferimento della sovranità nazionale ad organi comunitari.

Se da un lato optava per la “rupture”, dall’altro “cercò di riportare la Francia nell’alveo di una tradizione antica, riprendendo l’orgoglio

246 Cfr. Marina Valensise, op. cit.,p.137. Per informazioni ulteriori sulla Presidenza Sarkozy, cfr. B. Teinturier, “ Pour comprendre la présidentielle de 2007”, in O. Duhamel e B. Teinturier, “L’état de l’opinion 2007”, Paris, Tns Sofres-Seuil, 2007, pp.11-36

intransigente di de Gaulle e la capacità tattica di Mitterrand”.

Tutto ciò per “restituire alla Francia il ruolo cofondatrice dell’Europa”.248

In altri termini, aveva in mente un’Europa forte e sicura di sé che si dava i giusti mezzi per garantire la coesione sociale, per controllare l’immigrazio- ne, per assicurare la regolarizzazione delle leggi dei singoli Stati, per favorire gli investimenti e per fronteggiare il dumping fiscale interno che pesava sulla concorrenza.

L’Europa di Sarkozy doveva, anche, essere in grado di gestire la moneta unica ponendola al servizio della crescita, di difendere la preferenza comunitaria nei settori strategici dell’agricoltura e dell’energia per sottrarli alle speculazioni e di ridurre la dipendenza dagli idrocarburi e dalle emissioni di gas a effetto serra.249

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