• Non ci sono risultati.

Categorie giuridiche sub iudice Alcuni osservatori privile-

linguistico Il contesto e le ragion

6. Categorie giuridiche sub iudice Alcuni osservatori privile-

giati

In relazione alle sopra menzionate categorie, sono state soprat- tutto le accresciute possibilità d’intervento sulla vita e il ripensa-

mento dei modelli ai quali improntare le relazioni di cura 45, ri-

chiesto da un contesto culturale sempre più segnato dal ricono- scimento del valore della libertà individuale, a operare da fattori di crisi rispetto alla loro configurazione come nozioni stabilmente definite e non rimodulabili.

Per quanto riguarda, ad esempio, la nozione di capacità, inte- sa, nell’accezione di capacità di agire, come idoneità di un indivi- duo al compimento di atti giuridici, nel campo delle cure si è messo in discussione che il criterio necessario e sufficiente per in- vestire delle scelte, in forma attuale o anticipata, gli individui ai quali le cure sono destinate, possa essere rappresentato dall’ac- quisizione di un modo d’essere, o, se si preferisce, di una qualità

44 Cfr. P.BORSELLINO, Bioetica tra “morali” e diritto, Cortina, Milano 2009,

in particolare, pp. 52-58.

45 Cfr. P.BORSELLINO, op. ult. cit., in particolare capitolo terzo, “Il rapporto

collegata al raggiungimento di una certa soglia di età, cioè dal- l’elemento tradizionalmente considerato imprescindibile per il va- lido compimento di atti, suscettibili di incidere sulle situazioni giuridiche di un soggetto. Con riguardo al campo della salute, ha riscosso e va sempre più riscuotendo consensi la tesi che a contare sia il possesso, da parte degli individui, anche minorenni, di di- scernimento sufficiente per compiere scelte relative ai trattamenti sanitari, e che la rigida contrapposizione tra capacità e incapacità sia destinata a lasciare il campo a un’articolazione della condizio- ne soggettiva realizzata tenendo conto di un’ampia gamma di si- tuazioni intermedie tra i due estremi della piena riferibilità e della totale assenza di ogni possibile riferimento alla volontà di un sog- getto 46.

Non più ovvia e scontata appare, peraltro, anche la consolida- ta distinzione, effettuata con riferimento alla titolarità di diritti, obblighi e altre situazioni soggettive, tra “soggetto parte” e “sog- getto terzo”. Non andando, anche in questo caso, oltre un rapido cenno, si può rilevare come a sollecitarne il ripensamento siano state, in tempi relativamente recenti, le aumentate conoscenze nell’ambito della genetica e, sulla base di queste, la disponibilità di test diagnostici e predittivi, che consentono l’acquisizione di informazioni genetiche relative sia a un individuo sia a tutti colo- ro che ne condividono i caratteri ereditari. Ciò comporta che vi siano dei soggetti che, rispetto al soggetto di cui, mediante i test, vengono acquisiti dati genetici, non possono, in senso proprio, essere più considerati “terzi”, dal momento che una parte di quei dati appartiene o dovrebbe appartenere anche a loro. Di qui la necessità di costruire una “nuova” categoria giuridica, rivedendo una dicotomia consolidata. Quella dei cosiddetti “terzi non estra-

46 In questa direzione orienta la legge n. 6 del 9 gennaio 2004 (Introduzione

nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione del- l’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione), il

cui primo articolo dichiara l’intento di «tutelare, con la minore limitazione pos- sibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana».

nei”, in posizione intermedia tra il soggetto dei dati e i terzi pro- priamente detti. Soggetti riguardo ai quali si va affermando l’idea – per usare l’espressione che ricorre in una Raccomandazione del

Consiglio d’Europa 47 – di una “protezione legale ibrida”, da assi-

curare introducendo eccezioni, in alcuni casi e previa un’accurata valutazione degli interessi in gioco, alla regola generale che su- bordina alla libera determinazione del soggetto l’acquisizione, il

trattamento e la comunicazione dei dati 48.

Infine, qualche breve considerazione in merito alla nozione di persona. Basta una rapida ricognizione nelle più rilevanti que- stioni di rilevanza bioetica per avvedersi che tale nozione viene messa in campo per contestare la liceità non solo morale, ma an- che giuridica, dell’aborto, non meno che per giustificare una di- sciplina, come quella introdotta in Italia, in materia di procrea- zione medicalmente assistita, dalla legge n. 40 del 2004, che con- tiene limitazioni e divieti (esclusione dei soggetti portatori di ma- lattie genetiche trasmissive, divieto della diagnosi pre-impianto, divieto di qualunque forma di sperimentazione sugli embrioni, ecc.), a fondamento dei quali viene posta l’affermazione che l’em-

brione e, a maggior ragione, il feto sono persone 49. Ma la qualifi-

ca di persona gioca un ruolo fondamentale anche in relazione a situazioni completamente diverse. Si pensi a quegli stati di so- spensione tra la vita e la morte, quali lo stato vegetativo perma- nente, che rappresentano l’effetto collaterale non voluto e, allo stato attuale delle conoscenze, non sempre prevedibile, della mes- sa in atto di tecniche rianimatorie e di sostegno vitale volte al re- cupero di funzioni vitali compromesse a seguito di gravi eventi traumatici. Se, in relazione a questi stati, ha trovato sostenitori la

47 Si tratta della Raccomandazione n. 5 del 1997, consultabile presso il sito

del Consiglio d’Europa, www.coe.fr/dataprotection/rec/.

48 In questa prospettiva, e nella linea della Raccomandazione n. 5 del 1997, il

Garante per la privacy, con una Decisione del 22 maggio 1999, ha autorizzato ad accedere ai dati sanitari del padre una donna affetta da glaucoma bilaterale e interessata, ai fini di una futura gravidanza, a conoscere se il padre fosse stato affetto dalla stessa malattia.

teoria della cosiddetta “morte corticale” 50, è perché si è ritenuto

di poter sostenere che gli individui in questa tragica condizione non sono più persone. E ancora, la tesi che gli animali non umani, soprattutto quelli che presentano affinità rilevanti con l’uomo, quali i primati, sono persone, trova significativo spazio nel dibat- tito animalista 51.

In queste e in molte altre situazioni, l’attribuzione o, per con- tro, la negazione dello status di persona, con le importanti conse- guenze che ne discendono sul piano normativo, vengono fatte sul presupposto che “persona” denoti un insieme di proprietà attin- gibili grazie alla conoscenza scientifica o, secondo taluni, sul pia- no metaempirico di un’indagine filosofica capace di una più “pre- gnante” comprensione teoretico/ontologica. In forza dell’indivi- duazione di tali proprietà, si opera l’identificazione delle persone con “enti” dotati di certe caratteristiche biologiche e psicologi- che, dall’individuo non nato, portatore del genoma umano, all’in- dividuo umano nato, all’individuo umano capace di coscienza e di interazione con il mondo esterno, a individui non umani in pos- sesso di capacità cognitive e relazionali.

La diffusa convinzione che la qualificabilità di un individuo come persona possa svolgere un ruolo decisivo in relazione a mol- ti dei più delicati problemi bioetici bisognosi di risposte sul piano giuridico, oltre che sul piano morale, non va, a ben guardare, di- sgiunta, da una trattamento della nozione di persona che lascia in- travedere l’adesione, più o meno consapevole, a quella teoria dei concetti giuridici fondata sui presupposti essenzialistico-realistici, di cui la filosofia del diritto di orientamento analitico-linguistico consente di cogliere la fallacia. Nel momento stesso in cui disto-

50 Cfr. C.A. DEFANTI, Soglie: Medicina e fine vita, Bollati Boringhieri, Torino,

2007.

51 Cfr. L. BATTAGLIA, Etica e diritti degli animali, Laterza, Roma-Bari, 1997;

S. CASTIGNONE (a cura di), I diritti degli animali. Prospettive bioetiche e giuridi-

che, Il Mulino, Bologna, 1985; M. MIDGLEY, Perché gli animali (1983), trad. it. Feltrinelli, Milano 1985; T. REGAN, I diritti animali (1983), trad. it. Garzanti, Milano 1990; P. SINGER, Liberazione animale (1976), trad. it. Mondadori, Mila-

glie dalla ricerca, a tutti i costi, di un referente nella realtà del nome portatore del concetto di persona, la teoria analitica dei concetti giuridici, nella linea già anticipata dalla “dissoluzione” kelseniana dell’identificazione della persona con l’individuo come

ente bio-psicologico 52, consente di guardare alla nozione di per-

sona come a una sorta di artificio con il quale si dà evidenza a un insieme di diritti e di doveri già riconosciuti o ancora da ricono- scere a un soggetto mediante norme e, con un radicale cambia- mento di prospettiva, di comprendere che, dietro la domanda “quali individui siano persone”, a meno che non si tratti della do- manda sugli usi del termine “persona” in un certo contesto, non v’è un’esigenza conoscitiva, bensì l’esigenza pratico-valutativa di prendere posizione a favore di certe linee di comportamento.