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La storia come esperimento e il modello Übermensch

co mondo-dipendente

8. La storia come esperimento e il modello Übermensch

1. Nietzsche ritiene di poter definire la storia nominandola “il

grande istituto sperimentale” 47. Essa è la storia delle ipotesi di

esistenza messe in campo per vivere. L’ipotesi ultima, quella alla quale conduce il Nichilismo europeo, è che l’uomo si riappropria del suo proprio mondo quando questo è un mondo di modelli. Resta saldo il principio che il senso è nel divenire e che il mondo per l’uomo è un mondo anticipato. Solo che ora, il mondo al qua- le l’uomo lavora, per garantirsi che sarà sempre un mondo non estraniante, è un mondo di modelli. Lavorando solo con modelli, ed essendo lui stesso un modello, l’uomo produce un mondo che nel modello ha il suo senso e il suo valore. Esso è la nuova forma di mondo anticipato inaugurata dal Nichilismo europeo. La pre- visione ha ora il modo del vivere sempre secondo il modello e per realizzare il modello. Essa è un modo della certezza, in quanto il

45 VII/3, 40[2], p. 315.

46 «Superuomo. Il mio problema non è di stabilire che cosa possa prendere il

posto dell’uomo, bensì quale specie di uomo debba essere scelta, voluta, allevata come specie di valore superiore»; «È passato il tempo della piccola politica; già il prossimo secolo porterà con sé la lotta per il dominio della terra – la costrizio-

ne alla grande politica»; con essa «il problema della disciplina e dell’allevamen-

to» VIII/2, 11[413], p. 394; VI/2, 208, p. 144; VIII/1, 1[237], p. 59.

modello stabilisce esattamente come i giorni devono essere spesi per avere senso. Esso appaga ogni bisogno e governa il tempo.

2. L’Übermensch di Nietzsche è un “tipo d’uomo” 48, un “mo-

dello”. È il modello d’uomo che non è più un ego. E, in quanto non è un “io”, non è neanche un “soggetto”.

L’oltreuomo sa che «non esiste affatto l’“ego”» e che «il “sog-

getto” non è altro che una finzione» 49. Si rende conto che «Ap-

partiene ancora all’iperbolica ingenuità dell’uomo “il porre” se

stesso come senso e misura delle cose» 50. Questo perché, dove è

stato appurato che il divenire non ha alcun “fondamento”, e che, dunque, “il fenomenale è l’unica specie di essere”, c’è la consape- volezza che tutto quanto pretende di sottrarsi in qualunque modo al divenire, questo è un retaggio della metafisica. E che, come re- taggio metafisico esso è estraniante, come tutto ciò che la metafi- sica ha voluto fosse un “in sé”, una realtà dato una volta per tutte,

una “natura”, una “sostanza” o “identità” inalienabile 51, scinden-

do il mondo in antinomie insanabili.

L’ego non fa eccezione di fronte a questa consapevolezza. E neanche fa eccezione lo schema soggetto-oggetto. Entrambi rap- presentano l’applicazione all’uomo della convinzione metafisica che il reale si afferma per opposti e che ha senso a partire da anti-

48 VIII/2, 11[414], p. 396. 49 VIII/2, 9[108], p. 62. 50 VIII/2, 11[99], p. 291.

51 VII/3, 35[35], p. 203. L’uomo che vive il grande salto, muove, infatti, come

scrive Nietzsche, da una «Idea fondamentale». E questa idea si traduce negli im- perativi: «Smettere di sentirsi come questo fantastico ego!» e «Imparare gradual- mente a liberarci di questo presunto individuo!» V/2, 11[7], p. 281. Occorre infat- ti, per Nietzsche, lasciarsi alle spalle «la mitologia di un essere corrispondente all’“io”» VIII/1, 7[1], p. 239. E, d’altro canto, quale alternativa avrebbe l’uomo? Mantenere l’ego significherebbe continuare a ritenere che esistano degli “in sé”, cioè “realtà”, “entità”, “esseri” al di fuori del divenire, e perciò capaci di non su- birne le sorti. Questa differenza ontologica sta alla base della metafisica. E sor- regge, con la “sostanza”, anche l’“io”. Ma, per Nietzsche, «L’essere manca. Ciò che diviene, il fenomenale è l’unica specie di essere»; «Non esiste alcun essere al di sotto del fare, dell’agire, del divenire» VIII/1, 7[1], p. 257; VI/2, 1, p. 45.

nomie. Ma, nel fenomenico, regna sovrana “l’omogeneità dell’in- tero accadere”, come si è visto. Così, l’oltre uomo, è innanzitutto oltre l’estraniazione metafisica dell’io e del soggetto. Vive del modello che sta realizzando. E vive in “omogeneità” con questo modello. Non è un io, è un funzionario. Non è un soggetto, è un essere collettivo dominato.

Questo stesso uomo si realizza in un mondo di modelli, nel quale nessuno è un io. Tutti vivono per realizzare un modello di oltre-soggettività. E l’oltre-soggettività è il senso del loro essere. Un senso che si traduce nel fatto che l’oltre uomo è “al di là del

bene e del male”. Così egli, non è un ego, ed è reale, se tutto di lui

è “innocente” 52.

L’innocenza. Questa la condizione di esistenza adatta all’oltre uomo. È quella che dà realtà al mondo come finzione. Un mondo innocente è l’ipotesi estrema di mondo anticipato, nel quale tutto è previsto perché nulla può mai non essere innocente.

L’oltre uomo, si riappropria del proprio mondo sostituendo al principio: tutto ha senso e niente è senza ragione, l’ipotesi che il divenire è innocente. Il primo, per realizzarsi ha avuto bisogno del fondamento, una realtà meta-fisica. La seconda, per essere reale, non ha bisogno di uscire dal divenire. Ad essa basta un modello.

3. Il totalitarismo ha fatto di un modello un destino della ne- cessità. E a questo modello un popolo ha affidato il proprio avve- nire. Realizzando questo modello, quel popolo si è ritenuto inno- cente. La realizzazione del modello ha segnato così l’inizio e la meta dell’esistenza, dando senso al tempo. Ha poi fatto di questo tempo un mondo, nel quale tutto, fin dal quotidiano, è stato fina- lizzato al modello stesso, compreso l’uomo. Da qui siamo partiti, ponendoci la domanda se sia reale che l’uomo abdica alla propria

52 L’innocenza è il carattere fondamentale che la nuova interpretazione riscon-

tra nell’accadere, tanto che Nietzsche scrive «Tutto è innocenza: e la conoscenza è la via alla comprensione di questa innocenza» IV/2, 107, p. 103. Così, quello che Nietzsche progetta come «Il ritorno alle cose stesse» ha, tra i punti principali, «L’uomo innocente» e «L’individuo come esperimento» V/2, 11[219], p. 352.

soggettività, sentendosi realizzato come strumento e funzione, es- sere collettivo dominato. La risposta che si profila è, ora, afferma- tiva.

Se l’uomo, al quale il totalitarismo affida il futuro, è un assur- do guardandolo dalla prospettiva del soggetto, esso diviene per- fettamente comprensibile nella realtà fenomenica descritta da Nietzsche.

La premessa, ormai acquisita, è che ci muoviamo sul piano delle condizioni di esistenza. Questo significa che, dentro le coordinate di un mondo fenomenico, il problema dell’uomo è quello del mondo che lui stesso produce.

All’interno di queste coordinate, dove la condizione base per vivere è vivere in un mondo proprio, il che significa vivere in un mondo il cui senso non venga dall’esterno, e dove per riconoscere che si sta nel proprio mondo la condizione è che si abbia questa sicurezza, qui diventa del tutto possibile che l’uomo, e la sua sog- gettività, vengano interamente subordinati alle condizioni che la sicurezza rendono effettiva, cioè alle strutture che la garantiscono.

In generale, adoperando la lettura del reale fornita da Nie- tzsche, siamo in grado di dire che, letto fenomenologicamente, l’uomo può abdicare completamente alla sua soggettività. Il valo- re prioritario, per lui, è che il senso sia nel divenire. In caso con- trario la sua esistenza sarà estraniata, e il mondo nel quale si tro- va, non potrà mai essere il suo proprio mondo. Questo “valore” è reale in un “mondo anticipato”. E le condizioni che realizzano questo mondo sono il “valore reale”. Esse garantiscono infatti che il senso è dentro il divenire, i fatti, la storia. Garantiscono la non estraniazione.

Il Nichilismo europeo rivela, per Nietzsche, che la forma stori- ca attuale del mondo anticipato è un mondo di modelli, all’inter- no del quale anche l’uomo è un modello. E il tempo del modello pone come condizione che il “modello base”, possiamo dire, sia l’Übermensch, l’uomo che è oltre il soggetto e la soggettività, oltre l’ego e l’individuo.

L’uomo voluto dal totalitarismo è, a questo punto, del tutto possibile. La sua esistenza è una condizione reale nel mondo fe- nomenico. Lo stesso totalitarismo può essere letto come una ver-

sione storica del rapporto Logica-Essere. Esso inventa un mondo anticipato, un mondo che ha senso solo a partire da sé stesso, ba- sato sulla “finzione” di un “modello”. Questa finzione, nei termi- ni di Nietzsche, trasforma gli uomini “artisti”, coloro che creano il regime, in “opere d’arte”, funzionari e strumenti del regime creato. Il tempo del modello che inizia, assicura il futuro, così come legge il passato. E, come finzione collettiva rende anche in- nocenti.