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Il mondo storico al di là del bene e del male

biente, il Man

11. Il mondo storico al di là del bene e del male

1. Sulla base dei dati raccolti, utilizzando Nietzsche e Heideg- ger, è possibile confermare una conclusione, ritenendola come la base dalla quale in ogni caso partire per muovere in un mondo storico fenomenico. La base è che l’uomo gioca la sua condizione di esistenza, e con essa la sua storia, sul tavolo del mondo che lui stesso costruisce. E, in questo senso, l’uomo è un “essere mondo dipendente”. Questa conclusione risponde al problema che avevo posto all’inizio, cioè verificare la realtà di una dimensione dell’uo- mo nella quale non ci fosse posto solo per l’individuo soggetto. La risposta è, a questo punto, affermativa. Non solo, la dimensio-

ne dell’uomo cercata si dimostra più ampia del previsto. In essa, c’è posto, per l’individuo soggetto, per l’essere collettivo domina- to, per il singolo storico materiale. Ogni “posto” è un “mondo”. E, ogni mondo è una condizione di esistenza. Questa dimensione dell’uomo diviene reale quando è compreso innanzitutto come un

esser-ci. Si vede infatti che, sul piano del “temporalizzarsi”, e del

“Verfallen”, l’uomo può esistere come individuo soggetto, essere collettivo dominato, singolo storico materiale. Ciò in dipendenza del mondo secondo il quale si temporalizza, ha cioè la sua condi- zione di esistenza. Fenomenicamente il divenire si dimostra una casa nella quale c’è posto per diversi modi d’essere uomo.

2. Sono necessarie tuttavia alcune precisazioni, per compren- dere questi risultati senza equivoci e per individuare le conse- guenze che da essi si può ritenere che derivino. Cerco di chiarirle attraverso i passaggi che seguono.

A. Con le conclusioni raggiunte, non diciamo nulla sulla verità dell’uomo. L’espressione “mondo dipendente” descrive una con- dizione, dominante o tendenziale, dell’esserci. Così indica l’analisi del fenomenico. Vale per Nietzsche, come per Heidegger. Per il primo, essa è la condizione che si accompagna al modo d’essere dell’esistere nel divenire. Non offre alternative. Per il secondo, è una “propensione”, o “intima fatalità”, che si impone all’esserci. Non sempre totalmente. Anche se ha la potenzialità di assogget- tarlo completamente. E, a volte, questo è il modo come viene spe- rimentata. Per entrambi, è sempre il mondo che l’uomo stesso produce quello dal quale poi si ritrova a dipendere.

Non diciamo nulla sulla verità dell’uomo, perché ciò di cui trattiamo, e che ci interessa, è la produzione di mondi ambiente e quale rapporto si instaura tra l’uomo e questi mondi. Se c’è in ciò anche una questione di verità, questa è successiva.

B. Mondo dipendente. È una effettiva porta di accesso alla realtà storico fenomenica. E, aldilà, della sua piena comprensione teorica, occorre aver chiaro che, in ogni caso con questo carattere dell’esserci abbiamo a che fare sempre e comunque. Sul piano della storicità elementare, niente nasce mai dal nulla, né alcunché comincia mai ad esistere da solo. Il dato primario, nel mondo sto-

rico fenomenico, è che ognuno ha già sempre un suo mondo, la sua origine materiale, e che un tale mondo è comunque un mon- do prodotto. Senz’altro non dal singolo individuo, certamente de- finito da elementi storico collettivi, ma tuttavia pur sempre pro- dotti dall’uomo. E il rapporto con questo mondo non è certo in termini di signoria o di indipendenza. Nessuno sceglie la propria origine materiale. Nessuno se ne distacca mai completamente. A volte essa ha anche il potere di segnare l’avvenire, e in modo che esso sia la semplice ripetizione di quella origine.

C. L’uomo, dunque, è sempre, in qualche modo, mondo di- pendente. Questo possiamo accettarlo come un fatto. E il mondo dal quale dipende è un mondo che, in qualche modo, lui stesso ha costruito. Oppure che altri per lui lo hanno fatto. Il piano, a par- tire dal quale l’esserci muove per comprendere sé stesso e la sua esistenza, resta quello della produzione di mondi e del rapporto che poi si instaura tra mondi prodotti e uomo.

D. Mondo dipendente. Questa realtà rende comprensibile l’es- sere collettivo dominato: esso è l’uomo che “cade” interamente nel proprio mondo ambiente. Ma questa stessa realtà non esclude l’individuo soggetto. E ciò in due sensi. Non esclude che l’uomo possa rapportarsi al mondo come a un suo oggetto. Dunque che sia nel modo del soggetto e della soggettività. Ma apre anche al- l’uomo la possibilità di esistere come colui che non cade intera- mente nel proprio mondo e non vive mai in esso esclusivamente come un soggetto. Ciò in quanto sa che sempre è esposto al mon- do, e esiste sempre escludendo di poter avere un rapporto di si- gnoria e possesso con il mondo che lui stesso produce.

E. Cadere, o non cadere nel mondo non è il risultato di teorie, o di atteggiamenti dell’animo. Neanche lo si può ritenere il risul- tato di un atto di volontà. Cadere o non cadere nel mondo dipen- de dal “modo” come questo mondo è costruito. Soggetto e essere collettivo dominato sono reali perché hanno un mondo nel quale possono esistere, da soggetto o da essere collettivo dominato. È il mondo prodotto, con le sue strutture, quello che permette e ga- rantisce la condizione di esistenza, come individuo o come fun- zionario. Escludendo la possibilità della singolarità. Lo stesso vale per l’uomo che nel mondo non cade. Questa possibilità è reale, se

le strutture sono orientate così da non garantire esclusivamente l’essere soggetto o l’essere collettivo dominato. In caso contrario, ogni tentativo di sottrarsi alla caduta nel mondo, anche se perse- guito, è destinato a fallire.

F. Occorre avere ben presente che, nel fenomenico una condi- zione di esistenza vale l’altra, poiché non c’è una misura che, in un divenire storico, possa distinguere l’autentico dal non autenti- co. Dovremmo procurarcela fuori dal divenire stesso. La costru- zione di mondi ambiente si accompagna alla consapevolezza che la differenza tra condizioni di esistenza è solo nella realtà. Il che significa nel modo come progettiamo e costruiamo. La differenza sta nelle strutture di tale mondo. Se realizzate, così da garantire esistenza alla individualità storico materiale, oppure per garantire un mondo di modelli, e dunque un modello d’uomo, o, infine, per garantire che l’uomo possa avere sempre con il proprio mon- do un rapporto da signore e padrone.

G. Sul piano dell’esserci, non ci sono linee nette di demarca- zione tra forme di esistenza possibili. La singolarità è sempre esposta al Man. E è difficile stabilire la potenzialità del Man, così come il tempo del suo imperio, una volta che esso si instauri co- me il carattere garante di un mondo sicuro, anonimo e innocente. È anche difficile stabilire se, e quando, l’uomo si orienta verso la propria individualità. Regnando esclusivamente l’individuo sog- getto, tutto era ed è semplice. L’uomo vuole realizzare la propria soggettività, superando ogni ostacolo. Costruisce quindi un mon- do che risponde a questa sua esigenza. Ma, non c’è solo l’indivi- duo soggetto. E non è solo quella dell’individuo soggetto l’esi- stenza che l’uomo persegue.

H. Il mondo storico è aldilà del bene e del male, nel senso che tutto quanto accade ha la dignità di reale condizione di esistenza. Se allora l’uomo gioca sul tavolo del mondo che lui costruisce la sua stessa esistenza ciò è perché, aldilà del “modo d’essere” che storicamente realizza, dunque del mondo che costruisce, non c’è per lui alcun “essere reale”, almeno per un tempo, cioè per il tempo che restano salde le strutture che sorreggono e garantisco- no il mondo che ha costruito. Il mondo storico è aldilà del bene e del male, ma la produzione di mondi, attraverso la quale si attua,

non è senza conseguenze per l’uomo. Niente nel mondo fenome- nico è definitivo, ma la condizione prodotta ha un suo tempo, ga- rantito dalle sue strutture.