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I concetti giuridici e la loro “costitutiva” storicità

linguistico Il contesto e le ragion

5. I concetti giuridici e la loro “costitutiva” storicità

Le tesi in tema di linguaggio, di linguaggio normativo e di lin- guaggio giuridico sinteticamente richiamate nel precedente para- grafo hanno importanti ripercussioni sul modo di intendere e di trattare i concetti e le categorie che configurano l’universo giuri- dico.

Innanzitutto, nella prospettiva in cui si sposta l’attenzione da- gli enti, e dalle proprietà degli enti destinate a rispecchiarsi nelle parole, alle parole stesse, con la consapevolezza che sono le rego- le, già adottate o proposte circa il loro uso, a determinarne le fun- zioni in diversi contesti, non si può più pensare che parlare di concetti voglia dire parlare di qualcosa di diverso dal significato di parole e dalle regole d’uso, da cui il significato dipende, con la prima importante implicazione che, quando si è, in generale, alle prese con un problema di “concettualizzazione”, la domanda cor- retta alla quale rispondere non sarà «di che cosa è nome il nome portatore di questo concetto», bensì, «come è usato il nome por-

tatore di questo concetto» 40, e, si potrebbe aggiungere, come è

38 U.SCARPELLI, Filosofia e diritto, cit., p. 194.

39 Per riferimenti alla modalità definitoria appropriata per tali termini e, in

particolare, al necessario ricorso a una “definizione condizionale”, «con la quale si stabilisca un metodo di determinazione di tipo speciale, comportante un’ope- razione o operazioni di qualificazione di fatti secondo norme», cfr. U.SCARPEL- LI, La definizione nel diritto, cit., p. 189.

stato usato e come, e per quali ragioni, potrebbe essere usato in modo diverso.

Se poi si rivolge, nello specifico, attenzione ai concetti giuridi- ci, vale a dire al significato dei termini in uso nel diritto, e, con particolare riguardo ai termini tecnico-giuridici normativi, si prende atto che si tratta di termini il cui significato incorpora il riferimento al trattamento di atti e comportamenti umani stabilito da norme, e non a enti, individui, cose o situazioni “oggettiva- mente” determinabili nelle loro proprietà, ancor meglio si può comprendere la vanità/sterilità di una ricerca, a tutti i costi, di re- ferenti dei termini nella realtà, realizzata con la convinzione o, meglio, con l’illusione, di poter pervenire a categorizzazioni per- fettamente adeguate, potremmo dire sottratte al tempo, al mutare delle circostanze, in una parola, sottratte alla Storia.

Ma, a ben guardare, proprio l’ambito giuridico ha rappresen- tato un vero e proprio terreno di elezione per il radicamento di questa convinzione o illusione e per il riproporsi di attitudini concettualistiche, quali quelle che hanno trovato espressione nella dogmatica “puristica”, della quale, come ricordava Scarpelli in un

saggio del 1983 41, già Philip Heck aveva criticato il cosiddetto

“metodo dell’inversione”, vale a dire, la pretesa di poter risalire da norme date allo stabile e definitivo sistema di concetti che si ritengono esservi sottesi, per poi dedurre da questo ulteriori nor- me richiese da problemi via via emergenti, invece di pervenire alle norme, necessarie per comare le lacune, a partire dalla compara- zione e dalla valutazione analogica degli interessi in gioco 42.

L’onnipresente fantasma del concettualismo ha, del resto, ac- compagnato l’ostinata negazione che si possa parlare di “vuoto giuridico” anche quando si è in presenza di situazioni e di scenari profondamente mutati, rispetto al passato, quali quelli che, negli ultimi decenni, si sono venuti delineando in presenza di “nuove” aspettative individuali alla formazione di una famiglia, oppure di 41 U.SCARPELLI, La teoria generale del diritto. Prospettive per un trattato, in

U.SCARPELLI (a cura di), La teoria generale del diritto. Problemi e tendenze at-

tuali, Edizioni di Comunità, Milano, 1983, pp. 281-340.

aumentate possibilità di intervento sulla vita, a seguito degli stra- ordinari progressi in ambito bio-medico avvenuti a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo. Chi, anche di fronte a questi scenari, rifiuta l’idea del “vuoto giuridico”, chiudendo gli occhi di fronte alla necessità di specifici interventi normativi e delle preli- minari, spesso non facili, scelte valoriali, che ne costituiscono il presupposto, lo fa, infatti, a muovere dall’assunto concettualistico che nel patrimonio di concetti, di cui il pensiero giuridico occi- dentale ha arricchito il diritto privato e il diritto pubblico, siano già incorporate tutte le risposte.

In altre parole, si guarda ai concetti, di cui il giurista si avvale quando, in ambito teorico, non meno che in ambito pratico, è chiamato ad adempiere alla sua funzione sociale, «quella di quali- ficare comportamenti come obbligatori, proibiti o permessi, e

quindi di ascrivere diritti e doveri» 43, come a degli arnesi, riposti

in un metaforico scaffale, già pronti e adatti per ogni possibile uso, e non bisognosi di essere messi a punto o, addirittura, di es- sere riplasmati, quando la materia da trattare appare particolar- mente delicata o eccessivamente resistente.

Ora, la filosofia del diritto di orientamento analitico-linguisti- co, di cui si trovano tracciate le linee nei contributi di Norberto Bobbio e di Uberto Scarpelli, fa cadere il velo “ideologico” che avvolge la tesi della fissità delle categorie giuridiche e ne occulta la natura “pragmatica” di strumenti, per la guida e il controllo dei comportamenti, dei quali si tratta di capire come ci servono, se ci servono, e in quale misura, e direzione, possiamo eventualmente modificarli perché ci servano meglio, quando si fanno strada, e si pongono sul piano dell’esistenza materiale, vale a dire della vita concreta nel suo svolgersi, esigenze, aspettative, bisogni, nuovi e diversi, rispetto al passato, che chiamano in causa il diritto.

In altre parole, l’approccio e l’apparato teorico analitico-lin- guistico destituiscono di fondamento la convinzione che le cate- gorie giuridiche siano “entità” date una volta per tutte e indiscu- tibili, di cui possa essere fatta applicazione in tutti i campi, così da

pervenire all’appropriata, o addirittura scontata, soluzione nor- mativa per le questioni in gioco e, per contro, consentono di libe- rare le categorie giuridiche – a cominciare da nozioni giuridiche

fondamentali, quali, in primo piano tra diverse altre 44, quelle di

soggetto di diritto, capacità e persona – dalle paralizzanti ipote- che oggettivistiche e naturalistiche, che ne fanno il luogo di insu- perabili controversie, restituendole al tempo e alla storia. Così fa- cendo, aiutano a comprendere che i confini della capacità, così come quelli della soggettività o della personalità giuridica, non sono già tracciati e in attesa di essere rilevati e descritti. Sono, al contrario, suscettibili di essere ridisegnati e, quindi, anche estesi o ristretti, sulla base di considerazioni di valore che, chi le fa pro- prie, ha l’onere di esplicitare, assumendosene la responsabilità.